1 CAPITOLO
~ A stolen childhood ~
Natsuma
reta kodomo jidai.
Crack, ciaf, crack, ciaf.
Le
foglie secche si spezzano con facilità irrisoria, calpestate
dai suoi anfibi consumati. Il suo battito cardiaco, perennemente
irregolare, costituisce l'unico suono avvertibile. Corre, fugge
tempestivamente.
Il sole, morto dietro i dolci pendii, lascia il posto ad una luna
spenta, cui fioca luce penetra attraverso le chiome della
boscaglia.
Tum,
tum, tum, tum.
Il respiro apparentemente incrollabile, si arrende, affannoso. Le gambe
seguono il suo esempio, cedendo ed abbandonandola.
Quattro figuri precipitano dai rami, impercettibilmente veloci. Uno
presenta una cicatrice antiestetica, infetta. Egli si comporta da
leader, ghignando malizioso. Il secondo é un armadio, la
benda sull'occhio gli conferisce un'aspetto ancor più
temibile. I restanti sono due nani dall'aspetto trasandato: i capelli
lunghi e la puzza che emanano convalidano l'ipotesi.
Quello
che pare essere il capo si avvicina alla quindicenne deperita e
fragile: la salopette scolorita slacciata le ricade sulle cosce,
scoperte per via dei vertiginosi pantaloncini.
«Ma
guarda che bel bocconcino..».
Perverso,
disegna con le mani il seno della giovane. La canotta attillata e
strappata accentua le forme della ragazza, per quanto semplice. Banali
occhi nocciola e consueta chioma del medesimo colore, raccolta in una
coda alta.
L'uomo, avanzando pericolosamente, continua a provocarla, fino a farle
avvertire il suo alitare sul collo esile.
La
mora avverte una violenta pressione sul seno, schiacciato e strizzato
senza pietà. Non si lascia sfuggire né una
smorfia di dolore né un grido di paura. Geme, fingendosi
impotente.
L'uomo comincia a leccarle il collo, lapparle la pelle chiara.
Può percepire l'odore di sudore mescolato ad alcool
proveniente dalla giacca di pelle del maniaco.
Le risate dei compari, vengono interrotte dalla voce del capo il quale
sta penetrando con le dita all'interno dell'inesistente short della
quindicenne, palpando le sue natiche sode.
«Ragazzi, perché non venite a divertirvi pure
voi?».
La restante parte della gang non si lascerebbe sfuggire una simile
occasione per nulla al mondo. Avidi, cominciano a prendere e a
strappare tutto il possibile dall'inerme vittima. Quest'ultima avverte
le labbra del capo sfiorare le sue ma non accenna a ribellarsi. Solo
dopo aver notato lo spilungone calarsi i calzoni e cominciare a
sfilarle la salopette, comprendendo le sue intenzioni, si irrigidisce.
Con sguardo ammaliante, soffia sul volto del suo primo aggressore,
ancora intento a limonare. Egli, interdetto, si distrae
eccitato.
«Mi
spiace, mi stavo divertendo anche io
a giocare con voi.» ghigna, sputando in faccia
al leader.
Prima
che il bendato potesse finire di spogliarla, gli rifila un pestone nel
bassoventre nudo. Lo spilungone cade a terra, gemendo per il
dolore.
«Ma
cosa?!».
Gli altri due uomini, l'afferrano per la vita ma, abilmente, la giovane
balza verso il cielo, colpendo questi con l'ausilio delle gambe.
Afferra un ramo con un arpione, oggetto di cui é dotato lo
strano affare che porta sull'avambraccio. Dondolando serena come una
bambina, atterra sul ragazzo dalla cicatrice, sfigurandolo in volto con
gli anfibi chiodati. Alita nuovamente sul suo volto, sorridendo con
malizia. Pesta i genitali, senza compassione. Si macchia di sangue, non
curante dell'opinione della gente, della sua gente. Lo spilungone si
rialza, tentando invano di colpirla alle spalle. Senza voltarsi, spara
un colpo grazie all'oggetto che ha sul polso, il medesimo dell'arpione.
L'aggressore precipita nuovamente al suolo, privo di vita.
«Tsk.
Morto. Quest'affare nuovo é calibrato male, volevo ferirlo e
non colpirlo alla testa.» constata, posando il capo sul petto
dell'uomo. Con consona noncuranza, mette le mani nelle tasche di
quest'ultimo, recuperando ciò che egli aveva
rubato.
«Mpf,
niente male. Quattro pokéballs, due lire e, cazzo, questo
é il mio Gear!» esclama, tirando un destro sul
corpo senza vita.
Si
alza in piedi, rivestendosi. Compone un numero sull'apparecchio,
scocciata ed insofferente.
«Pronto? Oh sei tu Rose!».
«Ti
ho detto mille volte di non chiamarmi così! Lance, passa
pure. Ho preso i quattro pedofili, sembra che abbiano i quattro mostri
che cercavi.»
Preme
il bottone rosso un po' stizzita, probabilmente per via del
Pokèmon che si trova davanti: un lupo azzurro e nero, dallo
sguardo cremisi, fissa incessantemente la giovane donna.
«Tsk.
Arrivi sempre tardi tu.» lo apostrofa lei, voltandosi verso
un'altra direzione.
L'esemplare di Riolu, presentante un foulard rosso al collo, saltella
tentando di attirare l'attenzione dell'amica, strappandole un sorriso.
Era da anni che non provava questa sensazione d'allegria, forse un po'
forzata. In fondo, come può una ragazza come lei essere
felice, dovendo affrontare codeste situazioni? Scuote la testa, questo
é il suo dovere. Un'infanzia rubata, di cui quel Riolu
é l'unica reliquia. Si volta verso di lui con le lacrime
agli occhi, stritolandolo in un abbraccio.
«Dimmi che é la cosa giusta, Lù. Dimmi
che sto facendo la cosa giusta!».
L'essere blu asciuga le guance tiepide della sua mentore
nonché compagna di giochi sin da quando era una bambina.
È divenuta adulta troppo in fretta, senza aver avuto il
tempo d'innamorarsi.
Nel frattempo, nascosto dietro ad una quercia secolare, un ragazzo
assiste alla scena, commosso. La sua chioma biondo cenere stride con la
carnagione pallida. Le iridi si tingono del colore delle foglie
autunnali, imperlate dai riflessi lacrimali. Si schiarisce la voce per
farsi notare, attirando l'attenzione della giovane che, ricomponendosi,
risponde portandosi due dita al capo e indicando i quattro
malcapitati.
Esaminando
la scena, il ragazzo dalla divisa elegante, commenta compiaciuto.
«Eccezionale
come sempre, Rose
Amethyst.» sentenzia poi, voltandosi verso
l'innata paladina della giustizia.
«Per te sono solo Amethyst.» risponde freddamente
lei, arrossendo visibilmente.
Il
biondo le si avvicina facendo scendere una mano lungo la sua schiena,
percorrendola e scatenando così l'ira del Pokèmon
Emanazione. Tuttavia, arrivato all'ultima vertebra lombare, viene
fermato dalla mora.
«Lance Daniel
Blaze, il nostro é un rapporto strettamente
professionale.» il suo tono quasi divertito fa sorridere
l'amico col quale ha condiviso l'inizio adolescenziale.
Poi é divenuto un ispettore della polizia internazionale e,
per non lasciare la ragazza di cui è sempre stato innamorato
in mezzo ai bulli, l'ha trasformata in un ranger senza scrupoli.
Purtroppo, egli é ignaro di ciò che Rose deve
subire. Amethyst non ha mai chiarito i sentimenti nei confronti del
giovane ispettore, di certo non le è indifferente.
Una
volta giunti i rinforzi, i due ragazzi salgono sul fuoristrada nero,
sul quale é arrivato Lance, sempre di gran effetto.
«Cosa
pensi di fare?» domanda Rose, riferendosi al biondo intento a
salire alla postazione di guida.
«Tornare
a Villestate?» risponde innocentemente.
La ragazza lo squadra attentamente.
«Guido io.» esclama fredda come sempre.
«Non
se ne pa..» il ragazzo non riesce a rispondere: viene spinto
sull'altro sedile, rigorosamente in finta pelle.
Deglutisce rumorosamente osservando la giovane agente inserire la
chiave, sorridente e macabra.
«Che il
cielo ci protegga!».
~
Arrivati
miracolosamente
a Villestate, i due scendono dalla macchina, accompagnati dal fedele
Luke della ranger inesperta.
«Potevi risparmiarmi qualche buca!» esclama Lance,
nauseato e stordito.
«Che vuoi Lance? Perché mi hai portato a
Villestate?».
«Il ragazzo non risponde, mostra semplicemente un abito color
panna alla giovane.
«Non mi chiederai di sposarti vero?» domanda
ironica lei.
«Ti piacerebbe Rò, entra in macchina e
cambiati!».
Velocemente la ragazza esegue gli ordini, osservando attentamente che
l'amico non sbirciasse dai vetri.
Esce trasformata: i capelli fluenti e il vestito le conferiscono
un'aria decisamente femminile, contrastante con l'imponente
fuoristrada. «S-stai b-benissimo!» esclama il
ragazzo, rosso in viso.
«Grazie Lance. Arriva al dunque.»
Il ragazzo si ricompone, mascherando l'imbarazzo.
«Ti ho vista crescere in fretta, mi sento in colpa. Pertanto,
mia carissima Rose, ti ho pagato un viaggio in incognito ad Almia, dove
studierai come una normale aspirante ranger!».
Se il ragazzo si aspettava un abbraccio o una qualsiasi genere di
ringraziamento, si sbagliava abbondantemente. La ragazza, a dir poco
adirata, avanza pericolosamente verso di lui, serrando i pugni.
«TU HAI FATTO
COSA?».
Il giovane ispettore fugge terrorizzato alla vista dell'amica con la
lama in mano. Facendosi furbo, si fa inseguire fino all'entrata del jet
privato, scansandosi all'ultima frazione di secondo ed intrappolando la
sventurata ragazza all'interno del velivolo. La guarda allontanarsi con
sguardo carico d'orgoglio e malinconia: il volto della ragazza
é appiccicato al vetro, appositamente creato per contenerla.
Quest'ultima grida, ignara del fatto che vi é un clandestino
a bordo.
«LANCE! QUESTA
ME LA PAGHI!».
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