Cadeau
Cadeaux
Tre
gocce.
Non
una di più, non una di meno.
Tre
e tre soltanto, con attenzione, con la mano ferma...
Una.
Due.
Tre.
Basta.
Sakura
sorrise, richiudendo la boccetta che mandava un aroma tenue, e guardò
soddisfatta la propria opera.
Sì,
era bella.
Era
perfetta.
Quasi.
Con
cura ed attenzione estreme, sollevò lo spruzzatore, puntò...
...E
qualcuno entrò senza bussare.
«Ah!»
gridò lei, trasalendo.
«Ma
ti sembra il caso?» replicò una voce seccata
dall’ingresso.
«Sasuke!»
sbottò lei, una mano sul cuore agitato. «Un minimo di
preavviso!»
Lui
sbuffò, e con aria annoiata si avvicinò al tavolo su
cui lei stava lavorando.
«Tieni,
ho preso quello che hai chiesto» commentò posando sul
ripiano una busta di plastica. Per farcela stare dovette scostare le
ampolline, le polverine, i libri, le pergamene e i foglietti che
cospargevano l’intera superficie, diversamente illuminati dai raggi
del sole pomeridiano. Sbuffò. «Ma che diavolo ti è
saltato in mente di farlo qui?»
«A
casa facevano un sacco di domande...» mormorò lei
arrossendo. «E il laboratorio è l’unico posto in cui
possa muovermi bene»
Sasuke
scrutò critico il lavoro che le stava davanti.
«Troppo
poca» decretò alla fine, secco.
Sulla
fronte di Sakura si gonfiò una vena. «Grazie per
l’incoraggiamento e i complimenti, no, dico davvero» mugugnò
risentita. «Secondo me è perfetta così»
«Come
vuoi» Sasuke si strinse nelle spalle, girando sui tacchi.
«Allora ci vediamo stasera?»
«Sì.
E’ tutto pronto, vero?»
«Se
Rock Lee non ha combinato qualche pasticcio...»
«Speriamo
che Tenten e Neji lo abbiano tenuto d’occhio»
«Mah...
Allora ci vediamo. Buon lavoro. E aumenta le dosi, è un
consiglio»
L’Uchiha
aprì la porta, e, mentre usciva dal laboratorio, Sakura
arrossì di nuovo.
«E’
perfetta così!» ripeté risentita.
Ma
lui era già scomparso.
Lei
sbuffò, incrociando le braccia sul petto.
Accidenti
a Sasuke.
Gettò
un’occhiata al tavolo, sconsolata. Ecco, lo sapeva. Avrebbe
ricominciato da capo.
Prima
di rimboccarsi le maniche borbottando, si maledisse mille volte;
perché anche ora che era tornato e che le cose erano cambiate,
non riusciva ad essere indifferente al suo giudizio.
Naruto
si passò una mano sul collo teso, premendo leggermente contro
i muscoli contratti.
Gemette
piano, nel buio dell’ingresso, ed esitò con un piede sul
primo gradino.
Missioni
in solitaria. Massacranti.
Con
estrema fatica fece forza sui quadricipiti e salì, lentamente,
aggrappandosi esausto al corrimano. Non appena avesse messo da parte
qualche soldo, si sarebbe trovato un appartamento al piano terra,
decise.
Dopo
un’agonia lunga ere geologiche – almeno nella sua testa –
raggiunse il suo piano, e dovette frugare nel marsupio alla ricerca
delle chiavi.
Era
buio sul pianerottolo, il sole era calato da un paio d’ore; ma non
aveva la forza di premere l’interruttore. Sinceramente, tutto
quello che voleva era teletrasportarsi fino al bagno e infilarsi
sotto la doccia.
Quanto
tempo aveva passato fuori? Due, tre giorni? Che giorno era quello?
Non
ricordava, era troppo stordito per farlo. Finalmente le sue dita si
strinsero attorno al metallo freddo delle chiavi, e le tirò
fuori con un sospiro di sollievo. Cercare la serratura nel buio fu
un’impresa, ma biascicando insulti e muovendosi tentoni, alla fine
riuscì a centrare il buco e a far girare la chiave. Aprì,
ringraziando il cielo di essere tornato a casa, e questa volta accese
la luce.
Il
suo appartamento era silenzioso come sempre, illuminato dalla luce
fredda della lampadina. Gettò una rapida occhiata al tavolo,
alla libreria, alla foto del team sette sulla mensola, e si sfilò
i sandali aiutandosi con i piedi.
Doccia,
gli ordinava la sua testa.
Sbadigliò,
pensando con dolore al suo stomaco che reclamava cibo. Non aveva la
forza per prepararsi niente, nemmeno per scaldare una confezione di
ramen...
...Beh,
forse per quello sì.
Ma
prima la doccia.
Stancamente
richiuse la porta, senza preoccuparsi di far scattare la serratura, e
si trascinò a piedi nudi fino al bagno. Con un sospiro di
sollievo, entrò.
Un
quarto d’ora dopo, con un asciugamano legato attorno alla vita e la
pelle corroborata dal getto dell’acqua, si scompigliava i capelli
davanti allo specchio appannato.
Sì,
adesso il mondo sembrava un posto migliore. Forse avrebbe anche
potuto farsi un ramen, e poi andare a dormire... Sorrise al suo
riflesso, più per abitudine che per altro, e diede un’occhiata
al ciondolo che penzolava sul suo torace, sopra un livido violaceo.
Chissà
quando se l’era fatto.
Poco
importava.
Ramen
era la parola d’ordine ora.
Aprì
la porta del bagno, accolto da uno spiffero d’aria gelida, e sentì
i peli sulle braccia sollevarsi per il freddo. Rabbrividì,
avanzando a saltelli, e solo quando ormai era arrivato alla sedia si
accorse che sul tavolo c’era qualcosa.
Una
scatola arancione, assolutamente anonima.
“Ma
c’era anche prima?” si chiese perplesso, fissandola. Tese le mani
e la sollevò, scuotendola leggermente. Sembrava pesante.
Con
malcelata curiosità cercò con le dita il bordo del
coperchio, e lo sollevò piano.
All’interno
c’era una torta. Con su un gigantesco ‘17’ di glassa. Panna e
cioccolato, a occhio e croce.
«Hn?»
fece, senza capire.
E
in quel momento, letteralmente dal nulla, fecero la loro comparsa
quasi una ventina di ninja, in una gigantesca nube di fumo.
«Buon
compleanno!» esclamarono in coro, orgogliosi della riuscita del
piano, orgogliosi della sorpresa, orgogliosi dell’idea perfetta.
Il
fumo si dissolse lentamente nell’aria, tra i colpetti di tosse di
Naruto che aveva fatto un salto alto un metro, e, quando fu
scomparso, fu chiaro a tutti che il brusco movimento del festeggiato
aveva reso quanto mai precaria la situazione dell’asciugamano
avvolto attorno alla sua vita.
Hinata
lanciò un gridolino strozzato, e si coprì gli occhi con
le mani. Ino, Sakura e Tenten si affrettarono a guardare altrove, ma
Tsunade, donna di mondo, si limitò a inarcare un sopracciglio.
«Ehi,
che...?» fece Naruto completamente spiazzato.
«Prima
di sorprenderti, tieniti stretto l’asciugamano e infilati qualcosa,
idiota» lo apostrofò Sasuke, leggermente disgustato.
«Eh?»
Naruto
abbassò lo sguardo su di sé. E con un grido inumano si
lanciò verso il bagno, scatola compresa.
In
sé la festa non si rivelò un disastro, anzi.
Tsunade
ghignando batté una pacca sulla spalla di Naruto, vantandosi
di aver trovato la missione perfetta perché tornasse
esattamente il dieci ottobre, e Konohamaru insisté per
aggiudicarsi il merito dell’invasione della casa, attuata dando per
scontato che la porta sarebbe rimasta aperta – grande azzardo. Ma
avevano già pronto un piano di riserva, nel caso. Iruka e
Kakashi, i più normali della compagnia, gli fecero i loro
auguri senza dare in escandescenze come gli altri, e Jiraya, con
orgoglio, gli piazzò in mano un pacco-regalo da venti chili
che aveva la paurosa apparenza di una pila di libri. E Naruto temeva
di sapere quali.
«E’
il momento?» chiese Rock Lee, mentre Tenten gli portava via un
bicchierino di saké che non avrebbe mai dovuto toccare.
«Il
momento di che?» ribatté Kiba, succhiandosi le dita
sporche di panna.
«Dei
regali» spiegò Shikamaru, con un mezzo sospiro.
«Ah,
quello» fece Kiba illuminandosi. «Il nostro sarà
sicuramente il migliore!»
«Non
contarci!» scattò Rock Lee, infervorato. «Noi
abbiamo avuto l’idea geniale!»
Tutti
e due avevano comprato lo stesso set di pantofole-berretto-cuscino a
forma di rospo che un abile venditore aveva spacciato per copia unica
neanche due giorni prima, nella piazza dell’Hokage.
Quando
Naruto ebbe aperto entrambi i pacchi, si sentirono piuttosto stupidi.
«N-Naruto,
mi dispiace tanto...» balbettò Hinata mortificata.
«Dai,
non fa niente» ghignò lui, il sonno scomparso già
da diversi minuti. «In fondo un paio in più fa sempre
bene»
“Mai
più fidarsi dei venditori ambulanti” annotò
mentalmente Neji, fermo in un angolo.
Poi
fu la volta dei pacchetti del team Asuma, di Konohamaru, Tsunade, e
infine Kakashi, Sakura, Sasuke e Sai.
«E
poi ci sarebbe anche la torta» aggiunse Sakura, mentre Naruto
prendeva dalle sue mani il regalo piccolo e all’apparenza
insignificante. «Che ho fatto io oggi pomeriggio. Due volte,
visto che secondo Sasuke era troppo piccola»
«Piccola?
Ma se ne abbiamo avanzata quasi un quarto»
«Appunto»
Sakura fulminò l’Uchiha con lo sguardo, e lui la ignorò
con ammirevole nonchalance.
«Comunque
grazie» sorrise Naruto, e Sakura ricambiò, quasi
intenerita.
Era
bello vederlo felice, scoprì.
Poi,
notò un brillio nel suo sguardo. E prima che potesse reagire,
sentì le sue labbra premere contro la guancia. Calde.
«Ehi,
ehi, ehi! Questo non vale!» fischiò Kiba sollevando il
bicchiere, mentre Hinata rischiava il collasso alle sue spalle.
«Zitto
tu! Tutta invidia!» Naruto gli rivolse un gesto osceno, che
venne prontamente ricambiato, e poi si ricordò di proteggersi
la testa con le braccia. «Argh! No, Sakura! Era uno scherzo, lo
giuro!» gridò, chiudendo gli occhi.
Ma
lei non aveva nemmeno alzato il braccio.
Rossa
in viso, incrociò le braccia sul petto e si limitò a
fulminarlo con lo sguardo. «Solo perché è il tuo
compleanno» bofonchiò tra i denti.
Sasuke
inarcò un sopracciglio, scoccandole un’occhiata veloce,
mentre Naruto ringraziava pubblicamente il cielo. La vide che
guardava il festeggiato di sottecchi, andando a prendere un bicchiere
di aranciata, e poi scambiò uno sguardo con il maestro
Kakashi.
Ah,
ecco, comprese all’improvviso.
Ora
si spiegava perché dal suo ritorno Sakura non gli avesse più
detto che lo amava.
«Va
bene, basta così!» esclamò Kakashi all’apertura
del regalo di Konohamaru – una sciarpa inquietantemente simile a
quella che lui portava sempre. «Naruto è stanco, tutti a
casa!»
«Cosa?»
protestarono gli altri, Rock Lee in prima fila. «Ma siamo qui
da neanche mezzora! E non abbiamo ancora visto il regalo del team
sette!»
«Non
morirete per questo» commentò il jonin. «La festa
è stata bella, ok, ma Naruto arriva da una missione pesante.
Ha sonno»
«Verament...»
tentò di correggerlo Naruto, e fu zittito con un’occhiata
terribilmente neutra.
«Sì?
Volevi dire qualcosa?»
«Ehm...
un po’ stanco lo sono, in effetti»
«Domani
potrete riprendere la festa, se sarete ancora dell’umore adatto»
intervenne Tsunade. «Ma ora Kakashi ha ragione, dovete lasciar
riposare Naruto»
Borbottando,
i ragazzi iniziarono a posare i loro bicchieri.
«Forse
ha bisogno di una mano per sistemare...» ipotizzò
Hinata, mentre Kiba la spingeva verso la porta.
«Lascia
perdere» borbottò l’Inuzuka, offeso. «Che chieda
al suo jonin, visto che è stato tanto gentile da sbatterci
fuori tutti...»
«C’è
forse qualche problema?»
Kiba
raggelò, sentendo la terribile presenza di Kakashi sulla sua
spalla.
«No,
no, certo che no!» gridò stridulo, aumentando il passo.
E quasi si lanciò giù per le scale, con Hinata e Shino
al seguito.
Nel
giro di cinque minuti, dopo i convenevoli di rito, erano rimasti
soltanto Sasuke, Kakashi e Sakura – Sai se l’era prontamente
svignata nella confusione.
Si
guardarono attorno, e videro i bicchieri ovunque, la carta dei
regali, i piattini e i resti di torta. Sakura si piazzò le
mani sui fianchi, con un sospiro.
«Che
casino...» commentò scuotendo la testa. «Prima di
andarcene ti diamo una mano a sistemare almeno un po’, va bene?»
«Oh,
ragazzi, mi sono appena ricordato di un impegno urgentissimo...»
se ne uscì Kakashi a quel punto.
«E
io devo allenarmi» aggiunse Sasuke, rabbrividendo alla
prospettiva di restare solo con quei due, ora che sapeva quello che
sapeva.
«A
quest’ora?» chiese Naruto accigliato. «Tutti e due
impegnati?»
«Devo
allenarlo» si giustificò Kakashi accennando all’Uchiha.
«Ah»
fece il biondo, perplesso. «A
quest’ora?»
ripeté poi, incredulo.
«Grazie
per l’ottima festa» glissò il jonin con tono
discorsivo. «A domani, Naruto. Sakura, tu resta e dagli una
mano»
«Cos...?»
tentò di ribattere lei, ma in meno di un istante sia lui che
Sasuke erano scomparsi in uno sbuffo di fumo.
Silenzio.
Naruto
e Sakura sbatterono le palpebre, spiazzati.
All’improvviso
fu come se l’aria si fosse fatta molto più fredda. O più
calda, non riuscivano a capirlo bene.
«Ehm...
senti, se non ti va puoi anche tornare a casa» borbottò
Naruto dopo un attimo, la baldanza di sempre scomparsa come neve al
sole. «Ci penso io domani»
«Ma
no, ti aiuto» mormorò lei arrossendo, inspiegabilmente
agitata. «Mi spiace lasciarti a fare tutto da solo»
«Sicura?»
«Sì
sì, non ti preoccupare»
E
da quel momento e per i successivi cinque minuti, nell’appartamento
non volò una mosca. Si udì soltanto il fruscio dei
piatti e dei bicchieri che venivano raccolti, e il rumore
impercettibile dei loro passi.
“Sakura,
non essere idiota” si ordinò Sakura, riempiendo un sacchetto
della spazzatura. “Che hai da innervosirti?”
All’improvviso
captò un fruscio, troppo vicino, e sussultando si accorse che
Naruto era alle sue spalle. Riuscì a percepire la sua presenza
come se gli fosse stato davanti, come se il suo corpo avesse emanato
calore quanto una stufa.
«Sì?»
scattò, voltandosi bruscamente.
Naruto
sbatté le palpebre, con il piatto della torta in mano.
«Ah,
mi chiedevo... di questa che ne facciamo?» domandò. «E’
un peccato buttarla via» sorrise, chinandosi impercettibilmente
verso di lei. «Soprattutto dopo che ho saputo che l’hai fatta
con tanto impegno. Due volte»
Sakura
si sentì arrossire, corrucciata.
«Non
ci ho messo tutto quest’impegno» bofonchiò nervosa.
«Che
dici? Facciamo a metà e la finiamo?» propose Naruto, con
lo sguardo di un bambino che ha appena trovato un nuovo gioco.
Sakura
rifletté sulla situazione del suo stomaco. Pieno. Ma c’era
ancora un angolino, a ben vedere, e l’altra Sakura gli diceva che
quella torta era la migliore che avesse mai fatto, soprattutto dopo
quella maledetta spruzzata di vaniglia che le era costata tanta
attenzione.
Sbuffò,
mandando al diavolo la linea. «E va bene» si lasciò
sfuggire, con un sorriso sghembo. «Tira fuori le forchette»
Naruto
ghignò felice, raggiungendo il tavolo alla ricerca delle
forchette di plastica. Frugò tra la carta dei regali, tra i
fazzolettini, i bicchieri, le bibite, tutte le cose che Sasuke aveva
comprato quel pomeriggio. E alla fine scoprì che la confezione
delle forchette era desolatamente vuota.
«Oho»
commentò, sventolandola davanti a Sakura. «Beh...
mangeremo con le mani» propose poi, entusiasta.
Sakura
ebbe un flash di sé stessa che imboccava Naruto con due dita.
Ebbe
quasi un capogiro per l’improvviso afflusso di sangue alla testa, e
si maledisse mille volte per la sua stupidità.
“Passi
che la cotta per Sasuke è sfumata... ma non iniziamo con le
cazzate” si raccomandò, raggiungendo il tavolo con il
batticuore.
«In
fondo non è così molle» commentò Naruto,
piegandosi sul tavolo e studiando i resti di ciò che era
rimasto. Tese una mano, ne staccò con cautela un pezzo. Lo
assaggiò. «Mh. E’ più buona, così»
commentò ridacchiando.
Sakura
si trovò a fissare la sua bocca che succhiava le dita,
sentendosi discretamente stupida. E quando si accorse di quello che
stava facendo, si affrettò a convogliare ogni attenzione sulla
torta, i gomiti appoggiati al tavolo.
Naruto
la guardò, mentre esitante tendeva una mano e staccava un
altro pezzo di dolce, portandoselo alle labbra. Dovette deglutire un
paio di volte quando la vide sporcarsi di panna e ripulirsi con la
lingua, ma nel complesso fu felice che le forchette si fossero
prematuramente estinte.
«Allora?»
chiese, con voce involontariamente roca.
«Avevi
ragione» mormorò lei, evitando di guardarlo. «E’
più buona così, anche se non capisco perché»
Naruto
rise, tendendo di nuovo la mano. «Devi sempre trovare
spiegazioni scientifiche per tutto, eh?» commentò
procurandosi un pezzo al cioccolato. Le lanciò uno sguardo
divertito, e invece di avvicinarselo, lo tese verso di lei.
«Scommettiamo che così è ancora più
buono?» chiese, arrossendo leggermente.
Sakura
avvampò. «No, non credo proprio» scattò
allontanando la sua mano.
«Uffa»
si lamentò lui, mettendolo in bocca deluso.
L’aria
si era raffreddata improvvisamente.
«...Scusa»
bofonchiò lei, scostando una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. «Ti ho fatto male?»
«Per
quella pacchetta?» ribatté lui rassicurante. «Ma
va’. Io sono il grande Naruto Uzumaki, non scherziamo»
Sakura
si lasciò scappare un sorriso, sentendo la tensione che si
allentava. Tornò a protendersi verso la torta, puntando
all’ultimo pezzo; ma un attimo prima che lo raggiungesse Naruto
glielo portò via, ghignando.
«Ehi!»
protestò lei.
«Lo
vuoi?» ghignò lui. «Fai ‘ahm’»
«Ancora?»
arrossì Sakura.
«Senza
scommesse questa volta»
«Scordatelo»
«Lo
vuoi, vero?»
“Dalle
tue mani, sì” si trovò a pensare lei, scioccando
anche sé stessa.
«No»
disse quasi ringhiando, e Naruto, deluso, lo rimise giù.
«Uffa,
tieni» borbottò mogio.
«...Grazie»
mormorò Sakura, prendendolo e mangiandolo in fretta, senza
quasi gustarlo.
Quella
sera c’era qualcosa di troppo strano nell’atmosfera, qualcosa che
la metteva a disagio.
Naruto
ripulì con il dito anche le ultime tracce di torta, e poi si
leccò i polpastrelli, immusonito.
«Dai,
finiamo in fretta, che me ne torno a casa» disse Sakura
allontanandosi dal tavolo.
Raccolsero
la carta dei regali e gli ultimi resti della torta, buttando tutto
nei sacchi, e a quel punto Naruto si ritrovò con un
appartamento di nuovo vivibile.
«Bene,
abbiamo fatto tutto» commentò Sakura spolverandosi le
mani.
Silenzio.
Esitazione
da entrambe le parti.
«Allora...
vuoi andare?» cincischiò lui, legando con il quarto nodo
il sacco della spazzatura.
Lei
giocherellò con il bordo della gonna, eccezionalmente
indossata per l’occasione.
«...Quel
livido» se ne uscì alla fine, vaga. «Sotto la
clavicola. L’ho visto prima, quando eri mezzo nudo. Vuoi mica
che...?»
«Sì!»
la interruppe lui precipitosamente. «Cioè, sì,
per favore» si corresse dopo un attimo.
Lei
sorrise, arrossendo leggermente. «Ok, allora...» gli fece
un cenno impacciato, e Naruto si sfilò la maglietta, facendole
mancare un battito.
“Stupida,
stupida Sakura!” gridò dentro di sé. “Ma sei
veramente un’idiota! In cosa ti stai andando a impegolare?”
All’incirca
all’altezza del ciondolo del primo Hokage, sulla pelle di Naruto
spiccava un livido violaceo, abbastanza grande da essere visibile a
una prima occhiata. Sakura si avvicinò, spiacevolmente
agitata, e impastò una leggera quantità di chakra nella
mano.
Naruto
trattenne il fiato, sentendo i polpastrelli tiepidi posarsi sul
torace, e per un attimo temette che lei sentisse il battito
accelerato del suo cuore. Poi, la sensazione piacevole del chakra si
sostituì a quella del contatto, e il livido scomparve
rapidamente.
«Ecco
fatto» mormorò Sakura a voce bassa, senza alzare lo
sguardo. Allontanò la mano.
«Grazie»
ribatté lui deglutendo a vuoto.
«Allora
io vado» lei si schiarì la voce, facendo un passo
indietro.
Naruto
sentì una stretta d’ansia allo stomaco.
Non
doveva lasciarla andare.
Non
sapeva perché, ma non doveva.
«Aspetta»
la fermò, fermandola per un braccio.
Incontrò
i suoi occhi, verdi e spalancati, ed ebbe un flash di loro due
avvinghiati sul divano – un flash molto piacevole, a ben vedere.
Sbatté le palpebre, cancellando la visione, e aprì e
richiuse la bocca un paio di volte.
«Il...
Il regalo» balbettò alla fine. «Non ho ancora
aperto il vostro regalo»
«Oh.
E’ vero» ribatté lei nervosamente, mentre lui la
lasciava andare. «Dai, fallo ora»
Naruto
tornò al tavolo, e prese il pacchettino che era rimasto
accanto alle bottiglie delle bibite. Senza parlare lo scartò,
e si trovò davanti a una serie di ticket fatti a mano. Corrugò
la fronte, senza capire.
Sakura
sorrise della sua confusione e gli si avvicinò.
«Allora,
quelli rosa sono miei» spiegò, vagamente divertita.
«Buono
per un ramen» lesse Naruto a voce alta. «Buono per un
allenamento, buono per una (e
una sola!)
passeggiata insieme...» si lasciò sfuggire un sorriso.
«Davvero?» chiese, piegando la testa verso di lei.
Sakura
arrossì leggermente, incapace di farsi indietro. Il respiro di
Naruto sulla sua tempia era più caldo del previsto.
«Vai
avanti» lo incitò. «Quelli neri sono di Sasuke»
Naruto
si staccò a malincuore dall’aroma fruttato dei suoi capelli,
e tornò a sfogliare il blocchetto. «Neri. Ti pareva»
commentò con un sorrisino. «Un buono per un allenamento,
un buono per un pareggio... Ehi, io lo sconfiggo anche da solo! Tu
pensa questo... Un buono per un allenamento... un altro, un altro
ancora... continuano così fino alla fine?»
«Sì,
direi di sì. Finché non arrivi a quelli del maestro
Kakashi, i bianchi»
«Vediamo
un po’... un buono per un ramen. Un buono per una scampagnata di
gruppo (in cui il festeggiato porta gli zaini)... E dovrebbe essere
un regalo?»
Sakura
ridacchiò, posando involontariamente la testa contro il suo
braccio nudo. Naruto dovette lottare contro l’istinto di gettare
via quei ticket e baciarla seduta stante.
«Un
buono per un allenamento... un buono per un libro della Pomiciata...
E chi lo vuole questo?»
Sakura
rise di nuovo, e ancora gli sfiorò il braccio. Naruto iniziò
a considerare l’ipotesi di farla ridere molto, e molto a lungo.
«Un
buono per sapere il punto debole di Sasuke... Questo potrebbe essere
utile» continuò. «Un buono per... Wow! Per sapere
cosa c’è sotto la sua maschera!»
«Davvero?»
chiese Sakura sorpresa, sporgendosi per leggere meglio. «Non lo
sapevo! Nessuno di noi ha fatto vedere agli altri cosa ci scriveva!
Ah, voglio sapere anch’io com’è la sua faccia!»
rise.
«E
allora verrai con me quando sfrutterò la mia opportunità»
propose Naruto. «Ma a una condizione»
«Cioè?»
fece lei alzando lo sguardo.
I
suoi occhi le ghiacciarono il sorriso sulle labbra.
«Sai,
stavo ripensando al regalo che ti ho fatto io per il compleanno»
mormorò lui, facendo evaporare l’atmosfera giocosa di poco
prima. «Quel libro che mi avevi chiesto... ricordi?»
Lei
deglutì. Quanto c’era tra i loro nasi? Tre? Quattro
centimetri?
«Ora
che è passato un po’ di tempo mi sembra misero, ecco. Sapevi
già cosa sarebbe stato, non è stato una sorpresa; e voi
mi avete fatto questo regalo, e io vorrei mettermi in pari...»
«Questo
cosa c’entra con la maschera di Kakashi?» sussurrò
Sakura a fior di labbra.
«Niente,
ma vorrei sfruttare il mio blocchetto sentendomi a posto con la
coscienza. La condizione che ti pongo è solo di mettermi in
pari con il tuo regalo»
«E...
come?»
Naruto
non sorrise. Tese una mano indietro e posò i ticket sul
tavolo, liberandosene. Poi, delicatamente, fece scivolare la mani
sulle braccia nude di lei.
Sakura
non riuscì ad aprire bocca mentre la sospingeva verso il
divano, senza smettere di fissarla, come se avesse voluto mangiarla.
Come aveva guardato la torta quando avevano tagliato la prima fetta.
Il
cuscino urtò contro le sue gambe, le sue ginocchia si
piegarono, e cadde seduta, con Naruto a nascondere la luce della
lampadina. Ma non rimase a sovrastarla a lungo, perché si
chinò e si inginocchiò accanto alle sue gambe, senza
staccare le mani o gli occhi da lei.
Sakura
smise di ascoltare la voce nella sua testa che le gridava: “brava,
genio! E ora?”,
e si accorse soltanto di aver la gola secca e le labbra screpolate.
Oddio,
perché le venivano in mente le labbra?
Naruto
si protese verso di lei, lentamente, fino a sfiorarle la spalla con
il mento.
Il
suo respiro caldo le lambì il collo e il lobo dell’orecchio,
facendola fremere.
«Dimmi
se vuoi che mi fermi» le sussurrò, roco e incerto, e lei
d’istinto chiuse gli occhi, si trovò a tendere il collo.
“Fermarlo?”
si chiese stordita, sentendolo accarezzarle la linea della mandibola
con le labbra.
Oh,
fermarlo non era decisamente tra i suoi piani.
Chiuse
le mani a pugno, contro la stoffa dei cuscini, e si trovò a
inclinare la testa verso di lui, verso la sua bocca.
Quando
era successo?
Quando aveva iniziato a desiderarlo?
Naruto
esitò, passando il pollice lungo la pelle del suo braccio, e
sfiorò il naso con il suo.
«Non...
non so se...» mormorò, respirando sul suo respiro,
chiedendosi se per caso non avesse bevuto troppa aranciata, o se non
gli fosse finito in mano il sakè di Tsunade.
«Non
lo so neanch’io» sussurrò lei in risposta,
socchiudendo le palpebre.
E
poi, liberò un braccio dalla stretta di lui e posò la
mano sulla sua guancia, accarezzandolo appena con i polpastrelli
tremanti.
Quel
centimetro scarso tra le loro labbra era un tormento. Ma nessuno dei
due osava azzerarlo.
«Il
tuo regalo in effetti era un po’ misero» commentò
Sakura incerta.
«Se
proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo, anche il tuo»
replicò lui, facendo scivolare una mano dal braccio al
ginocchio. «Quel ticket per una e una sola passeggiata,
insomma...»
Sakura
si lasciò sfuggire un sorriso. «Se criticare il mio
regalo è il tuo modo per prendermi un bacio, sappi che basta
chiedere gentilmente»
«Allora
posso baciarti?» domandò Naruto, con il respiro
leggermente affannato.
Lei
arrossì. «No» rispose con un filo di voce.
«No?»
fece lui, colto alla sprovvista.
E
Sakura gli chiuse la bocca sulla ‘o’ finale, protendendosi verso
di lui.
Durò
solo un istante, e poi si fece indietro, viso e labbra in fiamme.
«Prima
dovevamo metterci in pari con il mio regalo» si giustificò.
Naruto
rise piano, posando la fronte contro la sua. «Aspetta, fammi
capire: io ti ho fatto un regalo misero e tu mi baci?»
Sakura
si accigliò, imbarazzata.
Non
poteva certo dirgli che il ‘no’ le era scappato
involontariamente, e che poi aveva cercato di rimediare. Non poteva
allegramente confessargli che moriva dalla voglia di baciarlo da
quando l’aveva fatta sedere su quel divano, ma che l’ultimo
brandello di lei che ancora ragionava voleva tirarsi indietro.
Insomma, era un ragionamento psicotico persino per chi l’aveva
formulato.
«Comunque,
ora si parla del mio regalo» borbottò cambiando
argomento. «Se vuoi modifico il ticket della passeggiata»
«Ma
no» sussurrò lui, baciandole un angolo delle labbra, ora
molto più audace. «Quello lascialo così com’è.
Sistemiamola in un altro modo»
«Ah,
davvero?» fece Sakura, sentendolo accarezzarle una gamba, fino
al bordo della gonna. Addio neuroni funzionanti.
«Sono
un ragazzo che si sa accontentare» sorrise lui, cercando di
nuovo la sua bocca.
E
questa volta non si accontentò delle labbra, ma approfondì
il bacio, istintivamente, perché gli ormoni glielo ordinavano.
Neanche
dieci secondi dopo Sakura dovette allontanarlo, a corto di fiato.
«A-Aspetta»
lo fermò, con un capogiro. «Mi sento... mi sento strana»
balbettò, una mano sulla fronte.
Naruto
sorrise, accaldato quanto lei, e si spostò con le labbra al
collo. «E ora? Come ti senti?» indagò inumidendole
la pelle sotto l’orecchio.
«Confusa»
sussurrò Sakura, inclinando il capo e chiudendo gli occhi.
«E
ora?» continuò, disegnando un’invisibile linea di baci
fino all’incrocio con la spalla.
«Sento
caldo»
«E
ora?» la sua mano scivolò sotto il bordo della gonna.
«Sento...
ah...»
Per
le strade di Konoha, Kakashi e Sasuke camminavano sotto la luce dei
lampioni, in silenzio.
Senza
che nessuno dei due lo dicesse apertamente, entrambi si chiedevano se
Naruto e Sakura avessero smesso di lanciarsi segnali invisibili che
tutti coglievano – tranne loro – e fossero passati finalmente
all’azione.
All’improvviso,
sotto un lampione, Sasuke si fermò.
«Oh
accidenti» commentò accigliandosi.
«Che
c’è?» chiese Kakashi.
L’Uchiha
alzò uno sguardo turbato. «Credo di aver dimenticato il
portafoglio da Naruto»
Silenzio.
«E
vuoi andare a recuperarlo adesso?» domandò Kakashi
tranquillamente.
Sasuke
ci rifletté per qualche attimo.
«No»
sbuffò alla fine, riprendendo a camminare. «Direi di no»
Fine
Ancora mi chiedo perché il titolo sia in francese, ma pazienza (nota: cadeaux significa "regali")...
Ad ogni modo, auguri Maura (conosciuta sul sito come izayoi007)!
Aveva chiesto NaruSaku con Sasuke
tollerabile, e ci ho provato! Ci sono riuscita? L'emokid è
troppo improbabile? Chissà!
A voi l'ardua sentenza!
E ancora auguri!
Susanna
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