Wool
– Magie di lana
Edward
aveva un cane, una volta.
Non
l'aveva mai raccontato a nessuno: quei ricordi sembravano troppo
comuni, troppo puliti e semplici per incastonarsi nella sua nuova
esistenza di giochi di luce ed ombre profonde. Ma ricordava
distintamente il suo Toby: lo ricordava mentre gli correva dietro nel
grande giardino odoroso di caprifoglio, Edward un bimbo in calzoncini
corti dalle guance rosse di risate; lo ricordava quando nelle sere
d'inverno, mentre lui leggeva di fronte al fuoco, gli si accoccolava
ai piedi. Ed erano memorie dolci e facili come le pastiglie di
zucchero che la sua governante gli comprava sempre.
Per
questo, anche durante la sua vita oltre la trasformazione, aveva
sempre amato gli animali, sebbene molti ringhiassero allarmati di
fronte all'odore minerale della sua razza. Certe volte sentiva
davvero la mancanza di un compagno silenzioso, di un batuffolo di
pelo e affetto che lui potesse ancora proteggere e accudire;
soprattutto nelle lunghe, immense notti di dicembre, quando tornava
dalla caccia, il sangue caldo e inebriante che gli scuoteva le vene:
perché quelli erano i momenti in cui si sentiva meno umano,
e in cui
avrebbe avuto più bisogno del conforto elementare di
qualcosa da
accarezzare.
Bella,
però, l'aveva notato.
Aveva
notato il sorriso così vero e istintivo, quasi un riflesso
condizionato, in cui si distendevano le labbra di Edward quando
passavano insieme di fronte alle vetrine del negozio di animali, il
modo in cui i suoi occhi si colmavano di un tepore incerto e
indifeso; quegli occhi potevano essere splendidi e gelidi come oro, o
incupiti dal desiderio o dal pensiero, ma lei credeva di non amarli
mai quanto di fronte a quei cuccioli.
Per
questo aveva compiuto quel gesto avventato e un po' patetico.
Queste
due parole descrivono le mie azioni con una preoccupante frequenza,
pensò, mentre restava seduta sul morbido divano bianco del
salotto
dei Cullen, con una scatola aperta sulle ginocchia.
-È
una pazzia- dichiarò Alice, rientrando in quel momento con
una tazza
di caffè bollente in mano -una vera pazzia. Capisco le tue
intenzioni, e le approvo, ma lui non ne sarà affatto
contento.
Affatto.-
Con
un cipiglio che mal si adattava al suo viso da elfo, la sorella di
Edward si accomodò sulla poltrona di fianco a lei,
porgendole la
tazza. Bella la strinse tra le dita, lasciando che il tepore
sciogliesse il gelo del pomeriggio di dicembre, e pensò
disperatamente a come difendere la propria posizione. -Lo so, Alice-
sospirò infine, optando per la vecchia e rischiosa tecnica
della
verità -ma so anche che potrebbe fargli molto bene,
soprattutto a
lungo andare. Ha bisogno di qualcuno con cui essere dolce e
affettuoso, ma che non gli rechi tanta preoccupazione quanto me. So
di essere una sorta di mina vagante.-
-Be,
ehm...- tentò di ribattere l'amica, cercando una replica
adatta.
Inutilmente.
Bella
sollevò una mano, frenando i suoi penosi sforzi. -No, Alice,
la mia
non era una domanda. In questi mesi ho posto in pericolo la mia vita
o quella di Edward almeno un fantastiliardo di volte; è ora
che
abbia anche qualcuno in grado di dargli tenerezza e compagnia senza
implicazioni letali.-
-Ma
ciò che avete voi due è molto di
più...-
-Lo
so, certo: io e lui, anche se le sue ragioni continuano ad apparirmi
piuttosto oscure, ci amiamo, ed è la cosa più
spaventosa e
splendida e incomprensibile e preziosa che io abbia mai vissuto. Ma
questo amore talvolta, come tutti i grandi amori, fa male; quello che
voglio è dargli un sollievo, un affetto più
semplice, senza buio.-
Il
fruscio della porta d'ingresso che si apriva le zittì.
Improvvisamente, Bella percepì qualcosa, come un sussulto
fresco
nell'aria, un vago sentore di brina e resina, e seppe che era Edward.
Un
istante dopo, il volto cesellato del suo ragazzo comparve sull'uscio
del salotto, bianco come l'ala di un cigno. Fissando quegli occhi
splendenti, di un castano soffuso d'oro come le gonfie nocciole
dell'Autunno, sentì il cuore pulsarle furiosamente nelle
tempie.
-Ehi- le salutò, avanzando con le sue falcate silenziose;
era
inutile, di fianco a lui Bella sarebbe sempre risultata goffa come
un'anatra. -Come mai quelle facce colpevoli? Cosa state macchinando
voi due?-.
-Bella
vuole darti il tuo regalo di Natale- rivelò Alice,
spalancando le
palpebre come se fosse sorpresa dal suono della sua stessa voce -in
anticipo.-.
Edward
sollevò un sopracciglio, un'ala scura sul candore della
fronte. -Ah
davvero? E c'entra forse con quella scatola?- il sopracciglio si
inarcò ancora di più. -Scatola che si
è appena mossa, a
quanto vedo.-
-Sì,
bè...- Bella tentò di distogliere lo sguardo
dalla cristallina
bellezza del suo fidanzato, cercando di ricordare come si respirasse
-in realtà sì, ma è una cosa un
po'...strana...spero che...- con
improvvisa risolutezza, si alzò in piedi, tendendo la
scatola sotto
il naso di Edward. In fondo era saltata giù da una
scogliera. Questo
non poteva essere tanto peggio. -...spero che ti piaccia, ecco.-
In
silenzio, il suo ragazzo prese l'involto, scostando i petali di carta
velina; e quando vide cosa contenevano, il suo viso si
raggelò e
sciolse ad un tempo.
Dentro
c'era il più piccolo coniglio nano che avesse mai visto:
avrebbe
potuto facilmente stare nella sua mano aperta. Il pelo era grigio e
lanoso, come uno sbuffo di nebbia rotondo, e si scuriva in un nero
vellutato sulle orecchie e intorno agli occhi, grandi e spalancati.
Era caldo sulla sua mano e vivo e soffice e delicato. Con immensa
dolcezza, Edward sollevò le dita, accarezzandolo sulla
testa. Il suo
viso era impenetrabile.
Bella
si morse il labbro. -Non ti piace, vero? È stata una pessima
idea,
lo so, Alice me l'aveva detto e...-.
-No-
mormorò lui, con una voce bassa e densa che la ragazza
legava solo
ai momenti in cui si sentiva più indifeso. - è
solo che...che non
si è ritratto.-
Fu
il turno di Bella di aggrottare la fronte. -Credo...credo di non
capire.-
-Noi
ci nutriamo di animali- intervenne Alice, i tratti fini e sbarazzini
colmi di affetto -quindi di solito le altre creature percepiscono il
potere e il pericolo che emaniamo. Invece il tuo piccolo amico non si
è mostrato spaventato. Non è così,
Edward?-.
-Sì-
mormorò lui, e in quel sussurro Bella colse tanto dolore e
tanta
solitudine da farla scoppiare a piangere. Quando poté di
nuovo
fidarsi della propria voce, gli pose una mano sul braccio freddo.
-Allora buon Natale, Edward. Spero che vi prenderete cura l'uno
dell'altro.-.
Lui
sfiorò ancora un istante il pelo della piccola creatura, e
non si
impedì di ricordare i pomeriggi di sole e risate trascorsi
con Toby,
quando la luce non lo trasformava ancora in una statua di cristallo e
non era che un ragazzo dagli occhi giovani. Ma questa volta, quelle
memorie non fecero male.
Forse,
se poteva ancora godere del tocco di un cucciolo, poteva ancora fare
molto altro. Ancora ridere, scherzare, danzare.
Guardò
Bella.
Amare.
-Come
lo chiamerai, Edward?- chiese Alice, sorridendo.
Lui
strinse a sé la sua fidanzata, mentre il coniglietto si
poggiava
contro il suo petto, in un incavo che sembrava plasmato per lui.
Ed
Edward sentì un tepore che non percepiva da anni avvolgerlo
come
lana.
-Wool-
decise -lo chiamerò Wool.-
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