Party and Bullshit
Era un sabato di
fine estate quando Lou si era lasciato convincere dal suo zio
produttore Jonny
(il cui vero nome era Giovannino) a partecipare a una festa della sua
casa
discografica.
“Ci saranno
altri emergenti?” chiese Lou a suo zio preoccupato mentre abbinava la
giacca
alla t-shirt.
“Oh, io amo gli
emergenti!” fu la sua risposta, data con quell’accento forte che a
Jonny
riempiva la bocca e a chiunque altro le orecchie.
Il ragazzo
rimuginò un po’ la risposta e non poté non pensare che quello fosse un
tipico
atteggiamento da sborone, per dirla come lo avrebbe detto la sua
sorellastra in
Italia. Simona era parmense e da Lou ad Hollywood ci era andata solo
molto
raramente. In ogni caso, non era certo il momento di mettersi a pensare
ai parenti
lontani, visto che, per quanto ne sapeva, questa per lui era una ‘festa
al
buio.’
“C’mon Loueeeh!
Diventa tardi!” Un’altra cosa che a Lou non andava giù di suo zio,
insieme
all’accento, era il modo in cui pronunciava il suo nome, lo trovava
agghiacciante.
Si allacciò le Vans bianche e salì con suo zio sulla limo, e, come
inizio, a
Lou non dispiaceva per niente.
Quando giunsero
alla sede della SiCo Lou si rese conto che Jonny, il suo zio preferito,
era il
socio in affari di Simon Cowell e a quel punto doveva assolutamente
farsi
notare.
Rachael queste
feste le odiava, era costretta a parteciparvi da quando aveva 13 anni e
in
famiglia avevano capito che aveva un certo talento per il canto. Del
resto
avevano capito solo quello, perché ancora non gli era entrato in testa
che
quello non era il suo mondo. Era un mondo di ragazze tinte e con
quintali di
fard, che lei avrebbe volentieri portato al programma di RealTime*.
Feste a cui
non andavi per divertirti, ma per mostrarti, e allora che senso aveva?
Per l’ennesima
volta si costrinse in un abito firmato, infilò dei tacchi vertiginosi e
salì in
macchina, sarebbe stata una lunga serata, non poteva che esserne certa.
Davanti a quella
scintillante porta a vetri a Lou si era seccata la bocca. C’era gente,
là fuori,
che quella porta la vedeva più spesso di quanto lui vedesse sua nonna.
E Lou
andava da sua nonna tutte le settimane. Sognava di poter essere uno di
quelli,
acclamato su un palco, con degli album in classifica… Persino l’idea di
Cowell
che gli urlava dietro gli piaceva, se poteva indicare fama. E non era
neanche
detto che Simon gli avrebbe urlato contro, nel suo immaginario Simon
aveva un
carattere come quello di Gordon Ramsey, ma anche lo chef a volte era…
civile.
Jonny gli fece un cenno dicendogli, ancora una volta, di darsi una
mossa.
Quando fu abbastanza vicino lo guardò da sopra gli occhiali da sole e
gli
intimò di non azzardarsi a dire niente sul suo nome, lui era solo lo
zio Jonny.
Lou annuì e si separò dallo zio con un sorriso iniziando a girare per
la
stanza. Non sapeva ancora di aver firmato la sua condanna a morte.
Parecchi si
girarono a osservare quella ragazza stretta in un tubino bianco, ma
quasi
nessuno la salutò. La sua fama la precedeva, aveva cucita addosso
l’immagine
della sclerata nevrotica che risponde sempre male, e quindi la
evitavano. Non
che a lei dispiacesse, anzi. Quando guardò i divanetti di pelle si rese
conto
che quella serata sarebbe andata sempre peggio, non ce n’era uno
libero, ed
erano in pochi ad avere uno sguardo abbastanza gentile da invitarla a
sedersi.
Si diresse spedita verso l’unico occupato da un solo ragazzo e quando
la vide
avvicinarsi lui le fece cenno di sedersi. In silenzio, perché lei
poteva
distruggere una carriera anche solo parlando. Sarebbero davvero rimasti
tutta
la sera a fissarsi? Si chiese Rachael disperata. La risposta arrivò
presto. Il
ragazzo alzò una mano e…
“Louis” disse.
Solo quello, semplice, lineare, nessun primo posto, nessun album in
incisione,
solo Louis.
“Rachael”
rispose lei abbozzando un sorriso. Sapeva che avrebbero dovuto parlare
di
carriera prima o poi e sapeva anche che, a quel punto, lei avrebbe
voluto
tagliarsi le vene, ne era certa. Lou prese la parola di nuovo.
“Come mai sei
qui?” I pezzi cominciarono ad andare a posto nella mente di Rachael,
lui era
nuovo nell’ambiente, non la conosceva, non aveva la più pallida idea di
chi
fosse. Poteva anche essere quasi del tutto sincera con lui allora.
“Accompagno un
parente.” Lui annuì convinto.
“Anch’io…” Lo
sguardo della ragazza cadde sulle scarpe di Lou. Vans. Bianche. Lei
avrebbe
pagato oro per potersele mettere in quell’occasione, ma non si sarebbe
mai
aspettata di vederle addosso a qualcuno sul serio a una di quelle
feste. Fece
un sorriso ironico.
“Vans a questa
festa? Fai sul serio?” Lui sembrò genuinamente stupito e, ad un tratto,
la sua
frase le sembrò cattiva ed assolutamente inopportuna.
“Sì, le uso
sempre, dici che sono poco adatte all’ambiente?” Lei annuì e basta,
maledicendosi mentalmente per il suo essere così pronta a giudicare.
“Mi piacerebbe
poterle mettere io.” Aggiunse lei semplicemente. E non sapeva come, né
quando,
ma fu certa che lui avesse capito.
Fu trascinata
via dal divanetto quando fu il momento del ‘karaoke fra amici’. Per
quanto Lou
avrebbe voluto partecipare e mostrare le sue abilità canore, ancora non
se la
sentiva, era troppo presto. Ascoltò, però, e si rese conto che lì
dentro erano
tutti bravi da far paura, anche Rachael.
Il mattino dopo,
mentre sgomberava la mente da quella festa, gli arrivò un messaggio che
riportò
alla mente tutto e anche molto bene. Diceva solo:
‘Party and
bullshit.
-Rachael.’
Lou era
piuttosto certo di non averle lasciato il suo numero, ma non gli
dispiacque
sapere che, evidentemente, aveva chiesto a Jonny. Non era certo di
condividere
la sua idea, però. In fin dei conti a lui quella festa era piaciuta.
Certo,
aveva poco della festa, e più dell’esposizione dei talenti, ma non era
male.
Rispose in modo
molto vago e portò la conversazione su argomenti più neutri, sapendo
che
sarebbe stato meglio.
Si stupì quando,
due settimane dopo, Jonny lo invitò di nuovo, dicendogli che non poteva
assolutamente mancare. Fu tutto esattamente come la volta prima, ma
parlò di
meno con Rachael, che sembrava tesa come una corda di violino
nonostante si
fossero sentiti praticamente ogni giorno con gli SMS e partecipò al
karaoke,
che tutto sommato, andò abbastanza bene. Alla quarta festa a cui andava
cominciò a capire cosa intendeva Rachael. Tutta l‘amicizia che i pezzi
grossi
ostentavano fra di loro era solo falsità camuffata, Jonny ormai lo
obbligava a
venire e farsi notare da Cowell era impossibile. Fu a quel punto che
iniziò a
chiedersi perché. Perché Rachael disprezzava quel mondo? Perché non
riusciva a
socializzare molto con gli altri?
Here I Am!!!!
Dunque... questo mio schifo è la prima parte di una
storia in tre capitoli, il banner l'ho fatto io, se ve ne servono,
mandatemi un messaggio, fatemi sapere cosa ne pensate di questo
inizio... Scappo!
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