The Bitter Suite
The Bitter
Suite: finale alternativo.
E se Xena
avesse davvero ucciso Gabrielle…?
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Desclaimer:
I personaggi presenti nella
storia si basano su quelli della serie televisiva di Xena: The Warrior
Princess, e sono di proprietà della
MCA/Universal
Renassiance Pictures,
del quale non intendo infrangere nessun copyright.
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Nota1:
Prima di lasciarvi alla
lettura di questo primo capitoli mi sembra doverosa una breve nota introduttiva.
Questa fan fiction nasce
dall’idea che Xena abbia realmente ucciso Gabrielle nell’episodio The Bitter
Suite (Xena e la ruota del fato, terza stagione), e non un’illusione
come ci veniva mostrato nel telefilm (grazie a Dio!).
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Inserisco un breve riassunto
dell’episodio in questione:
Solan, l’amato figlio di Xena
cresciuto dai centauri, viene ucciso da Hope, la figlia demoniaca di Gabrielle
che Xena credeva morta ad opera della sua stessa madre.
La guerriera accecata dal
dolore per la morte del figlio e per il tradimento di Gabrielle, vuole
vendicarsi e così si reca al villaggio amazzone dove il bardo ha trovato rifugio
(e dove viene schiacciata dai sensi di colpa per aver mentito a Xena), rapendola
e trascinandola alla sommità di un dirupo con l’intenzione di gettarla di sotto.
Ma Gabrielle riesce a trascinare con se anche Xena.
Le due donne si risvegliano
in un luogo stranissimo, dove si troveranno faccia a faccia con tutti i loro
demoni. Illusia…
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Nota2:
In questa storia si parlerà
esplicitamente di amore saffico tra le protagoniste, essendo io fermamente
convinta che Xena e Gabrielle siano una coppia nel senso più completo del
termine.
Se la cosa vi disturba non
proseguite con la lettura.
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Ringrazio il forum italiano
di Xena: Warrior Princess per
avermi dato questa ispirazione.
E Margherita che l’ha letta
in anteprima e mi ha aiutato a migliorarla! (grazie infinite!)
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Detto questo vi auguro
(spero^^) buona lettura!
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Cap.1
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Your villainous infamy
Tortures your soul.
Descent into evil
Must levy its toll.
The darkness that rots you
Has brought you to this.
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Si trovava
lì, in quel luogo indefinibile, ormai privo di ogni suono che non fosse il suo
respiro spezzato.
Sola.
No…
Osservava,
ancora incredula, la figura mollemente accasciata tra le sue braccia.
No…
Sembrava
quasi che dormisse, con i capelli biondi che le ricadevano, leggermente
scompigliati, sui tratti del viso disteso e rilassato… troppo rilassato.
Ma quella
fanciulla non stava dormendo…
I polmoni
non si sarebbero più riempiti della brezza leggera e umida dell’alba, e il cuore
non avrebbe più scandito con regolare ritmicità i battiti della sua esistenza.
Quegli occhi non si sarebbero più spalancati ad osservare il mondo con la loro
caratteristica limpidità e curiosità che li rendeva chiari come non mai, pura
essenza della sua anima allegra e spensierata, ma anche tormentata dagli incubi
di un destino ingiusto e traditore.
No…
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Le passò
l’indice sul volto, seguendo i lineamenti della guancia. Poteva ancora percepire
il calore di quella pelle, così morbida, così… giovane…
«Gabrielle… Che cosa ho fatto…» soffiò piano.
Dai suoi
occhi chiari una lacrima solitaria sgorgò, scendendo lenta ed andandosi ad
infrangere sul vestito verde della fanciulla, accanto ad una chiazza scura che
si era espansa a macchiare quell’abito all’altezza del ventre.
Verde,
verde come la speranza…
Altre
lacrime si unirono alla prima, fino a che il suo viso non ne fu inondato.
Non
riusciva a trattenere i singhiozzi, e non voleva nemmeno. Quelli erano la voce
del suo dolore, immenso, e delle sue colpe che si levavano alte, rimbombando su
quelle pareti.
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«L’hai
uccisa.»
Una voce
che non aveva nulla di umano sibilò quelle parole con un’impassibile naturalità.
Sollevò la
testa di scatto, e sussultò vedendo ergersi davanti e lei un lupo. La cosa che
più la colpì non fu che quell’animale, che le appariva maestoso come non mai, le
parlasse, ma il suo manto. Candido come la prima neve.
«Cosa…?»
«L’hai
uccisa.» ripeté con tono pacato. «L’hai uccisa e ora non ti rimane più nulla.»
«No. Io …
io … Gabrielle…» abbassò nuovamente il capo.
Non ce la
faceva, non ce l’avrebbe mai fatta.
«Hai
portato a termine la tua vendetta, Xena.»
«Chi sei?»
chiese con voce tremante.
L’animale
si prese un lungo momento per guardarla con i suoi profondi occhi neri.
«Questo
non ha importanza. Tu hai ucciso la persona più importante della tua vita, è
questo ciò che conta.»
«Mio
figlio è morto per colpa sua!» tuonò. «Se lo meritava.» concluse con voce più
bassa, mentre i suoi occhi fiammeggiavano ancora d’ira e di dolore.
«Si. Lui è
morto per colpa di sua figlia, e lei l’ha uccisa…»
Lei l’ha
uccisa. Ha ucciso sua figlia.
Perché
solo in quel momento si rendeva conto di questo?
Quanto gli
era costato quel gesto? Aveva barattato la sua anima per fare la cosa giusta.
Si, ma giusta per chi?
Sicuramente non per Gabrielle. No, per lei la morte non era mai giusta, non era
mai la soluzione.
Eppure lo
aveva fatto.
«Tutto
questo non è giusto.» mormorò, mentre i contorni di tutta quella storia
cominciavano a farsi netti, ora che la sua mente non era più ottenebrata dal
pensiero incessante della vendetta.
«Sei stata
tu a volerlo. Hai scelto tu il destino di entrambe rinnegando i tuoi sentimenti
per lei. Tu l’hai uccisa.»
Detto
questo il lupo iniziò a dissolversi lentamente.
«Aspetta!
Chi sei?» ma il suo grido non fu udito da quella strana creatura.
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Improvvisamente fu colpita da una brezza leggera.
«Ma come è
possibile?»
I suoi
occhi saettarono in ogni direzione cercando di capire come poteva trovarsi lì.
Era su
quell’altura, dove aveva trascinato Gabrielle prima di precipitare entrambe giù
e di ritrovarsi in quello strano posto.
Abbassò lo
sguardo e vide il suo viso martoriato da graffi e ferite aperte, così come tutto
il suo corpo, ora fasciato in una tunica bianca sporca di fango e sangue.
Doveva
fare qualcosa.
Non poteva
lasciare le cose così, non senza aver tentato il tutto per tutto.
Non
permetterò a questo destino di vincermi…
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Le passò
due dita sulle labbra e poi risalì per spostarle una ciocca mossa dal vento che
stava crescendo impetuoso.
«Gabrielle, mi dispiace tanto. Ma ti giuro che rimetterò le cose a posto.»
Si chinò e
le sfiorò le labbra. «Perdonami, amore mio. Perdonami.»
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«Xena!»
l’urlo di Ephiny si levò alto, mentre, seguita da un manipolo di guerriere, si
avvicinava alle due donne.
Xena
immaginava perfettamente la reazione delle amazzoni, in special modo quella di
Ephiny. Aveva sempre saputo dell’affetto che la legava a Gabrielle, ed era molto
più profondo di quello tra due amiche (sicuramente da parte di Ephiny) o del
semplice vincolo di fedeltà che l’amazzone aveva con la sua principessa.
L’intero
popolo amazzone avrebbe chiesto a gran voce giustizia per la morte della loro
principessa.
Eppure
Gabrielle non era mai stata loro, non era mai appartenuta pienamente al fiero
popolo di guerriere.
Lei era
sempre stata sua. E da sempre, da quella primissima volta in cui i loro sguardi
si sono incontrati.
Xena aveva
quella certezza anche in quel momento.
Anche ora
che le sue mani erano sporche del suo sangue. Dietro tutta la rabbia e l’odio
che aveva provato c’era sempre quel sentimento che l’aveva resa la persona che
era adesso, quell’amore non era diminuito neanche per un istante.
Ma aveva
rovinato tutto…
Quella
creatura aveva ragione. Aveva rinnegato il suo amore, e aveva perso la persona
più importante della sua vita.
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«Gabrielle!»
Con un
balzo l’amazzone scese da cavallo e si fiondò sul corpo dell’amica.
Istintivamente Xena la strinse di più.
«L’hai
uccisa!»
Ephiny non
riusciva a crederci. Non credeva che Xena sarebbe arrivata a tanto, anche se
conosceva bene la rabbia cieca della guerriera.
E lei
nonostante tutto non era riuscita a proteggerla.
«Xena,
come hai potuto?!» gli occhi marroni si riempirono di lacrime offuscandole la
vista.
«Gab… Ehi
Gabby… Coraggio svegliati! No. No!»
«Ephiny…»
Gli occhi
dell’amazzone fiammeggiarono. «No! Xena, non voglio sentire nemmeno una parola.»
Delicatamente prese il corpo della sua principessa e si sollevò.
Xena non
provò nemmeno a fermarla.
Tutto
l’odio che ora Ephiny le stava rivolgendo se lo era pienamente meritato.
Il resto
delle amazzoni la circondò con le spada sguainate, pronte a scattare ad ogni
minimo accenno di attacco da parte della principessa guerriera. Ma Xena non
avrebbe fatto nulla, non si sarebbe opposta.
«Dopo i
riti funebri - fece una piccola pausa per ingoiare il magone - penserò a quale
dovrà essere la tua sorte, Xena.»
La
guerriera annuì al tono solenne usato dall’amazzone.
Mi
dispiace Ephiny, devo rimettere le cose a posto, dopo se vorrai potrai anche
uccidermi.
Si alzò
lentamente, quasi non riusciva a mantenersi in piedi.
Fissò
Ephiny per un lungo momento. «Ti attenderò con ansia.»
In
qualsiasi altro momento quelle parole sarebbero uscite dalla sua bocca con
un’intonazione sarcastica, ma non quella volta. Quella era la verità pura e
semplice.
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La
guerriera si voltò e cominciò a muovere alcuni passi verso la sua cavalcatura.
Argo si era rifiutata di obbedirle quella volta, anche lei aveva capito che
stava facendo una sciocchezza.
Le spade
di alcune amazzoni la bloccarono, producendo un suono metallico quando queste
andarono a cozzare contro la sua armatura.
Alzò lo
sguardo spento sulle due giovani guerriere che tremarono alla vista di quegli
occhi che erano diventati due laghi di dolore.
«Lasciatela andare.» disse Ephiny. «Xena, ricordati che non ci sarà luogo su
questa terra o nel regno degli dei in cui potrai nasconderti.» continuò
aggrottando le sopracciglia alle spalle della guerriera.
«Non
preoccuparti, non ne ho alcuna intenzione.»
Ad un suo
cenno del capo le due amazzoni si spostarono con riluttanza, regalando a Xena
uno sguardo carico di rancore.
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Xena passò
lentamente accanto a Joxer, che non la degnò di uno sguardo, ma continuava a
fissare vacuo il corpo di Gabrielle sostenuto dalle braccia dell’amazzone.
Sembrava
che il cuore non battesse più. Non pensava che si potesse provare un dolore così
straziante. Non avrebbe mai voluto provarlo.
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«Perché
l’hai lasciata andare?» chiese dura una delle amazzoni, una volta che Xena si fu
allontanata.
Ephiny non
si era mossa di un solo passo, spostò lo sguardo sulla sua interlocutrice, alla
quale si erano aggiunte anche le altre guerriere. Evidentemente non riuscivano a
comprendere.
«Ora
dobbiamo pensare ad rendere onore alla nostra principessa. A Xena penseremo
dopo.»
«Si, ma
così le hai dato la possibilità di fuggire.» continuò non contenta della
risposta.
«Xena non
fuggirà.» affermò seria. «E anche se fosse, io la troverò e la ucciderò.»
«A
Gabrielle non piacerebbe sentirti parlare così.» disse Joxer mentre le carezzava
con il dorso la guancia che si stava rapidamente raffreddando.
Ephiny
accusò il colpo. «Joxer, lei è morta. È morta per mano di Xena. Io non avrò pace
fino a quando non mi sarò vendicata!»
Il volto
di Joxer si distorse in un’espressione amara. «Guarda a cosa ha portato la
vendetta. Gabrielle non avrebbe voluto. Sono certo che lei … che lei ami ancora
Xena, nonostante tutto.»
Dire
quelle parole gli aveva fatto più male di quello che avrebbe mai voluto,
specialmente perché sapeva che erano vere, esattamente come lo sapeva
l’amazzone.
Si asciugò
frettolosamente una guancia. «Ora pensiamo a Gabrielle.»
L’amazzone
annuì. «Si, hai ragione. Dobbiamo pensare a lei, e omaggiarla come conviene. Il
resto verrà dopo.»
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Xena
poteva sentire i canti delle amazzoni anche da quella distanza.
Non che li
sentisse veramente, ma li percepiva. Rimbombavano nella sua mente, appesantendo
ancora di più il suo carico di rimorsi.
Conosceva
abbastanza le tradizioni amazzoni da sapere che la pira funebre sarebbe arsa
l’indomani all’alba, mentre quella notte si sarebbe preparata la cerimonia che
avrebbe accompagnato la principessa Gabrielle ai cancelli dell’eternità.
Sentì le
lacrime pungerle agli angoli degli occhi, ma si impose di non lasciarle
scendere.
Basta con
le lacrime!
Doveva
pensare ad un modo per riportare indietro le cose, e anche in fretta. Non aveva
più molto tempo.
Improvvisamente una sensazione tristemente conosciuta. Si alzò di scatto, mentre
un’espressione di disgusto si dipingeva sui suoi tratti.
«Fatti
vedere lurido verme!» tuonò rivolta alla notte.
Un
bagliore bluastro illuminò il bosco fitto per alcuni attimi.
«Salve
Xena.» disse semplicemente il dio della guerra.
Il capo
leggermente chino, la mano sull’elsa nella sua tipica postura, e un sorrisetto
appena accennato a stirargli le labbra.
«Ares,
maledetto! Che cosa vuoi?!»
Il dio
allargò il suo sorrisetto bieco e iniziò a girare intorno alla guerriera.
«Volevo
solo sapere come stavi.»
«Vattene.»
«No, no
Xena. Io mi preoccupo della tua salute e tu che fai…? Mi cacci. Non è carino.»
la canzonò sarcastico.
La
guerriera tornò a sedersi ignorando deliberatamente il dio.
«So che
cosa stai cercando.» disse serio e sicuro, mentre osservava quella donna forte e
determinata che ormai sembrava priva di energie.
«Tu non
sai un bel niente.»
Ares
scosse la testa. «Credimi Xena, ormai ti conosco. Vuoi trovare un modo per
riportare Gabrielle in vita, vero?»
«Non vedo
come la cosa possa interessarti.» mormorò sulla difensiva. Sapeva per esperienza
che la divinità stava tramando qualcosa, e quel qualcosa non sarebbe stato tanto
piacevole e lei in quel momento non aveva le forze per affrontare i suoi
giochetti mentali.
«Qui ti
sbagli. Io potrei aiutarti… aiutarti a rimettere le cose a posto.»
Xena
sollevò lo sguardo fino ad incontrare quello del dio. «Perché? Che vantaggio ne
trarresti?»
«Diciamo
che è uno scambio equo. Io convinco le parche a cambiare leggermente il
corso del destino e tu torni ad essere quello che eri. Diventerai quello che eri
destinata ad essere. La Conquistatrice.»
Un lampo
passò nello sguardo del dio, un lampo di malizia e di eccitazione.
«Le
parche… tu sei pazzo. Io non tornerò ad essere quella di un tempo. -la voce si
abbassa di qualche tono- lei non lo vorrebbe mai…»
Ares girò
gli occhi spazientito. Possibile che quella mocciosetta la controllasse ancora?
Ma non era proprio su quello strano potere che aveva sulla guerriera che lui
contava?
Xena
avrebbe fatto qualunque cosa per lei. Doveva solo giocarsi bene le sue carte.
«Ma tu
l’hai uccisa.»
Il cuore
di Xena smise di battere per un secondo. «Si… l’ho fatto…» soffiò piano, tanto
piano che Ares quasi non l’udì.
«Pensa. Se
voi due non vi foste mai incontrate… lei non avrebbe mai visto il suo sposo
morire, non avrebbe mai conosciuto gli adepti di Dahak e l’orrore che si prova
la prima volta che si uccide…»
Fece una
pausa per osservare la reazione della principessa guerriera alle sue parole.
Sorrise
soddisfatto. «Hope non sarebbe mai nata… tuo figlio non sarebbe mai morto…»
sibilò vicino al suo orecchio, inebriandosi nel suo profumo avvolgente.
Presto,
molto presto ogni cosa di quel meraviglioso corpo sarebbe ritornata al legittimo
proprietario: lui!
Xena
scosse la testa cercando di allontanare il più possibile quelle parole. Lui le
stava dicendo per confonderla, per farla cedere. E maledizione, ci stava
riuscendo!
Perché
sapeva che tutto quello che stava dicendo era vero!
Ogni
dannatissima sillaba uscita da quella bocca ingannatrice era vera! E lei non
poteva fare altro che accettarlo.
Quanto ha
dovuto soffrire per colpa mia…
Ares
schioccò la lingua e fece un passo indietro.
«Pensaci
Xena. Quando avrai deciso sai dove trovarmi.»
Detto
questo svanì in uno scintillio azzurro.
Xena non
si mosse, continuò a tenere lo sguardo fisso in un punto imprecisato. Alcune
lacrime avevano ripreso a solcare la curva del suo viso.
Sollevò la
testa per incontrare quella distesa di luci che la osservavano immobili.
Gabrielle…
Amore mio…
Che cosa
devo fare?
In quel
cielo incredibilmente fitto le sembrò che una stella brillasse più delle altre.
Sorrise
amara. «Grazie.»
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In piedi
su di un ramo nascosta dalle fronde, Xena osservava il denso fumo nero salire
nel cielo rischiarato dai primi raggi del sole.
Non può
credere di stare vivendo quei momenti. Le sembrava di vivere in uno strano
incubo, eppure quella era la realtà, come poteva provare il recente taglio sulla
mano che ancora le manda piccole fitte. Per non parlare del dolore che provava
dentro.
L’anima
dilaniata dai sensi di colpa, e dal vuoto che quella perdita ha provocato…
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Silenziosa
come un’ombra si allontanò da quel luogo, dove si stava avverando il suo più
grande incubo, per dirigersi in un altro e rendere reale uno forse ancora più
pericoloso.
Gabrielle,
non so se questa è la scelta giusta, ma non posso restare con il rimpianto di
averti trascinato su questo sentiero rendendoti infelice.
Ti
restituirò la vita che avresti dovuto vivere…
…senza di
me.
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Continua…
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