LIAM
Liam
James Payne era uno dei ragazzi più popolari del Kensington
& Chelsea College. In
poco tempo era riuscito ad emergere dalla massa di centinaia di
studenti che
affollavano i corridoi della scuola ad ogni suono della campanella,
distinguendosi per il suo carisma e la sua
sicurezza. L’ultimo anno del college
si prospettava per lui come l’apice della sua
notorietà, il momento in cui
tutto il suo lavoro avrebbe prodotto i frutti da lui tanto attesi. Liam
era un
ragazzo intelligente, acuto, sveglio, delle volte sin troppo da
riuscire a
vedere cose che gli altri neppure immaginavano. Amava organizzare la
sua
giornata, la sua vita, pianificare ogni sua mossa e prevedere quelle
altrui in
modo da poterne sapientemente gestire le conseguenze. Liam sentiva il
bisogno,
quasi ancestrale ed innato, di mantenere sotto il suo stretto controllo
qualsiasi cosa potesse interferire, seppur soltanto minimamente, con la
sua
vita. La sua famiglia non gli aveva offerto alcuna sicurezza economica,
non si
era imposta socialmente affinché il loro unico figlio fosse
trattato con
estremo riguardo, ma lui era riuscito ugualmente ad ottenere tali
risultati con
il suo impegno e la sua perseveranza. Afferrò lo zaino e con
un abile e veloce
gesto ne poggiò una tracolla sulla spalla destra, poi si
affrettò ad
oltrepassare il portone di una delle casette che si affacciava su una
piccola e
sobria stradina marginale del quartiere.
Il
college era
piuttosto lontano, dunque al mattino era costretto a svegliarsi di buon
ora per
riuscire a raggiungere la meta in orario per la prima lezione della
giornata.
Mise
le mani nelle
tasche dei pantaloni beige che indossava e strinse le spalle per
contrastare
l’aria fredda e tagliente che avvolgeva quotidianamente
Londra alle prime ore.
Solo
quando ebbe
raggiunto la metro si decise a sfilare il cellulare per poter
effettuare una
chiamata.
Velocemente
cercò nella
rubrica il nome dell’amico, poi premette sul tasto che
riportava una cornetta
verde e portò l’apparecchio
all’altezza
del viso.
Una
voce femminile
falsamente cordiale lo infornò
dell’impossibilità di mettersi in contatto con
l’utente da lui richiesto.
Sbuffò
irritato,
afferrando con vigore il palo di ferro che si ergeva al centro di una
cabina
affollata e maleodorante della metro.
Compose
nuovamente il
numero dell’amico, sperando che questa volta rispondesse alla
sua chiamata.
Sorrise
al suono del
primo squillo e subito ebbe la certezza che pochi attimi dopo avrebbe
sentito
la voce di Harold Edward Styles dall’altro capo
dell’apparecchio.
“Si?”,
esordì ancora
assonnato, arricchendo quella semplice sillaba con uno sbadiglio.
“Andiamo
coglioncello!
Sono le otto meno uno quarto ed oggi è il primo giorno di
scuola, muoviti!”, lo
incitò Liam.
“Non
dirmi che sei
ancora a letto, anche perché non ho intenzione di aspettarti
stamattina.”, lo
intimorì poi.
Harry
non rispose, si
lasciò solo scappare un altro leggero sbadiglio mentre
passava una mano tra la
scura chioma disordinata ed indomabile.
“Dammi
dieci minuti e
sono lì.”, asserì, costringendosi a
scostare il lenzuolo di cotone dal suo
corpo.
“Lo
spero.”, concluse
l’altro, interrompendo poi la chiamata un istante prima che
la metro si
arrestasse ad una nuova fermata.
Liam
controllò la sua
immagine riflessa in una delle scure vetrate. I capelli castani e corti
erano
perfettamente ordinati. I suoi occhi color nocciola erano chiara
espressione
della sua determinazione, bilanciato dal sorriso affabile e genuino in
cui le
labbra erano incrinate. Indossava una leggera maglietta bianca, coperta
in
parte da una di quelle camice a quadri che tanto adorava e dei
pantaloni,
rigorosamente stretti e a vita bassa. Si compiacque nel verificare che
il breve
spostamento non aveva per nulla alterato il suo aspetto. Con pochi
decisi passi
uscì dalla cabina e si diresse alla fermata del pullman.
Detestava dover
prendere tutti quei mezzi pubblici già di primo mattino, ma
purtroppo gli
impegni lavorativi dei suoi genitori gli impedivano di poter
raggiungere il
college comodamente con l’auto.
Liam
cercava di non dar
mai peso a quel piccolo dettaglio e, soprattutto, preferiva non doverne
mai
parlare in pubblico.
Quando
finalmente
giunse a destinazione un ampio e sincero sorriso prese forma sul suo
viso. Era
tutto esattamente come ricordava. La strada, l’ingresso
principale, il
cancello, gli alberi che si scorgevano ai lati del possente edificio,
gli
studenti intenti a parlottare in attesa del suono della prima
campanella.
Sapeva che quello che si accingeva ad iniziare era l’ultimo
anno ed era consapevole
di come, al termine di esso, la sua vita sarebbe radicalmente cambiata.
Non ci
sarebbe stato più tempo per i festini, la discoteca, le
serate con gli amici,
le cazzate e le bravate. Avrebbe dovuto solo pensare a come costruire
il suo
futuro, a lavorare per il suo avvenire, a studiare perché
esso si potesse
realizzare.
“Buongiorno
amore!”,
trillò una voce allegra che subito riconobbe come quella di
Millicent Grace
Wood, la sua fidanzata ufficiale da ormai oltre sei mesi.
Millie
gli circondò le
spalle con le braccia, lasciando un leggero bacio alla base del collo
del
ragazzo.
“Ciao
piccola!”,
ricambiò lui, voltandosi in sua direzione così da
poterla avvolgere per poi
poggiare le labbra sulle sue, coinvolgendola in un bacio passionale e
poco
casto.
Millicent
era dotata di
una singolare bellezza, forse era per quel motivo che Liam
l’aveva scelta come
sua ragazza, o forse in realtà si erano scelti a vicenda.
La
sua pelle chiara
contrastava adorabilmente con i lunghi capelli scuri che le scendevano
in
ordinati boccoli sulle spalle. Il suo aspetto era sempre curato in ogni
minimo
dettaglio, non trascurava mai nulla. Ogni ombretto, lipgloss, bracciale
o
collana veniva scelto con dedizione, affinché potesse
abbinarsi al meglio con i
vestiti, le scarpe, la borsa e tutti gli accessori da lei scelti. Era
una
perfezionista in campo di moda. Adorava vestire bene ed adorava anche
essere
notata per il suo stile. Il suo corpo era esile, forse troppo, la sua
statura
nella media, ma falsata dai tacchi che quotidianamente si imponeva di
indossare.
“Avete
finito di
pomiciare? Millie, mi fai venire il voltastomaco!”, li
interruppe disgustata
Audrey Lilian Wood, osservandoli con sufficienza e disprezzo.
Liam
si scansò di poco,
sorridendo beffardo alle parole della ragazza.
“Sempre
educata e
cordiale tua sorella, vero?”, chiese ironico
all’indirizzo di Millie.
Lei
fece spallucce, non
avendo nulla da dire in risposta.
Sarebbe
stato davvero
difficile agli occhi di un estraneo riconoscere in Millie ed Audrey due
gemelle. Il volto della prima valorizzato da colori tenui e rosati che
ne
mascherassero le piccole e lievi imperfezioni, mentre quello della
seconda era
nascosto da colori scuri e forti. Doppi strati di matita nera
circondavano gli
occhi, rendendoli tenebrosi ed oscurando la luce che usciva da essi. Le
labbra
erano messe in risalto da un rossetto intenso e scuro ed i suoi capelli
ricadevano disordinati e mossi. Audrey indossava sempre degli abiti
dalle
tonalità buie, come il nero che spiccava dalle sue unghie
smaltate.
“Eccomi
Liam!”, esclamò
un affannato e sudaticcio Harry, giungendo a pochi passi
dall’amico.
Aveva
un aspetto
trasandato e sciatto. I capelli erano prevalentemente coperti da un
berretto di
lana che ne lasciava intravedere solo le punte arruffate. La fronte era
imperlata
di alcune gocce di sudore, probabilmente dovute alla corsa appena fatta
per
poter arrivare in orario. Indossava dei jeans neri, di qualche taglia
in più
della sua, una maglietta arancione ed una grande felpa grigia le cui
maniche
erano alzate fino ai gomiti.
I
suoi occhi verdi e
luminosi quasi erano oscurati da quella massa riccia e senza forma dei
suoi
capelli.
“Ciao
Millie, ciao
Audrey!”, salutò poi rivolgendo due ampi sorrisi
alle ragazze, le quali
risposero con un poco partecipativo cenno della mano tanto simile da
far
intuire qualche somiglianza nel loro patrimonio genetico.
“Harry,
ho un’ottima
notizia per te.”, esordì Liam passando un braccio
intorno alle spalle della
ragazza per poi girarsi completamente in direzione dell’amico.
Come
al solito gli
erano bastate poche parole per catturare non solo
l’attenzione di Harry, ma
anche quella delle gemelle Wood.
“Ho
saputo da fonti
certe ed irrivelabili che quest’anno ci sarà una
nuova ragazza nel nostro
corso.”, iniziò con un sorriso soddisfatto.
Harry
corrucciò il
viso, non avendo compreso quale fosse il messaggio subliminale di
quelle
parole.
Pendeva
completamente
dalle labbra di Liam.
“Insomma,
sarà
difficile per lei ambientarsi ed integrarsi in una nuova scuola proprio
all’ultimo anno e tu, caro amico mio, la
aiuterai.”, dichiarò dandogli una
leggera pacca sulla schiena.
“Se
tu credi che uno
sfigato come lui possa riuscire a portarsi a letto una qualsiasi
ragazza
semplicemente con due moine, allora credo proprio che non ci conosci
affatto.”,
lo screditò prontamente Audrey, incrociando le braccia al
petto in chiaro tono
di sfida.
Harry
non replicò a
quelle parole, impegnato a riflettere su esse.
“Vedremo
Audrey,
vedremo.”, controbatté Liam con tono pacato,
sicuro delle sue affermazioni.”Millie,
che ne dici di darci una mano? Ti va di andarla a
conoscere?”, chiese poi alla
sua ragazza, ammiccando al suo indirizzo.
“Sai
già chi è?”,
domandò lei di rimando, aspettando di capire di chi si
trattasse prima di
accettare una simile richiesta.
“Quella
che fissa la
bacheca.”, annunciò indicandole la direzione.
Millie
la osservò per
qualche istante, prima di acconsentire.
“E
va bene.”, concesse
un attimo prima che Liam la travolgesse in un altro bacio che costrinse
Harry a
distogliere lo sguardo.
“Io
vado.”, si congedò
poco dopo Millie e con passi decisi si avvicinò alla ragazza
in questione.
“Ciao!”,
la salutò
cordialmente con un sorriso amichevole. “Sembra che tu abbia
un’aria spaesata.
Sei nuova?”, riprese cercando di avviare una conversazione.
Conosceva
perfettamente
la risposta alla sua domanda, ma chiedendo alla diretta interessata
avrebbe
potuto recuperare del tempo per pensare a come mantener vivo il dialogo
tra le
due.
“Si,
sono appena
arrivata.”, spiegò ricambiando il sorriso.
La
sua voce era dolce e
delicata, esattamente come il suo viso.
“Mi
chiamo Margaret.”,
si presentò poi porgendole una mano che Millie strinse.
“Io
sono Millie.”,
ricambiò. “Allora, da dov’è
che vieni?”, le chiese squadrandola meglio.
Margaret
aveva i
capelli mossi di un biondo scuro, la carnagione ambrata ed un corpo
esile e
slanciato. Era alta nonostante indossasse delle ballerine ai piedi.
“Da
Manchester, ci
siamo trasferiti per il lavoro di mio padre.”, rispose non
scendendo in
ulteriori dettagli.
“Sono
sicura che qui ti
troverai bene, davvero!”, la incoraggiò.
“Che hai alla prima ora?”, domandò poi
per cambiare discorso.
In
realtà conosceva la
risposta anche a quella domanda. Liam le aveva detto che erano nello
stesso
corso, dunque avrebbe frequentato la classe di filosofia, ma ancora una
volta
preferì omettere quei dettagli.
“Filosofia.
Sai per
caso dove devo andare?”, le chiese dopo aver letto su un
foglietto che
riportava l’orario delle sue lezioni.
“Certo,
anche io ho
filosofia. Possiamo andarci insieme!”, propose entusiasta,
avviandosi
all’ingresso del grande edificio.
Entrate
in aula, Millie
prese posto in una delle ultime file, poi fece segno a Margaret di
accomodarsi
accanto a lei. Subito dopo anche Liam ed Harry fecero il loro ingresso
nella
classe, seguiti da Audrey e la sua immemorabile migliore amica Brianne
Liberty
Collins.
Erano
ormai
inseparabili dai tempi dell’asilo, nonostante fossero
così apparentemente
diverse. Bree era più espansiva, talvolta eccessivamente
pacata e tranquilla,
tanto da risultare irritante. Sembrava vivesse in una dimensione
parallela, in
cui tutto era perfetto, una sorta di fiaba di cui era la protagonista.
Bree non
aveva la piena percezione della realtà e spesso finiva con
il discostarsi
completamente da essa per rifugiarsi nel suo mondo sicuro, fatto di
nuvole,
fiori colorati, cieli azzurri ed immensi prati verdi. Bree non
ricordava
neppure com’era arrabbiarsi, sentire il sangue pulsare nelle
vene e le tempie
scoppiare. Con il tempo l’aveva rimosso e quelle pillole,
quelle medicine che
la madre la costringeva ad ingurgitare per risolvere chissà
quale inesistente
problema psichico, ne erano state la causa. Audrey amava il nero, Bree
il rosa.
Audrey
amava la musica
heavy rock, Bree la classica. Audrey amava il silenzio, il buio,
l’inquietudine
e la paura. Adorava vedere thriller e mettere il suo i-pod a tutto
volume. Bree
amava la gioia, la tranquillità, la serenità, il
suono delle risate e il calore
dei raggi di sole sulla pelle. Adorava leggere di amori impossibili che
divenivano realtà e ballare.
Quando
Niall James
Horan varcò la soglia della porta immediatamente
cercò con lo sguardo gli occhi
di Millie. Le sorrise d’istinto, felice di rivederla dopo
appena una settimana
che a lui era parsa estremamente lunga ed odiosamente interminabile.
Niall
si avvicinò fino
ad occupare il banco davanti a quello della ragazza, poi si
voltò in sua
direzione per poterle parlare anche solo per pochi attimi.
“Ciao
Millie!”, la
salutò poggiando il gomito destro sulla superficie di legno
che li divideva.
“Ciao
Niall!”, ricambiò
lei, sporgendosi fino a lasciargli un bacio sulla guancia che fece
gongolare il
ragazzo dalla soddisfazione.
Niall
era uno dei
pochissimi amici fidati di Millie. Si conoscevano da tanto, forse da
talmente
troppo che lui aveva iniziato a provare qualcosa di più
inteso e profondo.
“Lei
è Margaret.”,
continuò Millie, presentandogli la ragazza al suo fianco.
“Mentre lui è Niall.
Quello alla mia sinistra è Liam, al suo fianco
c’è Harry.”, disse introducendo
gli altri due ragazzi nella conversazione che sorrisero al sentire i
loro nomi.
“Davanti
ci sono Audrey
e Bree.”, riprese Liam. “E quelli che stanno
entrando ora sono Charlie, Louis e
Zayn.”, concluse poi, dando un cenno agli ultimi arrivati,
esattamente un
attimo prima dell’ingresso del professore.
Millie
non riusciva
proprio a sopportare la presenza di Charlotte Olivia Phillips, la
odiava, la
detestava con tutte le sue forze. Trovava irritanti le sue arie da
prima donna
vissuta o i suoi tentativi di apparire perennemente diversa. Avrebbe
volentieri
dato fuco a quei suoi capelli biondi colorati da numerose ciocche rosa.
L’unica
cosa che avrebbe volentieri salvato di quella ragazza erano i suoi
bellissimi
occhi azzurri, tanto chiari da ricordare il cielo quando è
sereno. Tutt’altro
discorso riguardava, invece, Louis William Tomlinson, il fidanzato di
Charlie.
Louis era un tipo socievole, scherzoso e burlone, sempre pronto a far
ridere
gli altri con una delle sue squallide battute. Non era propriamente
simpatico,
ma riusciva sempre a strappare un sorriso forse grazie
all’ingenuità dei suoi
intenti. Infine, c’era Zayn Javaad Malik. Nessuno di loro
aveva mai realmente
capito chi Zayn fosse. Aveva la carnagione scura, gli occhi ambrati e
della
barba che gli ricopriva parzialmente il mento. I capelli erano sempre
alzati in
una curata cresta, mentre le sottili labbra si adagiavano perennemente
intorno
ad una sigaretta. Forse era il suo aspetto a renderlo scontroso, o
forse era il
suo carattere schivo, introverso e riservato. Non amava parlare solo
per il gusto
di farlo, si limitava all’essenziale. Era piuttosto risaputo
che tra lui e Liam
non corresse buon sangue, si vociferava per questioni di donne e soldi,
ma in
realtà tra i due non era mai accaduto nulla. La gente
preferiva creare delle
storie sul loro conto, aggiungendo dettagli raccapriccianti, ma chi li
conosceva sapeva dire con certezza che nessuno dei due avrebbe mai
ricorso alle
mani per risolvere una disputa. Più che altro le loro
divergenze si basavano su
incompatibilità caratteriali. Zayn era sveglio, acuto ed
intelligente e
detestava il modo in cui Liam riusciva a prendersi gioco della gente,
portandole a comportarsi esattamente secondo la sua volontà.
Il
professore si
schiarì la voce, intimando alla classe di ricomporsi con un
solo sguardo. Tutti
lo conoscevano, tutti eccetto Margaret ovviamente. L’anno
scorso era stato lui
a schierarsi per primo in una campagna contro il degrado delle scuole,
finendo
per scontrarsi apertamente con Louis e i suoi modi poco delicati di
mettere in
chiaro le sue idee.
Quell’anno,
era
evidente, Louis avrebbe scontato le conseguenze derivanti dal suo
carattere
poco riflessivo ed impulsivo.
“Che
ne dici di
organizzare una festa stasera?”, chiese Liam con un filo di
voce alla sua
ragazza, schiarendo bene il labiale così da poterle rendere
più facile la
comprensione.
Millie
sorrise
complice. In una qualsiasi altra occasione avrebbe immediatamente messo
a
disposizione la sua enorme villa, ma quella sera ci sarebbe stato suo
padre con
un importante socio d’affari e per una volta decise che non
sarebbe stata
d’intralcio.
“Andiamo
al Sound?”,
propose allora, sperando in una risposta affermativa.
Il Sound
era una delle
discoteche più famose di Londra, situata nel cuore della
città, a circa
mezz’ora dal loro quartiere.
“Va
bene, piccola.”,
apostrofò Liam prima di riportare l’attenzione sul
professore, il quale aveva
preso ad introdurre il programma del corso di filosofia.
Lo
sguardo del castano
passò in rassegna tutti i presenti, indeciso sulla sua
prossima mossa. Aveva
già le idee piuttosto chiare su come organizzare la serata.
Doveva
assolutamente procurarsi della roba, ma per quello avrebbe chiesto a
Millie di
intercedere presso Zayn. Ad allietare la notte ci avrebbe poi pensato
Louis
che, strafatto come il suo solito, avrebbe bighellonato allegramente in
giro
per il club, facendo innervosire una permalosa e poco tollerante
Charlie. Niall
ci avrebbe provato con Millie per poi ubriacarsi, Harry avrebbe vagato
cercando
di farsi notare, Bree avrebbe iniziato a far finta di essere una
farfalla,
Audrey avrebbe fumato canne in un angolo poco visibile del locale, Zayn
avrebbe
fissato tutti con aria di superiorità e la sua ragazza
sarebbe finita nuda e
strafatta sul suo letto.
Liam
li conosceva, li
conosceva tutti talmente bene che avrebbe potuto tranquillamente
predire le
reazioni di ognuno di loro. Era un buon osservatore, non lasciava mai
nulla al
caso e riusciva facilmente ad immedesimarsi nei panni altrui,
comprendendone
paure, desideri, segreti.
“Ci
pensi tu a Zayn?”,
chiese poi a Millie, catturando nuovamente la sua attenzione.
La
ragazza non rispose,
si limitò ad annuire sotto lo sguardo soddisfatto di Liam.
La
mattinata procedette
lenta e noiosa, scandita solo dal suono della campanella che annunciava
lo
scorrere delle ore. Ritornare sui libri era sempre stato difficoltoso
per gli
studenti, soprattutto per quelli che ancora non riuscivano a
comprendere
l’utilità e l’importanza
dell’istruzione.
Louis,
ad esempio, era
perfettamente consapevole dell’impossibilità di
realizzarsi all’interno della
società. Lui era un cazzone. In anni ed anni di studi non
era mai riuscito ad
ottenere voti decenti e non perché non fosse bravo. Louis
era convinto che
chiunque, applicandosi con dedizione, avrebbe potuto raggiungere
brillanti
risultati. Il punto, tuttavia, era che Louis non voleva o, comunque,
non poteva
più. Aveva perso i migliori anni della sua vita in risse,
alcool, feste ed
erba. Nulla e nessuno gli avrebbe consentito di tornare indietro nel
tempo per
modificare ciò.
Sperava
solo che, con
un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a trovare un lavoro
stabile e ben pagato
che gli avrebbe permesso di condurre uno stile di vita medio. Non era
ambizioso
o idealista, ma realista.
Allo
squillare della
campanella che segnava l’inizio dell’intervallo
Zayn si catapultò fuori
dall’aula, bisognoso di assaporare il gusto della nicotina
che tanto gli era
mancato sentire sulle labbra in quelle poche ore.
Con
passi svelti
percorse il lungo corridoio, poi si avvicinò ad una porta
sulla sinistra. La
spalancò ed in un attimo fu nel bagno dei maschi. Estrasse
il pacchetto di
sigarette dalla giacca di pelle nera che ancora indossava e ne prese
una tra le
dita, poi cercò nell’altra l’accendino.
L’accese e la portò con urgenza alle
labbra, inspirando profondamente.
Chiuse
gli occhi, nel
tentativo di rilassarsi, mentre l’odore di tabacco iniziava
ad aleggiare nella
piccola stanza.
Quasi
sobbalzò quando
sentì la porta sbattere con prepotenza, per poi essere
frettolosamente
richiusa.
Millie,
con le braccia
incrociate al petto ed un sorrisetto malizioso disegnato sulle labbra,
lo
fissava con aria di sfida.
“Cosa
ci fai qui? Per
caso stanotte ti è cresciuto il cazzo?”,
sbottò Zayn rude, infischiandosi di
quanto volgare e grezzo potesse apparire.
Magari,
in quel modo
l’avrebbe allontanata ancora più facilmente.
Millie
lo ignorò. Si
avvicinò sinuosamente a lui, ancheggiando, mentre spostava
gli occhi sulle
labbra sottili del ragazzo. Gli sfilò la sigaretta e la
portò alla bocca, poi
ne fece un tiro.
“Stasera
andiamo
al Sound.”, esordì avvolgendo il volto
del ragazzo con una piccola nuvola di
fumo. “Ci sarai?”, gli domandò
riposizionando la sigaretta tra le labbra di
Zayn.
Lui
sbuffò, infastidito
dalle subdole moine della ragazza. L’unico motivo per il
quale continuava
ancora a parlare con Millie erano i soldi che puntualmente lei gli dava
in
contanti per procurarsi qualche pasticca di ecstasy o dei grammi di
erba. Non
gli interessava quanto male quelle sostanze potessero fare a quella
ragazza,
del resto non se ne preoccupava neppure lei. Zayn aveva i giusti
contatti e
Millie amava fare le cose nella maniera più semplice
possibile.
“Cosa
vuoi?”, le chiese
schietto, tornando a fumare la sua sigaretta.
Millie
fece spallucce,
poi con una mano iniziò a giocare con una ciocca di capelli.
“Io
non faccio le liste
della spesa. Pensaci tu.”, terminò estraendo
un’unica grande banconota dalla
tasca degli shorts blu che indossava.
Senza
esitazione
alcuna, la infilò in quella dei jeans scuri di Zayn.
Sorrise
compiaciuta
sotto lo sguardo attento del ragazzo.
“A
stasera, Zayn.”, lo
salutò con un occhiolino, prima di voltarsi e uscire dal
bagno soddisfatta.
“Tutto
bene?”, le
chiese Liam non appena Millie giunse nel piccolo giardino retrostante.
La
ragazza annuì appagata,
poi si sedette sulle gambe del fidanzato.
“Allora
Harry, sei
pronto per stasera?”, domandò beffarda al ragazzo
riccio seduto di fronte a
loro.
Harry
era come l’ombra
di Liam. Bastava trovare uno dei due per rintracciare anche
l’altro.
“Certo
che lo è.”,
rispose Liam al suo posto, sfoderando quella sicurezza di cui
l’amico era
privo.
Harry
sorrise.
“E
stanotte ce lo
dimostrerà.”, concluse ancora il castano, prima di
concentrare tutta la sua
attenzione su Millie.
In
un attimo le loro
lingue furono a contatto, le loro mani scivolavano, i loro corpi
bramavano un
contatto maggiore.
“Ragazzi,
io…”, provò a
dire Harry, ma entrambi non parvero accorgersi del suo tono imbarazzato.
Sospiro
lievemente, poi
rassegnato si alzò e tornò in classe.
Harry
lo sapeva, ognuno
di loro lo sapeva. Sapevano che erano esattamente come tante piccole
mine
vaganti, senza passato né futuro, anime che si affannavano
per sopravvivere,
che si sbracciavano per rimanere a galla nell’oceano
increspato della vita. Si
sforzavano di cercare contatti, di trovare stabilità, amore
ed affetto.
Fingevano di comprendersi, di esserci l’uno per
l’altro, di essere uniti, ma in
realtà sapevano di essere terribilmente soli. Non erano un
gruppo, ma solo
l’unione di individualità problematiche, di
adolescenti troppo presi ad
affrontare le difficoltà del piccolo mondo nel quale si
rinchiudevano. Erano
fragili, talmente tanto che sarebbe bastata una sola folata di vento
per
raderli al suolo, ridurli a brandelli. Erano forti, tanto forti da
mascherare
le loro più grandi paure, l’incolmabile vuoto che
sentivano nei loro petti e
nelle loro menti. Un oncia di fumo non sarebbe stata sufficiente a far
dimenticare loro quella opprimente sensazione, ma l’avrebbe
alleviata anche
solo per qualche attimo. Non era un rifugio, quello, ma solo il modo,
seppur
sbagliato, di riuscire ad esprimere un pezzettino di se stessi. Le loro
storie
erano intrecciate, ingarbugliate, li risucchiavano in un vortice senza
fine o
tregua. Erano destinati, o forse dannati.
---
Angolo Autrice
Ed eccomi qui con un nuovo esperimento: Zayn, Louis, Liam, Niall ed
Harry in verione Skins!:D
Lo so, devo ancora terminare l'altra storia, che tra l'altro non
aggiorno da troppo tempo,
ma proprio non sono riuscita a resistere!!!xD
Ho scoperto questa serie appena una settimana fa, così ho
letteralmente divorato in tre giorni le sette stagioni prodotte,
fino al finale trasmesso ieri su E4 e che, ovviamente, ho visto in
diretta.
Non so se qualcuno l'ha già visto, io dico solo che mi sono
messa a piangere
quando ho realizzato che quello era davvero "Skins: the last ever episode"!!
E poi Cook... Ok, direi che non è il caso di perdersi in
chiacchiere.
Piuttosto, torniamo al primo capitolo di questa nuova
fanfiction.
So che è particolarmente lunghetto, quindi grazie
già solo per essere arrivate all'ultimo rigo!;)
Ho preferito non tagliarlo, così da riuscire ad introdurre
tutti i personaggi.
Questa volta sono davvero molti e a dir la verità
un po' mi spaventa.
Insomma, certe volte è già difficile parlare di
quattro/cinque persone e bilanciare gli spazi,
figuramoci quindi narrare le vicende di dieci ragazzi!xD
...
Uff, dovevo dire tante di quelle cose ed ora non mi ricordo
più nulla... -.-
Vabbé, ogni capitolo, come in Skins, sarà
dedicato ad un
personaggio; nel primo ho scelto Liam,
ma con il tempo cercherò di approfondire le
personalità di ognuno di loro.
Come avrete notato Harry qui non è il solito dongiovanni,
Niall non è l'amicone e Liam non è il tenerone.
Per quanto riguarda Zayn e Louis, devo dire che i loro caratteri sono
ancora in costruzione,
anche se un'idea generale c'è anche per loro.
Taglio qui, anche perché già il capitolo è lungo,
quindi non credo sia il caso di eccedere anche qui!xD
Fatemi sapere cosa ne pensate, commentate, lasciate una recensione!!
Scappo ad aggiornare l'altra storia, finalmente. xD
Alla prossima,
Astrea_
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