Anchor
of myself.
Isaac Lahey era un personaggio dannatamente complicato. Dannatamente
difficile da scoprire e quasi tutti l'avevano capito. Sembrava che
nessuno potesse parlargli, provare a capirlo, perché quello
che aveva passato lui, forse nessuno l'aveva passato.
Ma era anche
così dannatamente solo che, spesso, metteva da parte le sue
disavventure e provava a mettersi in contatto con il resto del suo
gruppo. Inutile dire quanto si sentisse parte di qualcosa quando
qualcuno gli rivolgeva un sorriso. Smetteva di essere il dannato Isaac
Lahey e restava solo Isaac e per i suoi amici non c'era niente di
meglio di tutto questo.
Ma era nei momenti in
cui era solo che ponderava a quanto la sua vita avesse fatto schifo
fino a quel momento, perché effettivamente non poteva sempre
stare con i suoi amici. Loro dovevano mandare avanti le loro vite e lui
provare ad aggiustare la sua.
Il ragazzo era
abituato a sentirsi solo, abituato a sentirsi una nullità e
soprattutto un errore. Era abituato e basta a sentire un certo tipo di
dolore all'altezza del petto che gli stritolava lo stomaco e impediva
al cuore di battere.
Si era più
volte sentito triste e abbandonato dal mondo. Un cane con le pulci.
Esatto, lui era quel tipo di cane che la notte abbaiava e che veniva
sbattuto fuori di casa con un avviso intimidatorio di fare silenzio.
Eppure stava solo cercando di proteggere qualcuno, proteggersi. Cosa
poteva fare? Non poteva cambiare. Nemmeno se avesse voluto.
Veniva semplicemente
snobbato dal mondo, persino da Derek, che si era spacciato per la sua
famiglia per tanto tempo. Colui che l'aveva trasformato in un lupo,
colui che era il suo Alpha. Gli aveva promesso che si sarebbe preso
cura di lui, che l'avrebbe aiutato a gestire le fasi lunari eppure,
recentemente, tutto era cambiato a tal punto da buttarlo fuori dal loft
in cui il lupo maggiore abitava. Nessuna promessa lo proteggeva,
nessuno si prendeva la briga di stare con lui.
Si era alzato da terra
e aveva camminato verso casa di Scott, sapeva esattamente dove stava
andando, ne era consapevole e gli andava bene così. Quando
arrivò, prima di bussare alla porta, si prese un momento per
se. Con una guerra che incombeva, lui pensava a se stesso, di si
mostrava egoista. Respirò a fondo, riempì i
polmoni d'aria e aspettò di calmarsi per quello che stava
per fare. Non aveva mai chiesto aiuto in maniera così
plateale. In genere si convinceva di poter fare tutto da solo, eppure,
stavolta, sapeva che non c'era via di fuga.
Suo padre non sarebbe
stato orgoglioso di lui, non sopportava l'egoismo, soprattutto in suo
figlio. L'avrebbe rimesso dentro quel freezer e magari l'avrebbe
acceso. L'avrebbe punito in maniera così dura per
insegnargli che quell'atto non portava a nulla di buono. L'avrebbe
lasciato a congelare. Ad Isaac vennero i brividi, sebbene l'aria non
fosse fredda o fresca, anzi, era piuttosto calda, quella sera. Si
osservò le mani, notando che gli artigli gli erano usciti
fuori dalle dita. Si sentiva sempre un po' come Wolverine quando questo
succedeva senza che lui se ne accorgesse. Suo padre era la sua ancora,
ma ancora prima la sua rovina.
Non aveva di certo
avuto un'infanzia facile, Isaac. Ne aveva passato davvero innumerevoli
e c'erano stati diversi momenti in cui aveva deciso che non ne valeva
più la pena. Suo padre continuava a distruggerlo e lui aveva
esaurito la forza nelle braccia per rialzarsi ogni volta che veniva
massacrato di colpi. Si ripeteva che, un giorno, avrebbe reagito, ma
poi la finiva a pensare che se l'era meritato. Ad un certo punto delle
botte, smetteva anche di ricordarsi cos'era precedentemente successo.
Si rannicchiava in se stesso e aspettava che il dolore fisico passasse,
consapevole che quello psicologico non sarebbe mai passato.
E, come per ogni cosa,
vigeva sempre la stessa regola: prima ti ci abitui, prima passa.
Riusciva a vedere
quanto le cose fossero cambiate da quando era un lupo e la cosa lo
lasciava senza fiato, anche se era tutto migliorato. Essere un
adolescente era giù difficile per lui, a scuola veniva
snobbato da tutti, come se non esistesse e quando era avvenuta la
trasformazione, era entrato nel branco di Derek Hale e aveva conosciuto
Boyd ed Erica, i suoi primi amici. Si era preso una cotta per i capelli
biondi, gli occhi verdi e la sicurezza della sua compagna e si era
ritrovato a pensare che era sempre lo stesso Isaac di sempre,
probabilmente solo un po' più sicuro.
Era stato proprio
questo piegarsi continuamente ad un padre violento e l'essere
continuamente solo che lo spingeva a credere che lui, alla fine dei
conti, era il più forte di tutti. Non si sarebbe mai
lasciato spezzare da nessuno, nemmeno da un branco di Alphas
notevolmente più forte di lui, guidati da una specie di
mostro.
Lui era Isaac Lahey,
era abbastanza forte da ammettere quanto bisogno avesse d'aiuto, era
abbastanza forte da alzarsi e camminare ancora. Strinse il pugno e
bussò alla porta, aspettando che qualcuno andasse ad
aprirlo, aspettandosi la signora McCall, restando sorpreso quando si
trovò Scott, invece davanti. Allora piegò le
labbra in un sorriso triste e pronunciò quelle parole che
gli costavano tanto.
« Scott, ho
bisogno di un favore. »
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Io continuo a
scrivere, eh! AHAHAHAH. E mi faccio il giro dei miei fandom,
perché ne ho bisogno. Ho molto altro pronto, ma tengo a
questa, perché Isaac è l'amore e lo amo. E' il
mio personaggio preferito. E nulla. Spero possa andare. Spero d'essere
stata IC. Mi sono impegnata tanto. ♥
Saluti, damnhudson.
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