Era una mattina
d’inverno, una desolata e lugubre mattina
d’inverno come tante. Camminavo tra la gente scrutando volti
sconosciuti di
ragazzi. Niente. Niente di speciale. Niente di sconvolgente. Niente di
più dei
soliti ragazzi anonimamente belli o brutti. Non sapevo cosa stessi
cercando in
realtà. Un ragazzo bellissimo, forse. Tuttavia, ero certa
che me ne sarei
accorta se l’avessi visto. Sconvolgente, avevano detto quelli
che l’avevano
incontrato. Non avevano saputo dare una definizione migliore. I miei
pensieri
furono interrotti da una voce e fui raggiunta dalla mia amica.
“Ciao”
mi disse. Lei l’aveva incontrato solo qualche volta di
sfuggita, non era ancora mai stata rapita da Lui, ma lo attendeva, di
certo,
con meno impazienza di me.
“Ciao”
le risposi e mi voltai a guardarla. Era una ragazza
semplice, pura, non aveva ossessioni maniacali come la mia.
“Ci
stai di nuovo pensando”non era una domanda, ma un
rimprovero.
Abbassai lo
sguardo, imbarazzata. Come al solito, non potevo
nasconderle neppure la mia vergogna più grande.
“Sta
diventando una fissazione” sospirò
“Porta pazienza, cara, e
sarai ricompensata”.
No…
non di nuovo…pazienza…da quanto me lo dicevano?
Anni,
probabilmente.
“Tu
l’hai
conosciuto”borbottai semplicemente, ma nella mia voce
s’intuiva un vago tono
d’accusa.
Raggiunsi in
fretta la mia classe, sedetti al mio banco. Durante
l’ora successiva, chiesi di Lui alla mia compagna di banco.
“Non
lo conosci?” fu la scettica risposta, “Non
prendermi in
giro!”
Naturalmente
non poteva sapere quanto il suo scetticismo potesse
imbarazzarmi ed umiliarmi.
Avevano
spesso quella reazione, e la mia risposta non cambiava.
No, non lo conoscevo. Né l’avevo mai conosciuto.
Certo, avevo sentito di lui.
Del resto, tra i banchi di scuola era estremamente popolare.
Più d’una volta,
avevo anche avuto modo di ammirare il suo operato. O quello che gli
altri
credevano tale. Avevo creduto a quel mito da quando ero piccola e,
ascoltando
le storie di bambine più grandi, mi aveva fatto sognare.
Ricordo ancora quando
ci raccontavano le loro avventure, ricordo la mia ammirazione infantile
per
Lui. Che sporca illusione! Come se esistesse davvero! Guardatevi dalle
dimensioni di questa cospirazione, dicevo, molto più tardi.
Ma non trovai
nemmeno un fedele Sancho che mi accompagnasse nella mia battaglia
contro i
mulini a vento. Perché la leggenda è continua e
immensa, serpeggia tra la
gente, insinuando la speranza tra le menti innocenti e Lui acquista
sempre più
seguaci. Più di Cristo, di Maometto, di Buddha, di Zeus.
Anzi, tutti loro erano
suoi seguaci. Avevo forse otto anni, quando cominciai a sentirlo reale,
vicino,
ma questo era quello che avevo imparato a credere, quello che tutti
impariamo
dopo anni di costante lavaggio del cervello. Non illudetevi, anche se
non
guarderete la televisione, non sopravvivrete. Perché tutta
la nostra società vi
è fondata, nessuno ha via di scampo. Forse nella natura
umana è insita questa
credulità, questa speranza in Lui. Sapete qual è
il bello? Che spesso non si
rivela vana: siamo talmente convinti che Lui esista che lo troviamo. Lo
creiamo
da noi. Beh, all’età di tredici anni, tutti
l’hanno già incontrato almeno una
volta. Tutti tranne me. Io, sì, proprio io, quella che
continua a crogiolarsi
nella sua disillusione, che si ostina a non credere in lui, a
disprezzarlo come
fa la volpe con l’uva. Per tutti questi anni, mi sono
sforzata di credere che
fosse un bene per me conoscere la verità, ma in fondo non ne
sono mai stata
convinta. Su questo rimuginavo anche quel giorno, mentre una voce
monotona scandiva
il ritmo dei miei pensieri, quando la porta si spalancò di
colpo, senza rumore
alcuno, ed un ragazzo splendente scivolò silenziosamente
dentro la classe. Mi
coprii gli occhi con la mano, per non rimanere abbagliata dalla luce
che
irradiava, e d’improvviso capii. Capii quando notai la sua
bellezza
sconvolgente, il suo sorriso rassicurante, e, illusa e stupida, commisi
il più
grave errore della mia vita. Mi concessi di sperare. Credetti che fosse
venuto
per me, dimentica delle altre persone nella stanza. Ma lui si diresse
verso una
mia compagna, e le fece cenno di seguirlo, mentre io sprofondavo nella
sedia e,
nel momento stesso in cui i miei occhi si riempivano di lacrime di
tristezza,
le debolezze che per anni avevo tentato di negare furono palesi.
Repressi i
singhiozzi e cercai forza nella disperazione. Mi alzai e mossi pochi
passi
decisi verso di lui, travolgendo tutto ciò che trovavo sulla
mia strada. Lo
chiamai, ma Lui non rispose. Cominciai a scrollarlo bruscamente per le
spalle,
quasi tentando di fargli male, mentre i miei occhi tornavano lucidi.
Finalmente
si girò, il viso di una bellezza disumana leggermente
sorpreso dalla forza
della mia aggressione. Lo ignorai, e cominciai ad urlargli in faccia
tutta la
mia frustrazione:
“Mi vedi? Sono
qui. I capelli
disordinati, gli occhiali e questa camicia a quadri forse troppo grande
per me.
Io la vedo, questa ragazza qui accanto. La vedo. È uguale a
me. Sì, è
dannatamente uguale a me. E allora perché, o crudele?
Perché lei ride, esulta,
piange, si dispera, ti maledice, ti loda, ti tocca e io no?
Perché a lei quella
dolce illusione e a me solo l’amaro sapore della
verità? Tienila, questa
dannata disillusione, prenditi ciò che vuoi, in cambio di
quella sofferenza
così dolce, di quel dolore illusorio, restituiscimi la
speranza! Io so tutto di
te: il tuo volto quando nasci e quando muori, quando sei deluso, quando
non
ricambiato e mi hanno insegnato che non sei mai
inutile…ecco, è questa la
verità. Amo guardarti mentre infiammi gli animi, amo
guardarli piangere e ridere
per mano tua…Sono innamorata di te. Lo sono sempre stata. E
se mi avessi mai
degnata di uno sguardo lo sapresti…
ti amo,
Amore
...
...
...
Quanto
tempo è passato, Amore, da quel momento? Quanto, da
quando mi sfiorasti il viso con la mano calda e i tuoi occhi mi
chiesero
fiducia? Io te la concessi, e guardami adesso: il mio vecchio cuore
è stanco e
di pietra, i miei occhi svuotati dall’ennesima speranza
delusa hanno atteso
troppo a lungo la tua venuta e le labbra, mai concesse ad alcuno,
attendevano solo
te…
So che il
tempo per te
non esiste e so che credi di poter sconfiggere la morte, ma quando
soffierà via
la vita dal mio corpo, tu cosa farai? Avrai definitivamente perso. No,
forse a
perdere sarò stata io, soltanto io…
Amore, sei
davvero il
bambino volubile che dicono?
È
davvero passato il
tempo in cui avresti potuto ingannarmi con una semplice promessa dei
tuoi occhi
profondi?
...e mentre
mi avvicino
al tramonto, già vedendone il colore, mi volto indietro e
guardo la tua figura
con incredibile tenerezza, ed i miei occhi stanchi si lucidano
un’ultima volta…
L’ultima
cosa che vedo
sei tu che tendi le mani nel vuoto, per afferrare la mia anima che ti
scivola
tra le dita, prima di turbinare ancora una volta intorno a te e volare
via,
finalmente libera, serena...
...forse
perfino felice... |