Due
vele.
Zwei Segel
erhellend
Die tiefblaue Bucht!
Zwei Segel sich schwellend
Zu ruhiger Flucht!
Due vele nella baia
Ne schiariscono il blu!
Due vele in dolce fuga
Proseguono più
a sud!
Wie eins in den Winden
Sich wölbt und bewegt,
Wird auch das Empfinden
Des andern erregt.
Com'una nel vento
S'inarca
e vacilla,
Così
l'altra ne sente
Del
sentimento la scintilla.
Begehrt eins zu hasten,
Das andre geht schnell,
Verlangt eins zu rasten,
Ruht auch sein Gesell.
Se una vuol correre,
L'altra
si affretta,
Anela
una sosta,
La
compagna l'aspetta.
[Conrad
Ferdinand Meyer]
La mia vita era fondata su pilastri di routine e
quotidianità. Questo non la rendeva necessariamente brutta,
o noiosa. Solo ritmica.
Io e Peeta
avevamo ricostruito le nostre intere vite a partire da questa
filosofia. Era la nostra protezione, l'ancora contro i momenti in cui
il vento soffiava più forte. La nostra
quotidianità era il porto in cui potevamo sempre tornare una
volta finita la tempesta.
A Peeta
piaceva particolarmente usare questa metafora marina. L'oceano per lui
era addirittura stato il protagonista di una fase artistica molto
sentita. Aveva passato intere ore a fare schizzi a matita, a
carboncino, studi sulle sfumature degli acquerelli, pratica con le
pennellate intrise di colori ad olio. Si lamentava sempre di non
riuscire a catturare veramente l'idea del mare.
Io guardavo i
suoi dipinti e i suoi scarti mai completati, e mi sembravano tutti
magnifici, alcuni addirittura privi di difetti tecnici. Perfetti.
«Solo
stilisticamente», replicava lui stringendo le labbra.
Tracciava qualche pennellata decisa ed irritata sulla tela, e poi
aggiungeva sempre: «Manca l'essenza».
Era
profondamente convinto che senza quella i suoi quadri fossero solo
delle belle tele da appendere al muro. Non importava quanto io amassi
il suo dipinto o quanto fosse ben fatto: mancava l'essenza.
Un giorno mi
ero svegliata e avevo trovato una valigia già pronta ai
piedi del letto.
«Andiamo
nel 4», aveva annunciato Peeta, già vestito e
pettinato.
Io ero rimasta
a fissarlo come se fosse stato parte della parete alle sue spalle. Non
potevo partire, lo sapeva bene.
C'era una sentenza sul mio capo da quando avevo mandato a finire quella
freccia dritta nel petto della Coin. In quanto reduce di guerra
instabile e pericolosa ero confinata a vita nel 12.
«Ho
parlato con Plutarch», aveva risposto Peeta. «Per
ottenere il permesso a vita dobbiamo prima lavorarci un po' il
Consiglio, ma intanto te ne è stato accordato uno
provvisorio». Mi aveva sorriso e aveva accennato alla valigia
davanti a me. «Ti va di passare una settimana con Annie e
Sean?».
Così
eravamo partiti per la prima vera vacanza che io avessi mai fatto.
Peeta era eccitato come un bambino, e voleva che io prendessi questa
settimana come un viaggio per celebrare il nostro matrimonio. L'avevo
accusato di essere un sentimentale senza speranze, ma alla fine avevo
lasciato un bacio sul suo sorriso felice.
Era stata una
delle settimane più belle della mia vita. Sean ormai aveva
tre anni ed era un ometto a tutti gli effetti. Peeta non riusciva a
staccarsi da lui, e a sua volta Sean lo considerava di gran lunga lo
zio preferito. In conclusione vivevano praticamente in simbiosi e Sean
aveva una residenza semi-stabile sulle spalle di Peeta.
Io ed Annie
con gli anni eravamo diventate sempre più vicine. Ci
trovavamo bene insieme. Spesso restavamo in silenzio, ma non ci pesava.
La maternità le aveva donato un istinto protettivo che
estendeva su tutti, ed alcune volte si comportava come se io fossi
stata la sua sorella minore. Non mi dispiaceva, era un gesto
incredibilmente premuroso.
Adoravo
anch'io Sean, ovviamente, perché era impossibile non amare
quel bambino, ma la cosa assurda era che anche lui mi adorava. Mi
chiamava zia Kat,
rubando il nomignolo di Peeta, e voleva sempre che lo prendessi in
braccio quando non era già sulle spalle del suo zietto.
Lo sguardo con
cui Peeta ci osservava interagire era dolorosamente dolce.
Vedevo bene il
suo desiderio di avere un figlio, e soprattutto di averlo con me. Nei
suoi occhi c'erano la speranza e la paura e l'attesa e la pazienza, ed
io non riuscivo a sostenere il peso di quegli sguardi.
Affondavo il
viso nei capelli morbidi di Sean e chiudevo gli occhi finché
non ero sicura di aver reso di nuovo inespressivo il mio volto. Avevo
il terrore che, sotto gli strati della mia paura feroce e animale,
Peeta potesse vedere il suo stesso desiderio, e insieme la
rassegnazione di fronte all'impossibilità di realizzarlo.
Ogni sera
guardavamo il tramonto. C'era un angolino tra gli scogli che era il mio
preferito, perché c'era giusto lo spazio per due persone e
mi dava un'ottima occasione per stare solidamente accanto a Peeta senza
sembrare sentimentale. Qualche volta uscivamo presto e aspettavamo
l'alba, imbacuccati nella stessa coperta di lana perché
l'aria che veniva dal mare era più fredda di quanto avessimo
mai pensato.
A volte
nuotavamo, a volte ci sedevamo sulla spiaggia per ore. Se ci veniva
fame a orari strani Peeta mi portava da quel piccolo chiosco vicino a
casa di Annie e prendevamo due porzioni di minuscoli pescetti fritti.
Ogni volta ero
la prima a finire la porzione, e Peeta mi passava sempre qualcosa dalla
sua. In risposta sorridevo in un modo un po' storto che mi faceva
venire le fossette ai lati della bocca, perché avevo
scoperto che quell'espressione lo faceva sempre ridere di gusto, e la
sua risata era un suono caldo e avvolgente che non sentivo mai troppo
spesso.
Poi il mio
permesso era scaduto, e la vacanza era finita. Una volta tornati a
casa, Peeta aveva iniziato a dipingere su una tela particolarmente
grande, senza accordarmi il permesso di sbirciare prima che l'opera
fosse giunta a compimento.
Quando mi
aveva annunciato che aveva terminato il dipinto, gli avevo dato un
colpetto con il gomito, dicendo: «Allora? L'hai trovata
questa essenza?».
Peeta aveva
sorriso in silenzio e mi aveva mostrato il dipinto.
Non so cosa mi
aspettassi. Forse uno dei tramonti che avevamo visto, o una versione
più grande di qualche suo vecchio schizzo.
Non era niente
di tutto questo. La tela era occupata da una baia aperta, con il mare
tranquillo, il cielo sereno.
La cosa che
colpiva di più era la quantità di blu nel
dipinto. Nel cielo, nel mare. Una distesa di onde che sembrava infinita.
Poi, in mezzo
a tutto quel blu, spiccavano due vele spiegate, bianche come la neve.
Procedevano insieme, affiancate, senza il timore di incorrere in una
tempesta improvvisa.
Una volta
tanto non mi era servita la spiegazione di Peeta per cogliere il
simbolismo di un quadro.
Poi lui mi
aveva abbracciata da dietro, appoggiando il mento sulla mia spalla.
«Io
credo di averla trovata, tu che dici?».
Avevo
sospirato piano, annuendo. Ora che avevo davanti
ai miei occhi quell'essenza, capivo perché Peeta l'avesse
cercata tanto a lungo.
Perché
era bellissima.
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Ma buonasera!
Non so cosa
dire a mia discolpa, se non che sono affetta da una diarrea creativa e
che ho deciso di assecondarla mettendo da parte lo studio. Che pessima
studentessa.
Allora,
due informazioncine. I nostri cari PK nella mia testa si sono sposati a
19/20 anni, e qui ne hanno 21.
Sean è il
figlio di Finnick e Annie, e io lo adoro. Il suo nome è una
gentile concessione di un'ignara Eco. Grazie, cara! ^^
Come
potete notare Katniss si è sposata ma è ancora un
po' convinta che l'amore possa essere una debolezza, e non vuole farsi
vedere come una sentimentalona. Ha.
Come se fosse possibile, con Katniss Ghiacciolo Everdeen.
Altra cosa. Io
sono convinta che in realtà Katniss voglia dei figli da
Peeta, perché lo ama. Ma sa che la sua paura
l'avrà sempre vinta e quindi è rassegnata e
impaurita e non vuole mostrare a nessuno questo suo desiderio represso
perché teme che Peeta possa insistere e per lei sia un
conflitto troppo duro. Insomma, una cosa del genere.
Comunque,
alla fine, in soldoni... che ne dite di questa storia? Non è
certo una delle mie migliori, no no.
Solo che
questa poesia mi ispirava troppo, e in più dopo una
settimana di mare non ho resistito.
Come avrete
potuto vedere è opera di Conrad Ferdinand Meyer, ed
è in tedesco. La traduzione è opera mia, udite udite!, e mi
sono impegnata per cercare di mantenere un po' l'atmosfera originale.
Se volete una traduzione letterale potete trovarla sul web ^^
Devo
rispondere e recensire millemila cose, se non mi vedete arrivare
sappiate solo che è colpa della scuola.
Un abbraccio a
tutti,
wip
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