Non vi diete mai chiesti come sia nata, per Ryan, la passione per la danza?
Beh, magari sono solo io che mi faccio queste domande… di
buono c’è che le risposte me le do da sola… e questo è
un tentativo!
È una storia un po’ diversa dalle mie solite, ma spero che
vi piaccia comunque!
Temperance
Wanna dance?
“Ziiiiiiiiaaaaaaaa!!!!!! Ryan mi prende in giroooo!!!!”
“Ryan, che hai fatto a tua
sorella?” Domandò Charlotte Evans, stringendo tra le
braccia la bimbetta dai corti capelli biondi che era appena corsa in salotto
piangendo come una fontana.
Un visino timido, in tutto uguale a quello della piccola si
affacciò, timido e colpevole, oltre la porta, pronto a subire le ire della zia.
“Ryan mi ha detto… ha detto che sembro una stupida con il costume da fata della
neve.” Spiegò, con calma, la piccola Sharpay, le
lacrime totalmente scomparse dai suoi occhi.
°Questo scriciolo vincerà
l’Oscar, prima o poi…° Pensò Charlotte, facendo di
tutto per non ridere.
Amava quelle due piccole pesti dal profondo
del cuore e sapeva bene di essere il loro unico punto di riferimento,
con sua sorella e suo cognato sempre in giro per questo e quel lavoro, ma
sgridarli era necessario, ogni tanto….e quanto, quanto poteva essere difficile!
“È vero?”
Ryan trotterellò in salotto, lo
sguardo alto e per niente impaurito: se doveva affrontare sua zia, lo avrebbe
fatto senza timori.
“Sì, è vero che sembra una stupida.”
“Vedivedivedi!!!!”
Saltò in piedi Sharpay, puntando un dito contro il
fratello, che le fece una linguaccia.
“Bambini, state buoni! Ryan, perché hai detto quelle cose a Sharpay?”
“Perché sono vere. Balla come un
ippopotamo!”
“Sei cattivo!” La bambina si lanciò
contro il gemello, pronta a venire alle mani, ma la zia la trattenne
prontamente.
“Sharpay, stai calma, sono sicura
che Ryan scherza, vero?”
Ryan aprì la bocca per rispondere
che no, non scherzava, ma lo sguardo della donna lo fermò.
“Sì, scherzavo….”
Sharpay lasciò che sul suo visino
si dipingesse un sorriso soddisfatto, mentre anche l’espressione sul volto di Ryan mutava in una furba e sfiorata da un pizzico di
malvagità.
“Perché non sei tu stupida, è proprio la danza che lo è!”
Esclamò, correndo fuori dalla stanza prima di poter
ricevere una risposta, ridendo a crepapelle.
Sharpay ballava, leggera, nel suo
costume da fatina, sul palco del piccolo teatro situato al piano sotterraneo di
Villa Evans.
Un paio di grandi occhi azzurri, unica cosa che la
distinguesse da suo fratello, la spiavano dall’ultima fila di poltroncine,
desiderando di poter essere al suo posto.
Ryan era un bambino testardo e la
cosa di cui era più sicuro era che lui amava la danza molto
più di sua sorella.
Lo aveva capito quando, l’anno
prima, era rimasto sul divano con zia Charlotte, facendo finta di dormire,
mentre lei guardava “Dirty Dancing”. Dal primo passo
che Baby aveva mosso su quello schermo, aveva sentito dentro qualcosa,
qualcosa di forte che il suo cuore di sei anni non era riuscito a classificare.
Sapeva solo che voleva farlo anche lui, che voleva diventare
come Johnny e che ci sarebbe riuscito, prima o poi.
Sentiva la danza come qualcosa di solo suo, da non dividere
con nessuno e tutte le sere, quando Sharpay si faceva
leggere le fiabe sul divano in salotto, lui si chiudeva in camera con qualche
vecchio musical rubato dalla videoteca dei suoi e imitava
tutti i passi di John Travolta, Patrick
Swayze e compagnia.
Quando ballava si sentiva bene ed
era più che certo di amare il ballo più di Sharpay.
Era anche certo di essere più bravo
di lei, a dirla tutta….
Ma non poteva dire agli altri che gli piaceva
ballare, perché ballare non era una cosa da maschi… ballare era per le bambine.
I maschi giocavano a baseball, a football, a pallanuoto…
Quindi stava nascosto, spiando la sorella e imparando tutti
i passi a memoria, perché la sua era una passione
sbagliata e non poteva restare che segreta.
“Ma zia, sono la protagonista! Non posso non andare!” Piagnucolò Sharpay,
grattandosi con foga dietro al collo.
“Pay, tesoro, non puoi andare allo
spettacolo con la varicella o la attaccherai a tutti gli altri bambini”
“Non mi interessa degli altri
bambini!”Strillò la biondina, pestando i piedi per terra. “È il mio spettacolo!
Mio, mio, mio e basta! E poi
non c’è nessuno che mi può sostituire…”
“Potrei… potrei farlo io…” Ryan
era entrato in camera senza farsi sentire –non che fosse
stato particolarmente difficile, viste le urla della gemella -,
stringendo tra le mani il costume da fatina.
“Tu non sai ballare… e poi sei un maschio.”
“Io so ballare, Pay. Meglio di te, anche. E siamo
uguali….chi vuoi che si accorga se sono io o tu?”
“Non è vero che sai ballare. Ti fa schifo il ballo.” Lo
rimbeccò Sharpay, mettendo il broncio. “Vuoi solo
piacere alla bambina che sta in banco con me.”
“Non è vero.” Ringhiò il bambino, mentre la zia li guardava,
senza sapere cosa fare. “Voglio fare lo spettacolo, così posso ballare davanti
a tutti, anche se loro penseranno che sei tu.”
“Tesoro…” Si intromise la donna,
posando a terra Sharpay e avvicinandosi a Ryan, che aveva gli occhi lucidi.Perché non vuoi che gli altri
sappiano che ti piace ballare?”
“Perché…perché le bambine ballano…
i maschi fanno sport…”
“Ora ti svelo un segreto.” Sussurrò Charlotte, accarezzando
la testolina bionda e chinandosi verso il piccolo. “La danza è uno sport,
proprio come tutti gli altri e ci sono tanti uomini che fanno i ballerini.
Nessuno li prende in giro, sai?”
“Davvero?” Domandò Ryan,
sfregandosi gli occhi.
“Oh sì.” La zia si rivolse poi a Sharpay.
“Lo facciamo ballare, questo folletto?”
La bambina sorrise, senza smettere di torturarsi le
macchioline rosse.
“Solo se promette di non prendermi più in giro.”
Fine