Perché finché vivo io, tu vivi con me. di Hisfreckles (/viewuser.php?uid=62868)
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Il Dottor Aurelius ha detto che mi servirà.
Dice che ormai sono pronta e che dopo mi sentirò molto
meglio. Non ne sono sicura, forse peggiorerà solo le cose,
ma ho promesso a
Peeta che avrei lasciato che mi aiutasse, lui si fida di quel dottore
ed io mi fido
di lui.
Magari è davvero arrivato il momento di scontrarsi con
l’unica cosa che non riuscirò mai ad affrontare:
la morte di mia sorella.
E’ la prima volta dopo anni in cui mi ritrovo
volontariamente in quella parte della mia casa e la prima volta che mi
ritrovo
davanti a quella porta di legno scuro. Peeta è accanto a me,
la mia mano
stringe con forza la sua. Nonostante abbia deciso che è una
cosa che devo fare
da sola, voleva che sapessi che lui era lì per me, a
sostenermi in silenzio e
che anche se dovevo farlo da sola,
io
non ero sola. Chiudo gli occhi
prendendo un gran respiro e sento le labbra di Peeta poggiarsi sulla
mia
tempia. Mi avvicino alla porta, dopo avergli lasciato la mano con uno
scatto, e la
guardo per qualche istante. L’unica cosa a cui riesco a
pensare è che scapperei
volentieri il più lontano possibile senza voltarmi indietro,
invece mi giro
solo per un istante, il tempo di fissare il mio sguardo in quello
infinitamente
triste ma incoraggiante di Peeta, e apro la porta.
La stanza è buia e puzza di chiuso. Cammino verso la grande
finestra sbarrata incerta e la spalanco completamente. Il tiepido sole
entra
immediatamente illuminando la grande camera azzurrina. Il blu
è il suo colore
preferito, le piace qualsiasi tonalità, dal blu brillante al
verde acqua.
Nessuno deve esserci entrato dalla notte del bombardamento
perché è tutto esattamente come lei lo ha
lasciato: il letto sfatto a causa
dell’improvvisa fuga, i suoi libri ancora sulla piccola
scrivania di fronte la
finestra. L’ultima volta che c’ero entrata io, era
il giorno del suo
compleanno.
Il dottore vuole che cominci a mettere un po’ della sua roba
da parte, non c’è bisogno di farlo subito, ha
detto che posso prendermi tutto
il tempo di cui ho bisogno o che posso tornarci anche un altro giorno.
Posso
fare tutto ciò che mi sento di fare, a patto che lo faccia.
Le gambe non
reggono più, potrei cadere da un momento all’altro
in preda ad uno dei miei
attacchi, ma comincio a respirare profondamente per calmarmi
ripetendomi mentalmente
i punti fermi della mia vita, come facevo dopo la commozione cerebrale.
Cauta
mi siedo sul letto, come per paura di svegliare qualcuno, e mi porto le
gambe
al petto.
«Ehi paperella»
Le mie parole sono appena udibili. Prendo un gran sospiro e
chiudo gli occhi, nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che
minacciano di farmi crollare. Non so perché stia
bisbigliando a questi muri, la
ragione mi dice che è inutile, ma lo faccio ugualmente
perché in fondo spero di
sentire di nuovo quel “Quack” come risposta.
«Sono passati anni, ma non riesco a credere che tu sia
…»
Deglutisco cercando di sciogliere il nodo che mi si è
formato in gola, senza troppo successo, e continuo a parlare.
«Il distretto ormai è stato ricostruito
completamente, ti
piacerebbe un sacco ora, c’è persino un parchetto
dove possono giocare i
bambini del giacimento. In realtà non esiste più
nessun ‘giacimento’, nessuno
muore più di fame ai lati della strada e le miniere sono
state chiuse».
«Sai, la mamma ora vive nel quattro. L’ha fatto di
nuovo. Mi
ha abbandonato. Ma non sono arrabbiata. Io ora ho Peeta … e
Haymitch» sbuffo
una risata infelice mentre con una mano sposto i capelli che mi
ricadono sul
viso. Le gambe hanno cominciato a formicolare quindi decido di
sdraiarmi. Poggio
la testa al cuscino e ispiro il suo
odore, non è molto forte ma riesco ancora a sentirlo.
«Come ha potuto lasciarti andare? Come ha potuto permettere
che salissi su quell’hovercraft? »
Non so se quello che
sto dicendo abbia senso, non sono brava con le parole, è
semplicemente tutto
quello che mi passa per la testa, le parole che non ho mai avuto il
coraggio o
la forza di dire.
«Non la odio più, sono troppo impegnata ad odiare
me stessa
per farlo. In fondo è stato per distruggere me che la Coin
ti ha voluto in
quella missione di soccorso. E tu sei andata, perché quei
bambini stavano
soffrendo e so quanto tu odi vedere delle persone che soffrono, ma al
contrario
di me tu non scappi, tu ti rimbocchi le maniche e fai di tutto per
curarle,
anche perdere la tua stessa vita. »
E’ la verità, mi sarò anche offerta
volontaria, partecipato
a due Hunger Games
e guidato una
rivolta, ma è Prim quella coraggiosa, lo è sempre
stata.
«Nella tua breve vita sei stata una persona migliore di
quanto io possa mai essere. »
La mia voce si spezza e non riesco più a trattenere le
lacrime. Corrono giù scendendo lungo il mio viso per poi
cadere silenziose sul
cuscino.
«Mi dispiace Prim. Mi dispiace così tanto
» continuo a
ripetere tra i singhiozzi, mi ci vuole un po’ per riuscire a
respirare di nuovo
regolarmente.
«Dovresti essere tu quella al mio posto, dovresti essere qui
a vivere la vita che meriti. Saresti diventata una dottoressa
straordinaria, ne
sono certa. Ero io quella che non doveva sopravvivere, e invece
l’ho fatto.
L’ho fatto per te, ogni cosa era studiata perché
non tu non ti facessi del
male. Avevo un solo compito. Un solo dannatissimo compito: tenerti in
vita. Ed
ho fallito. Ti ho deluso, ho deluso ogni persona a cui volevo
bene»
Lo urlo, arrabbiata e allo stesso tempo rassegnata perché
darei qualsiasi cosa per tornare indietro e mangiare quelle
dannatissime
bacche, ma ciò non è possibile, il passato
è passato ed io, per quanto lo odi,
non posso fare altro che accettarlo perché non
cambierà. Sospiro profondamente,
con i palmi delle mani asciugo gli occhi rossi prima di alzarmi. Prendo
a
camminare lentamente. Dovrei cominciare a dividere le sue cose per
categoria in
modo da rendermi più semplice il lavoro, ma tutto quello che
faccio e passeggiare
lungo i muri sfiorando i mobili con i polpastrelli quando passo. Cerco
di
imprimere nella memoria ogni singolo dettaglio, ogni oggetto e la sua
esatta
posizione.
«L’unico modo per onorare il tuo – vostro
– sacrificio è
vivere a pieno la mia vita, Peeta lo dice sempre, e so che se fossi qui
con me
tu diresti la stessa cosa. Ci sto provando Prim, ci sto provando
davvero.»
«Perché finché
vivo io,
tu vivi con me»
Angolo
Autrice.
Questa cosa non ha nè capo nè coda, ma mi ero
sfidata a scrivere qualcosa di angst e questo è quello che
è uscito.
L'angolo era solo per dirvi che a me in primis non piace per nulla
quindi regalerò caramelle a tutti quelli che aprono la fic
anche solo per sbaglio, così non mi sento in colpa.
Okay, era inutile scriverlo. Ho finito ora.
Grazie per il vostro tempo.
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