Blu e giallo, Phil e Tino di Dominil (/viewuser.php?uid=49959)
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A Fed.
***
Blu e giallo
Phil e Tino
“Hai trovato un altro pennello?” chiese Phil,
quando vide Tino entrare in salotto con un sorrisetto soddisfatto.
Aveva volentieri accettato di aiutare il chitarrista a ridipingere le
pareti di casa, erano da poco tornati da mesi di tour e non c'era
niente di meglio che passare un po' di tempo insieme fuori dalla
frenesia dei concerti e dagli inconvenienti della vita on the road.
“Sì, eccolo qui.” rispose, agitandolo,
senza però intingerlo nella vernice.
Phil continuò il suo lavoro e tornò a volgere il
suo sguardo verso la parete, per poi sussultare quando sentì
le mani dell'altro ragazzo accarezzargli i fianchi e il petto aderire
alla schiena. La sua mano venne totalmente coperta dal batterista che,
d'altro canto, gli stava baciando il collo.
L'altro sospirò profondamente e chiuse istintivamente gli
occhi, il pennello gli cadde di mano ma non se ne curò, era
da troppo tempo che non sentiva il suo amante così vicino e
aveva intenzione di godere di ogni singolo istante.
Tino gli aveva sfilato la maglietta con delicatezza, quasi come se il
tessuto stesse accarezzando la pelle olivastra di Phil che aveva tenuto
gli occhi chiusi continuando a fare affidamento sui movimenti
dell'altro che lo guidavano con perfezione quasi maniacale; il
batterista temeva che con un movimento troppo brusco quella carnagione
tanto delicata si scheggiasse per poi frantumarsi e ridursi in tanti
piccoli pezzi tra le sue dita quasi sempre fasciate.
Con la stessa leggerezza Tino lo aveva fatto stendere sul pavimento
ricoperto da un foglio di plastica e poi si era voltato verso il bidone
di vernice blu in cui era immerso il pennello. Avevano entrambi schizzi
di colori sulle guance, Tino anche sulla barba, ma quello che sarebbe
venuto dopo andava ben oltre un semplice gioco.
Si erano baciati tante, tantissime volte, solo in alcune situazioni
però i baci sembravano essere reali: quando erano stretti
nella cuccetta di Phil e a Tino faceva male il collo, quando tornavano
da mesi di tour e si accarezzavano le mani al sushi bar.
Dopo aver preso il pennello e aver fatto gocciolare un po' di vernice
vicino alle sue scarpe, avvicinò le setole alla pancia
piatta di Phil e iniziò a tracciare un cerchio intorno
all'ombelico per poi dividergli il petto con una lunga linea
orizzontale. I suoi movimenti erano maledettamente lenti, le mani
strette a pugno del chitarrista esprimevano tutta l'impazienza che gli
faceva vibrare le costole mentre la sensazione di freddo del colore
provocava una piacevole pelle d'oca; sentiva inoltre gli insistenti
occhi di Tino scavarlo nel profondo, respirava velocemente traendo
piacere da quel contrasto di tonalità. Aveva quasi voglia di
abbassare il viso e mordergli i fianchi, poi però si disse
che doveva saper aspettare, aveva atteso Phil per tanto tempo e non
voleva che quel momento venisse rovinato da un po' di fretta.
Gli occhi dell'altro erano ancora chiusi, serrati, solo la bocca era
lievemente dischiusa e a quel punto il batterista non poté
evitare di accarezzargli il profilo delle labbra con la punta del naso
che puntualmente Phil mordicchiò dolcemente. Tino sorrise e,
come per vendicarsi, prese altra vernice ma questa volta la fece
gocciolare dal pennello direttamente sulla pelle così che il
suo amante iniziò a tremare fino ad aprire finalmente gli
occhi. Si mise a sedere e, senza smettere di guardare le labbra di
Tino, lo strinse fino a macchiargli la t-shirt che però
venne sfilata quasi immediatamente e allontanata verso la parete.
Phil gli baciò prima le guance e poi il collo mentre il
contatto con la sua pelle fredda per la vernice gli faceva venire i
brividi.
Erano entrambi in ginocchio l'uno di fronte all'altro e il chitarrista
arrossì timidamente quando l'altro ragazzo gli
aprì la cintura dei jeans; poi però fece lo
stesso, non voleva rimanere di nuovo indietro. Questa volta si
impossessò lui del pennello ma lo intinse nel giallo,
l'unico colore che avrebbe mai potuto appartenere a Tino Arteaga che
con il suo sorriso avrebbe fatto inchinare popolazioni intere, se solo
l'avesse voluto. Lui invece era il blu, un blu intenso che preferiva
celare piuttosto che mostrare ma che, quando lo faceva, l'altro ragazzo
sprofondava in un oceano sconfinato, approdava ad Atlantide, in mondi
mai visti, sentiva l'odore della terra d'origine della famiglia di Phil
anche se non gliene aveva mai parlato.
L'interno coscia del batterista si colorò di giallo e decine
di minuscoli fremiti iniziarono a percorrerlo, a farlo vibrare mentre
si mordeva il labbro inferiore e gli occhi sorridevano; Phil non aveva
mai incontrato qualcuno a cui sorridevano
gli occhi, ma era forse una delle prime cose che
pensò quando si conobbero.
A quel punto Tino strinse una mano nella sua e costrinse l'altro a
farlo distendere al suo fianco per poi cingergli il bacino con una
gamba e stringerlo ancora più a sé.
Si guardarono intensamente fino a scoprire vicendevolmente le proprie
figure in quelle iridi che spesso avevano desiderato esplorare e che
mai erano state così vicine.
Si spogliarono, finalmente, erano completamente nudi e vicini,
vicinissimi, i loro profumi si mescolavano così come il
giallo e il blu che iniziava a diventare verde, facendoli sentire parte
di qualcosa di importante che avrebbero perso, se non avessero
continuato a dipingere.
Socchiusero entrambi gli occhi quando si baciarono; poi si toccarono,
si strinsero, si amarono.
«And it's all how you mix the two
And it starts when
the light exists
It's a feeling
that you cannot miss
And
it burns a hole through everyone that feels it.»
(Blue and Yellow - The Used)
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