- Cap 3 –
Murasakibara sbadigliò assonnato, spalancando la bocca
simile ad orso annoiato, sino a farsi salire le lacrime agli occhi.
“Ghwaa… Questo part-time mi uccide”
pensò stravaccato malamente sul bancone della pasticceria,
vicino alla cassa, grattandosi svogliatamente la nuca mentre alcuni
ciuffi ametista gli ricadevano sulla fronte.
E subito si aspettò una qualche strigliata dal senpai
Nijimura, il quale lo obbligava a legare i capelli in una coda, a sua
detta per “motivi d’igiene”. Non ci
facevano certo una bella figura se alla clientela del bar servivano
pasticcini conditi con la sua chioma. Ma il vicecapo (poiché
il capo vero era il proprietario del negozio: ojiisan), non sembrava
essere nei dintorni al momento, quindi Atsushi decise di prendersi una
pausa, cosa che in realtà stava già facendo,
erano vicini all’orario di chiusura ed era da più
di un ora che non entrava più alcun cliente.
“Infondo questo non è un posto tanto malaccio dove
fare un sonnellino” si disse avvertendo la fredda sensazione
che gli dava il rivestimento translucido del bancone contro la guancia.
Se ricordava bene, nei primi giorni che era stato assunto
lì, Shuuzuo gli aveva spiegato che era fatto in vero marmo e
doveva prestarci molta attenzione, ripulendolo ad ogni momento
opportuno. Inseguito aveva continuato dandogli un’altra lunga
tiritera di ordini e rimproveri, ai quali però lo stangone
aveva fatto orecchie da mercante, sin troppo impegnato a fissare con
sguardo adorante la “mirabolante macchina dei
cappuccini”, per prestare al superiore una qualunque
attenzione.
Modestia a parte, doveva comunque ammettere che, per quanto gli
seccasse usarla quando non ne aveva voglia, ormai quella macchina non
aveva più segreti per lui.
L’oscurità al di fuori del negozio regnava
sovrana, segno che ormai non vi era più alcun altra
attività aperta nei paraggi, solo la vetrina del
caffè/pasticceria Rinny’s
era ancora illuminata, dando bella mostra di sé e delle sue
innumerevoli leccornie: torte, plum-cake, pasticcini assortiti,
dolciumi di infinite qualità; un paradiso per i golosi
insomma, ma a cui purtroppo a Murasakibara era impossibile accedere.
Gli era stato imposto il divieto assoluto di mangiare, un'altra delle
cattiverie del senpai Nijimura, il quale temeva non solo per la loro
scorta, che avrebbe rischiato di essere spazzolata in una mattinata; ma
anche per la salute di Atsushi, gli sarebbe potuto venire il diabete
(Shuuzuo era forse paranoico?.. Probabilmente si, però non
poteva farne a meno con affianco un bambinone alto quasi 2.10m).
Alla fine però si erano accordati, con il repentino
intervento del Boss ojiisan che per poco non aveva dovuto sedare una
rissa, decidendo che come dipendente Murasakibara aveva il diritto di
mangiare 3 pezzi del loro vasto assortimento al giorno e che per il
resto, se gli fosse venuta fame, avrebbe potuto portarsi i suoi snack
da casa.
I quali, scopri il giorno seguente Nijimura, occupavano ben tre zaini.
L’interno del Rinny’s
era un luogo calmo e confortevole, elegante e moderno (per
un locale che aveva il nome che ricordava un po’ quello di
una tavola calda), e sempre molto luminoso. Si divideva in due spazi:
lo spazio adibito a caffè, dove si trovavano anche alcuni
tavolini e la mirabolante macchina dei cappuccini, e quello adoperato a
pasticceria, subito vicino all’entrata, un po’
più stretto rispetto al primo ma con un bancone stracolmo di
invitanti dolci, su cui poi trovava posto anche la cassa. Per cui i
clienti erano costretti ad affacciarsi su quel paradiso dolcifico per
pagare il conto, e difficilmente resistevano alla tentazione di
assaggiarne almeno uno.
- Mu-ra-sa-ki-ba-ra-kun!…- il modo in cui Shuuzuo
sillabò il suo nome, e soprattutto il tono fermo e glaciale
che usò, fece sussultare di paura il gigante, che si
tirò subito dritto in piedi, ritrovandosi il superiore
proprio dietro le spalle.
Non aveva un’espressione molto felice, anzi, dire che
sembrava infuriato era poco.
- O-ohi..- lo salutò Atsushi con fare visibilmente
assonnato, lo sguardo pieno di lucciole perché si era alzato
troppo velocemente, il dolce profumo dei dolci gli aveva allietato il
sonno,
- Ohi, un corno!- sbottò il più basso, il cui
sguardo sembrava sprizzare fiamme tanto era furibondo. – Come
puoi addormentarti in un posto simile!?- lo rimproverò non
riuscendo a nascondere l’incredulità, aveva sempre
pensato che non esistessero persone capaci di dormire in piedi (si, che
fosse solo un modo di dire), il gigantesco kohai l’aveva
però appena fatto ricredere. – Ma a cosa stavi
pensando?- continuò con la sua predica, ma l’altro
non lo stava già più ascoltando, la sua
capacità d’attenzione era piuttosto scarsa,
soprattutto se trovava qualcosa di più interessante da
osservare.
Quel giorno, per l’appunto, Atsushi sembrava aver trovato
qualcosa di particolarmente curioso nell’aspetto del proprio
senpai.
Nel guardarlo non gli fu difficile notare che aveva tutti i capelli
arruffati, le guance rosse e un leggero fiatone, il quale non era
causato dalla strigliata che gli stava rivolgendo. Dal modo disordinato
in cui indossava il grembiule, usato come divisa (di un color rosso
carmineo), il cui laccio era stato legato malamente, il nodo
leggermente sfatto, il ragazzone intuì che se lo doveva
essere tolto. Ma per quale motivo?
Nijimura si era allontanato per circa venti minuti dalla sua
solita postazione - ne era sicuro perché poco prima aveva
dato un’occhiata all’orologio da parete per vedere
quanto mancasse alla fin del turno-, da doveva poteva osservare non
solo i clienti entranti, ma anche il comportamento di Atsushi.
Cosa aveva fatto per tutto quel tempo?
- Nijimura-san..- lo interruppe ad un certo punto il gigante dai
capelli viola, la voce ancora un po’ impastata dal sonno, ma
per una volta con uno sguardo attento,
- Si.. hai qualcosa da dire?- si era ritrovato interdetto il corvino,
stupito che l’altro fosse intervenuto durante un suo
rimprovero, di solito non capitava. Forse aveva capito di aver
sbagliato e voleva fargli le proprie scuse per il suo comportamento
poco professionale?.. Improbabile, ma ci sperava.
- Ha un segno rosso simile ad un succhiotto, proprio qui sul collo
– gli fece lui chinandosi, indicandogli un punto dove la
camicia, a cui era partito stranamente un bottone, lasciava intravedere
un lembo di pelle di troppo.
All’improvviso calò il silenzio e Murasakibara
poté udire i nervi del proprio superiore sfasciarsi sul
colpo.
- N.. non è come sembra!!- esclamò Shuuzuo colto
in fallo, il volto tinto di un intenso rosso mentre andava a coprirsi
la parte incriminante, visibilmente in difficoltà e colto da
un da un attacco di panico. – Non sono andato ad imboscarmi
con qualcuno nel retro del negozio..!- continuò a balbettare
in stato confusionario, la sua figura autoritaria che perdeva a poco a
poco la sua credibilità ad ogni secondo trascorso.
– Guarda che non ero con…-
E proprio quando Nijimura stava per finire di scavarsi la fossa da
solo, Aomine e Kagami entrarono dalla porta.
Nel varcare la soglia del locale, la scena che si palesò di
fronte agli sguardi confusi e interdetti di Kagami e Aomine apparve del
tutto surreale, come se si fossero trovati all’improvviso
catapultati in una realtà parallela, uguale ma opposta a
quella in cui avevano sempre vissuto sino a quel momento (e visti gli
esperimenti folli a cui si dedicava quell’eccentrico di uno
studente di medicina, non potevano escluderla come
possibilità). D'altronde non era possibile che quel severo,
sempre tutto d’un pezzo e rompicoglioni esigente del cazzo,
di Shuuzuo Nijimura, si trovasse a supplicare in ginocchio, quasi sul
punto di piangere a vedere l’espressione sul suo viso, quello
spilungone pigro divora snack di Murasakibara Atsushi.
Non era qualcosa di concepibile nel loro mondo. E difatti entrambi i
ragazzi, con la medesima faccia sconvolta, si impietrirono di fronte a
quella visione.
- Giuro che ti passo tutti i dolci che vuoi sottobanco se non racconti
niente a nessuno…- diceva il senpai aggrappato al grembiule
del gigante, quasi strappandolo dal modo convulso con cui lo stringeva.
Tentava in maniera disperata di corromperlo, cosa in realtà
non necessaria visto che il ragazzo non aveva alcun interesse di
mettere la voce in giro (di cosa poi, non lo sapeva esattamente neppure
lui), ma infondo chi era per negare al proprio superiore di fargli
qualche offerta per comprare il suo silenzio?
E la prospettiva di cibo gratis lo fece subito cedere.
- Va bene senpai, se è cosi importante per te, non
dirò nulla – acconsentì Atsushi
guardando quel volto sull’orlo di una crisi di pianto,
“anche perché in realtà non so
nulla” pensò senza però esternarlo ad
alta voce, se si trattava di ottenere qualcosa di suo interesse sapeva
anche farsi furbo. Spesso i bambini si rivelano più
terribili di quanto s’immagini.
- Ohi..?- fu Aomine il primo a palesare la propria presenza, salutando
con una certa malagrazia, nascondendo il disagio causato dalla scena
imbarazzante a cui aveva appena assistito (senza però che i
due interpreti se ne accorgessero), dietro all’irritazione
costante con la quale si era diretto sin lì.
- Sa..salve – salutò invece Kagami, meno abile
dell’altro a tirarsi fuori d’impiccio, sentendosi
in una situazione al quanto scomoda, palesando il proprio scompiglio
interiore, facile da leggere come un libro aperto.
- Kagami-kun, Aomine-kun..- con la velocità degna di uno dei
più grandi attori mai apparsi su di un palcoscenico, che
muta di colpo ruolo al primo cambio di scena, ecco che Nijimura da
personaggio vinto e chino al giogo della sfortuna (interpreta al momento
da Murasakibara), rimettendosi semplicemente in piedi, avvolto in un
attonito silenzio, tornava il senpai di sempre. Lo Shuuzuo severo ma
giusto, rispettato da tutti e che mai, tanto appariva rigido persino
con se stesso, sembrava aver commesso alcuno sbaglio nella vita.
-… è da un po’ che non passavate
– commentò serio, consapevole dei motivi per cui i
due ragazzi erano stati lontani dall’organizzazione cosi
allungo.
- Si, e io avrei anche preferito non tornare – ammise Daiki
alzando svogliatamente le spalle, rassegnato, - ma sai
com’è fatto Akashi. Non è possibile
rispondere “no” ad un suo ordine – e il
veleno che uscì dalla sua gola al pronunciare quel nome
sembrò trasformarsi in gelidi stiletti di ghiaccio a
contatto con l’aria, tanto che il suo fiato sembrò
sul punto di condensare con l’ambiente. L’odio non
faceva di certo bene allo spirito del ragazzo, pensò
Nijimura nel semplice osservarne il riflesso di tenebra nello sguardo
oltremare, ma era anche vero che al momento non aveva altro a cui
aggrapparsi. Finché la sua mente non avesse metabolizzato il
colpo e il senso di colpa non si fosse attenuato, l’avere un
colpevole per la scomparse di Kuroko, qualcuno da poter odiare, da
incolpare, era per Aomine l’unica salvezza.
- Dov’è Akashi?- non si perse in inutili commenti
invece Kagami, il quale appariva piatto, privo di una qualunque energia
interiore, come svuotato completamente. Sembrava
un’automobile priva di motore, il cui unico modo per farla
muovere era di spingerla in avanti.
Il vederlo in quello stato provocò una leggera inquietudine
in Nijimura, il quale faticava a riconoscere in lui il Taiga di sole
poche settimane prima, chi si riduceva a non saper più come
avanzare era in grado di compiere qualsiasi gesto, persino i
più drastici.
Un pugno cozzo però sulla testa del rosso, facendogli
chinare il capo,
- Smettila di fare quella faccia.. mi irriti- gli intimò
Daiki sbuffando,
- Merda! Ti sembra questo il modo di colpire qualcuno!? –
replicò subito furente Kagami, massaggiandosi la parte lesa,
una lacrima gli si era formata al lato di un occhio, segno
inequivocabile che l’altro non si era trattenuto.
- Perché ci sono altri modi?- fece girandosi verso il retro
del locale, degnandolo appena di uno sguardo da dietro la spalla destra,
- Non avresti dovuto colpirmi!!- si infervorò ancor di
più Taiga a quel suo atteggiamento sufficiente,
- Se smetti di fare quella faccia irritante giuro che non ti colpisco
più – promise teatralmente il ragazzo dalla pelle
scura, con tanto di mano sul cuore e braccio alzato.
- Qualunque espressione abbia ti irrita! – ribeccò,
- Allora basta che ti cambi i connotati – la fece semplice
Daiki.
“No, mi sto preoccupando inutilmente” si disse
intanto il senpai Shuuzuo nel guardarli litigare, quel bisticcio lo
riportava alla vecchia adorata normalità, che tanto gli era
apparsa lontana solo quel pomeriggio nonostante in realtà
non fosse trascorso poi molto tempo. “L’orgoglio di
Daiki ne risentirebbe se Kagami dovesse ridursi ad un guscio vuoto. Si
vergognerebbe ad averlo chiamato rivale”.
Aomine non avrebbe di certo aiutato Taiga ad aggiustare quel suo motore
guasto che si rifiutava di funzionare, ma sarebbe stato la spinta che
lo avrebbe portato a ripartire.
Il ragazzo dai capelli blu si sarebbe limitato ad irritarlo quel
tantino per farlo reagire, impedendogli di cadere nel baratro a cui si
era affacciato.
Risvegliare la luce di Kagami era però qualcosa che poteva
fare solo Kagami.
- Perché tu invece non pensi di cambiare quel caratteraccio
del cazzo che ti ritrovi? – e dagli sguardi omicida che i due
si stavano scambiando, Nijimura si rese conto di dover intervenire
prima che le cose degenerassero, ma sembrava già essere
troppo tardi.
- Prova a cucirti la bocca, signor secondo classificato, solo chi vince
ha il diritto di parlare – cominciò a scrocchiarsi
le nocche Aomine, tornando a girarsi furente verso di lui,
- Bene, allora quando ti avrò battuto ti toccherà
andarti a cucire le labbra con ago e filo –
appoggiò la cartella a terra Kagami con un tonfo.
Una densa e malevola aura di sfida avvolse l’intero Rinny’s,
lo scontro era imminente.
I due combattenti attendevano solo di poter menarsele di santa ragione.
Ne sarebbe sopravvissuto uno, e se un muro fosse rimasto in piedi
sarebbe stata una fortuna.
“Una volta sarebbe bastato l’intervento di Kuroko a
fermarli” pensò Shuuzuo un poco demoralizzato alla
prospettiva della distruzione del caffè. Non era cosi facile
intromettersi tra quei due, tutti i suoi tentativi di fermali erano
stati beatamente ignorati da entrambi, e alla fine era rimasto
schiacciato dal quel intenso desiderio di combattere di cui erano
pervasi (o forse era semplice sete di sangue?).
- Tenete – intervenne a quel punto Murasakibara che,
sporgendosi dal banco con una velocità impensabile per uno
della sua stazza (aiutato dalle braccia lunghe), infilò
nelle bocche dei due sfidanti un lollipop – ciliegia e coca
per Kagami, kiwi e fragola per Aomine -, i quali continuarono a
fissarsi l’un l’altro straniti, come se non
avessero compreso cosa gli avesse colpiti .
L’aria pesante di cui si era riempita la sala si spacco con
un rumore sordo, mentre Nijimura si chinava sotto al bancone, tremante
nel tentativo di soffocare le risa che veloci gli erano salite alla
gola. Non era una buona idea irritare due belve subito dopo che la
fiamma della loro sfida era stata appena spenta da una secchiata
d’acqua, un carbone ardente poteva comunque causare una
brutta bruciatura (traduzione: se la sarebbero potuta prendere con lui).
Atsushi rimase indifferente alla scena, inconsapevole eroe. Aveva
pensato di approfittare del momento in cui nessuno gli prestava
attenzione per farsi un altro breve sonnellino, i suoi piani erano
però sfumati quando li aveva sentiti cominciare a
bisticciare. Lui normalmente era di cattivo umore quando non assumeva
abbastanza zuccheri (o quando le cose non gli andavano come voleva),
quindi aveva pensato che per Kagami e Aomine valesse lo stesso. Senza
pensarci troppo, spinto dal desiderio di farli smettere al
più presto per cosi ottenere la sua meritata pausa, aveva
pescato i due dolciumi dalla scatola dietro al vetro anti-starnuto,
sempre vicino alla cassa, agendo giusto un momento prima che avvenisse
il peggio.
Strano per strano, il piano di Atsushi sembrò funzionare e
il caffè/pasticceria
Rinny’s, non che covo segreto dell’organizzazione per lo studio e
la soppressione delle entità spiritiche, rimase
in piedi un giorno di più.
- Senti..- si rivolse Daiki a Nijimura dopo un lungo momento di
silenzio, in cui l’atmosfera pre-apocalittica si era
completamente sgonfiata, lasciando solo due ragazzi un po’
alterati entrambi con un dolcetto. L’espressione del ragazzo
con le pelle scura era tutt’altro che contenta, non gli
piaceva l’idea di per aver perso l’ennesima
opportunità di dimostrare a quella stupida testa calda di
Kagami la sua supremazia, ma non aveva neppure gettato il lollipop
datogli da Murasakibara, quindi al momento bisognava considerare quella
come una tregua, sino a che non avessero litigato nuovamente. Di contro
Taiga aveva già buttato il suo, ma a giudicare dal volto
schifato il gesto non era da considerarsi come un rifiuto
dell’armistizio, era che semplicemente non apprezzava molto
il gusto toccatogli. -… dov’è Akashi?
– gli chiese, tornado finalmente ad essere seri,
- Domanda stupida…- si intromise il gigante dai capelli
viola. alzando un poco la testa dal bancone su cui si era nuovamente
stravaccato,
- Come al solito sta sul retro..- lo ignorò completamente il
senpai, decidendo che per quel giorno il turno del gigante era finito e
che non era più un suo dovere fargli da balia. Non lo
avrebbe mai dato a vedere, ma era frustrante starlo a riprendere per
tutto il giorno. “ Eeeh… No, fare il baby-sitter
non è decisamente il mio lavoro” si disse
scuotendo un poco la testa, mentre il rosso e il moro dai riflessi blu
superavano il bancone e prendevano la porta un poco sulla destra,
quella destinata al personale, quasi nascosta dalla penombra che si
creava in quell’unico angolo del caffè.
Se non fosse stato un dipendente del negozio, cominciò a
riflettere serio Nijimura, avrebbe potuto uccidere Murasakibara-kun
già un centinaio di volte negli ultimi mesi, ma purtroppo
erano a corto di personale e anche la presenza dello spilungone era
vitale per occuparsi del locale. Per quanto si trovassero ad un orario
morto, quando calva la sera, per il resto della giornata non vi era mai
un attimo di tregua tra ordini per la pasticceria e clientela al
caffè, la mirabolante macchina dei cappuccini sembrava
essere l’attrazione principale.
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