Le foglie
colorano la sera con un vestito autunnale che poco copre le spoglie vie
della città . Il vento che le agita non ha ordine, soffia
divertito da una parte e dall’altra, facendo ammattire i
passanti che si avventurano fuori dalle loro casette, spostando loro i
capelli dritti negli occhi e nella bocca, come fastidiose ragnatele.
Anche in quelle teste i pensieri non hanno direzione precisa: si
muovono qua e là come pigre farfalle, vagando da un fiore
all’altro. Una frase sul giorno dopo, una sulla spesa da
fare, un’altra per ricordare qualcosa sicuramente importante.
E’ una sera normale, in una strada normale, è una
piacevole e piatta sera, che sembra destinata a scorrere liscia fino
all’arrivo della scura notte.
Ma due di quelle persone hanno obiettivi ben diversi dal passeggiare
tranquilli; obiettivi affilati come lame, taglienti come ghiaccio,
decisi a centrare il bersaglio a qualunque costo. I loro pensieri sono
come due chiazze di colore scuro in una nebbia grigia, crudeli e
pesanti.
Sono uno davanti all’altro, e non si muovono. L’uno
alto, muscoloso, lo sguardo cupo e acceso, furibondo, sembra sforzarsi
infinitamente per stare fermo; l’altro basso, tarchiato, che
gira nervosamente la testa da una parte all’altra e cerca,
sperando di non trovarlo, qualcuno.
Un minuto, ancora sessanta secondi di pace, prima che i loro occhi
s’incontrino di nuovo e l’odio ritrovi la sua
strada maestra. E’ come una scintilla nel crepuscolo.
L’ometto ha un sussulto e cerca di scappare, ma l'altro
è più veloce e lo raggiunge, allungando un
braccio violentemente per afferrarlo.
"Lasciami, lasciami, cosa vuoi da me?"
"Solo ucciderti" risponde una bocca digrignata "e farti pentire ogni
signolo attimo della tua lurida vita."
Ed è allora, che il terrore trova una strada che la ragione
non avrebbe mai osato pensare.
Riuscendo a scappare, l'ometto comincia ad urlare con tutto il fiato
che il suo piccolo corpo può contenere, e richiama a
sè l’istinto di sopravvivenza. Non è la
sera a fermarsi, non è il vento che improvvisamente smette
di soffiare. Sono le persone, è la gente ad immobilizzarsi
attorno a loro. Le sue grida attirano l’attenzione di tutti e
la catturano; la sua voce stridula, modificata dal pianto
irrefrenabile, sembra squarciare la normalità.
“Hai ucciso James, Sirius! E Lily! Come hai
potuto?” grida, rivolto all’ uomo dai capelli scuri
ritto davanti a lui, fremente di collera e stupefatto.
La parola “ucciso” agita ed emoziona i presenti.
L’ometto ha detto proprio ucciso, uccidere! Quella parola
gira impazzita per tutte le teste. In che gente si è
imbattuta quella stradina di città? Qualcuno pensa a dei
matti, e altri più ottimisti a degli attori. La maledetta
curiosità li scuote senza cura, ma li tiene allo stesso
tempo prigionieri della sua magia.
I singhiozzi dell’omuncolo vengono sovrastati, spazzati via
dall’ululato dell’altro uomo, che con un folle
balzo gli si porta addosso.
“Come osi, Peter Minus! Come osi dare a me del
traditore!” cerca di strangolarlo, ma le sue mani sono fatte
per dare pacche sulle spalle o per lottare con gli amici, non sono mani
per fare del male sul serio. James lo prendeva in giro, diceva che
erano da femmina... diceva che neanche Lily le aveva così
delicate...
Sirius alza la testa che aveva abbassato, perso nei ricordi. James
è morto, non gli dirà più proprio un
bel niente... deve vendicarlo, deve. Perchè è
stata anche colpa sua. “Il mio sbaglio
c’è stato, lo ammetto di cuore. Mai fidarsi di uno
che ha paura anche per andare al cesso da solo.” ridacchia
gelidamente, e non urla come Peter. Lo conosce, sa che basta un
sussurro ben fatto per terrorizzarlo.
Ma gli occhi del piccoletto non si accendono di ansia come al solito:
sotto quell’isteria apparente, è calmo... e quella
tranquillità irrita Sirius, gli fa perdere il controllo di
nuovo. La dita lunghe si stringono ancora di più attorno a
quel collo roseo e ruvido, facendo rantolare Peter.
Il fascino del dramma che aveva avvinto tutti si scioglie
davanti a quell’inaspettata violenza; un uomo corre a
dividere Felpato e Codaliscia. “Grazie... grazie... voi non
sapete che ha fatto quest’uomo...” ansima Minus,
rivolgendo lacrimosi sorrisi al soccorritore.
Roteando gli occhi, furioso, Sirius cerca di scappare come un animale
in gabbia.
“Quest’uomo ti ammazzerà, Peter! Mi hai
sentito? Non mi scapperai, verme!”
La gente, le persone, restano tutti a bocca aperta. Non vanno via,
nonostante la scena, nonostante le urla, nonostante le parole.
E’ come vivere un film, niente di più. Non
capiscono cosa stia succedendo, non lo capiranno mai, eppure non hanno
mai visto niente del genere, ed è avvincente. Questo basta a
tenerli incollati a dove stanno.
E l’ometto si avvicina pericolosamente al suo nemico,
protetto dal fatto che sia bloccato da due braccia che come al solito
non sono le sue, per soffiargli nell’orecchio “Il
tuo inferno è appena cominciato, Black. Presto
arriverà il Ministero, ho avvisato io che sei qui... sarai
tu a morire... e invocherai la morte, te lo assicuro, piuttosto del
Bacio.”
“E tu come vivrai, Minus? Eh? L’ho visto il corpo
di James... e anche quello di Lily. Io non mi libererò mai
più di quella visione, sarà il mio incubo. E
tu... tu come farai a sopportarlo?”
Gli occhi di Peter non trovano il coraggio di allacciarsi a quelli di
Sirius, ma la sua lingua si riveste follemente di veleno.
“Erano forti ma stupidi... e io sono debole, ma furbo.
E’ stata anche colpa loro. Se si fossero uniti al Signore
Oscuro sarebbero vivi. Non l'hanno fatto... peggio per loro" sibila.
Legge gli occhi canini di Sirius, e capisce che è meglio
fare in fretta.
Scostandosi lancia un nuovo urlo “E ti dispiace, vero, che il
piccolo Potter non abbia raggiunto mamma e papà? Gli hai
venduto perfino un infante!”
Si allungano sul paesaggio le ombre notturne, che rendono ancora
più trasfigurata l’espressione dell’uomo
alto. Fa paura, perchè nessuno capisce
ciò che lo anima. Non ha solo perso il
controllo... è fuori di sè, non si rende conto di
niente, e sente solo le mani prudergli.
E’ la rabbia, quella che gli riveste la gola e gli infiamma
il cuore. Una necessità fisica di porre fine a quello
scempio della verità, di eliminare chi mente senza pudore.
Senza che voglia sente che ci sono delle lacrime che vorrebbero uscire;
mai avrebbe immaginato di uccidere uno dei Malandrini, uno di
quelli del gruppo che è stato la sua famiglia per
anni.
Peter nel frattempo recita fino in fondo la parte dell’eroe,
piazzandosi con le tozze gambe davanti a lui e osservandolo con
disprezzo, anche se l’odio che lui simula non
eguaglierà mai quello vero che Black emana come
un’aura.
“Traditore, Sirius Black! Sei solo un traditore!”
“Non osare!”
Digrignando i denti, il folle tira fuori fulmineamente da una tasca un
bastoncino di legno, e lo punta addosso al fragile uomo dinanzi a lui.
Tutti tirano un illuso sospiro di sollievo; che mai può fare
un ramoscello di male?
Ecco qual è il problema di essere Babbani in un mondo dove
esistono i maghi: non saper distinguere fra innocuo e letale.
“Muori, bastardo!”
Per tutti è il pazzo ad agire. La strada esplode. Non si
sentono neanche le urla, non si capisce più dove sia il
cielo e dove la terra; tutto crolla e vola nello stesso istante.
Alla fine restano in piedi solo loro due, che si guardano per un attimo
nella polvere sottile che copre come un velo mortuario ciò
che resta della normalità Babbana, cioè poche
briciole. Black non ci può credere, sembra impossibile,
è impossibile. Quello che è davanti a lui non
è Peter. Il ragazzo che conosce lui non avrebbe fatto
saltare in aria nemmeno una mosca, figuriamoci della gente...
Peter, Peter! Che ne è del timido Peter? Dove è
finito Codaliscia?
Quello che Sirius vede non è lui. Ci vuole sperare con tutto
sè stesso.
Se qualcuno avesse visto quell’attimo, avrebbe notato
l’ometto trionfante. La notte lo protegge, può
andarsene ora, e se non lo fa è solo per vedere ancora un
secondo in più il viso addolorato di Sirius.
Non avrebbe mai detto di essere capace di arrivare a tanto... si
è sentito onnipotente per qualche minuto, e ora invece la
paura quasi lo riprende.
Ha condannato un suo amico a morte certa, ha ucciso, ha mentito...
Ma ha vinto... è incredibile.
Compie un ultimo gesto, deciso per una volta a fare le cose come un
maestro. Si taglia un mignolo sotto lo sguardo allibito di Sirius, che
ormai è talmente trasognato da non capire più
nulla, e lo getta nel cratere. Di nuovo sangue, questa volta appena un
filo rosso che colora la mano forte e rozza del traditore.
“Addio, Sirius. Salutami Azkaban”.
Lancia un’ultima occhiata al suo vecchio amico, e sparisce
diventando topo.
Sirius non ha le forze necessarie per capire quello che sta per
succedere, resta semplicemente fermo in mezzo alla strada. E’
tutto un gioco di assurdi, non è vero.
“Peter! Peter! Vieni fuori a giocare! E’ uno
scherzo, vero?” e ride.
Le forze Magiche arrivano tropo tardi. Sangue ovunque, tutto dipinto di
violento colore rosso cupo, che non lascia respirare. Sangue...
talmente tanto da non riuscire a vedere altro.
E in mezzo a quello spettacolo orribile, una risata che ha la potenza
di un pugno, una risata che stona in maniera indecente con quello che
gli uomini del Ministero hanno davanti.
Sirius Black, in piedi di fronte alla sera e alla morte, ride.
Di fronte al cratere che spacca la strada, di fronte ad un mignolo e
qualche pezza di stoffa, tutto ciò che Minus ha lasciato di
sè stesso.
E se vista da fuori questa scena ha un senso macabro,
dall’interno è anche peggio. Perchè lui
sa cosa lo aspetta, sa cosa vogliono venti uomini armati del Ministero
arrivati al momento sbagliato. E ride per non piangere di sè
stesso, della sua stupidità. Perchè, per la prima
volta in vita sua, Minus ha vinto contro qualcuno, e Sirius si
considerava un Signor Qualcuno fino alla sera prima. Ora è
cenere smossa dall’orrore di quello che ha fatto.
L’ha visto, Peter, infilarsi nella sua forma più
simile alla realtà (non quella umana, quella da ratto) in
una fogna.
Se lo immagina soddisfatto.
E lo odia, con un buco nero dove prima c’era
l’affetto che ha sempre provato per lui.
Sente la rabbia aggrapparsi alla sua anima, mordere ogni angolo del suo
cuore facendolo sanguinare.
Non prova neanche a combattere, si fa trascinare, trascinare , proprio
lui, e spalanca la bocca in un ultimo latrato, un ululato di vendetta
inesauribile.
“E’ stato terribile, vero?” chiede con
gentilezza un uomo alto e magro al suo collega.
Quest’ultimo annuisce buttando giù del
caffè forte, per cercare di scrollarsi addosso
l’orrore. “E lui rideva... ma come faceva...
come... è un pazzo...”
Nel silenzio che segue gli occhi dell’alto signore
immaginano, senza volerlo, la scena. Riesce a vedere solo sangue...
stringe i pugni in tasca per reprimere un brivido, e qualcosa geme.
Anzi, più che gemere squittisce.
Squittisce?
“Aaaaah! Un topo! Ho un topo nella giacca!”
“Ah, ecco dov’era finito... l’abbiamo
trovato proprio lì, in strada, incredibilmente vivo. Ti
pensi? Un topo domestico, di quelli che si tengono in casa. Dodici
morti, e questo roditore invece...” lo squadra incredulo.
“L’abbiamo portato via perchè ci faceva
tenerezza, ma nessuno lo può tenere, in realtà.
Non è che... bè, che potresti pensarci tu? Voglio
dire, so che i tuoi bambini amano gli animali.”
“Ho anche una moglie che odia i ratti, se è per
questo.”
Ma prima che riesca a trovare altri motivi per cui quel coso dovrebbe
starsene al Ministero e non a casa sua, il topolino gli si piazza sul
palmo della mano e lo guarda implorante.
“Gli stai già simpatico.”
L’uomo guarda ancora incerto l’animale, senza
sapere di tenere in mano un altro uomo. Pensa solo che suo figlio
è bravo a scuola, e lui non può mai permettersi
uno straccio di regalo con cui fargli capire che lo apprezza. E che un
animaletto magari farà ridere di più sua moglie,
sempre così accigliata per i figli. “E va
bene” capitola, dopo aver tentennato un poco.
“avete vinto.”
ll suo collega sorride. Vedere quell’uomo così
gentile dopo tanta angoscia gli fa bene. “Io vado, Albert. Ci
vediamo domani!” il signore, con il topo che gli zampetta su
una spalla, esce dall’ufficio con la sua buffa camminata.
Arthur Weasley torna a casa, immaginandosi già la faccia
stupita e felice del figlio.
Arthur Weasley non sa di aver appena accolto un traditore in casa
propria.
E Peter Minus, finalmente, si sente al sicuro.
***
Ehilà! Salve
a te che sei arrivato qui in fondo senza annoiarti troppo.
Benvenuto e complimenti per il fegato! So che questa ff sembra cinica
come poche, e difatti non ne quasi mai scritte così...
è nata dalla prima frase, non sapevo bene quale fosse l'idea
quando l'ho cominciata. Poteva essere una romantica, o un giallo... e
invece mi sono accorta di volere scrivere di questo missing moment dopo
la morte di Lily e James.
Ho sempre odiato Minus, ma non si può non ammirare come sia
riuscito a sopravvivere alla furia di Sirius, dopotutto. Secondo me non
avrebbe mai potuto premeditarlo, non avrebbe avuto il
coraggio necessario (qualcuno mi spiega che ci faceva a
Grifondoro, per favore?).
E così...
Se volete criticarmi, fatelo pure. Anzi, vi invito a farlo
perchè spesso le critiche sono divertenti, e veritiere. E
servono. Ma anche i commenti positivi sono benvenuti, ovviamente!! ^^
Buonanotte a tutti
Lucy Light
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