Breve nota
prima della lettura. Questa è la prima volta che scrivo in
questo fandom, quindi non ho idea di che cosa sia venuto fuori,
lettrici avvisate mezze salvate :') Ho scritto questa OS
all'incirca un mesetto fa e un po' mi dispiaceva vederla in una
cartella del pc abbandonata a se stessa, quindi eccola qui. In ogni
caso, se ne avete voglia, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se
non avete voglia... non fatelo XD (perdonate le cavolate, è
l'agitazione u.u) Spero di aver corretto tutti gli errori, se ne
trovate non esitate a dirmelo! Penso sia tutto qui, ringrazio
chi spenderà un po' del suo tempo con questa OS, buona
lettura :)
SOMEBODY SAVE ME FROM THE WORLD YOU LEFT
Dean se ne stava
sprofondato su una
delle morbide poltrone color verde menta leggermente sbiadito della
saletta relax dell'ospedale, lo sguardo fisso e un po' annoiato sulla
TV che trasmetteva vecchi canali in bianco e nero. In realtà
non
era un gran patito dei film di cinquant'anni fa, ma a Castiel piacevano
molto e, negli anni, lo aveva praticamente costretto a guardarne a
decine usando la tecnica degli occhi da cucciolo.
Nelle ultime settimane non si era sentito molto bene e quando Cas lo
aveva convinto a farsi dare una controllata, il medico aveva insistito
perché rimanesse ricoverato per riprendersi
dalla stanchezza e dallo stress che si era portato dietro per fin
troppo tempo. Inoltre sembrava che il valore dei leucociti fosse troppo
basso e nessuno dei medici capiva bene che cosa avesse. Anche se Dean
aveva quasi sempre l'impressione che gli stessero nascondendo qualcosa,
alla fine, si era semplicemente fidato.
Quindi ora si trovava in una saletta relax, con i vestiti da ospedale e
una flebo iniettata in vena che gli causava un fastidioso formicolio al
braccio. Non tutti i pazienti erano così in forma da potersi
spostare
fin lì -alcuni potevano continuare a vivere solamente stando
attaccati a delle macchine- e Dean ne era egoisticamente
contento.
Si respirava un'aria meno deprimente lì e il tipico odore da
ospedale non ci arrivava.
Come lui, anche altri pazienti si rifugiavano nella stanzetta,
illuminata dall'ampia vetrata che occupava un intero lato della parete.
Erano
più o meno sempre le stesse persone, così alla
fine Dean
aveva imparato a riconoscerli e anche a conoscere uno di loro, Benny.
Sembrava avesse più o meno la sua età e quando
Dean gli
parlava, lui lo ascoltava con molta dolcezza e una lieve ombra di
tristezza negli occhi. Dean presumeva che fosse dovuto alla malattia
che probabilmente aveva, ma non gli aveva mai chiesto
niente. Gli
piaceva parlare con lui, comunque.
Come era suo solito Benny, comparve verso le due del pomeriggio e si
sedette accanto a lui, salutandolo allegramente.
"Ehy, amico" gli fece, dandogli una leggera pacca nella spalla "che
guardi?"
"Un film così vecchio che probabilmente tutti gli
attori
devono essere già morti o vecchi decrepiti" rispose ,
facendo
ridacchiare Benny. Il film in realtà non gli piaceva, non
era
nemmeno stato abbastanza concentrato da capire cosa stesse succedendo,
ma gli ricordava Cas e questo lo faceva stare un po' meglio. Cas,
dio come gli mancava, eppure era passato solo il pomeriggio prima, ma
Dean da quando era all'ospedale, sentiva questa strana sensazione
all'altezza del petto che si intensificava quando pensava all'uomo che
amava. Era abituato ad addormentarsi vedendo come ultima cosa il
suo Cas e a
svegliarsi con lui avvinghiato al suo corpo, i capelli arruffati che
gli solleticavano la schiena. Non vedeva l'ora di tornare a casa e
riprendere le sue vecchie abitudini. Una settimana, gli aveva detto il
medico, e poi se ne sarebbe andato.
"Cas è passato a trovarti?" chiese Benny, mentre
studiava
con attenzione le immagini che passavano alla TV, gli occhi un po'
strizzati. Benny sapeva di lui e Cas. Dean gliene aveva parlato un paio
di giorni prima, con talmente tanta semplicità da non
rendersi
conto che stava dichiarando la propria omosessualità a
qualcuno
che conosceva da non più di due pomeriggi. Ma Benny non era
sembrato infastidito, anzi.
"Non ancora oggi" Dean suonava deluso, ma sapeva che Castiel
la mattina lavorava e si presentava sempre ad un'ora a caso del
pomeriggio.
"Sono sicuro che verrà più tardi" lo
incoraggiò Benny, voltandosi verso di lui e sorridendogli.
Dean ricambiò il sorriso.
"Sono sicuro di sì"
Né Dean né Benny avrebbero saputo dire per quanto
altro
tempo fossero rimasti a parlare e persino a ridere, ma a un certo punto
Dean si voltò casualmente verso la porta-finestra e vide un
sorridente
Castiel che se ne stava in piedi in mezzo al prato del cortile, a pochi
metri dalla porta, in jeans e camicia scura, mezza sbottonata
all'altezza del collo.
"Che c'è?" chiese Benny quando si accorse che Dean si era
distratto.
"C'è Cas" disse Dean, voltandosi sorridente verso l'amico.
Benny ricambiò con un sorriso triste e per un momento il
sorriso
di Dean si affievolì. Non aveva mai visto Benny ricevere
visite,
nessuno lo veniva a trovare
e probabilmente, nonostante fosse contento per lui, si sentiva un po'
solo.
"Vado a parlarci per un po', poi possiamo continuare a guardare il
film" promise, sperando che la promessa che sarebbe tornato lo facesse
sentire meno solo.
"Il film è finito da almeno un'ora, Dean" gli fece notare.
Dean sorrise "Ne vediamo un altro e questa volta lo guardiamo davvero"
Poi si alzò, prese la sacca della flebo in mano -odiava
doversi
portare dietro quello stupido impiccio- e uscì nell'aria
fresca
di settembre, andando immediatamente incontro a Cas, che indossava il
sorriso più bello che un essere umano potesse immaginare.
Quando fu abbastanza vicino gli gettò le braccia al collo e
Cas lo strinse avvolgendo le sue intorno alla schiena.
Subito il corpo di Castiel gli conferì calore.
Era una strana sensazione, sembrava quasi inverosimile, come qualcosa
che leggi in un
libro ma che non provi mai veramente. Ma era piacevole,
così piacevole.
"Ciao, Cas. Mi sei mancato" disse scostandosi quanto bastava per
guardarlo negli occhi.
"Non sono stato via molto" rispose con un sorrisetto.
Dean affondò la testa nell'incavo del suo collo "Mi manchi
sempre"
Per qualche attimo rimasero così, a bearsi uno della
presenza
dell'altro, il mondo esterno lasciato totalmente al di fuori del loro.
"Come stai, Dean?" chiese con voce calma Castiel, dopo un po'.
"Uhm, ho sempre un po' di mal di testa" fece Dean arricciando il naso
"e uno strano dolore qui" spiegò toccandosi il petto "ma non
so,
è quasi più psichico che fisico, non so se mi
capisci"
Dean era preoccupato che lo giudicasse pazzo, ma Castiel sembrava
impassibile.
"Non parlo di come stai fisicamente. Come sta la tua anima?"
Bé, quello era piuttosto tipico di Castiel. Faceva spesso
strane
domande del genere, come se fosse appena uscito da un club di figli dei
fiori puristi dell'anima. A volte certe sue uscite gli causavano degli
sguardi storti da parte della gente, ma per Dean, che lo conosceva e lo
amava con ogni fibra del suo essere, era solo una delle tante sfumature
che rendevano Castiel la persona che era. La sua persona.
"La mia anima sta benissimo. Prima è apparso il Diavolo in
camera mia e mi ha chiesto di vendergliela, ma gli ho detto di no"
concluse con un sorriso giocoso.
"Perché la tua anima è mia, Dean Winchester"
sussurrò Castiel, prima di prenderlo per la stoffa della
maglia
e avvicinarlo a sé, posando le labbra sulle sue.
"Sono felice che tu sia passato anche oggi, Cas" disse, le labbra
ancora premute nelle sue. Non voleva staccarsi.
"Non posso rimanere molto, però"
Dean aggrottò leggermente le sopracciglia. Cas veniva tutti
i
giorni. Tutti. Ma le sue visite diminuivano sempre di durata e Dean
cominciava a preoccuparsi.
"Hai qualcosa da fare?" chiese, staccandosi di diversi centimetri.
"Devo occuparmi di alcune cose" disse senza dare altre spiegazioni. Non
importava, Dean gli credeva, aveva completa fiducia di ogni singola
parola lasciasse le labbra di Castiel.
Rimasero a parlare di cose generali, come erano soliti fare, per
spaziare poi alle strane chiacchiere che erano tipiche di Cas e che
facevano sempre sorridere Dean, ma che in fondo aveva imparato a
trovare
interessanti. Il sole cominciava già ad abbassarsi e l'aria
si
faceva sempre più fresca, tanto che Dean sentiva i brividi
attraverso la maglia leggera.
"E' freddo, è meglio che vai dentro, io torno domani"
"Me lo prometti?" chiese Dean e glielo domandava tutte le
volte
che si vedevano.
Sapeva che sarebbe tornato, ma glielo fece promettere
comunque.
Quando Cas se ne andò, lasciandogli un ultimo bacio sulle
labbra, Dean tornò nella stanzetta relax. Le luci erano
state
accese non appena il sole aveva cominciato a calare e c'era meno
persone. Benny era ancora lì e Dean gli si sedette accanto.
Stava guardando alla TV quello che sembrava uno di quei programmi che
facevano ridere, di quelli in cui una serie di comici si presentava in
successione uno dopo l'altro divertendo a turno il pubblico. Benny
però non sembrava divertito, piuttosto fissava lo schermo
assorto. Si riscosse quando Dean gli mise una mano sulla spalla.
"Amico" fece, appoggiando la schiena alla poltrona "parlato con Cas?"
"Sì, per un po'. Poi è dovuto andare"
"Avrà delle cose da fare" suggerì Benny.
"Immagino di sì" fece Dean, cercando di non suonare troppo
triste.
"Magari un giorno di questi te lo faccio conoscere" gli disse dopo un
po'.
"Magari sì" Benny gli sorrise "mi sembra di conoscerlo
già per quanto ne parli"
"Scusa" fece Dean, ma un ampio sorriso occupava il suo viso. Non poteva
farne a meno, probabilmente se non fosse stato mezzo malaticcio Benny
lo avrebbe già mandato a farsi fottere da un bel
pezzo.
"Ho aspettato che tornassi per vedere come stavi dopo aver parlato con
Cas, ora però torno in camera. Mi è venuta fame"
lo
informò Benny.
"Sì, forse è meglio che vada anche io"
Percorsero insieme i corridoi bianchi e i pavimenti di quello strano
materiale, quello che
fa sentire morbido sotto i piedi. Avevano le stanze praticamente
una di fronte all'altra -era per questo che Dean e Benny si erano
conosciuti. Vari pazienti girvano come loro tra una stanza ed
un'altra, ma Dean non ci faceva caso. Si sentiva stanco e non vedeva
l'ora di gettarsi a letto e passare qualche ora a pensare al sorriso di
Cas, alle sue mani che gli accarezzavano la guancia quando tornava a
casa, il corpo contro il suo, il suo respiro caldo sul collo.
Salutò Benny e si trascinò fino alla sua stanza.
Aveva gli occhi chiusi e se ne stava steso sul letto a pancia in
giù, godendosi un po' di riposo, ma la pace durò
poco.
Un uomo sulla cinquantina, una cartella sottobraccio e gli occhiali
quadrati sul naso, entrò nella sua stanza. Era il Dottor
James,
il suo medico. Dean aveva sempre pensato che il Dottor James
assomigliasse più a un attore che recita la parte del
dottore
più che ad
un dottore vero e proprio. Gli faceva simpatia.
"Winchester" esordì con fin troppa allegria "come andiamo
oggi?"
Domanda di routine.
"Mi sento bene, solo un po' stanco"
Risposta di routine.
"Notato niente di particolare? Dolori, fastidi, qualsiasi cosa..?"
Dean aggrottò le sopracciglia confuso.
"Stiamo provando a darti un nuovo farmaco" spiegò il Dottor
James "per il tuo caso dovrebbe andare bene, ma non siamo ancora certi
degli effetti, perciò devi dirceli tu"
Stavano provando a dargli un farmaco per il suo caso. A Dean dava
l'impressione che stessero brancolando nel buio con "il suo caso". Alla
fine lui si sentiva bene. Certo, aveva un po' di emicrania e
spossatezza, ma niente di particolarmente grave.
"Uhm, io sto bene"
Il Dottor James rimase ad osservarlo per qualche secondo, come se
stesse cercando di decidere se credergli o meno.
"Va bene" disse in fine "Se qualcosa cambia, qualsiasi cosa Dean"
Dean notò come era passato dal chiamarlo "Winchester" al
chiamarlo per nome. "Devi farmelo sapere"
Dean era sempre più confuso, ma alzò le spalle
"certo, dottore" sorrise, cordiale.
"Okay allora. Mangia qualcosa e poi vai a dormire" era quasi un ordine,
ma c'era qualcosa di talmente paterno nel suo tono di voce
che
Dean non ne rimase infastidito.
Appena il medico lasciò la stanza, sprofondò la
testa nel cuscino e ancora una volta si addormentò senza
mangiare niente.
Non sognò nulla. Da quando era entrato in ospedale aveva
smesso di sognare.
Poco gli importava però, perché la mattina dopo,
quando
riaprì gli occhi Castiel era seduto su una sedia al suo
fianco.
"Cas!" fece Dean, la voce ancora impastata dal sonno, cercando di
tirarsi su con qualche difficoltà.
Era una sorpresa, Cas non veniva mai di mattina.
"Non devi lavorare?" domandò confuso.
"Oggi no" rispose con un sorriso.
Dean lasciò perdere il motivo per cui Cas non era a lavoro,
magari si era preso un giorno solo per passare un po'
più
di tempo insieme, e si mise a sedere, Cas di fianco a lui. Lo strinse
al suo petto con un abbraccio e Dean si lasciò cullare dal
battito regolare del suo cuore, dal respiro che gli solleticava la
guancia, dal calore che emanava il suo corpo.
"Mi sei mancato"
Non riusciva a fare a meno di ripeterglielo tutte volte.
"Sono qui" disse, passandogli una mano fra i capelli, accarezzandoli.
"Hai da fare delle cose anche oggi?" non poté far altro che
chiedere. Cominciava a essere stufo di poter vedere Cas solo per poco
tempo.
"No, oggi rimango con te"
Si strinse ancora più forte a lui e dopo qualche momento
allentò la presa, lasciandolo andare.
"Hai visto Sam questi giorni? E' un po' che non mi viene a trovare" a
dire la verità Sam era venuto solo una volta, uno dei primi
giorni. Ma Dean all'inizio era talmente imbottito di farmaci che il
ricordo era piuttosto confuso. Poi non era venuto più.
"Veramente è molto tempo che non vedo Sam"
"Capisco"
Dean non fece in tempo ad assumere un'espressione triste,
perché
il Dottor James si affacciò alla sua porta. Sembrava di
fretta.
"Ah Winchester, vedo che sei sveglio. Devo andare un attimo a
controllare la paziente della 312, tu intanto mangia qualcosa che
poi vengo a darti il nuovo medicinale"
"Agli ordini" disse Dean, facendo il saluto militare.
Le reti del letto cigolarono quando Castiel si alzò.
"Vado a prenderti qualcosa da mangiare di sotto, tu aspettami qui"
"Veramente pensavo di andare a correre una maratona"
Castiel, dopo essere arrivato alla porta, si voltò e lo
guardò male.
"Scherzo!" si difese Dean "non ti fanno correre se non superi
l'antidoping e io sono praticamente drogato adesso"
"Aspettami qui" disse semplicemente Cas. Dean amava quando era
costretto a sopportare le sue battute stupide.
Si stese nuovamente, le braccia appoggiate sotto la testa,
fischiettando una canzone degli AC/DC, felice che quella mattinata
l'avrebbe passata con Cas e non a guardare qualche stupido film di cui
non gli importava nulla alla TV. Poi avrebbe potuto presentarlo a Benny
finalmente. Questa era l'occasione buona.
"Allora Winchester" fece il Dottor James entrando nella
stanza
senza staccare gli occhi da una cartella che aveva in mano, seguito da
un'infermiera, una donna molto giovane con lisci capelli rossi "Questa
è Rosy, una delle nostre nuove reclute, è una
specializzanda"
Dean fece un cenno e Rosy gli sorrise di rimando. Sembrava leggermente
agitata.
"Come andiamo oggi?"
"Tutto a posto, solo non in pieno possesso delle forze"
Domanda di ruotine, risposta di ruotine.
"Nessun dolore in particolare? Qualsiasi tipo di dolore?"
"Nessun dolore in particolare" confermò Dean.
Il Dottor James sembrava... deluso?
"Sarebbe meglio se mi sentissi male?"
"Certo che no" rispose il medico con un ampio sorriso "sto solo
cercando di capire quando arriveranno gli effetti del nuovo medicinale.
A proposito. Tieni, mangia qualcosa, non puoi prendere le medicine a
stomaco vuoto" disse, porgendogli un sacchetto con dentro dei panini
dolci.
"Oh no, non fa niente. Cas è andato a prendermi qualcosa
sotto alla mensa"
Il Dottor James e Rosy si scambiarono un'occhiata.
Dean aggrottò le sopracciglia "Non ha il permesso?" chiese
preoccupato.
"Cas?" domandò il Dottor James, cauto.
"Sì, Castiel. Il mio compagno, lo conoscete, no? Viene qui
tutti i giorni"
Il Dottor James si voltò verso Rosy, che aveva
un'espressione terribilmente preoccupata.
"Non credo che i farmaci stiano funzionando"
La voce del medico sembrava diversa da come Dean si era ormai abituato.
Più professionale, più distaccata.
Dean era sempre più confuso, non capiva cosa stesse
succedendo.
"Cosa ne sapete che i farmaci non funzionano? Come l'avete capito?
Cosa c'entra Cas?" un fiume di domande straripò
direttamente dalla sua bocca, ma sembrava che l'inondazione venisse
ignorata.
"Non ci voleva. L'avevo detto che non era abbastanza forte" il Dottor
James si massaggiò gli occhi da sotto gli occhiali, sembrava
arrabbiato.
"Che diamine succede?" gridò Dean, e la sua voce
rimbombò nella stanza. Era spaventato.
Finalmente entrambi tornarono a dargli attenzioni.
Il Dottor James si rivolse direttamente a lui, sembrava improvvisamente
invecchiato di una decina d'anni. Non riuscì a guardarlo per
alcuni istanti, poi i suoi occhi si fissarono in quelli di Dean e il
tono di voce che usò era così professionale che
sembrava
stesse dandogli informazioni su come cambiare un pezzo mal funzionante
di un'auto.
"Dean. Abbiamo provato con questo nuovo medicinale, serve per curare i
danni subiti a causa di uno shock, quando il cervello non riesce a
metabolizzare certi traumi"
Dean rimase con la bocca mezza aperta. Quali traumi? Di che accidenti
stava parlando?
Il medico esitò un momento, poi riprese.
"Certe volte quando subiamo gravi traumi e il nostro cervello non ce la
fa a sopportarlo, può creare dei metodi... alternativi, per
permetterci di andare avanti"
"Senta dottore" cominciò Dean che ormai sentiva il panico
prendere il controllo "ci sto capendo meno di un cazzo, quindi parli
chiaro e mi spieghi cosa diavolo sta succedendo"
Il Dottor James si prese un'altra pausa. Dean gli avrebbe dato un pugno
in faccia se l'avesse fatto di nuovo.
"Circa un mese fa sei arrivato qui, dopo essere stato
traferito
dal pronto soccorso dell' ospedale, avevi perso molto sangue.
Vedi
Dean, circa sei mesi fa tu e il Signor Novak avete avuto un incidente"
Lui e Castiel avevano avuto un incidente? Non se ne ricordava.
"Siete stati trasportati entrambi d'urgenza in ospedale e siete
successivamente rimasti in coma. Dopo qualche giorno tu ti sei
svegliato" il Dottor James si prese una delle sue maledette pause "il
Signor Novak purtroppo non si è più svegliato e
se ne
è andato qualche giorno dopo il tuo risveglio"
Dean rimase immobile, non avrebbe saputo dire per quanto
tempo. Cosa cazzo andava blaterando quel medico incompetente?
Doveva esserci un errore, si era sbagliato perché era un
incompetente.
"Cas era con me fino a qualche minuto fa, come cazzo fa a essere andato uno che fino
a qualche minuto fa era qui con me?"
Il Dottor James abbassò lo sguardo, Rosy si teneva una mano
sopra la bocca, tratteneva a stento le lacrime.
"Dean" continuò il medico ristabilendo il contatto visivo,
si
vedeva che cercava di mantenere la
professionalità con difficoltà "questo non
è un normale ospedale, ti
trovi nel reparto psichiatrico"
Dean mancò un battito.
"Sei stato portato qui, quando dopo alcuni mesi dalla scomparsa del
Signor Novak hai cercato di toglierti la vita lacerandoti le vene dei
polsi. Sei in cura qui da noi da più di un mese"
Dean mancò un secondo battito.
Il panico ormai aveva preso il sopravvento, portò
con
urgenza lo sguardo sui propri polsi che erano fasciati da due bende.
Era sicuro di non averle mai viste fino a quel momento.
Certe volte quando subiamo gravi
traumi e il nostro cervello non ce la fa a sopportarlo, può
creare dei metodi alternativi, per permetterci di andare avanti.
Il suo cervello aveva fatto sì che non li vedesse
fino a quel momento. Il suo cervello aveva quindi anche fatto finta di
vedere...
No, si rifiutava di crederci.
Il respiro cominciò a mancargli e si ritrovò ad
annaspare
per poter permettere all'aria di raggiungere i polmoni. Lui non si era
inventato la presenza di Cas. Il suo cervello non poteva fargli questo.
Castiel non
era morto. Non poteva fargli questo.
"Cas era qui fino a un momento fa" il suono della voce era
così forzato che suonava difficile da comprendere.
"No Dean, Castiel non era qui. Non è più qui da
un po'"
Dean sentì il cervello esplodergli, si portò le
mani alla
testa come se cercasse di impedire al suo cranio di scoppiare
dall'interno.
Cas non era più con lui? Se ne era andato veramente? Non
voleva
crederlo, ma l'infermiera ormai scossa dai singhiozzi e la faccia seria
del medico che gli stava accanto non sembravano lasciargli il beneficio
del dubbio.
Senza sapere quello che stava facendo, senza avere idea di cosa fare,
Dean si alzò. Non poteva sopportarlo, quelle persone gli
stavano
dicendo che il Cas, il suo
Cas, era morto.
Dean si trovava in piedi ai lati del letto, nel lato opposto a
quello dei due medici.
"Queste sono solo un mucchio di stronzate" li accusò,
furioso.
"Faresti meglio a rimetterti a letto, ascoltami"
Ma Dean non ascoltava. Aveva ascoltato abbastanza.
Con un brusco movimento della mano si staccò l'ago della
flebo
dal braccio e uscì dalla stanza. Castiel gli aveva detto che
sarebbe andato a prendergli da mangiare. Corse per i corridoi e fece a
due a due gli scalini fino al piano di sotto. La mensa si trovava
proprio a fianco della stanza relax, che sorpassò senza
degnare di uno
sguardo. Aprì le porte con talmente tanta forza che quando
entrò si ritrovò parecchi occhi addosso.
Ispezionò
ogni centimetro della stanza con lo sguardo più e
più
volte, con disperata trepidazione.
Castiel non c'era.
Ripercorse i corridoi all'indietro, forse si erano passati
accanto senza essersi visti. Ma di lui non c'era nessuna traccia. I
piedi lo portarono automaticamente nella saletta relax e il suo cuore
quasi scoppiò quando vide Benny. Quest'ultimo si
alzò di
scatto dalla sua poltrona quando vide in che stato si trovava Dean e
gli andò subito incontro.
"Amico" lo appellò come il suo solito "che ti è
successo?"
"Benny, hai visto Cas? E' passato di qui?" chiese con urgenza.
Sul volto di Benny passò quell'ombra triste. Quella che
aveva visto infinite volte da quando lo conosceva.
"No, Dean. Non ho mai visto Cas" fece, la voce calma. Sembrava
più triste del solito.
"Che vuol dire che non l'hai mai visto? Mi sono incontrato con lui
tutti i giorni proprio qui fuori, proprio qui fuori Benny!" si
ritrovò ad urlare.
Sul volto dell'uomo di fronte a sé si dipinse un'espressione
che sembrava quasi di scuse.
"Non ho mai visto Cas, Dean. Ho visto te, uscire tutti i
giorni qui in cortile, ma eri sempre solo, non c'era nessuno con te"
E in fine Dean si convinse.
Benny non gli avrebbe mentito. Non l'aveva mai fatto e non lo stava
facendo ora, i suoi occhi glielo dicevano.
Improvvisamente una scarica di ricordi lo colpì come un
pugno nello stomaco.
Dean che baciava Cas, Cas che rideva
per qualcosa di stupido che aveva detto, la decisione di andare a
festeggiare il loro decimo anno insieme da soli in campagna, il suono
dei grilli, il caldo bollente e la pelle fresca di Cas sotto le sue
labbra mentre lo baciava, l'auto che sfrecciava per le strade ora buie,
la voce allegra di Cas che gli parlava di qualcosa di divertente e poi
quella luce fortissima che lo aveva accecato mentre guidava. Poi un
immenso buio. Il suo letto di ospedale, il letto di ospedale di Cas.
Dean che gli teneva la mano per ore e ore senza mai staccare gli occhi
dal suo viso addormentato.
Lui si era svegliato, l'amore della sua vita no.
L' ultima memoria che vide, il sangue che allagava intorno ai suoi
polsi dopo che aveva deciso che vivere senza Cas non era una vita.
Il mondo aveva vissuto milioni e milioni di anni senza Cas e
altrettanti ne avrebbe vissuti, troppo immenso per accorgersi della sua
assenza. Ma Dean non era immenso, era infinitamente piccolo.
La mano di Benny sulla sua spalla lo fece sussultare e tornare a
una realtà che non era riuscito a sopportare. Che
lo aveva portato a crearne una migliore.
"Dean"
Dean non si era accorto delle lacrime che gli rigavano le guance
finché non si sentì il salato in bocca, il suo
corpo
sussultava sotto la mano di Benny.
"Mi dispiace se ti ho fatto credere che Castiel fosse vivo, ma avevi
gli occhi così luminosi quando ne parlavi. Voglio che tu
sappia
che non ti ho preso in giro, eri felice di aspettare il suo arrivo
tutti i giorni"
Dean sentì i singhiozzi scuoterlo più forte e
Benny
restò li con lui, finché non si placarono,
diversi minuti
dopo.
Benny lo guardò negli occhi.
"Sono qui perché ho perso mia figlia, Judie"
Dean, per la prima volta da quando la consapevolezza lo aveva
raggiunto, guardò negli occhi Benny.
"Aveva dodici anni. Si ammalò, non era mai stata in buona
salute. Era inverno e l'avevo portata al parco perché aveva
nevicato e lei voleva fare un pupazzo. Aveva insistito così
tanto, non avrei dovuto, ma ai bambini piace la neve e quando mi ha
guardato con quegli occhi che mi pregavano non ho saputo dire di no. Mi
sono sempre incolpato per la sua morte e continuo a farlo. Non ricordo
molto di quello che è successo dopo, ma deve avermi portato
alla
pazzia. Dopo tutto sono qui"
Dean rimase senza fiato. Non aveva immaginato che ci fosse questo dietro la
tristezza di Benny.
"Continuavo a vederla dappertutto, ero così felice che la
mia
bambina fosse tornata da me" per un attimo Benny sorrise "ma non era
tornata veramente, anche se volevo così
tanto che lo fosse che alla fine me ne sono convinto. Dobbiamo
lasciarli andare, Dean. Non possiamo
andare avanti senza che questo ci distrugga, dobbiamo lasciarli andare"
La tristezza negli occhi di Benny era infinta quasi quanto la sua
serenità.
La voce di Dean tremò.
"Non posso. Non posso Benny" non era sicuro che lui lo capisse, la voce
era troppo impastata "Io lo vedo, è li fuori, come tutti i
giorni"
Si voltò e scrutò il cortile da attraverso i
vetri della
porta-finestra. Cas era li, seduto a gambe
incrociate strappava dei ciuffi d'erba dal prato. Era una sua abitudine
e
sorrideva dolcemente verso di lui.
"Credo che rimarrà ancora per poco, forse dovresti andare a
salutarlo"
Improvvisamente per Dean si fece tutto più chiaro. Era per
quello che le visite di Cas si facevano sempre più brevi.
Gli
avevano cambiato il medicinale, era più forte e l'effetto
aveva cominciato a manifestarsi negli ultimi giorni.
Mentre Dean camminava verso il cortile sentiva le gambe tremargli, non
era sicuro che avrebbero retto per molto.
Quando fu abbastanza vicino, Cas si alzò e gli sorrise con
quel
sorriso così ampio che illuminava tutto ciò che
c'era intorno.
Quando Cas sorrideva gli angeli si fermavano a
guardare.
Cas.
Dean non disse niente, non ci riusciva a dire il suo nome, quindi lo
pensò solamente.
"Non posso rimanere Dean, devo andare"
Dean mandò giù il groppo che aveva in gola.
"Lo so"
Si stampò un'ultima volta nella mente l'immagine del suo
viso. Sorrideva. Questa memoria non l'avrebbe lasciata sbiadire. L'avrebbe tenuta stretta, ma adesso era ora di lasciarlo andare.
"Io devo andare, ma ci rivediamo presto" fece la voce di Cas.
"Me lo prometti?" chiese Dean.
Sapeva che si sarebbero rivisti.
Ma glielo fece promettere comunque.