PANNA E CREMA
- PANNA E CREMA
- Una fic LinaxGourry di Ilune, dedicata a Fren-chan! Buon San Valentino
a tutti!!! Fidanzati felici, fidanzati separati dalla triste causa degli
esami, single in cerca di affetto, a tutti tutti!
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- Prima Martina, e Zanglus. Poi Xelloss, non che mi sia dispiaciuto vederlo
andare via, la sua presenza rende Lina troppo nervosa e pericolosa. Ora,
anche Zelgadiss e Amelia avevano preso la strada per Saillune. Probabilmente
Zelgadiss l’avrà mollata a metà strada per correre dietro a qualche
indizio per la sua cura.
- Certo che c’ha le fette di salame sugli occhi…
- Non che io possa dirmi di meglio di Amelia, dato che conosco Lina da più
tempo di quanto lei non conosca Zelgadiss, eppure, solo ora ho avuto il
coraggio di affrontare la questione di petto. Forse, anche Amelia
riuscirebbe a chiarirsi con Zelgadiss, se viaggiassero soli soletti per un
po’.
- Beh, io Lina non l’ho ancora affrontata.
- Stasera.
- Lina è così reticente quando si
tratta di noi due, e di noi due di fronte ai nostri amici in particolare,
che finora non avevo proprio avuto il coraggio di affrontare la questione.
- Li salutammo con la mano finché non scomparvero oltre la curva.
- -Beh? Che facciamo adesso?- chiesi.
- -Intendi, oltre a uscire da Zoana prima che mi venga la saturazione da
sovraesposizione di Zoalmelegustar?- mi rispose Lina, con una piccola
smorfia rivolta a uno degli onnipresenti simboli di Zoana, il Grande Golem
Zoalmelegustar.
- -Umh, si, più o meno…-
- -Che ne dici di andare a caccia di banditi?- fece lei giuliva.
- -Lina…-
- Più che colui che protegge Lina dai cattivi, mi ritrovo ad essere colui
che protegge il mondo da Lina. Ma ci si fa il callo, dopo un dragonslave o
due.
- -Dai, solo un pochino…- mi implorò, con quegli occhioni stellati da
fanciulla (ruffiana) -Ti ricordo che non abbiamo più un centesimo, quindi
se stasera vuoi cenare, almeno fammi la cortesia di, non dico batterli, ma
almeno aiutarmi a trasportare il bottino!-
- Sospirai. Tanto non potevo averla vinta, quando decideva di andare a
caccia di banditi.
- -Va bene, verrò con te… ma solo per evitare che dei poveri banditi,
oltre che derubati, vengano anche carbonizzati!-
- -Ehi, non è vero!-
- Uno dei soliti battibecchi. Siamo fatti così, se lei non mi chiama
“cervello di medusa” almeno una volta al giorno, salvo casi di estremo
pericolo, comincio a preoccuparmi.
- Ci avventurammo per la strada, coperta dopo poco da una fitta foresta,
habitat naturale delle prede preferite di Lina.
- Se vi state chiedendo se ho battuto la testa per parlare così, no, non
l’ho battuta, non più del solito, per lo meno. Lo ammetto, di magia non
ci capisco un’acca. Ma, per il resto, sono un mercenario mica male, il
mondo lo conosco… forse anche meglio di Lina, per certe cose.
- Ma non diteglielo. Sapete, no?, com’è orgogliosa…
-
- La foresta l’attraversammo relativamente in fretta, considerata la
quantità di oro che Lina aveva “gentilmente preso a prestito” da una
sfortunata banda che ci avrebbe pensato due volte, d’ora in poi, prima di
importunare “innocenti e graziose fanciulle” (anche se “piatte ladre
maghe assassine” era la definizione che i ladri avrebbero trovato più
corretta!).
- Il paese successivo era sempre nel regno di Zoana, ed era in festa per il
matrimonio della principessa Martina, però c’erano meno mascheroni di
Zoalmelegustar, e ormai la sera stava calando: era consigliabile trovare un
paio di stanze in un posticino carino e prenotare un tavolo.
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- Antipasti, tris di primi, bis di secondi, formaggi, frutta e dolce… il
solito menù, solita scena dei soliti ristoranti. “Mi porti questo,
questo, questo e questo, tripla porzione”, “Mi porti tutto, da qui a
qui”. Io e Lina nella solita lotta all’ultima forchettata.
- Le porzioni erano particolarmente abbondanti, quindi una volta arrivati al
dolce, eravamo relativamente sazi, e attaccammo le due coppe di dessert più
per golosità che altro.
- Lina affondò il cucchiaino tutto lavorato nella coppa di semifreddo di
mandorle, oltrepassando lo strato di panna, e sollevando una piccola torre
di semifreddo coperta da uno sbuffo di panna.
- -Questo - proclamò serissima -è il migliore semifreddo che ho mai
assaggiato!- dopo il primo boccone.
- Sorrisi, mentre prendevo in mano la mia coppa di tiramisù.
- Aveva uno sbuffo di panna sul naso.
- Era così carina, sembrava una bambina, in quel momento, con quell’espressione
concentrata nel gustare il semifreddo.
- Eppure, lo so bene, non è una bambina. Non lo era nemmeno quando la
incontrai per la prima volta, e si che la scambiai davvero per una bambina,
lì per lì. Anche se ci misi poco ad accorgermi che era una ragazza piccola
e minuta, e non una bambina smarrita. Però è divertente prenderla in giro,
almeno fino a un certo punto. “Ti sei smarrita, piccolina? Dov’è il tuo
papà? E la tua mamma?” Capii solo molto tempo dopo, che allora l’angelo
della morte mi aveva sfiorato con le sue ali.
- Devo essere diventato familiare, all’angelo della morte. Mi viene a
trovare ogni volta che faccio una battuta sulle forme di Lina, per far pari
con le sue sulle mie presunte assenti capacità cerebrali.
- In fondo, io sono stupido tanto quanto lei è una bambina!
- E io non sono stupido.
- Quindi lei non è una bambina. È una giovane donna a volte aggressiva, a
volte timida… anche se la sua timidezza spesso si manifesta in “delicate
carezzine” come quel pungo che mi ha rifilato l’altro giorno, su quella
colonna!
- Ma credo - spero - sia stato solo perché si è ritrovata tra le mie
braccia, di fronte a tutti i nostri amici.
- Perché no, non ci credo che non ricorda nulla.
- A volte, i nostri sguardi si incrociano. E, per un istante, un fuggevole
momento, so che lei sa.
- E in quel fugace istante, il suo sguardo cambia, diventa più dolce,
sognante quasi. Istanti rari, e preziosi.
- Stavo divagando pensando a queste cose, fissando il suo volto sporco di
panna.
- -Uh? Che c’è? Ho qualcosa sulla faccia?- mi chiese, bofonchiando, perché
aveva il cucchiaino in bocca.
- Eravamo in un separè, divisi dal resto della sala da un paravento di
legno ad altezza testa. Non c’erano i nostri amici. Qualche occasione!
- Mi allungai verso li lei, baciandole la punta del naso, e portandole via
la panna con cui se l’era sporcato.
- -Ora non più. -
- Di fronte ad Amelia e Zelgadiss non l’avrei mai fatto. Cioè, sono
troppo giovane per morire.
- Ma proprio perché eravamo andati così vicini alla morte… peggio, ero
andato così vicino a perderla per sempre, appena tre giorni prima, ero
stranamente risoluto.
- Prevedibilmente, arrossì, interdetta, troppo sorpresa per muoversi.
- Poi mi allontanò con una manata. Wow. Mi ero aspettato il cazzotto,
invece, mi scostò, con fermezza ma senza eccessiva violenza.
- -Gourry! Cosa… non… cioè, che fai? Ci vedono tutti!-
- -No: siamo ben nascosto dal separè. - ah, adoro avere ragione, quando
discuto con Lina!
- Dovette tacitamente ammettere che avevo ragione.
- -E poi, avevi della panna, e te l’ho tolta. Se ti sparpagli il dessert
su tutta la faccia, poi la gente pensa che sei una bambina!-
- -Ah si, eh? La pagherai per questo!- sogghignò.
- Lesta come un fulmine, il suo cucchiaino affondò nel MIO tiramisù,
rapendone una considerevole porzione, che sparì nelle misteriose voragini
del suo stomaco. Sul serio, non mi sono mai spiegato dove mettesse tutto il
cibo che ingurgita. Forse è la magia che le fa smaltire tutto.
- -Ehi! Questo non è leale!-
- Tanto per pareggiare i conti, fu il suo semifreddo, ora, a subire
incursione nemica. Per la cronaca, era delizioso.
- Finimmo col dividerci i dolci, nella lotta all’ultima posata per
conservare il proprio e attaccare quello dell’altro.
- Rimaneva nella mia coppa un po’ di crema. Lina la acchiappò con abile
mossa.
- -Ehi, non vale! Ti sei mangiata quasi tutto il mio dolce, mentre io ho
assaggiato appena il tuo!- protestai, più per una questione di principio
che altro. Con quel che Lina aveva sottratto ai banditi, potevamo ordinare
tutta la teglia, ti tiramisù!
- -Alle donne e ai bambini non si nega mai nulla!- protestò, tentando di
puntare alla mia cavalleria.
- -Tutto sta a vedere se ti collochi nella prima o nella seconda categoria!-
le lasciai prendere il rimasuglio di crema. Ma solo perché arrivai
all’ultimo boccone di semifreddo. Quello con la panna e tutta la granella
di meringhine. Solo quando l’ebbi ingoiato, mi resi conto che Lina doveva
esserci rimasta male. Non è abituata a non avere l’ultima parola, o
l’ultimo boccone, a tavola.
- Mi mise il muso per un po’, ma eravamo ormai troppo pieni per ordinare
altri due dolci e proseguire il match. Per lo meno, io.
- Dopo aver oziato un po’ a tavola, e notavo che ogni volta che cercavo il
suo sguardo lei arrossiva e trovava interessantissimo il soffitto, o la
tavola, o le sue unghie, lei annunciò che era stanca per la lunga
camminata, e che andava a dormire presto.
- Io rimasi ancora un pochino lì. Mi si avvicinò il cameriere/padrone
della locanda.
- -L’appuntamento è stato un buco nell’acqua, amico? Dai, ti offro un
bicchierino, in questi casi è meglio berci su!- mi disse, mettendo sul
tavolo una bottiglia e due bicchieri.
- Si versò una generosa dose di un liquore scuro, e fece altrettanto con
me.
- Ringrazia con un cenno del capo.
- -No, non era un vero e proprio appuntamento. Lina e io… viaggiamo
assieme da molto tempo. Era solo una cena assieme. -
- -Davvero? Ah, adesso quadra. In effetti, eravate un po’ troppo
movimentati, per essere una romantica coppietta. Se n’è andata offesa,
eh? Io fossi in te le correrei dietro a chiederle scusa. È davvero troppo
carina per lasciarsela scappare!-
- Ma quanto era impiccione! Oltretutto… il pensare che qualcun altro,
oltre a me, vedesse in Lina una
giovane donna, e non una bambina con gli occhi grandi, mi dava una
sensazione… strana. Gelosia? Si, probabile. Anzi, certo. Come quella volta
che aveva finto di sposarsi con quel damerino, per aiutarlo contro una
strega… com’era bella… lì mi resi veramente conto che Lina non era
una bambina, ma una bellissima ragazza.
- Mi alzai. -Grazie per la bevuta. - feci. Un grazie, mi ha insegnato mio
nonno, apre spesso più porte di una mancia.
- Il liquore era un amaro di erbe. Era buono, ma dopo un dolce come il
semifreddo o il tiramisù, sembrava ancora più amaro. Avevo la bocca troppo
amara.
- Mi venne di colpo l’idea migliore che avessi avuto da diverse settimane
a quella parte.
- -Mi dica - feci sorridente -C’è mica una pasticceria aperta a quest’ora,
in zona?-
- Il tipo rise, e mi scribacchiò su un pezzo di carta che aveva visto tempi
migliori una cartina.
-
- Ho affrontato draghi, demoni, mostri, paesani infuriati dopo i dragonslave
di Lina, dark lords, principi giustizieri con l’aspetto di banditi di
montagna, e lo sa il cielo cos’altro mi attenderà in futuro. Insomma, il
peggio del peggio.
- Eppure, adesso esitavo dinnanzi a quella porta di legno.
- Alla fine, trovai il coraggio di bussare.
- Attesi per alcuni, interminabili istanti, prima di osare abbassare la
maniglia.
- Era chiusa a chiave.
- Era chiusa, e Lina non rispondeva.
- Mi sentii un cretino, con quel vassoietto di paste in mano.
- Probabilmente già dormiva.
- Me ne tornai in camera, sospirando.
- Accidenti, Lina, come deve fare uno per compiacerti?
- Abbassai la maniglia della mia stanza. L’avevo scordata aperta, quando
avevo depositatola mia roba. Tanto non c’era nulla di interessante, a
parte pigiama, spazzolino da denti e spazzola per capelli. I soldi li tiene
Lina, a parte qualche spicciolo che tengo in tasca, e la Spada di Luce, se
non me la porto anche a letto, poco ci manca!
- Umh, a dire il vero, me l’ero portata a letto, legandola con uno spago
al mio collo, all’inizio,quando Lina vi mirava…
- Dicevo, aprii la porta, e chi ci trovai dentro?
- Lina sobbalzò al rumore della porta che si apriva, si voltò verso di
scatto verso di me.
- -Che ci fai qui?- le chiesi, genuinamente stupito.
- Lei incrociò le braccia.
- -Ero venuta per scusarmi per prima, ma visto che tu te ne sei andato a
spasso…-
- -Scusarti per cosa?- feci, fintamente dimentico.
- Continuava a tenere le braccia incrociate sul petto, ma abbassò lo
sguardo verso il pavimento. Era imbarazzata. Non era abituata a chiedere
scusa.
- -Per lo spintone. Quando mi hai…- si indicò il naso -Non sono stata
carina…-
- AIUTOAIUTOAIUTO!!!
- Il mondo sta per finire!
- Lina Inverse che mi chiede scusa!!!
- Rimasi basito per alcuni istanti.
- -Dettoquestoiotornoincameramia!- disse precipitosamente. La fermai,
posandole il cabaret sulla testa.
- -E mi lasci tutto solo a mangiare tutte queste paste? Le avevo prese per
tutti e due, da solo non so se riuscirei a finirle…-
- Mi guardò, sospirando.
- -Oh, Gourry…-
- Tante persone mi chiamano per nome. Ma come lo dice lei… quando lo dice
così…
- Le deposi in mano il pacchetto, armeggiando con il lume a olio per fare
luce.
- In pochi istanti, una calda luce dorata riempì la stanza. Lina aveva
chiuso la porta, e si era seduta sul letto, scartando il pacchetto.
- Poggiai la lampada sul comodino, dietro di lei. La luce le creava attorno
un alone d’oro, che rendeva i suoi capelli simili a una fiamma color rame.
- Notai solo in quel momento che aveva lasciato in camera, oltre al suo
mantello e agli spallacci, i guanti, la fascia che le comprime il seno (poi
non si lamenti se dicono che è piatta!), e gli stivali. La maglia aveva i
bottoni del colletto slacciati, e lasciava vedere un bel tratto di collo e
un po’ di scollatura.
- Forse, si stava per mettere in pigiama, quando aveva deciso di venire a
chiedermi scusa.
- Mi aveva aspettato. Meno male, sennò non avrei trovato neanche le
briciole!
- Prese un cilindro di cialda coperta di cioccolato, pieno di panna montata,
aspirando avidamente la panna, prima di sgranocchiare la cialda.
- -Che buono!-
- Sorrisi, a quell’entusiasmo infantile. Si, erano davvero buone.
- Erano paste mignon. Una, un boccone. Due, se te la gustavi a morsettini.
- Il bigné al cioccolato mi sporcò la bocca, e Lina rise, pulendomi col
dito l’angolo della bocca.
- -Così siamo pari per la panna di prima. - mi disse, succhiandosi il dito.
- Le sorrisi. Qualche cestino di frutta e qualche bigné assortito sparirono
in quei momenti di silenzio.
- -Lina…- -Gourry…-
- Ci guardammo per un istante, scoppiando poi a ridere.
- -Prima tu. - mi disse, agguantando una coppetta di cioccolato a forma di
tazzina, colma di crema al caffé. Si, mi ero sbizzarrito nel prendere le
paste più strane.
- -Ecco io… volevo chiederti perché fai così.-
- -Così come?-
- -Che fai finta di nulla. Non ci credo che tu non ricordi, quello che è
successo dopo che tu non eri più tu, contro Phibrizio. –
- Non mi ero neanche accorto che le avevo preso una mano nella mia. Sentii
le sue dita intrecciarsi alle mie.
- -Non è che non ricordo… è che…- arrossì, fino a diventare quasi del
colore della sua tunica. Mi chiedo quante siano le persone che sono mai
riuscite a farla arrossire così. Mi piace pensare di essere l’unico.
- -È che mi vergogno. - disse con un filo di voce -La mia fama… sai, di
maga senza paura, coraggiosa, indipendente… E poi ho sempre trovato le
coppiette pomiciose per strada davvero imbarazzanti da guardare, e-
- -Dì piuttosto che ti vergogni da matti di fronte ad Amelia e a Zelgadiss.
- le dissi, alzandole il volto con due dita. Eravamo vicini, il vassoio
semivuoto spinto da una parte. Un miracolo che non abbia imbrattato le
coperte di creme pasticcere.
- -Ma quando siamo da soli, ti vergogni lo stesso?- le chiesi, sfiorandole
le guance. Erano bollenti. -Oppure, posso abbracciarti, senza temere una
mascella rotta?-
- -Sciocco!- mi spinse con l’indice sulla fronte, allontanandomi un po’.
Confesso che fui un po’ deluso dal suo comportamento.
- Salvo poi, in quella luce bassa e dorata della lampada, vederla
avvicinarsi di più, e abbracciarmi.
- -Sciocco. Se siamo da soli va anche bene…-
- La strinsi a me.
- Non capisci l’importanza delle persone che hai accanto finché non le
perdi. E io sono stato tanto fortunato da averla riavuta indietro, dopo che
qualcosa di troppo alieno e troppo grande per la mia povera mente di
spadaccino me l’aveva portata via.
- Per questo, mi ero ripromesso di non lasciare più che le occasioni mi
sfuggissero via dalle dita.
- Se Lina voleva tenere nascosto ai nostri amici quello che, ormai era
chiaro, c’era tra noi, liberissima, l’avrei accontentata.
- Ma in quel momento, eravamo solo noi due.
- La sentivo bollente tra le mie braccia, calda come una fiamma, come la
luce della lanterna dietro di lei.
- E morbida.
- Se solo smettesse di fasciarsi il seno!
- Certo, non sarà mai ai livelli di Amelia, ma crede che io sia tanto
superficiale da guardare solo il suo corpo? È davvero un misero uomo, colui
che s’innamora della sua bella solo perché, appunto, con un bel
davanzale.
- Questo suoi capelli di fiamma, ad esempio, attirano e affascinano molto più
degli… “occhi” che molti uomini fissano (non nel suo caso).
- Li stavo baciando quei capelli di fiamma, con quel profumo tutto loro,
quando mi trovai, al posto dei capelli, ben altro sotto le labbra.
- Le labbra di Lina.
- Evidentemente, aveva deciso che, almeno in privato, poteva lasciarsi
andare.
- Non c’è bisogno che vi descriva nei dettagli quei baci, vero? Anche
perché, se Lina scoprisse cosa vi sto dicendo, probabilmente mi farebbe
percorrere la Penisola dei Demoni di corsa, schivando i suoi DragonSlave.
Mai fare arrabbiare una donna.
- Insomma, eravamo lì che ci baciavamo, e se da una parte avrei voluto
andare anche oltre, dall’altra mi rendevo perfettamente conto che Lina non
è una che si posa spingere a certe cose senza che sia lei, a fremere per
farlo.
- La sentii muoversi per mettersi un po’ più comoda, perché era
allungata in una posizione davvero impossibile, e credo che avesse anche il
mio ginocchio piantato da qualche parte in un posto scomodo, quando la
sentii staccarsi da me, e imprecare, perché aveva messo una mano sul
vassoio di paste, ritirandola tutta sporca di una miscela di panna,
cioccolata, crema e briciole di sfoglia.
- Se la guardò interdetta, indecisa se pulirsi con qualcosa o leccare
direttamente via il tutto.
- La prevenni io, baciandole via, stavolta dal palmo, un corposo ricciolo di
panna. Arrossì, ma non si ritrasse.
- Mi tornò in mente come mia nonna faceva la panna montata, per i dolci, e
sorrisi al pensiero.
- -Che c’è da ridacchiare?- mi fece lei, già pronta ad offendersi.
- -Nulla. Stavo pensando a come viene fatta la panna montata. –
- Delle ultime due paste, Lina aveva agguantato l’ultimo dei tre cannoli
pieni di panna, e se l’era portato alle labbra.
- -E come?-
- -Si prende la panna, ci si mette lo zucchero a velo, e si sbatte finché
si monta. – l’altra pasta la salvai in corner io: crema. –A pensarci
bene, sei come la panna montata. –
- -Eh?-
- È divertente, per una volta, vedere Lina perplessa per qualcosa che ho
detto io!
- -Certo. Vedi, la panna è liquida, e dolciastra, e può diventare acida.
Però, se ci metti un po’ di zucchero e tanta pazienza, diventa soffice e
morbida!-
- Eravamo di nuovo vicini. Vicinissimi.
- E della panna le era caduta sul collo, tra le clavicole, come un invitante
fiore appuntato lì.
- Solo un’ora prima non l’avrei fatto. Ma, forse, in quel momento ero
particolarmente incline al suicidio.
- Fattostà che la abbracciai, e le baciai il collo, lì dove c’era la
panna, continuando poi a scendere giù.
- Già mi preparavo a incassare chissà quale colpo dolorosamente mortale.
- Invece, la sentii prima irrigidirsi, poi rilassarsi tra le mie braccia.
Non opponeva resistenza, e sentivo il suo respiro sui miei capelli. Mi aveva
abbracciato la testa.
- Forse… e dico forse…?
- Ma quando arrivai a sfiorarle i seni, la sentii di nuovo irrigidirsi, e
respingermi. Gentilmente, però
- -Tu invece fai come la crema… che va consumata in fretta, vero?- mi
chiese, rossa.
- Spero solo non si chieda mai come, dove, quando e perché ho acquisito
esperienza anche in altri campi oltre all’uso della spada. Non vorrei che
si facesse l’idea che amo andare con la donne facili.
- Ok, c’è stato un periodo… ma avevo sedici anni, soldi in tasca ed ero
circondato da ragazze affascinate dal “cavaliere-biondo-con-modi-gentili”.
Comunque, quello è un capitolo chiuso della mia vita.
- Ora nella mia vita c’è solo questo candelotto di dinamite rossa,
ripieno di panna montata.
- -Ti chiedo scusa, honey. Solo quando tu sarai pronta. - le dissi,
col mio miglior sorriso.
- Però, lei si allontanò un poco da me, chiudendosi la maglia, così, an
passan.
- -Scusa, è che ancora io non…-
- -Tranquilla. Andiamo coi tuoi ritmi. - le accarezzai i capelli.
- La vidi sorridere, e, oh, non credo che nessun uomo oltre a me (e forse
suo padre, ma non conta) abbia mai visto quel suo sorriso dolce e
riconoscente.
- -A volte mi chiedo come mai una panna acida come me stia con una crema
gialla e dolce come te. -
- -Oh, ma a volte la crema impazzisce,e
allora per rimetterla a posto, ci vuole un goccio di limone!-
- Questo mi guadagnò una cucinata in faccia. Piano, però.
- -Allora sarei un limone?-
- -Solo qualche volta!-
- Ridemmo, assieme, come abbiamo fatto tante volte assieme, prima, durante o
dopo un bisticcio.
- -Allora… io vado in camera mia… a dormire. – mi annunciò,
alzandosi.
- -Buona notte. – le augurai.
- La vidi arrivare fino alla porta, ogni passo più esitante. Io non mi ero
mosso dal letto. Non volevo correrle dietro. Poteva interpretare ciò come
una spinta a qualcosa per cui non si sentiva pronta.
- Aveva la mano pulita sulla maniglia. E la mano ancora sporca dei rimasugli
del vassoio di paste vicino alla bocca.
- Leccò via un po’ di crema, che era finita sulle punte delle dita, e
rimase lì, per un attimo, ferma.
- Poi, si voltò, e tornò di corsa da me, abbracciandomi e baciandomi
molto, molto appassionatamente
- E poi, scusate, ma questi sono fatti privati ^_^
- Parlando di paste, sapete come si fa la crema chantilli? Mescolando
crema e panna montata…
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