L'inizio dell'arcobaleno

di BakaPanda
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Il suicidio.
Questa parola è stata nella testa di Adrian per ben due anni, fino ad ora. Una parola pesante, per un quindicenne, ma neanche ora che di anni ne ha diciassette riesce a tornare sui suoi passi. Anche ora che è un diciassettenne non riesce a dire “ho esagerato” oppure “ho sbagliato”. Qui, le uniche persone che hanno sbagliato, sono stati i suoi genitori. Non è lui a dirlo, lo direbbe chiunque.
Abitare in Russia non è facile, quando ti piace il tuo stesso sesso e di sicuro non lo è con due genitori così conservatori. Lui non l’ha mai detto a nessuno. Nella sua stessa situazione, chiunque avrebbe fatto lo stesso.
Ma quando ha cominciato a sentirsi con un suo coetaneo al di fuori dello stato e i suoi genitori hanno scoperto tutto… Quando hanno guardato la cronologia del suo computer, quando hanno visto la verità, la vita di Adrian Semyonov, ragazzo russo originario di Tula, ha cominciato a colare a picco.
Ha sempre saputo di non poter essere accettato dalla società in cui viveva e vive tutt’ora. Ha sempre saputo che la sua era una condizione delicata, anche se non dovrebbe esserlo. A volte ha pensato di aver sbagliato, in una vita precedente e di essere stato punito. A volte l’ha presa come una rovina, una croce… Ma si è reso conto che loro, tutte le persone discriminate per le stesse motivazioni, riescono ad amare meglio di chiunque altro. Meglio di tutti quelli come i suoi genitori. Considerati “normali”, quando dovrebbero essere chiamati “abominio” al posto di chi, come lui, riesce ad andare oltre a tutto ciò che gli viene imposto.
Per questo, anche quando l’hanno mandato in una comunità per tossico-dipendenti (o meglio,  in un istituto di "cura" per omosessuali mascherato per una comunità per tossici) lui ha sempre pensato alla fuga.
Ha sempre pensato di fuggire in un altro paese. Magari lì, le cose, sarebbero state diverse. In Svezia, in Olanda, in Norvegia. Avrebbe trovato i soldi.
In quell’istituto veniva violentato, picchiato, ferito fisicamente e psicologicamente. Adrian è dimagrito tanto, lì dentro. E’ diventato schivo, timido, impaurito. Non parlava con nessuno, perché tutti erano potenzialmente pericolosi. Anche gli altri ragazzi. Qualcuno si è suicidato, lì dentro, ma lui no. Lui ha deciso di restare forte nella sua debolezza, e di resistere fino alla fine. La fine però non arrivava, e lui era sempre più distrutto… Quindi scappa. Scappa via, senza nulla in mano e la fortuna gli sorride. Subito trova lavoro, in un ristorante a Mosca. Ha solo sedici anni ed è bisognoso, per questo accetta di lavorare a nero. Ore e ore di lavoro per quattro spiccioli, per finire a dormire su due sedie dopo l’orario di chiusura. Tempo qualche mese, e una ragazza lo ospita nel suo appartamento. Adrian accetta, senza comunque svelare la sua omosessualità e dorme in casa sua, sul divano.
Perseguitato dagli incubi, impaurito dal mondo che lo circonda, si lecca le ferite in attesa di scappare verso un posto più bello, dove può trovare l’amore e dove, magari, potrà avere una famiglia senza essere picchiato semplicemente per essere quello che è.
Ha sofferto, ha pianto e ha taciuto per salvare la sua stessa vita; ha rinunciato a tutti i suoi diritti di essere umano in attesa di riscattarsi. Niente potrà mai cancellare dalla sua mente il dolore, il sangue, quel liquido scarlatto con il quale troppe persone lo hanno sporcato… Ma tutto finisce e, quando finisce una cosa, ne comincia un’altra.
Quando finisce qualcosa di brutto, comincia qualcosa di bello.
Non a caso, il rosso è il colore del sangue, ma è anche il primo colore dell’arcobaleno.




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