Sequel di
“Urlo”.
Urlo
ingabbiato.
Temo
ed attendo, attendo e bramo.
Ho
un urlo
incastrato in gola.
Temo,
attendo e bramo il giorno in cui potrei dire “Avevo un urlo
incastrato in gola” e parlare di esso al passato.
Ho un urlo
incastrato in gola.
Graffiante, rovi nati da spine cristallizzate che
stringono sempre più pesantemente nella loro trasparenza.
Ho
un urlo incastrato in gola.
Soffocante e deleterio, si fa guerra da
solo.
Ho un urlo
incastrato in gola.
Una doppia facciata di specchi
ammassati da troppo tempo in equilibrio precario.
Ho un urlo
incastrato
in gola.
Una miccia in scongelamento portatrice di
autodistruzione.
Ho
un urlo
incastrato in gola.
Una gabbia che vibrando esige di essere aperta.
Ho
un urlo incastrato in gola.
Un abile oratore che annebbia la mente e la
consuma.
Ho un urlo
incastrato in gola.
Non sono ancora riuscita a
romperlo.
Forse,
fortunatamente.
La
struttura della
storia è stata mantenuta come quella che si potrebbe
considerare il prequel di questa, cioè una frase ripetuta
con anesse descrizioni/sensazioni per otto volte – alcuni
riferimenti sono volutamente riconducibili per avere un senso di
“continuazione”.
Vi ringrazio della lettura, Dhi.