Due Bicchieri di Troppo
-Due
bicchieri di troppo-
-Dedicata
alla mia zietta e alla nostra settimana in montagna-
(ogni
riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale, eh
XD)
Presentazione:
Mai
far ubriacare la propria zietta ad una festa di famiglia in montagna
;)
9:13
di sera, Agosto, Casa di Montagna.
Personaggi:
Laura
(madre)
Enzo
(padre)
Agnese
(sorella)
Angela
(nonna materna)
“Pino”
(nonno materno)
Maria
(zia e sorella di Laura)
Giulia
(Me)
Due
bicchieri di troppo. Forse anche di più.
Era
questo che avevo immediatamente pensato guardando le gote ormai rosse
della zia Maria, mentre questa discuteva animatamente con mia madre.
Mi
guardai intorno e vidi mia sorella Agnese mentre gareggiava con mio
padre a lanciarsi palline di mollica, facendo ridere entrambi.
All'improvviso
una di quelle maledette palline prese una brutta traiettoria e finì
in faccia a Laura, la sorella di Maria, nonché mia madre.
“Oh,
avete finito voi due?!” e rise.
“Dai
mamma!” le rispose Agnese e le buttò le braccia al collo
riempiendola di bacetti sulle guance, con immediata ma benevola
ritorsione di essa.
“Eddai,
no!” tentò di staccarsela di dosso, ma con scarsi risultati, così
fece finta di essere un grosso animale feroce e finse di morderla.
Agnese
lanciò un urletto divertito e si risedette al proprio posto. Non
appena posò il sederino sodo una nuova e più grossa pallina di
mollica la colpì, finendole nella bocca ancora aperta dalle risate.
E così la battaglia ricominciò, più selvaggia di prima.
Tentavo
di schivare più palline possibili sfuggite ai due combattenti.
Le
due sorelle ripresero a litigare, o meglio ad azzuffarsi.
“Oh,
senti io non ho mai detto che ti avrei lasciato l'anello della mamma
e mi sarei presa la sala, io...”
“Sì,
che lo hai detto, sei tu che non te lo ricordi, perché non hai una
buona memoria!” affermò la zia.
“IO?!
Sei tu la smemorata, eh! Io le cose le faccio sempre bene, e poi hai
già un anello simile!”
“Ehi,
io l'ho ricevuto per i miei diciotto
anni, tu hai ricevuto altro!”
“E
allora, che c'entra?! Se è per questo i mobili per la sala mica ci
stanno in casa mia! Invece nella tua hanno già un posto!”
“E
allora...e poi scusa, ma avevamo già stabilito così, perché devi
sempre...”
“Non
avevamo stabilito un bel cavolo di nulla! E poi l'anello è di
diritto mio!”
“Cosa...?”
Ma
la nonna le interruppe.
“Oh,
sentite, io non sono mica morta, eh! E ho intenzione di restare in
vita ancora per un bel po'!”
“E
vabbé” rispose tranquilla Laura e con un sorriso trattenuto sulle
labbra “È sempre meglio essere pronti!”
“Eh
già, così quando sarà
ora non ci saranno problemi!” continuò la sorella.
“Oh,
ma dico, ma guarda queste!” rispose un poco offesa.
Nonno
Pino ridacchiava, con le mani intrecciate mollemente sul suo grosso
pancione, si girò verso di me e disse con un sorriso “Hai visto,
le mie ragazze, sempre che si azzuffano!” e ridacchiò sorridendo
di più ad una delle sue nipoti.
Intanto
la discussione aveva ripreso e nonna Angela aveva lasciato perdere da
un pezzo.
Sempre
la stessa storia, quelle due erano sempre lì che si azzuffavano, non
decidendosi mai a chi delle due andasse una cosa o l'altra.
Le
due nipoti (io e mia sorella) avevano spesso detto loro, più per
prenderle in giro che per altro, che tanto, che andasse ad una o
all'altra, appena fossero passate a miglior vita quelle cose se le
sarebbero spartite lei e Agnese.
Zuffe
senza senso tra famigliari.
E
per di più, una volta, mia madre aveva persino detto che in realtà
all'inizio avrebbe anche lasciato l'anello alla sorella, ma, dopo una
frase che sottintendeva che zia Maria aveva per diritto eredità di
quell'anello, lei si era irrimediabilmente impuntata che non
gliel'avrebbe data vinta.
Zuffe
da sorelle, decisamente. E così erano le due più grandi a sembrare
due bimbe che si picchiavano per una Barbie.
Ridacchiai
e mi immaginai mia zia in varie versioni, dopo aver bevuto un po'
troppo (non teneva molto bene l'alcool, o meglio, non lo teneva per
niente, o forse era mia madre e mio padre che lo tenevano fin
troppo).
1:30
di notte e due bottiglie dopo
Personaggi
ormai andati a dormire: Nonni
e Padre.
Personaggi
brilli: Mamma.
Personaggi
ubriachi: Zia.
Personaggi
relativamente sobri: Giulia
e Agnese.
In
montagna eravamo soliti mettere una pentolina rossa piena d'acqua,
quando era inverno e c'era la stufa accesa, per non far seccare
troppo l'aria o per metterci dentro degli oli essenziali da far
disperdere nell'aria.
Quell'anno
(era estate) quella era posata vicino al camino spento.
Mia
zia la afferrò con impeto e se la calò sul capo, girata, a mo' di
elmetto militare, facendo pendant con il suo viso rosso.
“Perché
nessuno mi merita, burp” singhiozzo, e sentendo la propria voce e
trovandoci evidentemente qualcosa di divertente si mise a ridere,
sfoderando la sua risata acuta e, quando non era offuscata dallo
Spumante del Lidl, melodiosa.
Rideva
a macchinetta, e tentando di fare un passo, inciampò nel parquet e
per non finire per terra si aggrappò al tubo che saliva dalla
piccola stufetta e, al soffitto, si infilava nel muro.
“Ecco”
disse dopo averlo abbracciato e averci posato contro una guancia.
“Fin*lmente l'amore della mia vita, hic!” e mia madre rideva,
rideva, diventando tutta rossa e quasi strozzandosi. Anche mia
sorella rideva, e io non potevo essere da meno.
All'improvviso
la zia cominciò a cantare, all'inizio piano, alzando poi la voce,
fino a squarciagola.
“Oh,
oh piccola K*tyyyy, hic,
oh,
oh picc*la Katyyyyy, burp” diede un bacio appassionato al tubo e
continuò
“Oh,
oh, oh!”
“Zia,
ti prego,” disse Agnese tra una risata e l'altra.
“Maria!
È l'una!”
“Oh,
ecco, hic, ecco altri che mi dic*no con chi devo, hic, o non d*vo
stare!” diede un'altro
bacio al tubo “Noi ci amiamo d*vvero! Lui, hic, sì che mi
c*pisce!”
“Ahahaha,
dai Maria, vieni che ti faccio un caffè!”
“N*!
N*n veng*!” e di nuovo scoppiò a ridere come un'ossessa, finendo
per scivolare dal tubo, e le due nipoti, allora, la acchiapparono,
ognuna per un braccio, e la condussero verso la cucina, ma, appena
furono davanti alla porta, questa, al posto di girare a destra, girò
a sinistra ed entro correndo e urlando con le braccia alzate nel
piccolo bagno.
Io
e mia sorella decidemmo di lasciarla andare, perché tanto non
saremmo mai riuscite a scollarla da lì.
La
mamma prese il caffè e lo portò ancora ridendo, in bagno.
E
così trovammo quella povera nostra zia ubriaca seduta per terra e
abbracciata al gabinetto mentre cantava “Non son degno di te”.
“N*n
son degno di teeeeee, burp,
N*n
ti meritoo piùùùùù!” e qui prese una stecca.
“Ma
al m*ndo n*n esiste nessuno, hic,
ch*
n*n ha sb*gliato una voltaaaa!” altra stecca tremenda.
“Eeee
va beneee cosìììììì,
me
ne vado da teeee,
maaa
quand* la sera t* resteraiiiii solaaaa,
Ric*rda
qualc*no ch* amavaaa teeeee”
A
quel punto tutte e tre ci stavamo pisciando dal ridere, cosa non
proprio bella visto che avevamo un bagno solo e pure “occupato”,
per modo di dire.
Ci
avvicinammo alla zia, la tirammo su di peso, cosa alquanto difficile
e la portammo in cucina, facendola finalmente sedere al suo posto.
Ma
ricominciò a ridere e quando le mettemmo il caffè davanti lo
afferrò, tremante e quindi si rovesciò tutto addosso a lei e sulla
tovaglia.
Agnese
si coprì il viso con una mano, sconsolata.
“Meglio
metterla a letto, prima che si metta a dormire direttamente sul
tavolo imbandito.” disse mamma, con assenso di tutte e tre.
Trascinammo
una zia ridente e bella ciucca sul suo letto.
“Dai,
Maria, mettiti il pigiama” ma questa non fece nessun'altra azione
se non essere preda di un attacco di riderella.
Dopo
un quarto d'ora non sapevamo più cosa fare.
“Dobbiamo
svestirla noi?!” chiese Agnese, tra l'isterico e il divertito.
“Mariaaaa!”
disse mamma ridacchiando e colpendole il sedere abbondante
scherzosamente.
Alla
fine dopo mezz'ora di esilaranti capriole e battibecchi da
scaricatori di porto finalmente eravamo riuscite a toglierle i
pantaloni.
Per
completare l'operazione dovemmo organizzarci meglio, visto che ormai
la zia dormiva (russava) alla grossa. Due la tiravano su, mentre una
terza si sedeva schiena contro schiena della donna russante poi, le
due la lasciavano andare e insieme toglievano le maglia.
Con
uno sforzo di volontà (e tanto amore) finalmente riuscimmo anche a
metterle la camicia da notte (se avesse avuto un due pezzi
probabilmente l'avremmo lasciata lì in mutande e reggiseno...e
pentolino rosso in testa).
Ci
sentivamo quasi soddisfatte. Dico quasi perché c'era quel minuscolo
microscopico particolare che ci turbava: la pentolina rossa che aveva
(ben incastrata) in testa.
“E
ora?” chiese Agnese. Eravamo tutte e tre una di fianco all'altra,
davanti al letto in piedi con le mani sui fianchi (stile
soldatesse)...e anche un bel po' perplesse.
“Io
propongo di lasciarla così.” dissi io, che stavo svenendo dal
sonno (e dalla fatica).
Mia
madre sospirò, stufa. “E vabbé se la sbrigherà lei domani!”
disse dispettosa.
Ridacchiammo
tutte e tre. Che banda di delinquentelle.
“Così
impara a bere troppo!”
“Ricordino
della nottata brava”
“'Notte
Maria!” disse mia madre, con un piede fuori dalla porta.
Mia
zia grugnì da sotto il cuscino.
In
realtà potrei finire qui il mio racconto demenziale, ma non sono
così malvagia da non raccontarvi di come mia zia si svegliò con un
terribile mal di testa e come si portò la mano al capo, immaginando
di trovare i capelli schiacciati dal cuscino e di come invece si
spaventò a morte trovando un affare di metallo, di come si alzò
urlando e svegliando tutta la casa alle 6.30 del mattino e di come,
con shampoo, sapone per le mani (liquido e in saponetta), sapone per
piatti e perfino quello per panni riuscimmo a toglierle quel
meraviglioso elmetto rosso.
E
di come, da quel giorno, alle feste di famiglia non si ubriacò mai
più.
Quella
sera feci perfino un video mentre faceva Karaoke attaccata al tubo,
ma non glielo mostrai mai.
Deeecisamente
imbarazzante ;).
Mi
raccomando però, non diteglielo XD.
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