gverget
Lager
A vale, perchè
mi ha
sempre sostenuta e
spero continui a
farlo. Sempre.
Londra,
15 febbraio 1932.
A londra il cielo è stranamente limpido, non del tutto,
perchè lì il tempo non era mai sicuro. A londra
si respirava una strana aria, sembrava quasi pulita, nonostante tutto
lo smog -se così possiamo chiamarlo- delle nuove auto che
circolavano in città.
Harry queste auto le detestava, non per lo smog, ma per il rumore. Non
sopportava per niente quel rimbombo ogni volta che una di queste veniva
accesa. Lui preferiva continuare a usare la sua tanto amata bicicletta,
che nonostante dovesse cambiarla, Harry ci teneva e gli piaceva pure
cavalcarla; era dura a quei tempi non essere investito da queste auto
che non controllavano niente ma ad Harry poco importava.
Harry pedalava lentamente verso la panetteria dove lavorava ormai da
mesi e si chiedeva quale futuro volesse per la propria vita. Infondo
era pur sempre un ragazzo di diciotto anni appena.
Quando arrivò a destinazione, lasciò la sua bici
vicino alla porta d'ingresso ed entrò.
Il suo capo dormiva lì quindi ogni mattina lo aspettava con
il solito broncio e le braccia conserte.
"Buongiorno" biascicò Harry ancora assonnato e preso dai
suoi pensieri. L'altro non rispose e gli buttò addosso il
grembiule color marroncino mentre Harry metteva apposto il suo giaccone.
"Ragazzino, da oggi non sarai più solo a lavorare.
Verrà un altro ragazzo che ti aiuterà." disse
l'uomo sparendo poi nel magazzino dietro di lui. Harry rimase spiazzato
ma poi si mise subito a lavoro mettendo il pane negli appositi spazi.
Quando ebbe finito prese il suo giornale comprato poco prima da un
bambino di strada e lo sfogliò; amava il Daily Journal o
amava soprattutto leggere. Per fortuna i suoi genitori avevano avuto la
possibilità di mandarlo a scuola, anche se solo fino alle
elementari. Ma bastarono per fagli imparare anche a leggere.
Sentì la porta scricchiolare, segno che qualcuno
entrò nel negozio. Si sistemò i capelli ricci
ribelli che gli ricadeva sulla fronte e si sporse per vedere. Quello
appena entrato gli parve un ragazzo bassino, con la testa incorniciata
da un cappellino di lana -fatto sicuramente a mano, pensò
Harry- e alcuni capelli lisci che gli uscivano fuori.
Louis si diresse verso il bancone e finalmente alzò lo
sguardo, si guardò un po' spaesato e poi sentì
una voce parlare.
"Salve, desidera qualcosa?" chiese Harry al ragazzo di fronte a lui.
Quando il riccio vide finalmente gli occhi di Louis, qualcosa gli fece
pensare che fossero bellissimi, due pezzi di cielo. Magari proprio come
quello di oggi di Londra.
"Ehm sì. Sono qui per fare l'aiutante. Il signor Richard mi
ha detto di presentarmi qui..." disse Louis un po' insicuro, notando lo
sguardo dell'altro sgranarsi impercettibilmente. Infatti Harry a quella
affermazione pensò di morire, come faceva un ragazzo
così bello a lavorare in questa topaia?
"Oh certo, un attimo..." disse Harry, poi si girò verso il
magazzino dietro di lui.
Louis intanto si guardò intorno, notando un quadro strano
vicino ad uno scaffale. Lui ha sempre amato l'arte, in ogni sua forma.
Non dovrebbe perchè nel 1932 non è permesso fare
quasi niente. Tantomeno amare una cosa così poco...maschile.
"Ti piace?" chiese un vocione molto diverso da quello di prima, facendo
sobbalzare Louis dalla sorpresa.
"S-sì, è bello" mormorò Louis, mentre
sul viso dell'altro splendeva un piccolo sorriso.
"L'ho fatto io, quando non ho niente da fare mi piace dipingere"
continuò l'uomo, facendo girare Louis per guardarlo.
"Comunque vieni pure Louis. Tuo padre mi ha detto che te la cavi bene
coi lavori manuali e questo lavoro sarà molto semplice. Devi
semplicemente aiutare Harold durante le tue ore...allora, sei pronto?"
chiese l'uomo a Louis che fece risplendere il suo sorriso e rispose con
un sì deciso, mentre il cuore di Harry continuava a battere
più forte che mai.
Londra,
25 giugno 1932.
"Sai Haz stavo pensando..." Harry sgranò gli occhi con fare
teatrale.
"Tu stavi pensando? Davvero? Adesso nevica Lou." disse ridendo mentre
l'altro gli lanciò un'occhiata omicida ma allo stesso tempo
divertita.
"Sei un cretino. Comunque dicevo che stavo pensando di uscire una sere
di queste. Andare in un ristorante o qualcosa del genere"
soffiò Louis calando la voce sempre di più
dall'imbarazzo. Harry potè giurare di aver visto del rossore
su quelle guance. Ma quando Harry lo guardò negli occhi
perse un battito. Erano quattro mesi che sperava in questa cosa. Sapeva
che tutto questo fosse sbagliato, sapeva che potevano rimetterci tutti
e due. Ma sapeva anche che l'amore -perchè ormai si poteva
parlare già di questo- che provava per Louis era qualcosa
che mai aveva provato. Era qualcosa che superava i pregiudizi stupidi
della gente, l'età e tutto quello che implicava che fosse
sbagliato.
Ogni giorno per Harry era una battaglia contro se stesso. Ogni giorno
voleva assaporare quelle labbra così sottili ma che per lui
risultavano un equazione perfetta con le sue labbra.
Ogni giorno voleva dirgli che l'amava ma poi pensando alle conseguenze
-erano pur sempre nel '32 e questo Harry lo sapeva fin troppo bene- e
si mordeva la lingua, tenendo per sè i suoi ardui sentimenti.
"Mi stai per caso invitando ad un appuntamento Louis?" disse Harry con
sfavalderia mentre il suo cuore scoppiava di gioia.
"Sì, sì Harold chiamalo come vuoi"
replicò l'altro con una punta di fastidio. Finalmente dopo
tanto -troppo- tempo si decise a fare il cosidetto grande passo.
Sperava che il più piccolo non gli ridesse in faccia o
almeno sperava che ricambiasse un minimo i suoi sentimenti nonostante
l'età, il luogo e tutte le cose sbagliate che urlavano pur
di farli stare lontani.
"Sì." mormorò Harry, guardando l'altro negli
occhi. Si perse all'interno.
"Sì Lou, va bene" continuò mentre un
grande sorriso sompleto di fossette che lo facevano sembrare un bambino
si allargava sul suo viso.
Louis sorrise di rimando facendo anche un piccolo sospiro.
La giornata in panetteria passò in fretta, con Harry e Louis
che si lanciavano occhiate, mentre si dicevano mentalmente che non
vedevano l'ora di andare a questo maledetto appuntamento tanto
desiderato da entrambi.
Adesso i due ragazzi erano seduti su due delle tante poltrone di quel
teatro mentre sopra di loro una cinepresa proiettava un film muto
davanti a quello schermo, di cui Harry e Louis non ricordavano neanche
il nome.
Le loro mani erano intrecciate nascoste da sguardi indiscreti e Harry
aveva la testa appoggiata alla spalla di Louis, segno che quel film era
realmente noioso. Forse anche per questo il teatro era praticamente
vuoto.
"Lou?" Harry chiamò l'attenzione dell'altro che si
girò squadrandolo con gli occhiali da vista messi per vedere
meglio il film.
"Dimmi Haz" rispose calmo. Il riccio deglutì e finalmente si
alzò dalla spalla di Louis e lo guardò negli
occhi. Si perse di nuovo dentro.
"Lou, come faremo? Cioè...voglio dire...noi non possiamo.
Siamo due maschi, siamo contro natura. Se ci beccano possono farci
anche morire e io... io non voglio perderti Lou..." sussurrò
Harry con gli occhi lucidi, erano a teatro, non dovevano attirare per
niente l'attenzione su di loro.
Louis prese il viso di Harry tra l mani e accarezzò con i
pollici le guance del più piccolo, che essendo appunto
minore e molto più insicuro -quasi da proteggere- aveva
bisogno solo di sentirsi al sicuro e amato.
"Harry lo so che non è giusta questa cosa. so che rischiamo
grosso ma io voglio rischiare perchò mi fai stare bene. Tu
con me stai bene?" chiese il maggiore. Infatti anche lui aveva bisogno
di un minimo di sicurezza. L'altro senza esitare annuì con
un cenno del capo. Non in grado di parlare per tutte le emozioni che
stava vivendo.
"Allora viviamo Harry e freghiamocene del mondo che non è
ancora pornto per noi, per il nostro amore. Va bene, ci nascondiamo
finchè un giorno, quando tutti avranno capito il vero
significato della parola amore, diremo a tutti di amarci. Ok?" Harry
adesso era sbalordito. Non solo per le parole, ma perchè
-indirettamente- Louis gli aveva appena rivelato di amarlo. In questo
momento con le mani di Louis sulle sue guance, il suo viso
così vicino e quelle parole sussurrate -perché il
mondo non avrebbe capito- Harry era felice e sentiva uno stormo
dileguarsi nel suo stomaco, facendogli quasi voglia di vomitare.
"Piccolo, posso?" chiese dolcemente Louis, guardando Harry negli occhi
e pendendoci dentro. Anche lui.
"Sì Lou". E allora Louis non se lo fece ripetere due volte e
appoggiò le sue labbra su quelle del riccio che si
sentì praticamente morire. Stava volando, stava volando
verso il paradiso, ne era certo.
Non potevano lasciare degli schiocchi, non potevano sospirare
più forte o gemere perché doveva nascodersi ma
poteva di certo amarsi.
Londra,
24 dicembre 1932
"Quanto è bella la nostra casa, vero Haz?" disse Louis con
uno strano luccichio negli occhi, mentre ammirava la loro casa con
l'albero di natale contornato da tante palline colorate.
I due avevano appena comprato questa casa giusto in tempo per
festeggiare natale e il compleanno di Louis che cadeva proprio la
vigilia.
"Già è bellissima, come te" rispose l'altro
abbracciandolo da dietro e stringendolo forte. Poi si
ricordò del suo regalo e dalla tasca estrasse un cofanetto
rosso piccolo, sventolandoglielo davanti agli occhi. Louis si
girò di scatto e vide gli occhi di Harry luccicare, di un
verde mai visto prima in natura.
"Aprila dai!" lo incitò Harry. Louis con le mani tremanti
aprì la scatoletta e dentro ci trovò due fedi
d'oro. Una lacrima salata scese lungo le sue guance mentre
Harry prendeva una delle fedi e gliela metteva al dito.
"LouLou noi non possiamo sposarci adesso, ma ti prometto che un giorno
lo faremo." sussurrò Harry lasciando un bacio a stampo al
ragazzo davanti a sè.
"Oh Haz, io... non sai quanto ti amo" disse l'altro in lacrime. Poi
prese anche lui la fede d'oro e la infilò nell'anulare
sinistro del giovane ragazzo davanti a lui. Subito dopo Louis
andò verso l'albero di natale e prese il suo regalo. Voleva
darglielo adesso, anche se in anticipo.
"Questo è per te amore" mormorò Louis donando il
suo regalo. Il pacchetto color arancio fu preso dalle mani enormi di
Harry che lo aprirono e ci videro dentro una collanina fatta da un
fabbro, che raffigurava un aeroplanino di carta.
"Con questo scapperemo da qui e ci sposeremo va bene?" chiese Louis
sperando che il regalo era di gradimento di Harry che continuava a
sorridere, mostrando a quella casa il suo sorriso naturale.
"Loueh è stupenda grazie!" urlò Harry prima di
mettersela e abbracciarlo.
"Ora andiamo di sopra Lou, perchè c'è un'altra
sorpresa..." disse il ragazzo riccio allungandò la mano a
Louis con un viso che non diceva niente di buono. Harry lo
portò nel loro letto e cominciò a baciarlo
dolcemente ma con passione.
"Che ne dici di inaugurare il nostro letto Lou?" sussurrò
Harry lasciando che Louis annuisse contento, prima di prenderlo da
dietro la nuca e baciarlo con tutto l'amore che aveva in corpo. Quella
notte prima che scoccasse la mezzanotte Harry e Louis si unirono in una
sola anima, in un solo crpo. L'uno dentro l'altro. E quando la
mezzanotte arrivò, loro erano stesi sul letto abbracciati
l'uno all'altro mentre si sussuravano all'orecchio.
"Ti amo Lou. Buon Natale"
"Ti amo anch'io Haz. Buon Natale anche a te"
Londra,
3 maggio 1933.
Oggi i due ragazzi avevano giornata libera dal lavoro e l'unica cosa
che volevano fare era starsene a casa accocolati nel lettone. Di prima
mattina Harry si era alzato per andare a comprare il solito Daily Journal dal
solito bambino e poi tornò a casa. Si sedette ai piedi del
letto e lo lesse. In prima pagina c'era una scritta enorme:
--La guerra
è ormai iniziata! E questa volta non sembra essere meglio di
quella prima. Ci sarà la stessa strage di pochi anni fa?
Oppure tutto andrà per il meglio? Oppure tutto
andrà peggiorando?--
Harry tremò al sol pensiero dell'altra guerra. In quella
maledetta guerra aveva perso i suoi nonni che per proteggerlo si erano
messi davanti a lui proteggendolo e nascondendolo nello sgabuzzino. Gli
occhi di Harry divennero subito lucidi e delle lacrime bagnarono il suo
viso e il giornale che stava tenendo in mano. Louis si
svegliò sentendo dei singhiozzi e vide con la coda
dell'occhio Harry accanto a sè che piangeva mentre guardava
con attenzione il giornale.
"Hei Haz, che succede? Che hai?" chiese Louis alzandosi e prendendo il
viso di Harry. Asciugò lentamente le lacrime del riccio che
tirò su col naso.
"C-C'è di nuovo la g-guerra Lou e...io ho paura"
singhiozzò Harry guardando Louis.
"Ma amore stai tranquillo. Se ci sono io qui non ti
succederà niente ok?" rispose lentamente Louis, accucciando
Harry tra le sue braccia mentre quello annuiva sulla sua maglietta e
inspirava il profumo di Louis, che prontamente lo dondolava e gli
canticchiava una canzone che lo faceva calmare.
"Andrà tutto bene Harry, stai tranquillo"
sussurrò nell'orecchio dell'altro.
Louis non credeva a quelle parole, perché la sera prima
aveva sentito sua madre, lei gli disse che questa guerra
sarà molto più dura di quella prima. Quindi Louis
sapeva e si sentiva che niente sarebbe andato tutto bene.
Londra,
18 dicembre 1933.
Louis stava allegramente preparando il pranzo per quel giorno, come
ormai faceva tutti i giorni da quando abitavano in questa piccola
casetta. Anche Harry sapeva cucinare ma lui voleva fare sempre il
grande della situazione e quindi voleva e doveva cucinare. La guerra
stava andando avanti e per fortuna i tedeschi non erano ancora arrivati
in inghilterra. Louis sapeva chi cercavano, chi catturavano per
portarli in quei cosi che alcuni giornali chiamavano campi di
concentramento ma che nessuno sapeva nè dove fossero,
nè tantomeno cosa fossero e cosa si facesse lì
dentro. Louis sapeva che i tedeschi stavano catturando tutti gli esseri
umani che per loro erano diversi, che per loro dovevano soffrire e non
dovevano esistere sulla faccia della terra. Louis sapeva che le SS li
stavano cercando. Louis sapeva che da lì a poco tutto
sarebbe cambiato, che oltre agli ebrei, ai marocchini, ai disabili,
cercavano anche loro. Gli omosessuali. Ma Louis continuava a vivere le
giornate con Harry, ignaro di tutto perché Louis non gli
permetteva di leggere neanche un giornale da quando a maggio aveva
scoperto che la guerra era ormai iniziata. Louis voleva che Harry
vivesse come se niente fosse.
"Buongiorno luce" biascicò Harry all'entrata della porta,
mentre si strofinava un occhio con la mano destra. Louis
pensò che in quel momento anche se con i suoi vent'anni
sembrava un cucciolo. E lui doveva proteggerlo.
Il maggiore stava preparando il pranzo e Harry si era appena svegliato,
quella cosa lo fece sorridere. Harry era un vero pigrone.
"Buongiorno amore, siediti" disse Louis, lasciando un bacio a stampo ad
Harry che mugugnò qualcosa di incomprensibile. Quando Louis
finì di preparare posò sul tavolo la roba appena
preparata e si sedette a tavola anche lui. I due iniziarono a mangiare
guardandosi -come ogni giorno- negli occhi e perdendosi uno nell'altro.
"Ci sono novità Lou?" chiese Harry masticando un pezzo di
pane. Il maggiore sgranò gli occhi, senza farsi notare
troppo da Harry, poi scosse la testa.
"No amore niente" mormorò Louis abbassando lo sguardo per
non poter incontrare quello dell'altro. Harry non si accorgeva neanche
di quando la notte Louis si addormentava con gli occhi rossi dal
pianto, perchè lui non voleva lasciare Harry. Lui non voleva
che gli facessero del male. Loro dovevano sposarsi. Loro dovevano
continuare a vivere la loro vita. Insieme.
Mentre Louis era di nuovo perso nei suoi pensieri poco ottimisti, alla
porta bussarono e i due sobbalzarono. Ma quello ad alzarsi e agitarsi
fu proprio Louis.
"Chi è Lou?" chiese Harry abbastanza preoccupato. Louis gli
disse di stare zitto con un segno della mano e andò verso la
porta. Guardò prontamente nello spinotto e vide due soldati
con due S sul petto. A Louis prese il panico, erano
lì. Erano lì per prenderli e portarli
chissà dove. Tornò subito in cucina e vide Harry
che lo guardava sospettoso.
"Allora Harry, stai calmo. Qualunque cosa accada tu devi stare
tranquillo. Io non ti lascerò mai va bene?" disse Louis
sentendo che i rumori alla porta si facevano sempre più
insistenti.
"Cosa succede L-Lou perchè mi stai dic-" Harry non
riuscì a finire la frase perchè la porta si
spalancò e i due militari si diresse subito verso Harry e
Louis.
"Hier sind sie, das sind
sie! Lasst sie uns!*" disse uno di loro in tedesco prima
di prendere Hary di forza e trascinarlo dentro un furgone. Harry
cercava di dimenersa urlando il nome di Louis ma questi gli avevano
dato una botta dietro la testa così che Harry svenne tra le
braccia del militare. Louis urlò un no disperato prima che
venisse inflitto anche a lui un colpo dietro la nuca.
Anch'egli venne infilato dentro il furgone.
Auschwitz,
22 dicembre 1933.
Sono quattro giorni che Harry e Louis si trovano dentro questo furgone.
Sono quattro giorni che non mangiano, non bevono e non vedono la luce
del sole. Sono quattro giorni anche che non si lavano. Harry e Louis
sono quattro giorni che sono rinchiusi in questo furgone che solo dio
sa dove li sta portando. Louis non ha avuto il coraggio di dire a Harry
quello che realmente stava accandendo. Non voleva rendere quella
situazione ancora più insostenible. Sono quattro giorni che
dentro quel furgone sono rinchiusi circa altre cinquanta persone, tutti
maschi. E Louis sapeva il perchè. Loro erano tutti
omosessuali. E finalmente i tedeschi li aveva presi e potevano farne
quello che volevano. Erano quattro giorni che Harry teneva la mano di
Louis, nel tentativo di prendere un po' di forza. Louis intanto gliela
stringeva perchè aveva paura di perdere il suo amore. Aveva
una fottuta paura di perderlo. Se ne fregava di se stesso. Lui voleva
che Harry stesse bene. Solo questo.
Mentre Harry e Louis cercavano invani di dormire il furgone si
fermò di colpo e i militari aprirono finalmente le porte,
liberando quell'aria irrespirabile e tutto quel buoio. La luce
investì in pieno i due ragazzi che aprirono subito gli occhi
che bruciarono tremendamente per la troppa luce in un solo colpo. Erano
stati al buio quattro giorni infondo. Alcuni ragazzi era morti per la
fame e la sete ma Harry e Louis erano riusciti a resistere.
Quest'ultimo con la coda dell'occhio vide uno dei due militari che
facevano dei gesti strani. Dovevano scendere e subito.
"Ausschalten,
ausschalten!" gridavano quelli.
Quando tutti quelli sopravvissuti scesero vennero messi in fila
indiana, perfettamente allineati. Louis dovette lasciare la mano di
Harry che esitò ma che poi capì. Forse anche lui
stava capendo.
"Lou, moriremo vero? Adesso ci uccidono, vero?" sussurrò
Harry all'orecchio di Louis che trattenne le lacrime. Sì,
sarebbero morti, Louis lo sapeva.
"No piccolo stai tranquillo" mentì Louis non girandosi e
cercando di muovere la bocca di poco. Gli uomini furono portati -sempre
in fila indiana- ma prima di entrare in quel cancello lucubre che li
avrebbe portati ad una morta quasi sicura Louis alzò la
testa e vide una scritta: Arbeit
Macht Frei.** Louis non capì mai cosa volesse
dire, ma sapeva che non era di sicuro niente di buono. Se sbagliavano
un passo, il militare sparava col fucile a quello che aveva sbagliato.
Harry piangeva a dirotto mentre Louis teneva la testa bassa.
Si fermarono e la fila si tolse a poco a poco, quando toccò
a Louis il comandante davanti a lui lo guardò per bene e poi
decise.
"Ihm und hinter ihm in
Abschnitt B-II-d" Louis non capì una sola
parola di quello che disse ma si sentì solo trascinato in
una stanza, dove un altro militare gli faceva segno di togliersi tutti
gli indumenti che aveva. Louis obbedì subito e si tolse la
maglia e i pantaloni, lasciando solo i boxer. Ma quello gli fece segno
di togliersi anche quello. Louis rimase nudo davanti a quel militare
che prese un paio di forbici e cominciò a depilarlo. Gli
tolse i peli pubici, quelli delle gambe -a volte tirandoglieli
perchè non si volevano togliere-, quelli delle braccia e
infine tutti i capelli. Poi vide che Louis aveva una fede d'oro al dito
e gli fece segno di dargliela. Louis subito fremette. Quella era la
fede di Harry, quella era il loro segno d'amore. Louis non poteva
dargliela. Così se la tolse ma apposto di metterla nella
mano del tedesco la ingoiò quasi soffocandosi per la
grandezza. Il tedesco appena vide quel gesto si alzò subito
e prese una frusta dietro di sè.
"Du bastard!"
urlò quello mentre scagliava a Louis colpi di fruste. Louis
pianse perché sapeva che quella sarebbe stato l'inizio della
fine. Quando il tedesco finì, arrivando esattamente a 24
frustate -Louis le contò- prese un pigiama a righe scure,
con sopra un triangolo rosa e lo gettò addosso al ragazzo,
poi lo prese di peso e lo spinse dentro una camera, dove c'erano
all'interno già 10 persone e 6 letti. Si
rannicchiò su se stesso, appoggiandosi al muro e pianse.
Ad Harry fu inflitta la stessa identica cosa, lo depilarono da tutti i
peli ma soprattutto dai suoi amati ricci che Louis tanto adorava. Louis. Harry
pensò che fine avesse fatto il suo ragazzo. Aveva ormai
capito che erano stati portati lì per ucciderli. Harry ormai
aveva capito che per lui e Louis e tutte quelle persone lì
dentro non c'era alcuna speranza. L'unica cosa che in questo momento
Harry voleva erano i baci e le carezze di Louis. Voleva il suo petto
per accocolarsi sopra. Lui voleva solo che il suo ragazzo si salvasse.
Anche a lui dopo il trattamento di depilazione chiesero la fede e Harry
senza pensarci due volte -voleva rivedere Louis almeno una volta-
gliela diede. Il tedesco buttò addosso al ragazzo lo stesso
pigiama a righe con il tringolo rosa impresso sopra e fu buttato dentro
una camera. La stessa camera di Louis. Se ne accorse perchè
vide una testa nascosta tra le ginocchia. Ma Harry lo riconobbe dalle
braccia. Perchè quelle erano le braccia che lo stringevano
forti, che lo cullavano e che lo amavano. Appena lo vide Harry si
buttò su di lui e lo baciò, dandogli piccoli baci
a stampo che Louis ricambiò. Non ci fu nessun sorriso, solo
piccoli schiocchi.
"Scusa Haz, scusa" disse Louis.
"No amore non ti scusare, non è colpa tua"
replicò Harry continuando a baciarlo.
"Scusami Harold. Scusami perchè non sono riuscito a
proteggerti scusami" continuò sospirando. Harry si sedette
accanto a lui e fece appoggiare la testa nell'incavo del suo collo.
"Lou va tutto bene. Ti amo..." mormorò mentre lacrime salate
scendevano sulle sue guance.
"Anch'io Harry, tantissimo."
Quello fu realmente
l'inizio della fine.
Auschwitz,
28 gennaio 1935.
Sono passati un anno e trentasette giorni da quando Harry e Louis
entrarono dentro il campo di concentramento di Auschwitz. Sono un anno
e trentasette giorni che Harry e Louis sono costretti a lavori forzati,
a frustate per ogni minima cosa, a prese in giro di ogni tipo. Sono un
anno e trentasette giorni che Harry e Louis si amano ancora e
più di prima. Sì perchè questa tortura
non li ha divisi. Per niente. Li ha uniti, sempre di più.
Certo, non hanno fatto l'amore -non ne hanno completamente le forze- ma
continuano ad amarsi come il primo giorno, come quel lontano giugno del
'32. Harry e Louis si danno la forza l'uno per l'altro. Si tengono per
mano quando i tedeschi li lasciano in camera. Dormono insieme,
appiccicati come non mai. E si baciano, perché solo questo
riescono a fare. Sono circa due mesi che Harry sta componendo quella
canzone. Sì, perchè nonostante tutto Harry ha la
forza di cantare. I tedeschi una volta ogni mese li fanno uscire e li
mettono in una stanza, dove possono fare quello che vogliono e Harry
canta. Ogni volta. Canta per Louis che vuole sentire la sua voce e
canta anche per gli altri che tentano di sopravvivere proprio come
loro. Oggi è uno di quei giorni. Oggi li lasciano liberi per
almeno un quarto d'ora di fare quello che vogliono, sempre chiusi in
una stanza. Ed è proprio oggi che Harry canterà
la canzone che ha composto per Louis. La guardia tedesca sta aprendo la
porta con tre sigilli e comunica con un cartello di uscire e recarsi
nella stanza che loro chiamano "liberatoria". Harry e Louis si prendono
per mano e con le poche forse che gli rimangono, vanno verso quella
stanza. La guardia da dietro li guarda malissimo e mormora un qualcosa
di incompresibile, ma Harry e Louis se ne fregano.
Quando arrivano nella stanza Harry e Louis si siedono in un angolo,
sempre con le mani intrecciate.
"Lou, voglio farti sentire una canzone..:" dce Harry. Louis lo guarda
negli occhi e annuisce. Semplicemente perchè non ha la forza
di dire e fare niente. Louis è quello trattato peggio. Louis
è quello che protegge Harry e si mette sempre davanti al
piccolo se una guardia tedesca vuole frustarlo o fargli del male.
Harry dopo qualche attimo inizia a cantare.
I was only
looking for
a shortcut home.
But it's complicated
So complicated.
Somewhere
isn this city
is a road, i know.
Where we could make it
But maybe there's no
making it now.
Harry si ferma un attimo per riprendere aria -perchè anche
lui è debole- e guarda Louis, che con quei suoi occhi blu
continua a fissarlo. Questi si velano di lacrime, che non vogliono
scendere ma sono pronte a farlo subito dopo.
Too long we've been denying.
Now we're both tired of
tryning
We hit a wall and we
can't get
over it.
Nothing to relive.
It's water under the
bridge.
You said it,
I get it
i guess it what it is.
Harry conclude la canzone piangendo a dirotto, mentre Louis lo prende
con sè e lo coccola tra le sue braccia ormai rannicchite e
magrissime. Anche Louis piange perchè capisce che non
c'è ancora molto da fare. Capisce che tra poco
perderà il suo riccio, capisce che tra poco la sua vita
finirà.
Quando i respiri e tremiti dei due si calmano Louis alza la testa e
guarda Harry che ha gli occhi rossi e gonfi, poi gli accarezza la testa
rasata e sorride di sbieco.
"Sai che a volte mi mancano i tuoi ricci morbidi?" chiede Louis,
continuando ad accarezzare la testa dell'altro.
"Lo so Lou. A me mancano invece i tuoi occhi blu che emanavano
allegria" risponde il ragazzo, baciando Louis dolcemente sulle labbra.
Le loro lingue si toccano forse per l'ultima volta perchè
sanno che non avranno più forza nemmeno per tenersi per mano
e quindi si baciano come se fosse l'ultima volta. Louis poggia una mano
sulla guancia infossata di Harry e questo attira verso di se Louis,
prendendolo da dietro il collo. Tutti e due hanno le stesse sensazioni.
Tutti e due sentono svolazzare le farfalle, come in ogni film
romantico. Tutti e due si amano, come il primo giorno.
Continuano a baciarsi per alcuni minuti e poi si staccano
completamente senza fiato.
"H-ho voglia d-di fare l'amore c-con te Boo" sussurra Harry accoccolato
al petto di Louis.
"Anch'io H-Haz. Ma n-non possiamo e n-non ce l-la facciamo" rispose
Louis a corto di fiato anche lui.
"Ti amavo Louis, ti amo e ti amerò sempre." disse Harry,
ormai ripreso fiato.
"Anch'io Harold. Sempre e per sempre." disse infine Louis,
addormentandosi.
Auschwitz,
15 febbraio 1936.
Harry e Louis sono sdraiati nel loro letto, invani di quello che da
lì a poco sarebbe successo. Si stringono forti -se
così si può dire-. Ormai sono due cadaveri che
camminano, sono due scheletri che continuano impotenti a tenersi per
mano ovunque vadano. E continuano a prendersi le frustate dai tedeschi
per questa cosa. Dopo che sono passati tre anni da quando li hanno
rinchiusi lì dentro forse un barlume di speranza si sta
riaccendendo. Forse si salveranno e potranno tornare a una vita
normale. Forse potranno sposarsi. Devono tenere duro. Non sanno neanche
loro come hanno fatto a resistere tutto questo tempo. Forse
è stato il loro amore. Forse tenendosi per mano si davano
tanta di quella forza da farli rimettere in piedi per lavorare. Forse
quel sfiorarsi le labbra prima di addormentarsi era un
incentivo in più per far sì che i due si
svegliassero l'uno accanto all'altro. Privi di forze, ma vivi.
Ed è il loro amore che li manda avanti, che continua a farli
vivere nonostante le torture di quel posto così disgustoso,
così disumano. Ed è sempre il loro amore che
supera ogni cosa, ogni aspettativa anche dopo che Louis torna in
lacrime da Harry dicendogli che per lavarsi gli hanno dato un sapone
con delle lettere incise sopra RJF,
e Louis aveva scoperto cosa volevano significare quelle parole: puro, grasso, ebreo.
Hanno fatto lavare Louis con uno dei loro inquilini, con un ebreo
ammazzato e "trasformato" - dio sa come- in sapone. Ed è
sempre il loro amore a superare ogni cosa perchè Harry
è andato ad abbracciarlo con i suoi ormai cinquanta chili e
le braccia striminzite. Ed è sempre il loro amore che li fa
morire insieme, nelle camere a gas proprio questo giorno. Ed
è il loro amore che li fa addormentare per sempre, mano
nella mano in quelle camere che spruzzano quel veleno letale. Ed
è il loro amore che lì fa sussurrare uno nella
bocca dell'altro "Ti amo Boo" "Ti amo Haz" prima di farli addormentare
completamente. Ed è sempre il loro amore che li fa morire lo
stesso giorno in cui si sono conosciuti, proprio quando il loro amore
fa 4 anni. Si può definirlo amore puro, amore vero.
Quell'amore che si trova una volta sola, quell'amore che non li lascia
un attimo anche dopo tutte le cose successe. Quell'amore che
continuerà a resistere anche nell'aldilà, nel
paradiso. Perchè loro è questo che si meritano:
il paradiso. E adesso Harry e Louis sono due angeli che possono tenersi
per mano in quel posto sublime, sopra le nuvole. Possono amarsi
liberamente. Senza frustate, senza botte e senza insulti. Possono
finalmente vivere felici.
Harold Edward Styles: 1
febbraio 1914 - 15 febbraio 1936
Louis William tomlinson:
24 dicembre 1911 - 15 febbraio 1936
Per sempre insieme, fino
alla morte.
Non ci sono
paralleli con la vita nei campi di concentramento.
L'orrore che lo
deriva non può mai essere pienamente percepito
dall'immaginazine
umana perché rimane al di fuori della vita della morte.
SALVEEEEE.
wow. Riesco a dire solo questo. Non so come relamente sia venuta questa
os veramente infinita. ma vi dico solo che ci ho messo 3 giorni, anche
perché ho dovuto cercare delle informazioni riguardanti la
guerra, i campi di concentramento e tutte questo cose che adesso vi
spiegherò. Metto un elenco puntanto perchè
così riesco a dire tutto meglio:
- Allora, partiamo dalle date. Non sono giuste. Nel senso che
il campo di concentramento di Auschwitz è stato aperto solo
nel 1941, mentre qui siamo nel 33. Mentre la guerra è
relamente iniziata nel '33.
- I militari tedeschi che erano al campo, che prima hanno
preso Harry e Louis si chiamavano SS. E sono anche quelli che
guardavano i detenuti. Venivano chaimati anche Kapo.
- Forse questo lo sapete già ma ogni persona che
entrava là dentro.veniva depilata da ogni peluria. Poi gli
sequestravano tutti i vestiti, le scarpe e gli oggetti che avevano
indosso.
- i detenuti, se sgarravano anche solo di un minimo venivano
percossi o presi a frustate. Le frustate non sueravano mai il numero 25
ed è per questo che Louis ne riceve 24.
- Agli omosessuali che entravano nel campo di concentramento
veniva dato questo pigiama a righe con un triangolo rosa inciso.
- All'entrata nel campo di concentramento di Auschwitz c'era
davvero la scritta: Arbeit
macht frei cioè il lavoro rende liberi.
- La storia della saponetta con inciso quelle tr lettere
è vera ed è una testimonianza di un sopravvissuto.
- La maggior parte venivano uccisi in queste camere a gas e
poi venivano cremati nei forni. Ma li facevano morire anche in modi
peggiori.
- Un'altra cosa importante è la storia della
musica. Nei campi di concentramento potevano avere questo "sfogo"
cantando e suonando gli strumenti che i tedeschi gli davano. Quindi
anche questo, cosa vera e non pura fantasia.
Ok direi di aver detto tutto o almeno quasi. Scusate se ci sono errori
e spero che vi sia piaciuta. Lasciatemi una recensione percapire se ho
scritto una cavolata. Grazie a tutti.
ps: i personaggi
-purtroppo- non mi appartengono e questa storia è di pura
mia fantasia con nessun scopo di lucro.
|