Ha solo cinque anni e piange

di fri rapace
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Inchiodata alla propria scrivania da più di cinque ore, Selma era sufficientemente esasperata dall'ottusità di chi vi si fermava davanti da provare il forte impulso di strappar via il cartello con la scritta 'informazioni' affisso su di essa. Le pareva l'unica soluzione possibile per arrestare il flusso di pazienti e parenti che continuava, inarrestabile, fin dal mattino.
“Avanti il prossimo,” biascicò, soffocando uno sbadiglio.
Fu un mago piuttosto giovane a farsi avanti: era pallido e aveva occhi acquosi e arrossati, registrò svogliatamente.
“Mi dica,” lo esortò, sbrigativa. Molto probabilmente l'uomo aveva appena smesso di piangere ma, qualunque fosse l'origine del suo male, per sua fortuna le era impossibile scorgerlo ad una valutazione sommaria.
Di mostruosità, quella mattina, ne aveva già vedute a sufficienza.
“Ho bisogno di qualcosa per calmare il dolore,” si confidò l'uomo, a voce molto bassa.
“Questo è il banco informazioni. Per farsi visitare, deve accomodarsi in accettazione,” lo istruì acida, indicando il salone stipato di vecchie sedie di legno, con i Guaritori che passavano da un paziente all'altro, scarabocchiando sui loro block-notes.
“No, non è per me,” le bisbigliò lui, guardandosi furtivamente attorno. Solo dopo una lunga ed intensa occhiata di Selma si decise ad aggiungere con voce rotta, quasi singhiozzante: “è per mio figlio... lui... lui ha solo cinque anni e piange... ”
“Non posso aiutarla. Deve condurre il paziente in ospedale, verrà subito visitato da un Guaritore,” recitò, come da prassi. “Non siamo autorizzati a dare pozioni curative basandoci sulle diagnosi di genitori incompetenti e spaventati.”
“Non posso,” dichiarò il mago, lapidario.
“Non sono stata sufficientemente chiara? Niente paziente, nessuna cura,” ripeté Selma irritata, facendo segno all'uomo dietro di lui di passare avanti.
“La supplico!” non si arrese il giovane, aggrappandosi con le mani al bordo della scrivania. “Non... non ce la faccio, non posso tornare a casa a mani vuote!”
Selma sbuffò, mentre l'altro paziente protestava vivacemente:
“Ehi, è il mio turno! Questa dannata fede nuziale mi sta staccando un dito!”
L'uomo combatté ancora per qualche istante, implorandola con i grandi occhi addolorati, ma Selma era assuefatta alle sofferenze degli estranei e si limitò a scandire un nuovo, secco:
“Il prossimo!”
Mentre indirizzava nel reparto di competenza l'uomo con l'anello maledetto, Selma rifletté sul rifiuto del mago che l'aveva preceduto di accompagnare il figlio malato al San Mungo e, forte dell'esperienza di vent'anni di lavoro, indovinò il motivo del suo comportamento.
Seppur stanca, svolse comunque il suo dovere e avvertì con un gufo il Ministero della Magia: il padre di un pericoloso lupo mannaro latitante aveva appena abbandonato l'edificio.
Lyall Lupin, solo qualche settimana prima, avrebbe agito nella stessa, identica maniera.






Ho scritto questa storia di getto, dopo aver sentito di sfuggita una notizia al telegiornale. Sto scrivendo per un Contest una storia su Lyall e Hope Lupin e ho pensato subito alla loro situazione... perché alla fine, ciò che addolora di più leggendo biografie come quella di Remus, è che sono una metafora della realtà.
Ps-votate anche voi per far aggiungere Lyall e Hope ai personaggi selezionabili su EFP :-)




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