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Avere figli fa di voi un genitore non più di quanto avere un pianoforte faccia di voi un pianista. —Michael Levine, Lessons at the Halfway Point, 1995
Il
tempo di un erede era infine giunto, ma un solo trono della Terra
Oscura era ufficialmente occupato poiché il sovrano aveva
coltivato altre ambizioni a tenere costantemente impegnati mente e
corpo dal cercare una consorte degna di stare al suo fianco. Bowser non
aveva mai manifestato alcun interesse nel socializzare con le koopa di
sangue nobile dei piccoli regni e delle prosperose contee sparsi per il
mondo, tra cui diverse si sarebbero probabilmente lasciate blandire dai
vantaggi di un possibile contratto di matrimonio, mentre l'unica
delicata creatura a cui il sovrano aspirasse viveva esattamente nel
regno limitrofo dalle lande erbose e città edificate nel totale
rispetto e amore per Madre Natura. Tuttavia, gli sforzi per reclamarla
erano andati falliti uno dopo l'altro e gli anni avevano proseguito
inesorabili nel proprio lento scorrere: lei una tenera pulzella troppo
inesperta per sbocciare nella regina che ben prometteva e lui invece un
sovrano già affermato ma ancora giovane e per alcuni versi alle
prime armi, ritrovatosi costretto ad adempiere agli imprescindibili
doveri della discendenza.
Le
cose tra Bowser e la principessa erano troppo turbolente al momento,
tra rapimenti e tentativi di soverchiamento lungi dall'essere ancora
perdonati, perciò il drago aveva trovato una soluzione
ragionevole nel range di opportunità che la scienza offriva. E
non nuova in realtà per altri potenti lungimiranti che avevano
assecondato il desiderio di rifiutare i capricci del caso e possedere
una progenie impeccabile e a propria immagine di perfezione da
qualsiasi punto di vista. Della donatrice non avrebbe mai conosciuto il
volto e il nome, non che la cosa gli importasse, nutrendo per la
stessa ignota soltanto un vago senso di riconoscenza per aver fornito
la mancante metà genetica necessaria a completare l'opera e a
breve anche quello sarebbe sbiadito del tutto, sepolto dalla speranza
che la sola colei che viveva stupenda e amabile nei suoi sogni avrebbe
accettato come suo il frutto di quella decisione un giorno.
Fu
così che venne al mondo il primo di quelli che poi in futuro
sarebbero stati otto pargoli Koopa all'appello. Certo, suo padre lo
avrebbe cresciuto nel migliore dei modi e con un'istruzione di alto
livello per offrirgli un oceano di possibilità in cui poter
distinguersi e primeggiare: non gli avrebbe fatto mancar nulla per
vivere felice. Vi avrebbe triplicato l'impegno per compensare la
temporanea assenza di una canonica figura materna ed era ben deciso a
trasformare l'indifeso trottolino in un vero genio della strategia e
della milizia. Tutto questo però era assai più rapido a
dirsi che a farsi ovviamente e non sarebbe stato un progetto
così semplice da realizzare come l'ignaro monarca aveva creduto
all'inizio.
Rivestire
il ruolo di genitore si era rivelato un autentico lavoro parallelo
all'impegnativa sovranità e, come tale, risucchiava attenzione,
tempo ed energie ogni giorno, tutti i giorni, tutte le notti senza
pause. Il primogenito era stato il trampolino di lancio nell'insidioso
mondo di pappette e pannolini con l'esperto Kamek come provvidenziale
paracadute onde evitare morti e distruzione lungo lo sfiancante
tragitto. Comunque il magikoopa aveva la ferma intenzione di
responsabilizzare il suo padrone stavolta, avendo già provveduto
alla crescita di quest'ultimo e dunque consapevole su quale giostra
l'esordiente genitore fosse salito senza averlo ancora pienamente
compreso se l'ereditario temperamento fosse rimasto conservato nella
fresca discendenza. Era stata sì un'esperienza che rievocava in
lui una certa nostalgia di tanto in tanto, ma che avrebbe preferito lo
stesso non ripetere. Decisamente no.
Dall'alba
in cui il Re aveva fatto ritorno alla sua dimora col minuscolo
fagottino seminascosto nell'incavo del braccio, un nuovo capitolo nella
storia del castello era stato aperto ed il regno aveva festeggiato la
lietissima notizia nella gelosa riservatezza, impedendo che le voci
sorvolassero i confini e giungessero ad orecchie estranee. Questa era
la politica: ciò che accadeva nella Terra Oscura restava nella
Terra Oscura, a meno che il Re non avesse stabilito altrimenti.
Perciò nessuno, nemmeno il Regno dei Funghi vicino, era venuto a
conoscenza dell'arrivo del principino (e dei suoi fratelli in seguito)
e ne sarebbe rimasto escluso per altri anni a venire.
Ludwig fu il nome scelto non a caso dal sovrano e unico genitore, portando in esso il significato di valoroso combattente assieme
al peso di chi avrebbe dovuto rispondere al compito di alimentare a sua
volta l'onore della dinastia Koopa quando il momento di ascendere al
trono sarebbe arrivato. Dalle dimensioni interessanti per la sua tenera
età e le piccole corna nascoste tra la folta chioma che
ricopriva l'intera testolina, si poteva desumere con piacere che
sarebbe cresciuto in un reggente grande e forte come il padre,
nonostante dei suoi tratti avesse ereditato in minima parte: il musetto
era paffuto e col naso meno pronunciato; gli occhi tondi ed espressivi
e il suo colore caratteristico era un bluette che tingeva sia i capelli
che il guscio ancora troppo fragile e privo di spuntoni. Ma tali
dettagli piombavano nel baratro dell'insignificanza davanti
all'irrefutabile realtà che nelle sue vene scorresse il sangue
di un Bowser orgoglioso e pronto ad insegnargli tutti i segreti per
regnare ed addestrarlo nel glorioso guerriero che il nome stesso
presagiva. Ciò, naturalmente, dopo che avesse almeno appreso a
reggersi in piedi.
« È normale
questo? » brontolò il grosso koopa stringendo il
cucchiaino tra gli artigli fino a deformarlo. Erano arrivati solo al
quarto da quando si erano seduti.
«
Più di quanto crediate, Vostra Imponenza. » Kamek non si
preoccupò di nascondere un sorrisetto di vaga soddisfazione al
carapace spinoso rivolto verso di lui, gustandosi la giustizia del
karma per tutte le innumerevoli occasioni in cui era toccato a lui
essere il bersaglio in passato.
Il re mugugnò di nuovo, passandosi un fazzoletto sul muso per
eliminare il proiettile di pappa in mezzo agli occhi che gli avava imbrattato
le squame smeraldine e le folte sopracciglia. Se non fosse stato
così nervoso, probabilmente sarebbe rimasto impressionato dalla
mira invidiabile.
Ludwig
si godeva immobile lo spettacolo e le attenzioni dal suo seggiolone
mentre la montante collera paterna non faceva altro che divertirlo.
« Ritentiamo. E questa volta lo tengo io il
cucchiaio. » Bowser mise ancora una volta in chiaro chi fosse al
comando
nella stanza, gettando via la posata con la forma del suo pugno e
afferrandone un'altra dal mucchio di scorta. Cercare di mantenere la
sua reputazione di sovrano malvagio nel riuscire a convincere un
koopolotto di nemmeno un mese di vita a mangiare senza storie la sua
pappa era una sfida anche per lui. « Ora apri. Apri! »
ordinò ricevendo ben poca collaborazione dal fronte opposto.
Kamek
osservò come fossero tornati alla solita conversazione a senso
unico puntualmente da dove avevano lasciato: all'inizio Bowser lo
avrebbe chiesto gentilmente, per quanto gentile sapeva essere; dopo un
po' avrebbe cominciato a scaldarsi ed eventualmente alzare la voce;
dopo l'inutile sbraitare si sarebbe infine piegato ad implorare... Al
momento si trovavano esattamente tra la fase due e la tre.
«
Per tutti i fulmini! Se non mangi subito questa sbobba, la butto fuori
dalla finestra e salterai il pranzo! » proruppe il drago spazientito
torcendo senza accorgersene l'ultimo cucchiaino tra le grinfie.
Ludwig
non parve affatto intimorito né di fronte allo sguardo di fuoco
né dalla minaccia e voltò il musetto dall'altra parte in
segno di sfida.
Con
un ringhio infuriato il re mantenne la sua parola e la ciotolina
sfrecciò nel cielo simile ad un ufo, fendendo le nuvole
più basse e catturando l'attenzione di qualche fortuito
spettatore tra i soldati. « Contento adesso?! »
No,
per niente. Lo scoppio di pianto in risposta ne fu la palese
dimostrazione, gettando la testolina all'indietro e spalancando la
bocca ancora priva di dentini mentre i polmoni si svuotavano di tutto
l'ossigeno a disposizione.
Bowser
si calmò all'istante e affondò il collo tra le spalle
per la vergogna delle conseguenze di quel gesto avventato sotto lo
sguardo di estrema disapprovazione dalla direzione di Kamek. Prendendo
in braccio il cucciolo singhiozzante, lo strinse al petto ed emise
morbidi rombi gutturali per consolarlo, strofinando la punta del muso
contro il faccino triste e umido ed in breve tempo riducendo
l'intensità dei lamenti in singulti smorzati. Al diavolo la
reputazione, non sopportava quando Ludwig piangeva e specialmente se
era proprio lui la causa. C'era qualcosa in quel suono
straziante che lo faceva crollare come un castello di carte e l'unico
pensiero che aveva il sopravvento sul resto era riuscire a placarlo.
« Di' nelle cucine di mandare su un'altra porzione »
mormorò sconfitto.
E altri cucchiaini, pensò tra sé il magikoopa uscendo dalla porta. E il ciclo si ripeteva anche quella mattina.
Nota d'autrice:
Quando
il mio cervello è sotto stress, questi sono i frutti del mio
delirio. Sono da poco diventata zia e forse è stato l'incentivo
ad approcciarmi a un tema simile.
E sono pienamente consapevole che Miyamoto abbia messo in chiaro solo
dall'anno scorso che Junior sia l'unico a condividere un legame di
sangue diretto col Re Koopa, mentre gli altri bowserotti sono stati
relegati al ruolo di semplici sgherri. La scelta di perseverare nella
vecchia idea degli otto figli in questa fanfiction è voluta :]
Mi scuso inoltre per il ritardo nel recensire le storie nelle mie
liste, ma sto affrontando un periodo molto impegnativo e questa breve
fanfiction che progetto di sviluppare è stata un piccolo sfogo
per smorzare la pressione tra una cosa e l'altra. Prometto che mi
farò risentire presto e riprenderò tutto da dove ho
lasciato!
Bowser, Ludwig & Co. © Nintendo
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