Un caffè con panna, grazie.
Lei.
Aria aveva appena cominciato un
nuovo diario, quello vecchio era finito. Lo aveva riempito con i suoi pensieri,
le sue parole e i suoi sogni. Lo aveva riempito di lei.
Aria si era seduta, come ogni
mattina, al tavolo accanto alla finestra. Aveva scelto quello la prima volta
che era entrata nel bar. Era un locale piccolo ma arredato in stile moderno.
Quella mattina si era svegliata
bene, senza troppi pensieri e ricordi in testa. Aveva ordinato il suo solito
caffè con panna e aveva preso a scrivere il suo nuovo diario. Aria alzò per un
attimo gli occhi dalle pagine ancora candide pronte a essere occupate dalle sue
riflessioni, e incontrò i suoi occhi. Gli stessi occhi che vedeva tutte
le mattine, da quando era entrata per la prima volta al Carlo’s. Da
quando si erano visti la prima volta, non avevano mai parlato, non si erano mai
scambiati più di qualche occhiata d’intesa o dei mezzi sorrisi imbarazzati.
Sembrava che per capirsi o presentarsi non ci fosse bisogno di parlare, a loro
bastava così.
Aria non si sentiva bene, in
quel momento. <<Sarà colpa dei suoi occhi>> scrisse
velocemente con la sua stilografica, dopo aver terminato la frase precedente.
Lui era seduto sempre nello
stesso posto, con la sua aria da ragazzo ribelle e i capelli spettinati. I suoi
bellissimi capelli spettinati. Li aveva definiti così la prima volta, e
sorrise, ripensandoci. Le piaceva immaginare una vita un po’ strana e
movimentata, per lui. Un’infanzia bella e divertente, nella sua casa in New Jersey,
in compagnia di una bella sorellina dai capelli mori e ricci e le guancie
rosate, e dai suoi genitori. Impegnati nel lavoro, ma sempre presenti. Lo
immaginava nato in America, ma di origini europee. Lo immaginava crescere e
andare bene a scuola. Magari con poca voglia, ma comunque riuscire a cavarsela.
Lo immaginava apprendere la notizia di una malattia, quella di sua madre, che
in pochi mesi se l’era portata via. Lo immaginava consolare sua sorella,
disperata, nelle notti insonni. Immaginava suo padre, che nonostante le
difficoltà, era rimasto forte per loro. Lo immaginava così, perché un giorno un
ragazzo era entrato e si era seduto accanto a lui, dicendogli che sua madre
sarebbe rimasta per sempre nel suo cuore, anche se non c’era più. E Aria aveva pianto.
Era corsa in bagno e si era sfogata. Probabilmente lei non avrebbe sopportato
una perdita del genere, anche se a lei, parlare della famiglia, non era mai
piaciuto.
Aria continuava a scrivere, e
ogni tanto tossiva. L’autunno le piaceva, ma proprio non sopportava ammalarsi
in questa stagione. Anche se le malattie, non la spaventavano per niente.
Lui.
Zayn quella mattina l’aveva
vista scrivere. Lo faceva sempre, e secondo lui doveva essere anche piuttosto
brava, visto la passione che metteva nel riempire quelle pagine. Un giorno
aveva scritto più di quindici pagine nel giro di mezz’ora. Lo sapeva, perché gli
piaceva guardarla scrivere e aveva contato quante volte avesse girato pagina
pronta a riempirne un’altra. Trovava comunque strano, che lei usasse una penna
stilografica, quelle con l’inchiostro da cambiare. Insomma, ormai non le usava
più nessuno. Se avevano inventato le Bic, un motivo c’era, no? Eppure amava il
suo modo di utilizzarla.
Quella mattina si era seduto al
solito posto, aspettando che arrivasse. Zayn preferiva vederla arrivare, al
posto che trovarla già lì. Gli piaceva guardare come si sedeva con tanta
compostezza. La prima volta che l’aveva vista entrare, pensava che fosse una
turista. Si guardava intorno, come per imprimere nella mente tutto quello che
vedeva. Come se non ci fosse un domani, o più semplicemente, per prudenza.
Aveva scelto il tavolo accanto alla finestra. Esattamente di fronte al suo. Si
erano guardati per sbaglio, i loro occhi si erano incontrati, e non si erano
più lasciati. Una sensazione di leggerezza lo pervase. E capì che lei, era
speciale.
L’aveva vista sedersi e sistemare
immediatamente il portatovaglioli, era una ragazza attenta ai dettagli, e si
capiva in fretta. L’aveva vista ordinare in caffè con panna, l’unica cosa che,
secondo lui, stonava con la sua ipotesi di ragazza attenta alla linea e che
seguiva la moda perché le piaceva avere un bell’aspetto. Lo avevano subito
colpito i pantaloni che fasciavano perfettamente le gambe magre e le Vans che
portava ai piedi. Pensò subito al suo amico Louis che adorava quella marca e ne
portava sempre un paio. Ne aveva di molti colori.
Lo avevano colpito gli occhi
chiari in contrasto con il colore scuro dei capelli. E così andarono avanti a
incontrarsi – si fa per dire- tutte le mattine fino a quel giorno.
Il punto era che in quel
momento, fu l’unica volta che la vide stanca. Insomma, era passato molto tempo
dal loro primo sguardo, eppure gli sembrava di vederla diversa. Portava gli
occhiali scuri, probabilmente per nascondere le occhiaie. E scriveva il suo
nuovo diario, attenta.
Si scambiarono un veloce
sguardo. Bastò quello, per farlo sorridere. Ora per lui la giornata cominciava
ad avere un senso.
Dopo aver ricevuto il suo caffè
con panna, ringraziò la cameriera, che tornò al bancone sorridente.
<< Deve aver preso freddo
>> pensò, vedendola tossire e stringersi nel suo caldo maglione.
Quell’anno, pur essendo ancora autunno, le temperature erano rimaste comunque
nella media. E per avere una tosse del genere, doveva proprio essersi beccata
un bel colpo d’aria.
La vide mescolare il suo caffè
per qualche minuto, fissando fuori dalla finestra e dopo un altro colpo di
tosse e una veloce occhiata all’orologio, si alzò e passando davanti alla cassa
con una grande fretta lasciò una banconota da venti dollari e pronunciò
soltanto un << Tenga pure il resto >>.
Era la prima volta che la vedeva
andare di fretta. Certo, guardava sempre l’orologio, ma ormai aveva capito che
il suo orario di lavoro, o qualunque cosa fosse, cominciava alle nove. E in
quel momento, erano soltanto le otto e un quarto.
Guardò il suo posto, ormai
vuoto. Notò con dispiacere che il suo caffè con panna era rimasto intatto,
senza neanche toglierne un sorso e che il suo diario… il suo diario era rimasto
lì. Lo aveva dimenticato aperto, con la penna accanto.
Zayn si alzò e lo prese, corse
fuori con la speranza di vederla, ma non fu così. Ormai era andata via. Guardò
intorno più volte, ma non la vide. Probabilmente poteva essere l’occasione
buona per parlarle. La mattina dopo sarebbe potuto andare da lei a restituirle
il diario e presentarsi. Sarebbe stato fantastico. Era felice, felice di avere
un’altra possibilità.
Tornò al suo posto, con il
diario ancora tra le mani. Lo guardò attentamente. Sarebbe stata una buona idea
leggerlo? Magari parlava di lui, o più semplicemente avrebbe scoperto che lo
riteneva uno stupido babbeo che la fissava ogni volta che entrava da Carlo’s.
Poteva capire che, se non lo citava neanche una volta, allora poteva evitare di
presentarsi la mattina successiva. Tanto a lei non interessava. Meditò qualche
minuto, prima di decidere. Voleva sapere il suo nome, almeno quello glielo
doveva.
Aprì la prima pagina, notando
la scrittura morbida di lei. Al centro, un po’ come nei libri, era scritta una
dedica.
“A Te, che mi guidi dall’alto e
non mi fai perdere la strada.
A Lui, che mi fa volare pur non
avendo le ali.
A Loro, che pensano di capire,
ma che in realtà ignorano.”
Zayn rimase stupito di fronte a
quelle parole. Era evidente che non fossero parole di uno scrittore come Charles Bukowski o autori di quel genere, eppure lo avevano
toccato. Si domandò più volte, rileggendo quelle poche righe, a chi si stesse
riferendo. Una cosa era certa però, nell’angolo più remoto del suo cuore quel
ragazzo che la faceva volare pur non avendo le ali, sperava fosse lui.
Voltò pagina,
sperando di trovare qualche informazione su di lei. Era datata il 10 ottobre.
Aveva iniziato il diario quella mattina, eppure aveva già scritto sei pagine.
“Caro Diario,
Comincio a
macchiare di l’inchiostro le tue candide pagine bianche qui al Carlo’s, il
solito bar di cui ho parlato tante, forse troppe volte. Sai, oggi fa piuttosto
freddo, il cielo è pieno di nuvole e probabilmente comincerà a piovere da un
momento all’altro. Io adoro la pioggia. Da piccola pensavo che le gocce di
pioggia fossero le lacrime del cielo. Pensavo che visto che in cielo abitavano
gli angeli, anche loro dovevano piangere, e che quindi Dio aveva creato la
pioggia per permettere a loro di sfogarsi e piangere le persone che avevano
lasciato sulla terra. Ero stupida e ingenua, però mi piace pensarlo ancora
oggi. E’ una bella cosa, secondo me.”
Zayn bevve un sorso
del suo espresso riflettendo su quelle parole. Era una fantastica
scrittrice, su questo non c’era dubbio. E anche una bravissima sognatrice. Ma a
sognare -come diceva sempre suo nonno-, son buoni tutti.
“Oggi l’ho rivisto.
Ho rivisto il ragazzo che mi fa sentire le farfalle nello stomaco, che mi fa
stare bene e che mi da una sensazione di leggerezza infinita ogni volta che mi
guarda. Perché noi non facciamo altro che guardarci e parlare con gli occhi.
Vorrei tanto sapere come si chiama il misterioso ragazzo del bar.
Ho appena sollevato
lo sguardo e ho notato che mi stava fissando. Hai degli occhi bellissimi. Un
brivido mi ha percorso la schiena. Sarà colpa dei suoi occhi.”
Il misterioso
ragazzo del bar.
Non riusciva ancora
a credere che quel ragazzo fosse lui. Insomma, oltre qualche sguardo non c’era
mai stato nulla, eppure lei provava quello che sentiva lui. C’era qualcosa di
grande e profondo dietro tutto quello. E lui lo sapeva.
“Da quando ho
smesso di ballare per via degli esami e dell’andare avanti e indietro
dall’ospedale, non avevo più provato la sensazione di leggerezza che mi fa
sentire lui quando mi guarda.”
Ospedale? Zayn non
riusciva a capire, così continuò la lettura ancora più curioso e interessato di
prima.
“Adoro i suoi occhi
scuri e i capelli corvini sempre spettinati. Le sue felpe con la cerniera
perennemente aperta e il suo modo di tenere le mani in tasca. Mi piacciono i
suoi occhiali da sole e il modo in cui li porta. Lo adoro e basta.
Che poi, da quando
l’ho visto, tutte le mattine spero che lui ci sia ancora. Che non se ne sia
andato.
Caro Diario, fosse
per me andrei a presentarmi. Sapere in partenza come andrà a finire questa
storia mi disgusta. Mi dispiacerebbe troppo per lui, non potrei mai fare una
cosa del genere. Non pretendo che s’innamori di me, ma comunque spero di
iniziare un rapporto, anche di amicizia. Ma sarebbe comunque una catastrofe.
Tutto lo è. Sono stufa di tutto questo, e credo proprio che stia arrivando la
fine di quest’agonia. Oggi la mia tosse è peggiorata e non è un buon segno. A
lavoro ho lasciato credere a tutti che fosse una semplice influenza, ma non è
così e tu lo sai bene. Ti ho raccontato più volte i miei dolori e gli esiti
degli esami. Peccato che non ci sia una soluzione. O meglio, è la soluzione
finale, quella che toccherà scontare a tutti. Non mi piace usare la parola
“morte”. E’ triste e mette angoscia, io preferisco qualcosa come “passare a
miglior vita”.
Mi chiamo Aria di
nome e di fatto. Aria tra poco si librerà in volo e volerà tra gli angeli,
anche se non sono sicura di andare in Paradiso. Ho avuto una vita breve, ma un
tempo non ero la ragazza di oggi. Aria è sempre stata libera. Libera come il
vento d’inverno.
E poi la mia mente
vaga tra le persone che ho conosciuto, tra i visi amici e quelli sconosciuti.
Non oso immaginare
come si sentirà Maddie. Le voglio un gran bene e mi dispiace per tutto quello
che le ho fatto passare con la mia malattia. Ne abbiamo combinate tante insieme
e a pensarci mi viene da ridere. Ricordo ancora quando siamo scappate di casa
per andare al concerto della band della scuola. Dopo neanche mezz’ora i nostri
genitori ci hanno scoperto e messo in punizione per ben un mese intero. Come farò
senza di lei una volta che me ne sarò andata? Mi mancheranno le telefonate
dalle due di notte per raccontarci le ultime novità sul ragazzo del bar o sul
suo migliore amico, di cui si è innamorata. Mi mancheranno i suoi abbracci. Mi
mancherà il suo essere sempre positiva e solare, anche nelle situazioni più
brutte. Mi mancherà perché Maddie è sempre quella bambina che all’asilo mi ha
chiesto se potevo dividere la merenda con lei perché sua madre si era
dimenticata di metterla nello zainetto. Mi mancherà perché Maddie è una e
inimitabile. Perché c’è n’è una sola come lei e nessuno potrà mai sostituirla.
Ti voglio bene Maddie. Sei speciale.”
Per la prima volta
dopo tanto tempo, Zayn sentì il bisogno di piangere. Avrebbe voluto farsi
avanti prima senza aspettare di sapere queste cose. Sarebbe dovuto andare da
lei e avrebbe dovuto confessarle tutto il suo amore. Era arrivato alla sesta
pagina, ormai. Mancavano poche righe alla fine.
“Al ragazzo
misterioso del bar vorrei invece dire che è stato bello incontrarlo, mi ha
trasmesso molte cose e ho un po’ paura a dirti questo, caro Diario, ma io credo
davvero di essermi
Zayn voltò la
pagina per vedere se la frase fosse stata finita da qualche parte, ma non era
così. Si era interrotta per la troppa tosse e non era riuscita a terminare la
frase.
Quel “ma io
credo davvero di essermi” incompiuto frullava nella sua testa. Voleva forse
scrivere innamorata?
Ma io credo davvero
di essermi innamorata.
No, non poteva
essere. Eppure voleva pensare che fosse così. La prossima volta che l’avrebbe
vista si sarebbe dichiarato senza farsi troppi problemi. La amava e questo gli
bastava.
Erano passati molti
mesi ormai e Zayn aveva capito per quale motivo si era messa a correre. Aveva
capito di non avere più tempo, e se nelle mattine precedenti non si era mai
preoccupata delle lancette che continuavano a muoversi, oggi aveva finalmente
guardato per davvero l’orologio che segnava lo scadere del suo tempo.
Lo sentiva vicino
ormai quel momento, e aveva ragione.
Non era più tornata
in quel bar dopo quel giorno. Se n’era andata per sempre e lui aveva perso la
sua occasione. La sua occasione di dirle che amava la sua attenzione per i
dettagli e il suo modo di avere sempre il controllo su tutto. Amava vederla
ordinare il suo caffè con panna tutte le mattine alla stessa ora e amava il suo
modo elegante di accavallare le gambe.
Prima di lasciarla
andare avrebbe voluto dirle tante cose, come ad esempio che nonostante avesse
origini inglesi odiava il tea. Oppure che non sopportava i manga e che
bisticciava sempre con Niall perché non voleva vedere l’ultima puntata di
Naruto.
Anche oggi ha
portato il diario con sé e aspetta di vederla entrare da quella porta. Ha
aspettato, la aspetta e la aspetterà per sempre. Il suo amore non svanirà mai,
come i ricordi di quei pochi mesi passati a scambiarsi sguardi e sorrisi.
Passati ad amarsi segretamente.
L’autunno è
passato, ormai. Ma tu non passerai Aria. Rimarrai sempre presente nel mio cuore
e nella mia mente. Sempre libera di ricordarmi che la vita è troppo breve per
vivere nel rimorso.
La cameriera si
avvicina sorridente. Abbiamo fatto amicizia, si chiama Allison.
<< Posso
portarti qualcosa? >> chiede gentilmente.
<< Un caffè
con panna, grazie >>
Spazio
autrice.
Voglio
iniziare ringraziando principalmente voi che avete letto questa storia. E’ una
delle poche che mi ha realmente colpito e che ho ritenuto di pubblicare. Sono
molto severa con me stessa riguardo ai miei lavori. Proprio per questo vi
chiedo gentilmente di lasciare una vostra opinione.
E’
una storia triste, lo so. Rispecchia molto il mio stato d’animo e sono
finalmente fiera di averla resa nota.
Ringrazio
davvero molto i creatori del mio banner. Sono delle fantastiche ragazze che
lavorano alla pagina https://www.facebook.com/PinoolastsGraphicVideo
Ancora
una volta vi ringrazio.
Un
bacio e alla prossima.
Ariel_me.