Era
sera al distretto.
Beckett
stava riponendo in una scatole tutte le foto e gli indizi del caso
appena concluso e si accingeva a pulire la lavagna.
Ennesimo
caso risolto. Aveva assicurato alla giustizia l’ennesimo assassino
e dato un po’ di pace, per quanto fosse possibile, alla famiglia
della vittima.
Sapeva
cosa si provava, lei ci era passata con sua madre.
Ma
non sapeva cosa si provava ad avere pace per un caso. Quel caso.
Aveva
trovato l’assassino, e da un anno a questa parte erano andati
avanti sul caso di Johanna, ma ancora, dopo la sua sparatoria, non
avevano piste.
Tutti
quelli che erano collegati al caso erano morti.
Al
Lockwood, Johanna, Montgomery, Coonan. Erano tutti morti. Erano solo
nomi ormai.
E
in più la Gates non le permetteva di indagare.
Lei
non era Montgomery, ma alla fine non era neppure così male rispetto
a come si presentasse.
Non
aveva un debole per Castle, ma per ora non aveva avuto altro da ridire
su di lui.
Già,
Castle.
Lui
l’aveva salvata tante volte, in tanti modi, e se avesse potuto si
sarebbe preso lui la pallottola al funerale di Montgomery.
Kate
chiuse gli occhi e respirò a fondo.
Ricordava
molto bene le parole che gli aveva detto. Lui l’amava. Ma lei?
Lei
non lo sapeva. Aveva bisogno di fare ordine nella sua vita prima di
impegnarsi con lui in una storia ed era per questo che stava andando
in terapia.
Non
era semplice per lei fare queste sedute dallo psicologo ma lo stava
facendo per recuperare un po’ di serenità.
L’omicidio
brutale di sua madre l’aveva fatta diventare ciò che era ora,
aveva permesso che la morte di Johanna la plasmasse e si facesse
guidare da essa.
Ma
ora era pronta a lasciarsi tutto indietro e il Dr Burke la stava
aiutando in questo.
Quando
Castle all’ospedale le chiese se si ricordava qualcosa, lei aveva
detto di no, ma lui sapeva che aveva mentito.
Non
si erano sentiti per tre mesi. Per alcune settimane lui l’aveva
cercata, ma vedendosi ignorato dopo un po’ smise di chiamare.
Quando
si era presentata alla libreria mentre firmava i libri, lui era
davvero arrabbiato con lei. Non una chiamata, non uno stupido sms.
Nulla.
Ma
lei gli aveva spiegato che in quei mesi aveva capito che non poteva
essere la persona che voleva, non poteva avere la relazione che
voleva fin quando non avesse risolto l’omicidio di sua madre.
E
lui l’aveva accettato. Con quella frase gli aveva praticamente
detto che a modo suo anche lei ci teneva a lui, ma che non era
pronta.
Così,
dopo aver chiamato il sindaco per farsi reintegrare al 12°, era
ancora lì.
Erano
passati quattro mesi da quando era tornato al distretto e Kate aveva
dato piccoli segnali di voler abbattere quel muro, di aver davvero
voglia di vivere. Ed erano questi piccoli segnali che non fecero
arrendere lo scrittore.
Castle
la osserva dalla sala relax.
Non
voleva che tornasse a casa da sola, voleva passare la serata con lei.
Anche solo per mangiare un boccone insieme. Voleva solo stare in sua
compagnia al di fuori del distretto.
Così
si decise ad invitarla a cena.
Con
passo sicuro si avvicinò a lei.
-“Ehi!”-
disse.
-“Ehi!
Stai andando a casa?”- chiese la detective.
-“Si.
Volevo…”- ma Beckett lo interruppe.
-“Ti
va di mangiare un hamburger? Offro io!”- disse sorridendo e
chiudendo la scatola con le prove.
-“Ho
un’offerta migliore detective!”- rispose lo scrittore.
Beckett
lo guardò con uno sguardo fra il curioso e il confuso, ma Castle non
disse nulla. Si limitò a sorridere furbo e porgerle il braccio, che
Kate accettò sorridente.
Castle
la portò a casa sua. Avrebbe preferito portarla da qualche parte
come un vero appuntamento.
Ci
sarebbe stata la paura all’inizio di chiederglielo, ma lei poi
avrebbe accettato, quindi colta dal panico avrebbe chiamato Lanie per
chiederle un consiglio su come vestirsi.
Ci
sarebbe stata l’ansia che si ha normalmente al primo appuntamento.
Ma
sapeva che lei non era pronta e voleva lasciarle il suo spazio.
Per
ora andava bene così. Era in sua compagnia, aveva accettato di
cenare da lui. Non poteva essere più felice ora come ora.
Kate
entrò in casa Castle e subito si ritrovò stritolata da quello che
era un abbraccio di Martha.
-“Come
stai, darling?!”- chiese la donna dai capelli rossi.
-“Bene
Martha. E tu? Sei in gran forma!”-
-“Adulatrice!”-
rispose la gran diva.
-“Madre,
stai uscendo?”- chiese Castle togliendosi giacca e cappotto.
-“Si
tesoro. Voglio insegnare ai miei studenti che un attore deve essere
sempre pronto a recitare per il bene dell’arte! A qualsiasi ora e
sotto ogni stagione! Che ci sia il sole o la neve! E direi che questa
è l’ora buona!”- rispose Martha facendo ampi gesti con le
braccia.
-“Alexis?”-
chiese poi Castle interessato di più a sua figlia.
-“Oh
è uscita con il suo nuovo amico. Ha detto che non farà tardi
comunque! Beh io vado! Non aspettatemi in piedi bambini!”- disse
Martha facendo una delle sue uscite teatrali.
Kate
sghignazzò. Adorava Martha.
-“Penserai
che siamo una famiglia di pazzi!”- disse Castle iniziando a
cucinare.
-“In
realtà penso che tua madre sia adorabile. Solo tu non stai
apposto!”- disse stuzzicandolo.
-“In
effetti è vero!”- ripose lo scrittore riflettendoci su.
Kate
scosse la testa ridendo e si avvicinò allo scrittore per vedere cosa
stava cucinando di buono.
Castle
le preparò una favolosa carbonara e essendo a digiuno dalla mattina,
Kate mangiò con fame il suo piatto.
Quando
ebbero finito di cenare Kate prese una mela rossa dal cesto e la
addentò.
-“Castle
ne vuoi una?”- chiese.
-“No
grazie. Non amo particolarmente la frutta.”- disse seguendo la
detective e sedendosi sul divano.
Kate
alzò le spalle e continuò a mangiare la sua mela.
-“Allora
detective, com’era la cena?”-
-“Era
davvero ottima Castle.”-
Lo
scrittore gonfiò il petto in segno di soddisfazione. Il suo ego era
appena stato alimentato.
-“No,
non montarti la testa! Può essere stato solo un caso!”- disse Kate
sorridendo furba.
-“Eh
no. Io sono davvero bravo a cucinare. Se vuoi ti preparo
qualcos’altro e ti dimostrerò che non è un caso!”-
-“Oh
no Castle! Ti credo!” – disse Kate con le mani alzate in segno di
resa.
-“E
vedo anche come sei morbido ai lati!”- continuò scoppiando a
ridere.
-“Ah
e così eh?!”- rispose Castle con un ghigno malvagio e velocemente
le prese la mela dalle mani.
-“Questa
ora la mangio io!”- continuò addentandone un morso.
-“Ehi!”-
disse Kate mettendosi in ginocchio sul divano cercando di riprendersi
la sua mela.
Castle
alzava la mano in alto mentre la detective si sporgeva verso di lui.
Ad
un tratto lo scrittore si bloccò rendendosi conto della vicinanza
col viso di Beckett, mentre la donna era così impegnata a
riprendersi la sua mela, che non si era accorda di avere un ginocchio
in mezzo alle gambe di Castle e la sua mano sulla sua spalla.
Quando
finalmente riuscì ad afferrare la mela, anche le loro dita si
sfiorarono e istintivamente Kate guardò negli occhi Castle
rendendosi conto solo in quel momento che era davvero vicina a lui.
Potevano
sentire il profumo dell’altro. Lui sentiva quell’inconfondibile
profumo alla ciliegia di lei. Ormai associava le ciliegie a lei.
Mentre
lei sentiva quel profumo dolce ma non troppo forte. Era leggero e
delicato, fresco che sapeva di legno, arancio e vaniglia, ma sulla
persona giusta era un profumo piccante che eccita. Era il suo
profumo. Sapeva di lui.
Entrambi
intrecciarono le loro dita notando come si incastrassero
perfettamente, dimenticando completamente la mela che nel mentre era
rotolata giù per il divano.
Continuavano
a fissarsi negli occhi, quegli stessi occhi che ormai conoscevano
bene e, come se fossero sincronizzati, entrambi abbassarono gli occhi
sulle labbra dell’altro.
Si
erano già baciati, una volta. Non ne avevano mai parlato, ma per
tutti e due era un ricordo impresso a fuoco.
Kate
voleva cambiare, stava cercando di abbattere quel maledetto muro, e
senza Castle probabilmente non avrebbe neppure iniziato.
Voleva
baciarlo. Voleva sentire le sue labbra sulle sue. Voleva solo
sentirsi amata per una volta, e sapeva bene che lui l’amava.
E
poi in un secondo Castle istintivamente annullò la distanza fra
loro, premendo le sue labbra su quelle di Beckett.
Dopo
qualche secondo di incertezza, la risposta di Kate non si fece
attendere.
Avevano
entrambi voglia di sentirsi.
Con
delicatezza Castle strinse i fianchi di Beckett, avvicinando il suo
corpo al suo, mentre Kate si sistemò a cavalcioni su di lui.
Inizialmente
fu un bacio semplice, dolce, delicato, ma quando entrambi avvertirono
il corpo dell’altro farsi sempre più vicino, quel bacio si
trasformò in qualcosa di profondo facendo uscire tutta la passione
che avevano represso in questo quattro lunghi anni.
Le
grandi mani di Castle vagavano senza meta nella schiena di Beckett
stringendola a se, mentre Kate affondava le sue mani sui capelli
castani dello scrittore.
Le
loro lingue esploravano ogni centimetro della bocca dell’altro,
volendo conoscersi e assaporarsi all’infinito.
Ma
non volevano fermarsi. Kate sapeva che se si fosse fermata avrebbe
razionalizzato tutto e non avrebbe più avuto il coraggio di
continuare. Mentre per una volta voleva vivere.
Castle
invece era su un altro pianeta. Il fatto che lei non si fosse tirata
indietro avrebbe dovuto essere per lui un campanello d’allarme, ma
decise anche lui per una volta di non dire nulla, invece continuò a
baciarla e con la sua bocca scese sul collo trovando quei punti che,
aveva capito, facevano impazzire Kate.
Con
mano tremante, forse per l’emozione, Beckett iniziò a sbottonare
la camicia di Castle, bottone dopo bottone.
Castle
le accarezzava la schiena da sotto la camicia, sentendo la sua pelle
morbida.
Continuavano
a baciarsi, a sentirsi vivi.
Si
staccò da lei solo quando non ebbero più fiato e fissandola negli
occhi vide stupore e confusione per aver interrotto il bacio, ma
anche determinazione e passione. Vide anche che i suoi occhi
brillavano per l’emozione e la felicità di quel momento.
-“Kate…”-
ma venne subito interrotto da un bacio di lei.
Beckett
aveva paura che ritornasse la detective razionale di sempre e se
fosse successo, sarebbe scappata subito.
Riprese
a baciarlo con foga con passione, facendo duellare la sua lingua per
il dominio, mentre i suoi fianchi si appoggiavano sempre di più su
quelli dello scrittore.
Kate
faceva vagare le mani lungo il suo petto, mentre anche Castle iniziò
a sbottonarle la camicia.
Gli
unici suoni presenti nella stanza erano gli schiocchi dei loro baci.
Erano
ancora così quando sentirono la serratura della porta scattare.
Kate
si sollevò in due secondi, abbottonandosi velocemente la camicia e
passandosi una mano fra i capelli.
Che
cosa stava facendo? Pensava la detective.
Voleva
davvero fare questo con Castle così?
Si.
Perché la verità era che si desideravano da tanto tempo.
Anche
lo scrittore dal canto suo si riabbottonò la camicia velocemente,
mentre sua figlia entrò nell’appartamento.
-“Ciao
papà! Oh, ciao Beckett!”- disse la ragazza notando Beckett rossa
in viso e piuttosto imbarazzata.
Kate
si sentiva colta in flagrante. Sapeva di avere le guance color
porpora e le labbra gonfie, così afferrò il suo cappotto e
salutando veloce Alexis, scappò via da quella casa.
-“Che
succede papà?”- chiese piuttosto confusa.
-“Nulla
zucca!”- rispose veloce, uscendo e inseguendo la sua musa.
-“Kate.
Kate, aspetta!”- disse uscendo dall’appartamento.
Beckett
aveva lo sguardo basso, come se fosse colpevole. In realtà l’unica
sua colpa era quella di voler vivere finalmente.
Ma
Kate non lo ascoltò. Ora aveva bisogno di stare sola.
Proprio
mentre Castle arrivò all’ascensore, le porte si chiusero davanti a
lui.
ANGOLO MIO: salve!
:D ogni tanto ritornano! xD
dunque non ho tanto da dire se non che questa ff l'ho iniziata il 6
febbraio 2012 e ad ora non è ancora finita! xD
quindi questa è ambientata a metà quarta stagione. L'immagine della ff è stata fatta dalla mia herm LaAngol! :D
Cliccando su questo link trovate il trailer di questa ff. Lo potete
vedere anche in HD! http://www.youtube.com/watch?v=YDYR_T4OrVI
bon
buona lettura e ci leggiamo presto! :3
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