I'm coming
Londra 1834
Stava
correndo.
Il vento le
accarezzava i lunghi capelli biondi.
Si teneva le
gonne del
vestito per non inciampare.
Spesso si
guardava
dietro.
E veniva
inghiottita
da un mare blu.
- Helga!
Mi stai
ascoltando?- la voce di sua madre spazzò via i suoi
pensieri. Alzò lo sguardo
infastidita. Davanti a lei c’era il suo riflesso. Due grandi
occhi verdi la
fissavano assonnati, i capelli erano stati raccolti da una complicata
pettinatura
che le tirava la pelle, indossava un elaborato vestito giallo e dorato
con un corpetto
nero.
Helga fece una smorfia. Non avrebbe
retto a lungo senza
respirare.
-Mi raccomando sorridi sempre. Sono
sicura che ce la faremo-
canticchiò sua madre mentre finiva di prepararla. Quando
ebbe finito guardò la
sua opera soddisfatta –Sei bellissima- le sorrise.
La ragazza alzò le spalle,
d'altronde era uno dei pochi
movimenti che il suo abito le concedeva di fare –Sembro una
stupida damigella
di corte-
Come al solito sua madre fece finta
di niente, dopo aver
ordinato alle cameriere di chiamare la carrozza, aiutò la
figlia a camminare
tenendola a braccetto.
Continuava a blaterare su quanto
fosse meraviglioso sposarsi
con uno degli uomini più ricchi del mondo.
Già Helga stava andando a
sposarsi.
Naturalmente non aveva idea di come
fosse suo marito. I suoi
genitori era rimasti sorpresi quanto lei quando le era arrivata la
lettera,
nella quale un ricco possedente di terre, il cui nome neanche
ricordava, le
aveva chiesto la mano.
La data sembrava così
lontana che Helga non ci aveva pensato
più di tanto. Ma in quel momento la consapevolezza di quanto
stava accadendo la
schiacciava, si costrinse a cercare di regolare i respiri che il suo
maledetto
corsetto le bloccava.
Londra quel giorno, come tutti i
giorni, era carica di
malinconica umidità, o forse era solo Helga che vedeva tutto
grigio.
Odiava dover essere aiutata a salire
sulla carrozza. Odiava
i sorrisi falsi e carichi di aspettative che i suoi genitori le
rivolgevano. Ma
soprattutto odiava l’idea di dover lasciare la casa in cui
era cresciuta.
Sebbene i suoi genitori le
ripetessero che era vecchia e
malandata, lei la amava profondamente.
Era strutturata su due piani, per
arrivare all’ingresso
bisognava salire su delle scale, le pareti erano ocra e ricamate con
piccole
foglie di edera che si estendevano sulla superficie, aveva due camini,
uno dei
quali si trovava nella sua stanza, dormiva in un soffice letto a
baldacchino.
La cosa che le piaceva di più era che all’interno
non era arredata come tutte
le case di quell’epoca che avevano l’unico
obbiettivo di ostentare la ricchezza
tanto da diventare pacchiane.
La ragazza guardò inquieta
dal finestrino alzando la tenda.
Nonostante tutto quello che avrebbe dovuto affrontare forse con lui ce
l’avrebbe fatta. Sperava di averlo potuto vedere
un’ultima volta.
Dove diamine
sei
Salazar?
Forse quello
se l’era
meritato
Salazar si massaggiò la
mascella colpita. Si rialzò con una
smorfia di dolore.
-Provaci un’altra volta e
non tornerai a casa con le tue
gambe- gli urlò contro l’oste.
Provarci con sua figlia magari non
era stata la cosa più
galante che potesse fare. Ma era troppo scosso, non pensava davvero che
quella
maledettissima data sarebbe arrivata così in fretta.
Pensava che grazie
all’alcol avrebbe potuto dimenticare. Bel
risultato.
Nel frattempo l’oste
torreggiava su di lui con in mano il
bastone da passeggio di Salazar.
-Quello è mio- gli disse
alzando il braccio, quell’altro gli
rise in faccia –Sul serio amico penso che finirai male se non
me lo dai- disse
tra i denti il ragazzo, stava perdendo la pazienza, Salazar non era mai
stato
paziente.
L’oste gli diede un
spintone facendolo andare a sbattere sul
muro che sapeva di rancido.
-Che ne dici se te lo spezzassi?-
l’uomo fece per romperlo
tra le possenti mani, ma dal bastone si sprigionò una
scintilla che lo colpì in
pieno.
Salazar guardò divertito
l’uomo stramazzato a terra, si
piegò per raccogliere il bastone
-Te l’avevo detto- gli
disse, poi scomparve nell’oscurità
delle strade londinesi.
Era più che deciso a
riprendersela. Non poteva permettere
che gli portassero via la cosa più importante che gli era
stata concessa.
L’unico essere vivente che non lo faceva sentire diverso.
Helga sto
arrivando.
Nota
dell’autrice: Salve
a tutti! Se sei arrivato/a qui significa che hai letto fino alla fine e
ti ringrazio
per questo. So che secondo le fonti i Fondatori vivevano nel Medioevo,
ma amo
davvero questo periodo. Inoltre leggendo “La
Principessa” di Cassandra Clare mi
sono completamente innamorata. Non ho altro da aggiungere se non :
andate a
leggere le fan fiction su shadowhunters se siete fan della saga.
Alla prossima!
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