Dead Souls

di Kristye Weasley
(/viewuser.php?uid=172414)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Il sonno aveva appena cominciato a lambire le parti più coscenti del mio cervello quando sentii un fruscio che, senza motivo apparente, mi fece svegliare di soprassalto. Ritornare lucida mi permise di ricordare dov’ero e cosa fosse appena successo. Mi trovavo a letto, con il viso appoggiato al petto di Floyd, che mi teneva un braccio intorno alla vita con una presa ferrea, perentoria, quasi prepotente. Era una delle sue caratteristiche, quella forza che mi aveva subito imprigionata. Un’altra sua peculiarità: fare sempre centro. E anche con me era stato così, come quella sera. Lui mi si avvicinava, mi prendeva, e faceva centro. Sempre.
Sentii di nuovo quel fruscio che provocò un lungo brivido sulla mia pelle nuda, e cercai di alzarmi per vedere cosa stava succedendo, ma quel movimento fece svegliare l’uomo che avevo accanto, che mi bloccò con forza per un polso.
< Dove stai andando? > mi chiese Deadshot senza nemmeno aprire gli occhi.
< Sorpresa, sorpresa! >.
La frase era la stessa, quella che tante volte avevo sentito pronunciare, era il tono ad essere diverso. Cupo, rabbioso, terrificante. Non ebbi nemmeno il tempo di vederlo arrivare, e lui era già di fianco a Floyd, che sentendo la voce riuscì solo ad alzare le palpebre, trovandosi davanti il suo sorriso che si allargava, e le lunghe cicatrici che ne accompagnavano il movimento. Deadshot provò a raggiungere una delle sue armi accanto al letto, ma il coltello del Joker fu più veloce, tagliandogli la gola da parte a parte.
< Volevi una morte spettacolare? Ti ho accontentato… Ecco come si uccide il miglior cecchino al mondo! > sentenziò il clown con un ghigno sarcastico sulle labbra < Salutami il fratellino quando lo vedi >.
Non riuscii a trattenere un gemito di disperazione vedendo la ferita che continuava a zampillare sangue, andando ad impregnare le lenzuola bianche. Si era voltato verso di me mentre moriva, con uno sguardo d’accusa, di chi dava la colpa a me per quello che era successo.
< Ciao Cupcake >.
< Mister J, io… >.
< Chiudi quella bocca > m’intimò con tono brusco, prima di avvicinarsi a me con passo tranquillo, pulendo il coltello nella giacca viola. Mi porse la mano coperta dal guanto bianco, e io decisi di prenderla, troppo spaventata per poter anche solo pensare di contestare.
< Sei stupenda > disse guardandomi dal basso in alto, osservando quel corpo che per anni era stato una sua proprietà. La sua voce era gelida, ma gli occhi non mentivano: avevano la luce di chi ricorda momenti ormai cancellati dal tempo. Ricordi del nostro passato, che la morte aveva interrotto. Una morte fasulla, evidentemente, ma che stava per punire solo uno dei due. Mise una mano dietro la mia nuca tirandomi a sé, in un gesto che non aveva mai fatto in precedenza. E con il cadavere del mio amante alle mie spalle, dopo anni passati dall’ultima volta che ci eravamo toccati, seppi cosa dovevo fare. Strinsi il mio corpo al suo, tornai sua come ero sempre stata, come non avevo mai smesso di essere, lasciai che disponesse di me come meglio credeva. E lo fece.
Sentii la lama fredda perforarmi il ventre, e lasciai che fosse lui a tenermi in piedi, mentre cercavo di portare più ossigeno possibile ai miei polmoni. Mister J insisteva con forza, premeva la lama all’interno come se da questo dipendesse la sua stessa vita.
< Mi dispiace, bambolina… Ma non mi hai lasciato altra scelta > sussurrò al mio orecchio, mentre sentivo quasi la sua mano seguire la lama all’interno. Mi spinse sul letto soddisfatto, cercando di esprimere tutto il disgusto che provava per me con quel gesto. Avevo ucciso anche io in precedenza, e sapevo che, con una ferita del genere, ci sarebbero voluti almeno dieci minuti prima di chiudere gli occhi per sempre. Si sedette al mio fianco, prendendo la mano che avevo posto sul mio addome per attenuare il dolore dell’emorragia, e la strinse tra le tue.
< Mi hai costretto a farlo >.
Era vero. Lo sapevo. Il mio Folle Amore non poteva essere sostituito, ero stata ingenua a pensarlo. Ed ora, il mio Folle Amore, trovava la giusta conclusione. Il mio angelo era diventato il mio fottuto incubo, l’ultima immagine prima di chiudere gli occhi. Per Sempre.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2096777