Titolo del capitolo:
Ocean Prince.
Personaggi:
Makoto Tachibana / Haruka Nanase
Rating:
Giallo
Note dell'autore: One-shot
/ Slice of Life / Sentimentale
Disclaimer:
Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà del
mangaka; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.
.Ocean Prince.
« Hai ancora
paura dell'oceano, Makoto? » Fu costretto ad annuire,
incassando la testa nelle spalle con il suo solito modo noncurante,
più sereno di quanto ci si aspetti da qualcuno che vede ogni
mattina concretizzarsi la propria paura. « Ne sono
terrorizzato, Haru. »
Gli occhi blu dell'altro
si sporcarono di una domanda che non voleva scivolare via dalle labbra
che tenne socchiuse, ad aspirare l'odore di quell'oceano tanto vasto,
di quella sabbia sotto i loro corpi seduti. «
Perché potrei perdere qualcuno di molto più
importante di un vecchio pescatore. » Per un momento, Haruka
pensò che parlasse di lui.
La pioggia continuava a cadere nemmeno vi fosse qualcuno, sopra le loro
teste, con un innaffiatoio pronto a continuare a bagnarli
più di quanto già non fossero. L'acqua aveva reso
i capelli bagnati e pesanti sulle teste ed il silenzio era talmente
opprimente da poter essere tagliato con la lama di un coltello. Non vi
era praticamente alcuno spazio tra le spalle di Makoto ed Haruka, ma
seppur così vicini sembravano distanti anni luce. Makoto non
aveva aperto bocca dal momento in cui aveva ripreso i sensi, sdraiato
sulla spiaggia, ed Haruka non vedeva alcun motivo per cominciare una
conversazione- o almeno non lo avrebbe avuto se si fosse trattato di
qualcuno che non si fosse chiamato Makoto Tachibana e non avesse avuto
quello sguardo tanto triste, tanto smarrito e spaventato. Senza sapere
che, tra i due, probabilmente era Haruka quello più
terrorizzato. Un tremore diffuso che non aveva mai provato, la
consapevolezza che forse non era smettere di nuotare la sua paura
più grande. Se provava a chiudere gli occhi, poteva rivedere
il corpo di Makoto riverso sulla sabbia, il battito cardiaco flebile
come il miagolio di un gattino e il respiro rarefatto, così
vicino ad oltrepassare la soglia del non ritorno per colpa di
quell'oceano che tanta paura gli faceva, che- non aveva idea nemmeno di
che cosa pensare. Forse pensare risultava troppo difficoltoso, ma
ascoltare il rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia era
quasi peggio del superare la sua naturale reticenza al dialogo.
« ... Makoto. » Un sussurro, un nome smozzicato
appena il cui unico risultato è quello di lasciare che
Haruka si morda le labbra con violenza, ma ormai il più era
fatto. Makoto sollevò il capo dalla posizione nascosta in
cui lo aveva lasciato per puntare i suoi grandi, dolci e ancora scossi
occhi verdi sulla figura bagnata come un pulcino del suo compagno, del
suo amico, del suo tutto. « ... Haru? » Sarebbe
potuto bastare, avrebbero potuto finirla così,
perché a Makoto bastò un'occhiata più
approfondita alle linee di preoccupazione sulla fronte altrui, alla
radice del naso corrugata e all'ombra negli occhi blu per capire quanta
paura Haruka avesse provato.
Fu per questo che sorrise e lasciò cadere il proprio capo
sulla sua spalla, la propria mano nella sua mano cercando lo spazio tra
le dita, sfiorandolo, stringendolo. « Non vergognarti. Anche
io ho paura per lo stesso motivo. » La sua voce era calma,
come seta liquida che avvolse piano piano il corpo di Haruka insieme al
calore della presa, al suo fiato tiepido sulla pelle bagnata.
Perché doveva sempre essere così calmo,
perché doveva sempre saper leggere nel suo cuore come se
fosse un libro aperto? « Non capisci, saresti potuto morir-
» Una frase troppo lunga per Haruka ma non fu sé
stesso a fermare le labbra, bensì un tocco gentile quanto
una carezza, un premere incerto ma caldo, sicuro quasi quanto quella
presa che si intensificò appena. Pochi attimi lunghi come
una vita intera, persino l'oceano e la sua paura fu spazzato via da
quel momento delicato.
« E tu mi avresti riportato indietro. »
Makoto non avrebbe dovuto dirlo con quel tono, con il viso
così vicino, dopo averlo baciato in quel modo: fu talmente
naturale arrossire che il sorrisino del moro, pronto ora ad alzarsi per
magari cercare un posto riparato, venne cancellato da un altro,
impulsivo ed improvviso contatto con quelle labbra salate di mare e di
pioggia. In fondo, si sentiva ancora il respiro un po' corto.
.Fine.
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