Pansy Puttana Parkinson

di Ledy Slytherin
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ftroi A Pansy Puttana Parkinson la mia Mery Alice Cullen personale, io ti lovvo troppo^^.
A Rivoltella-J, perchè lo sò, un giorno l'amore me la porterà via.
E a Pansy Parkinson[quella vera], perchè ciò creduto veramente [ma Lucius a scelto Astoria]



Nuvole nere,coprono i già fiochi raggi di una luna ormai calante.

Rumori di calici e risa, escono dal grande e lussuoso locale, squarciando: prepotenti, disturbatrici, il sinistro silenzio che aleggia nel bosco.

Odore di sesso,alcool e fumo penetrano nel naso.

Impregnano la pelle.

Generosi scolli e costosissime gonne, sicuramente troppo corte, mostrano, lussuriose, tentatrici, pezzi di carne bianca e liscia, a occhi indiscreti, folli, travolti dal piacere di vini conservati per decenni, in infinite cantine, di ottocenteschi manieri.

Bocche carnose, pesantemente truccate, aspettano o leccano, avide, altre labbra a confronto rudi e sporche, macchiate di voglie proibite.

Occhi di mogano nero, scrutano altezzosi la sala.

Vuoti, indifferenti, spenti, accarezzano corpi, che in passato gli avrebbero ricordato il suo, ma non lo sarebbero mai stati.

Mani dalle unghie curate, placcate di nero, scorrono su corpi estranei, alla ricerca di illusioni perdute.

Rubate dal tempo.

Fuori le nuvole ormai coprono il celo.

La speranza è perduta.

Impedendogli di osservare le stelle.

Mitiche o spettrali bestie, protagoniste di leggende antiche come l’uomo, si muovono, cacciatrici, tra i rami, il celo o le foglie della boscaglia , incuranti delle sue debolezze.

Dentro ormai anche gli ultimi vestiti sono stati brutalmente strappati; corpi nudi si uniscono in danze storpiate. Grida e sospiri, sostituiscono la voglia di qualcosa più caldo, più vero.

Zittiscono coscienze.

Capelli color della pece, portati in un caschetto sbarazzino, si muovono, staccandosi dalla pelle sudata del viso, per poi ricaderci, al ritmo di ogni spinta. Urla di orgasmo escono prepotenti dalle tue labbra, ormai prive di ogni colore.

La notte passa, si perde, e chi ne è capace dimentica, mentre un sole sonnacchioso, sorge lontano; là dietro i colli. L’alba di un nuovo giorno nasconde le stelle.

Il locale si svuota, lasciando i corpi nudi.

Ancora caldi.

Negli angoli, tavoli o letti, di quel lussuoso pezzo d’inferno.

Gli occhi si aprono, le macchine si riversano in strada, lente. Come il caffè caldo versato da una cameriera annoiata, ad un impiegato intento a sfogliare distratto le pagine del giornale.

Le serrande dei negozi sulla via principale vengono alzate, mentre la soffice nebbia di una giornata di fine febbraio si perde nel celo.

La vita comincia, mentre la sua inizia a morire, lentamente, affogata, in ricordi dal profumo del mare, dal colore del fondo di una bottiglia.

Muore, per rinascere la notte seguente.

Sola, com’ è voluta essere. Sola come sempre.





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