2. Hope
Hope
Stava
lì,
accasciato sul pavimento.
Il taglio
alla gola era talemente profondo che si stupì che non si fosse ancora
staccata
dal resto del corpo.
Una pozza di
sangue vermiglio si spargeva irregolare sul pavimento di legno marcio.
Il corpo
piegato in strane posizioni, i capelli unti e neri
appiccicati e incrostati di
sudore. Il naso adunco che mirava al soffitto e gli occhi neri vacui,
che si
stavano piano piano spegnendo.
La Morte di acciaio,
La Morte tagliente.
Pensava che
la sua morte sarebbe stata veloce e indolore.
Si aspettava
troppo.
Il pensiero
delle zanne di serpente che gli si conficcavano nel collo gli fece
risalire un
brivido lungo la spina dorsale. O forse lo immaginò soltanto.
Era convinto
che ne avrebbe assaggiato il ricordo anche da morto.
È inutile urlare,
La Morte non sente.
La bocca
semiaperta asciutta e gli occhi umidi. Udì un rumore, da qualche parte.
Probabilmente era la Morte che veniva finalmente a prenderlo, a cullarlo
dolcemente tra le sue braccia e portarlo con sé nelle viscere
dell'universo.
La gola,
che prima sembrava non esistere più, tornò a pulsare.
Se quello
non era l'Inferno, Severus non avrebbe saputo dire cosa fosse.
La Morte che strazia,
La Morte che sbrana.
Serpenti.
Sangue. Dolore.
La mente era
annebbiata, e solo queste parole risuonavano chiare e lucide, in
quell'ammasso
ingarbugliato di parole non dette e azioni non fatte.
Di tutti i dolori
La Morte è sovrana.
Avvertiva
una stretta, dentro, vicino al cuore. Quel cuore che era sempre stato di
un'unica persona. Che non avrebbe mai battuto per nessun altro.
Soffriva.
Tanto.
Voleva
proteggere suo figlio. Per lei. E lui non era stato in grado di fare
nemmeno
quello.
La Morte ha colpito,
In un solo momento.
Mentre
un'ultima lacrima solitaria gli rigava il viso, avvertì la sua bocca
muoversi,
sussurrare parole che lui non sentì.
Un rumore
indistinto di campane iniziava a battere prepotentemente nella sua
testa. Era giunta
la sua ora?
La Morte di sangue.
Un ultimo
respiro, un ultimo sguardo, e lui fu certo di aver visto un paio di
grandi
occhi verdi. Occhi verdi che lo fissavano preoccupati, occhi verdi che
gli
assicuravano che andava tutto bene.
Occhi verdi
che si inumidivano, e occhi verdi che si illuminavano. Occhi verdi color
della
speranza.
La Morte di vento.
Gli occhi di
Lily.
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Salve.
Questo è lo
spazio di POlicOlOr che potete leggere quando finite di piangere… O
quando io finisco di piangere
(non si scrive
mica da sola, 'sta roba).
Questa è una
FanFiction molto deprimente che ho scritto ieri, senza nessuna pretesa,
dopo
aver letto quella filastrocca. E visto che sono alquanto sadica, ho
deciso di
farvi soffrire con me.
Ora
soffrite. (E possibilmente, quando avete finito, lasciate una
recensioncina).
Vi lascio
anche la libertà di maledirmi, se volete.
#POlicOlOr
fa ciao con la manina e promette che tornerà a mietere le vostre anime.
[La
poesia è ripresa dal numero 66 del
fumetto “Dylan Dog”]
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