Consumarsi

di Niggas
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Al terrazzo, al pacchetto chiuso nella scrivania e ai genitori quando dormono.
E poi forse a qualcun altro.


E io neanche fumavo, capito?
Mi viene da ridere – amaro – ma di fumare, giuro, non ce n’era bisogno.
Perché, insomma, quella che si consuma sono sempre stata io.
Nessun tipo di carta, anidride carbonica, catrame o sapore.
Io e basta.
I miei capelli, le mie mani, i miei occhi, le gambe, le labbra le ginocchia i gomiti le ossa.
E basta.
Invece stamattina sto consumando lacrime e anche un accendino, se sempre per lo stesso motivo non lo so neanche.
Sto arrivando ad annoiarmi pure di quello, che invece è sempre stato stimolante.
Ci penso ogni tanto: certa gente in fondo prova appagamento nel disperarsi.
Ma solo dopo che è successo.. Io per esempio, adesso, di bello trovo soltanto il sole, che non riesce neanche a bruciarmi la faccia perché sembra più debole di me.
Cazzo quante nuvole, quanto male, quanto fumo, quanta confusione.
I piedi sono troppo vicini ai vasi delle piante, i capelli che penzolano giù dal fondo della ringhiera e la cenere per terra.
Si sta bene sdraiati in questa terrazza. Si sta male all’improvviso in questo corpo. Si sta male o bene ad occhi chiusi? Si sta bene soli. Soli a consumarsi.
Vero?
Consumarsi come questa sigaretta che per l’amor del cielo scommetto che anche tu ne hai fumata una proprio ieri.
Quando chissà dov’eri e chissà cosa dicevi.
E io cosa dico cosa faccio e cosa sono?
Sono polvere, carne o cenere? Dio, chi lo sa.
Non so neanche quando e come gli uccelli invece che cantare hanno cominciato a zittirsi e quando e come mi sono risvegliata con la faccia salata.
Da quanto non piangevo? Da quanto non piangi?
Vorrei fumarne un’altra ma porto via l’accendino e porto via il mio corpo pesto di calci che mi sono tirata da sola.
Come sempre. Come ogni volta.
Come tutto.



 


perdonatemi, è un periodo che so scrivere solo cose così
Niggas




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