L'uomo del treno

di La Mutaforma
(/viewuser.php?uid=68889)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


I binari sembrano tracciati di vene e radici, che si intrecciano sulla terra sporca, nel mondo che corre.
Nel vagone non ci sono posti a sedere, e tu sei l’unico in piedi, persino lo zingaro davanti a te ha posato la fisarmonica e sta seduto per terra, sporco e noncurante, gli occhi pigri e socchiusi a spiare la divisa del lontano controllore.
Vorresti dargli una moneta per farlo suonare, per spezzare il cigolio rumoroso delle rotaie, ma hai speso gli ultimi spiccioli per il biglietto.
Traballi ad ogni scossone, ad ogni fermata.
Non è mai la tua.
Hai solo una vaga consapevolezza di dove questo treno non potrà portarti.
Esiste un solo treno che ci porta dalle persone a cui teniamo, ma arriva sempre in ritardo.
 
Nel finestrino appannato si vedono riflessi di occhi che non conosci e che una volta sceso non rivedrai mai più. Dall’altra parte, luoghi che non conosci, stazioni poco accoglienti, sporche, disabitate.
Sono ore che il treno corre e quando cala la sera sembra camminare più lentamente, come se ci fosse più tempo a disposizione, e meno stazioni da fare.
Quando sei solo, il controllore ti bussa sulla spalla ma non ti chiede il biglietto.
“La corsa è finita, dovete scendere”
L’uomo del treno non ha bagagli, né una vaga idea di dove stia andando, né cosa stia cercando.
Ha la mappa del viaggio nelle linee sulle mani e nessuno che lo aspetti in stazione.   

 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2035487