“Sto
cominciando a preoccuparmi…”
Morgan
guardò l’orologio l’ennesima volta. Erano quasi le undici e Reid ancora non era
arrivato. Lo avevano chiamato a casa e al cellulare, non aveva risposto
nessuno.
Non
era da lui tardare tanto e non avvertire.
“E
se fosse successo qualcosa a sua madre?” buttò là JJ, d’un tratto “Magari è
alla clinica!”
Effettivamente
era un’ipotesi sensata! Come aveva fatto a non pensarci? Morgan afferrò il
telefono.
“Bene,
allora me ne accerto…”
“Non
sei troppo apprensivo?” commentò Emily
“Con
il mestiere che facciamo, direi di no” fece lui, di rimando, componendo
rapidamente il numero.
In
quel mentre Hotch fece il suo ingresso nell’ufficio.
“Si…ho
capito…si, si…certo. No, non sono un familiare, sono un collega. Se doveste
vederlo, fategli sapere che l’ho cercato. Sì. Morgan. Agente Derek Morgan…”
“Beh,
che succede?”
Aron
guardò uno ad uno i suoi colleghi: l’atmosfera insolita che c’era quel mattino
si sentiva al tatto.
“Reid
non si è presentato” spiegò, prontamente, JJ “e non riusciamo a contattarlo”
Hotch
si massaggiò il mento, e diede anch’egli uno sguardo all’orologio.
“Reid
non fa mai tardi” sentenziò.
“REID!
REID sei lì?”
Due
colpi vigorosi sulla porta. Il campanello aveva suonato più volte invano.
Era
mezzogiorno passato e non avevano avuto nessuna notizia dal loro collega. Alla
fine, Morgan aveva avuto da Hotch il permesso di andare a casa sua a
controllare.
Reid
viveva solo: l’idea di un malessere, o di un incidente domestico non erano
completamente da scartare. All’ennesimo richiamo caduto nel vuoto, l’agente
decise di ricorrere a mezzi meno ortodossi: scassinò la serratura ed aprì.
“Reid!?”
La
casa era assolutamente silenziosa. A quell’ora del giorno nel palazzo non
doveva esserci nessuno.
Avanzò
nell’ingresso: tutto era in ordine, le serrande semi abbassate per la notte, la
tavola apparecchiata per una sola persona, piatti e posate ancora puliti, la
sedia al suo posto. Reid non doveva essere rientrato per cena.
“Reid?”
lo chiamò di nuovo, mentre sentiva salire nel petto una stana ansia “…Spencer?”
Procedette
nella camera.
Vuota.
Il
letto in ordine. Le pantofole a terra e il pigiama ripiegato sul cuscino.
“Ma
dove diavolo sei andato, ragazzo?”
Morgan
accese la luce.
E
fu allora che vide la scritta.
Rossa
come il sangue, a grandi caratteri, sul vetro.
“TROVAMI,
JASON”
Jason Gideon fece
il suo ingresso nel quartier generale del B.A.U. Il suo arrivo fu notato da
diversi colleghi che sporsero le teste al di sopra dei separè delle loro scrivanie
per osservare il più noto profiler che Quantico avesse mai avuto fare il suo
ritorno.
Senza guardarsi intorno Gideon attraversò il lungo atrio fino alla sala comune,
dove gettò un fascicolo di carta proprio sulla scrivania dove erano stati già
disposti alcuni ingrandimenti fotografici del luogo del rapimento.
“Prendiamo questo bastardo!” fu tutto ciò che disse, cominciando ad aggirarsi
per la stanza come un leone in gabbia.
Il resto della squadra si guardò l’un l’altro. Non un ciao, non un come state,
niente. Solo Gideon.
“Il soggetto…” cominciò Morgan, il primo a riprendersi del gruppo.
“So già tutto…” lo interruppe subito Gideon. “Vi ricordate di lui vero?”
domandò senza preamboli.
“Dev’essere un caso molto vecchio, forse ho qui l’incarta…”cominciò Garcia
frugando in uno scatolone.
“Certo” fece prontamente Hotch “Joel Bird, mi ricordo di lui. Tu Gideon avevi
collaborato alle indagini vero? Dopo ogni rapimento tracciava col sangue delle
vittime una scritta sul muro: trovatemi. Le teneva in vita solo per un certo
lasso di tempo, dopodichè…”
“Io non ne so nulla” lo interruppe Prentiss.
“Ovvio, non c’eri ancora” le rispose Morgan “prima che riuscissero a beccarlo,
all’epoca questa squadra non esisteva: aveva già fatto fuori sette persone!”.
“L’ottava sono riusciti a salvarla, ma quando gli agenti sono arrivati sul
posto l’S.I. non c’era e da allora non se n’è più saputo nulla. Fino ad oggi”
ricapitolò Jj.
“Giusto, ma perché Reid?” chiese Morgan rivolto a nessuno in particolare.
“Potrebbe averlo preso, perché era il più facile da colpire” buttò lì Prentiss.
Gideon scosse la testa “non credo. Se avesse voluto avrebbe potuto colpire
ciascuno di voi. Anche me. Non eravamo noi a interessargli… Gli interessava
Reid…per un motivo ben preciso”.
“E quale?”domandò Morgan dopo un po’ “E soprattutto, perché si è indirizzato
esplicitamente a te? Dovrebbe saperlo che non fai più parte della squadra da
tempo. La stampa ne ha parlato”.
La stampa ne
aveva parlato, era vero. Non molto, di fatto, ma abbastanza da non passare inosservato
a qualcuno che…che stesse seguendo le sue mosse. Un serial killer che non aveva
più colpito, che si era senza ragioni fermato. Dopo essere stato trovato. Dopo
che lui lo aveva trovato.
“L’ha preso per me!” esclamò Gideon ad un tratto, con la fronte appoggiata alla
finestra “sono stato io, anni fa, a fermare i suoi omicidi. L’ha preso per me!”
***
[NOTA: QUESTA FANFICTION È OPERA DI GLENDA & REM]