Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ciao!
Questa fanfic è
una fic pegno che ho dovuto scrivere perché non ho finito la
mia parte della fanfic “Una giornata di relax” entro i
tempi che Kyomine mi aveva dato.
Quindi mi ha costretta a
scrivere una nuova fic, sottoposta a quattro condizioni impossibili
[1] che lei ha decretato.
Insomma, questa fic è
tutta colpa sua, prendetevela con lei. ^___^
La
versione originale in francese si trova qui: Il
y avait une fois
Infatti questa storia è
stata scritta direttamente in francese, e la versione italiana è
una traduzione.
C'era una volta uno
scoiattolo. Un comune scoiattolo europeo dalla grande e morbida coda.
Questo scoiattolo stava raccogliendo le sue provviste per l'autunno e
si era allontanato dagli alberi per andare a raccogliere delle noci
che erano rotolate in un prato: era così occupato che non si
accorse dell'arrivo di una volpe. Lo scoiattolo si sentì
perduto, perché era troppo lontano dagli alberi e cominciò
a correre, inseguito dal predatore. Già sentiva i denti della
volpe nella sua coda quando risuonò uno sparo: la volpe
giaceva al suolo, morta stecchita.
E così gli apparve
uno splendido cavaliere che montava un gigantesco cavallo nero, il
viso severo sotto al tricorno e gli stupendi capelli grigio topo:
nella sua mano un fucile ancora fumante. Lo scoiattolo si perse in
quella contemplazione: era il suo salvatore, colui al quale doveva la
vita.
Il cacciatore scese da
cavallo e prese la volpe ignorando completamente il piccolo roditore.
Veramente non l'aveva nemmeno visto! Tuttavia, lo scoiattolo credette
che l'avesse salvato intenzionalmente e quando risalì a
cavallo si mise a seguirlo.
Il roditore voleva sapere
tutto di colui al quale doveva la vita e decise di andare a vivere
nel parco che circondava il palazzo del cavaliere. Lo seguì
durante le sue giornate per osservarne la vita: lo scoiattolo sentì
dell'ammirazione per quell'essere. In breve, l'ammirazione si cambiò
in ossessione e l'ossessione in identificazione.
Ma
non c'è di che meravigliarsi: se ci possono essere uomini che
si credono Napoleone, ci può ben essere uno scoiattolo che si
crede il generale Jarjayes.
Dunque
lo scoiattolo aveva deciso di vivere vicino al suo dio, al suo
alter-ego... perciò ritornò nella foresta, per portare
via le sue cose. Sì, ci si chiede che cosa uno scoiattolo
debba traslocare in una nuova tana, ma è chiaro no: le sue
provviste di cibo. Noci, nocciole, ghiande e granaglie assortite.
Il
piccolo roditore aveva quasi terminato il suo lavoro e la notte stava
per calare. Bisognava sbrigarsi o il buio poteva sorprenderlo in un
posto molto poco sicuro come la foresta. Mentre percorreva la sua
strada, le guance piene di cibo (eh, già, gli scoiattoli non
hanno mica la borsa) si avvicinò ad una radura e tra le foglie
poté vedere qualcosa d'insolito.
Una
leggera nebbia si era alzata e delle luci l'attraversavano, come
provenienti dagli alberi e dai fiori. Ed era veramente così:
lo scoiattolo guardava stupefatto, nascosto tra i rami di un albero,
gli spiriti della foresta manifestarsi. Le luci presero delle forme
umane mentre diventavano sempre più consistenti. Una forma più
imponente delle altre era uscita da una quercia millenaria. Era il re
degli spiriti della foresta, una divinità della natura. Allo
stesso tempo da un salice uscì una forma più flessuosa
e gentile, la regina degli spiriti della foresta.
Il
piccolo roditore non credeva ai suoi occhi: allora tutte le storie
che i vecchi scoiattoli raccontano ai giovani erano vere! C'erano
veramente degli spiriti nella foresta, e governavano la natura.
Da
altre piante e fiori uscirono degli altri spiriti, e vide in
particolare quattro graziose forme femminili uscire da quattro fiori:
il colchico (una mora), la margherita dorata (una bionda),
l'impatiens (una castana) e il fiorrancio (una rossa). [2]
Gli
spiriti iniziarono a parlare.
“Oh,
per le mie radici, quanto tempo è passato dall'ultima volta!”
fece il piccolo spirito di un fungo. Gli fece eco lo spirito del
cespuglio di rovi: “Sì, era ora di sgranchirsi le
gambe!”
“Quali
gambe?”
“Sì,
è vero che siamo spiriti e non abbiamo delle vere gambe, ma è
un modo di dire, andiamo! Non essere sciocco!”
E
tutti gli spiriti fecero un gran baccano di saluti passeggiando sotto
allo sguardo sbalordito dello scoiattolo.
Una
voce grave lo scosse dalla sua visione: l'imponente spirito della
quercia si era seduto sul tronco di un albero abbattuto, come su di
un trono, e aveva ordinato il silenzio.
“Spiriti
della natura, silenzio! E' il vostro re che ve lo ordina!”
Tutti
fecero silenzio, un po' intimiditi.
“Bene,
qual è la ragione di questa riunione? Dov'è il mio
primo ministro?”
Frattanto
la bella regina si era seduta vicino al re, tutta sorridente.
Uno
spirito piccolo e carino che era uscito da un melo selvatico e che
conservava una curiosa forma rotonda, come una mela, si avvicinò,
e cominciò a dire: “Sire, questa riunione è stata
convocata automaticamente perché c'è un sovvertimento
delle regole della natura che dura ormai da troppo tempo, e bisogna
parlarne qui ed ora.”
Il
re sgranò gli occhi: “Qual è la situazione?”
Il
primo ministro melo selvatico rispose: “Il signore umano di
queste terre, chiamato il conte de Jarjayes, ha allevato la sua
ultima figlia come un uomo, poiché non aveva eredi. Non si è
accontentato di questa menzogna, ma l'ha costretta a condurre una
vita da uomo per tutta la sua vita.”
Mormorii
di disapprovazione si levarono tra gli spiriti.
“E
non soltanto questo: l'ha costretta a recitare la commedia davanti a
tutti, a fingersi uomo, ed a rinunciare al naturale desiderio
d'amore. E naturalmente, niente uomo, niente bambini... lo scopo
naturale della perpetuazione fu così impedito.”
Il
re della natura digrignava i denti per la collera e la sua sposa a
stento lo tratteneva per un braccio.
“Ma
è un affronto! E com'è che non si è intervenuti
prima?”
“Maestà,
come d'abitudine si lascia sempre una possibilità agli uomini
di ravvedersi... si aspettava che il sire di Jarjayes ritornasse alla
ragione. E in effetti, ultimamente aveva compreso, ed era pronto a
rendere sua figlia alla sua vera natura facendola sposare, ma questa
volta fu lei a rifiutare. E sì, la ragione è che lei
rifiuta la sua natura a causa di una delusione d'amore. Lei non vuole
saperne più niente dell'amore, e mente a se stessa. Rifiuta di
ascoltare la sua natura e il suo cuore. Perché lei ama, ma è
accecata.”
“Come
osa questa donna sfidare la natura!” ruggì il re della
natura.
La
regina si girò verso il suo sposo: “Amico mio,
calmatevi, suvvia... non è del tutto colpa di questa povera
giovane donna... considerate che ha dovuto soffrire nella sua
vita...”
“Questo
non ha niente a che vedere! Ci sono delle cose che non si può
ignorare... ci sono delle leggi immutabili, non si può
cambiare a proprio piacere!”
La
regina sospirò e domandò allo spirito del melo: “Avete
detto che lei ama... ebbene... chi ama?”
“Mia
regina, lei ama un plebeo... è una di quelle strane cose degli
umani, che rovesciano sempre le regole della natura... ci sono delle
persone che si credono migliori delle altre, e gli uomini creano
delle differenze dove la natura aveva fatto tutto uguale...
bisognerebbe sistemare anche questo...”
Gli
spiriti della natura annuirono tutti, mormorando come i rami degli
alberi scossi dal vento.
Le
graziose ragazze uscite dai fiori dissero in coro: “Noi
conosciamo l'uomo che lei ama, infatti è un bel ragazzo, che
spreco!”
La
regina girò la testa: “Davvero? E voi, ragazze mie,
guardate gli umani?”
Gli
spiriti dei fiori arrossirono un poco, ma non abbastanza, poiché
lo spirito dell'impatiens disse, sfrontata: “Beh, sì,
non fa mica male guardare... e insomma, se lei non lo ricambia, si
potrebbe approfittarne un po'...” concluse, facendo
l'occhiolino alle sue compagne.
La
regina sospirò, non c'era niente da fare: quando uno spirito
s'interessa ad un umano, trova sempre il modo di soddisfare la sua
voglia... naturalmente!
Il
re era irritato. Bisognava punire questi umani e fargli comprendere
che non si può sfidare la natura così.
Con
una voce grave disse: “Ho preso la mia decisione. Il sire di
Jarjayes è perdonato, ma non sua figlia. Bisogna che sia
punita per la sua condotta. Dunque io prendo questa decisione: lei
mente a se stessa e allora lei non sarà più in grado di
dire una sola cosa riguardo ai suoi sentimenti che dirà una
menzogna. Se lei vorrà dire bianco, dirà nero. E questo
finché non ritornerà alla sua vera natura.”
La
regina era stupefatta: “Ma mio caro, voi siete troppo duro,
suvvia... non è tutto completamente colpa sua, e lei ha
diritto ad una possibilità di comprendere come è stata
data a suo padre...”
Il
re si innervosì: “Volete dire, mia cara, che non siete
d'accordo con quanto io ho decretato?”
La
regina non cedette: “Ebbene, no. Se voi siete il re della
natura, io ne sono la regina. L'amore e la natura delle donne sono di
mia competenza.”
“Ebbene,
mia cara, non avete ben sorvegliato la situazione.”
“Nemmeno
voi! Basta, me ne vado... ritornerò quando questa follia sarà
terminata!”
“E
sia!”
Il
re e la regina sparirono, lasciando la corte degli spiriti a
chiacchierare di questo nuovo bisticcio fra loro. Gli spiriti dei
fiori nel frattempo litigavano. Avevano cominciato a parlare di
quell'umano così bello, e avevano tutte voglia di avvicinarsi
a lui, approfittando del fatto che era stato respinto dalla donna che
amava. Bisognava consolarlo, insomma...
Il
colchico: “Eh, beh, che credete... piace anche a me, non ve lo
lascerò...” e la margherita dorata le rispose: “Te
lo sogni! Sono io che non te lo lascio... ho visto come guarda i
fiori dorati, è chiaro che lui ama il mio colore...”
Il
fiorrancio, più pungente che mai: “E voi così
poco affascinanti credete di poterlo conquistare...”
l'impatiens le rispose: “Ha parlato la bella! Non è che
piacciono a tutti le rosse, eh!”
I
quattro spiriti femminili indifferenti agli sguardi di
disapprovazione degli altri spiriti, cominciarono a trascendere col
loro litigio, finché un piccolo spirito disse loro: “Ma
perché litigare? Potete averlo tutte quante...” Si
guardarono l'un l'altra e si sorrisero... e in pochi secondi erano
scomparse.
Lo
scoiattolo era ancora nascosto fra i rami di un albero, tutto
tremante a causa di quello che aveva appena visto e sentito. In pochi
attimi tutti gli spiriti erano scomparsi, lasciando solamente una
leggera nebbiolina nell'erba.
Lo
scoiattolo si riscosse e mise in moto il suo piccolo cervello:
bisognava fare qualche cosa, la figlia del suo amato signore era in
pericolo. O almeno, sembrava esserlo! Sì, doveva correre a
dirle che cosa stava succedendo, farle capire... senza riflettere di
più, cominciò a correre. Non si può chiedere di
più ad piccolo scoiattolo con un cervello grande come una noce
e le guance piene delle suddette.
Saltando
di ramo in ramo arrivò nel parco di palazzo Jarjayes, sfidando
tutti i pericoli sul suo cammino: la sera era già calata e
tutto era avvolto dall'oscurità. Dove poteva essere la figlia
del generale? Allora, bisognava riflettere, ricordarsi delle sue
osservazioni della vita di questi esseri umani, li aveva studiati
durante lunghe giornate: sì, al calare della notte tutti
ritornavano a palazzo, e ciascuno nella sua camera. Lo scoiattolo
guardava le finestre del palazzo. Si ricordava che la camera della
figlia del generale era al primo piano, dove aveva visto quella
strana ragazza suonare il suo pianoforte qualche volta, poiché
era stato attirato dalla musica.
Per
fortuna dei platani piantati davanti alla facciata del palazzo
stendevano i loro rami quasi a toccarne i muri: lo scoiattolo si
avvicinò al cornicione, che il ramo più vicino non
toccava... bisognava saltare... un piccolo spazio, ma grande per un
così piccolo esserino. Lo scoiattolo si concentrò,
calcolò la distanza e prese la rincorsa prima di saltare. E ci
riuscì così bene che il suo muso si spiaccicò
contro il muro. Stoicamente non si lasciò scappare nemmeno un
lamento, anche perché aveva ancora le guance piene delle sue
provviste di cibo. La testa gli girava un po', ma immediatamente
riprese la sua missione: trovare la figlia del generale e avvertirla
di questo gran pericolo.
Cominciò
a correre lungo il cornicione per avvicinarsi alla finestra del
boudoir della camera di Oscar. Ora si ricordava il suo nome, poiché
l'aveva sentito una volta pronunciare dal suo signore. Ecco, il suono
del piano... anche nel buio, quel suono lo guidava... quella là
era la camera giusta, e ora bisognava entrare.
Nel
frattempo, Oscar, tutta triste, pestava con le sue dita d'acciaio la
tastiera del pianoforte. Si sarebbe detto che un lamento piuttosto
che una musica uscisse dal povero strumento. Una delle spese fra le
più deprecabili della casa era la fornitura mensile di tasti
nuovi e la fattura del restauratore.
Che
cosa le stava succedendo? Non sapeva più capire se stessa. Ah,
sì, aveva deciso di vivere come un uomo... di essere un
uomo... ed aveva mantenuto la sua decisione... aveva sfidato suo
padre, rifiutando il matrimonio, sì, ma... in questi ultimi
mesi... erano successe tante cose... e lei aveva scoperto nel suo
cuore qualche cosa di così incredibile. Quella notte in cui
aveva creduto di morire con André, insieme ma separati da una
folla infuriata, picchiati a morte, il suo cuore aveva urlato la
verità: lei amava André.
E
ora? Non lo sapeva... non era capace di padroneggiare i sentimenti,
non sapeva come... se ne aveva diritto... come fare ad amare. Come
dirgli... se poteva mai dirgli... “ti amo”, dopo tutto il
dolore che lei gli aveva inflitto.
E
tuttavia, lei non voleva cambiare... aveva paura dell'ignoto. Se gli
avesse aperto il suo cuore, lui l'avrebbe amata così come lei
era? Una voce nel suo cuore le diceva che era André, la
persona che le era stata più vicina nella vita, quella che la
conosceva più a fondo. Lui l'aveva sempre amata così...
e allora... di che cosa aveva paura... e continuava a tormentare la
tastiera del suo piano.
Era
così presa dalla sua pena che non si accorse di un rumore
contro le finestre: lo scoiattolo bussava educatamente al vetro.
Il
piccolo roditore cercò di bussare più forte, ma lei non
lo sentiva, il suono era soffocato dal piano. Allora, non c'era
nient'altro da fare che utilizzare l'arma finale: come un gatto tirò
fuori i suoi artigli e graffiò il vetro. Il suono che si
produsse ebbe l'effetto di fermare immediatamente la musica: Oscar
aveva i brividi lungo la schiena e guardava stupefatta uno scoiattolo
tutto spalmato contro il vetro della sua finestra. Il contatto era
stato stabilito.
Come
in un sogno, Oscar si alzò e si diresse alla finestra,
lentamente. Lo scoiattolo non faceva mostra di andarsene, sembrava
veramente attenderla, proprio lei, affinché gli aprisse la
finestra. Oscar aprì la finestra e indietreggiò, per
vedere che cosa faceva il piccolo animale.
Lei
pensò la cosa più normale... che poteva aver fame,
forse era stato uno scoiattolo domestico scappato al suo padrone:
tratteneva il respiro, guardando l'animale. Il piccolo roditore entrò
nella camera, e con passo marziale, su due zampe, comportandosi come
il generale, si diresse alla scrivania. Non si sedette, naturalmente,
ma vi saltò sopra. In piedi, con le guance gonfie per le
provviste di cibo, fece un saluto militare. Oscar non poteva credere
ai suoi occhi, si sarebbe detto di vedere il generale versione
scoiattolo. Gli mancava soltanto la parrucca grigio topo.
I
gesti, la mimica, tutto le ricordava suo padre.
Si
sfregò gli occhi: no, era sveglia... e allora c'era veramente
uno scoiattolo sulla sua scrivania. Oscar si avvicinò
all'animale, che camminava avanti e indietro sulla scrivania, le
zampette incrociate dietro la schiena, esattamente come faceva suo
padre quando rifletteva. Poi lo scoiattolo si fermò, guardò
Oscar negli occhi con uno sguardo serio, alzò la zampa destra
e le fece segno di avvicinarsi.
Il roditore pensò
che il solo modo di farle capire che cosa stava succedendo fosse di
mimarlo. Mise la zampa all'orecchio, facendo segno a Oscar di fare
attenzione e di ascoltare. Veramente, non poteva dire niente, nemmeno
nella lingua degli scoiattoli, perché aveva ancora la bocca
piena e non voleva lasciare le sue provviste. Lo scoiattolo passò
all'azione: eccolo diventare il re degli spiriti della foresta
prendendo un'aria minacciosa e spaventosa. Un secondo dopo era la
regina che cercava di calmare il re, sbattendo le ciglia e sorridendo
scioccamente. Poi era i quattro spiriti dei fiori che minacciavano la
virtù di André, litigandosi, e infine la terribile
punizione, trasformandosi in Oscar che non può più dire
la verità sui suoi sentimenti, scuotendo la testa per dire no
e sì più volte: il tutto in una sarabanda talmente
confusa che Oscar rimase a bocca aperta.
Lei
si girò verso il tavolino, dove era posata la bottiglia di
brandy che le aveva fatto compagnia quella sera... e poté
constatare che dopo tutto era ancora mezza piena... non aveva ancora
bevuto la dose sufficiente per avere le allucinazioni!
Continua...
Note:
[1] Prima condizione:
“Uno scoiattolo che si crede il generale Jarjayes tenta di
avvertire Oscar di un gran pericolo”. Ormai l'avrete
riconosciuto, il mio modello è lo scoiattolo Pip del film
Disney “Come d'incanto” (Enchanted). Kyomine ha pensato a
questa folle condizione dopo aver visto per ben 2 (!) volte il
suddetto film.
[2]
Dunque, i fiori: in francese i nomi comuni di questi fiori sono un
po' differenti, ed evocativi. Putroppo non c'è una vera
corrispondenza per la “marguerite dorée” che in
italiano è il crisantemo dei campi. Crisantemo significa fiore
d'oro, ma in italiano non suona mica tanto bene. ^^ Allora ho
tradotto in italiano il nome francese: margherita dorata. Il nome
scientifico è Chrysanthemum
segetum L.
Il
colchico è un fiore autunnale, detto anche fiore del freddo,
il suo nome scientifico è Colchicum
autumnale L.
C'è una famosa poesia francese di Guillaime Apollinaire, “Les
colchiques”. Il colchico è un fiore estremamente
velenoso.
L'impatiens
è il nome scientifico della balsamina o fior di vetro: ho
usato questo per richiamare il nome francese, impatiente, che
significa, appunto, impaziente. Nome scientifico: Impatiens
Balsamina L. È
compresa
fra i rimedi dei fiori di Bach.
Fiorrancio
è il nome comune in italiano per lo soucis des champs, ossia
la Calendula: nome scientifico,
Calendula
arvensis L.
|