l
Rieccomi. Allora, prima di tutto ci tenevo a ringraziare yuna
per la recensione. Mi spiace, ma davvero non ho potuto fare prima, sto passando
un periodo non proprio facile, quindi ti prego di scusarmi per l'attesa, ma ti
assicuro che ho fatto il prima possibile. Mi scuso anche di aver creato una
“storia da violente crisi d'astinenza” (*-*), capisco che sia un problema per i
lettori, ma dicendomelo hai solo ingigantito il mio ego malato. XD Mi fa piacere
che tu abbia apprezzato la caratterizzazione dei personaggi perché è una delle
cose cui mi soffermo di più, insieme ai dialoghi. Suonerà banale, ma ormai per
me sono quasi delle entità a loro stanti, è come se li conoscessi veramente (Eco
non apprezzerebbe, mi sa). Se continuerai a lasciare recensioni mi farà molto
piacere. ^^
La cosa che più mi fa ridere è che ad ogni capitolo che posto
c'è sempre nuova gente che mi aggiunge ai preferiti ma mai un cane che lascia un
commento. XD Grazie anche a Queen: non vedo l'ora di sentire le tue nuove
teorie. (*-*) Per eventuali domande, non esitate a contattarmi. Ok, ora la
pianto di prolungare inutilmente l'agonia.
Capitolo 19: Sprechi di tempo e di
energie
Seduta
su una sedia di fianco al letto, una mano in grembo e l’altra appoggiata vicino
al cuscino, Jillian osservava in silenzio il viso di Wantz, constatando che,
almeno quando dormiva, i suoi lineamenti si distendevano, perdendo la classica
maschera inespressiva. Spossato com’era, probabilmente anche a causa del fatto
che in quegli ultimi giorni aveva dormito poco o niente, il ragazzo era svenuto
subito dopo esserle scivolato addosso. Marhalt e Iwen lo avevano trasportato fin
nella sua camera, ed era già un’ora buona che il ragazzo giaceva a letto, in
quello che a lei sembrava in tutto e per tutto un sonno profondo, ma che Marhalt
le aveva spiegato essere una perdita di coscienza semi-involontaria grazie alla
quale i maghi, pur restando privi di sensi, svolgono un processo curativo capace
di sanare anche le ferite più gravi. Ciò non toglieva che con ogni probabilità,
finito il processo, sarebbe rimasto addormentato fino al mattino successivo, per
recuperare il sonno perso. Volente o nolente, secondo lo spilungone sarebbe
stato lo stesso corpo del mago ad imporgli di riposare.
Al
fianco della ragazza, Iwen sedeva su uno sgabello che aveva portato dalla
cucina; teneva lo sguardo basso, perso in chissà quali pensieri, mordicchiandosi
di tanto in tanto il labbro inferiore. Marhalt, invece, sostava vicino alla
finestra, appoggiato al muro.
Jillian
si arrovellava tra una moltitudine di interrogativi differenti, ma la prima
domanda che fece, spezzando il silenzio che regnava ormai da una buona mezz’ora,
per quanto assurda suonasse, rendeva bene l’idea della confusione che regnava
nella sua testa.
<<
Ma voi chi siete in realtà? >>
Marhalt
sulle prime si stupì; pensandoci bene, tuttavia, dovette ammettere di non
poterla biasimare: visto tutto quello che era successo, era legittimo che la
ragazza nutrisse simili perplessità. Scelse con cura le parole con cui
rispondere. << Siamo persone con la rabbia nel cuore alla ricerca della
verità. >>
<<
Una definizione un po’ oscura >>, fece notare Jillian.
<<
Però è vero >>, disse lo stangone. << Anche la tua domanda, del
resto, non era chiara. Non si capiva cosa intendevi. Sai bene che siamo contro
l’Oscuro, e sai altrettanto bene che Wantz è un mago, quindi non puoi aspettarti
altro che situazioni del genere stando con lui. E il fatto che tutti noi siamo
strani e abbiamo qualcosa da nascondere, direi che è fin troppo evidente.
>>
Jillian
si voltò: al suo fianco, Iwen si stava sistemando meglio la manica sinistra,
arrotolandola sulla spalla e fermandola con uno spillone; dovendolo fare con la
sola mano destra, aveva qualche difficoltà. Gli prese delicatamente la spilla di
mano e la appuntò poco più in basso della scapola, sotto lo sguardo un po’
imbarazzato del ragazzino.
<<
Mi dispiace >>, si scusò. << Sono un po’ scombussolata, e non riesco
a ragionare. >>
<< Non c’è problema >>,
rispose Iwen, la voce un po’ impastata, anticipando l’amico. << Sai, non è
così male essere diverso: si impara a farsi furbi e ad arrangiarsi come
si può. E poi c’è il notevole vantaggio che la marmaglia si tiene alla larga
perché teme che gli creeremmo problemi >>, aggiunse tutto
convinto.
Jillian
gli sorrise. << Magari tutti la pensassero così. Ciò ti fa onore e
dimostra che sei più maturo di gran parte di coloro che hanno la pretesa di
definirsi adulti. >>
<<
Già, non è solo un fatto di età, ma anche e soprattutto di testa >>,
condivise Marhalt. << Anche se Iwen è stato influenzato da quel cialtrone
del nostro caro mago. >> Tacque, ripensando a un episodio di parecchi anni
prima. Si lasciò andare ad una risata, e riprese a parlare, con l’aria assorta
di chi sta ricordando un periodo felice ormai passato. << Un giorno Wantz
mi disse: “Se non posso vivere come una persona normale, non mi rimane che
vivere come una persona strana.” E così ha fatto. >>
<<
E bisogna ammettere che gli riesce bene >>, sorrise Jillian, osservando il
mago respirare con movimenti lenti e regolari: riusciva quasi ad apparire
innocente. Il sonno fa davvero sembrare le persone dei bambini, pensò. <<
Credevo che... >>, esitò un attimo prima di continuare. << Credevo
che fosse una specie di misantropo che evita di creare rapporti con le persone e
si crede superiore a tutti. >>
Marhalt
sorrise. << Non si può negare che molti versi lo sia.
>>
<<
Sì, però... Si vede chiaramente che vi vuole bene. >>
<<
Siamo cresciuti insieme, senza avere altri legami con il mondo >>, spiegò
Marhalt. << C’è da dire che non abbiamo fatto molti tentativi di allargare
i nostri orizzonti, ma noi stavamo bene così. Le nostre esperienze personali ci
portano a non dare grande fiducia al prossimo, con le dovute eccezioni, si
intende >>, precisò, accennando un inchino all’indirizzo di Jillian, che
rispose con un elegante cenno della mano come avrebbe fatto una nobildonna in un
salotto.
<<
Comunque il nostro non è una specie di paradiso >>, sbuffò Iwen. <<
Abbiamo un sacco di grane, e litighiamo sempre tra noi. >>
Jillian
scosse la testa, come a voler sottolineare che quello non era un aspetto
negativo. << Solo quando si ha un rapporto si può litigare.
>>
<<
Allora direi che tu e Wantz siete sulla buona strada. >>
La
ragazza guardò basita Marhalt. << Più che litigare, direi che lui cerca di
mortificarmi in ogni modo. >>
<<
Lo so, ha un carattere complicato >>, ammise Marhalt.
<<
Ha un carattere polemico >>, lo corresse lei.
<<
Ha qualche pregio anche lui, sai? >> Siccome Jillian lo fissava con
un’espressione assai poco convinta, proseguì. << E' d'intelligenza
brillante piuttosto che acuta; adatta a ogni studio, ma inclinata
particolarmente alla filosofia morale e alla poesia. >>
<<
Poesia? Lui? >>, chiese, voltandosi verso Wantz e fissandolo come se fosse
una rapa parlante.
<<
Oh, sì >>, confermò Iwen entusiasta. << A tempo perso scrive
canzoni. Dovresti sentirle, niente a che vedere con quelle fanfaronate della
musica popolare. >>
<<
Già, ma visto che di tempo da perdere ne ha ben poco, la sua produzione è assai
scarsa >>, specificò Marhalt. << E comunque dubito che
acconsentirebbe a farti sentire qualcosa di suo. >>
Jillian
si esibì in un sorriso furbetto che poteva fare concorrenza a quelli di Wantz.
<< Saprò convincerlo, vedrai. >>
Iwen
la guardò titubante, chiedendosi se anche lei non avesse qualcosa da insegnare a
Wantz quanto a metodi persuasivi.
<<
Inoltre >>, riprese Marhalt, ignorando con un sorriso goduto
l’affermazione della ragazza, << è un potente sensitivo e un esperto di
magia nera, uno dei più scaltri che abbia mia conosciuto.
>>
<<
Ah sì >>, esclamò Jillian. << Riguardo la sua abilità in materia non
ho dubbi. Vorrei soltanto che fosse un po’ più umano. >>
<<
Ma lo è >>, asserì lo spilungone. << E come tale, ha numerosi
difetti. >> Si aspettava che Jillian ribattesse, invece la ragazza restò
zitta, chiaramente interessata. << E' di poche parole, per nulla incline
alle ciarliere spacconate, ma anche affidabile e impavido.
>>
Jillian
alzò gli occhi in un gesto rassegnato. << Sull’affidabile avrei da ridire.
So che è serio e responsabile, me ne sono accorta da tempo, ma da come parla e
si comporta a volte sembra uno scapestrato incosciente e menefreghista.
>>
<<
Questo perché non vuole far vedere com’è veramente >>, chiarì Marhalt.
<< E' un ragazzo volenteroso, onesto e severo con se stesso. Può non
sembrare, ma dietro il suo volto inespressivo cela un animo impetuoso.
>>
Lo
guardò con tanto d’occhi. << Infatti non sembra affatto.
>>
Marhalt
rise. << Prima o poi si tradirà, e la sua immagine di ragazzo di ghiaccio
crollerà. Non è freddo come vuol fare sembrare. >>
<<
Ha la tendenza ad agire senza ragionare, ma si frena perché sa che ha grandi
responsabilità sulle sue spalle. In realtà è una testa calda, fidati di uno che
se intende >>, le confidò Iwen strizzandole un occhio in atteggiamento
complice.
<<
Se lo dici tu, posso fidarmi >>, dichiarò Jillian con un sorriso che mozzò
il respiro al ragazzino, facendolo diventare del colore dei suoi
capelli.
<<
Per quanto riguarda il resto... >>, riprese Marhalt con serietà. <<
Io mi sono già spinto troppo oltre il lecito raccontandoti fatti strettamente
personali. Il resto è meglio che sia lui a dirtelo, se e quando lo vorrà. Anche
la questione della Triade, è meglio che la affronti con lui.
>>
La
ragazza annuì, guardando pensierosa i capelli spettinati di Wantz, neri come la
pece, creare un netto contrasto con il cuscino bianco. << Vorrei soltanto
capire... Perché ha sempre quell’aria tesa, come se in ogni momento la sua mente
fosse rivolta altrove. >>
Marhalt
non rispose subito. << Si è imposto la mestizia. >>
<<
Lo sospetto anch’io, ma per quale motivo? >>
Il
ragazzone si passò una mano sul collo, riflettendo. << Credo che lo faccia
per punirsi. Di cosa, però, non saprei proprio dirlo. >>
La
prima volta che riprese i sensi doveva essere ora di pranzo. Lo capì perché
Marhalt stava discutendo con Jillian: diceva che non era necessario sorvegliarlo
per tutto il tempo, tanto non sarebbe scappato, e in ogni caso doveva mangiare
qualcosa, anche se aveva lo stomaco chiuso. Ascoltò ad occhi chiusi il breve
scambio di frasi, in quel piacevole stato di dormiveglia, troppo intontito per
poter anche solo cambiare posizione. L’ultima cosa che sentì prima di
riaddormentarsi, fu Jillian che chiudeva la porta per scendere in cucina a
pranzare.
Ormai
era sera, ma Wantz non accennava a svegliarsi. Non si era mosso nemmeno di un
millimetro, restando coricato a pancia in giù, le braccia incrociate sul petto,
per tutte quelle ore. Marhalt diceva che era normale, perché era ancora in “fase
di recupero”. Lei aveva mangiato (sotto ordine di Marhalt), aiutato Iwen con i
suoi esercizi e pulito un po’ la casa (lo spilungone aveva indubbie doti da
massaia, ma una donna resta sempre la più adatta per quel genere di lavori),
tuttavia la maggior parte della giornata l’aveva passata su quella sedia, in
attesa di un segno di vita da parte del ragazzo. Era sua intenzione seppellirlo
di domande non appena avesse aperto gli occhi.
E
poi non poteva certo sprecare quell’occasione di vedere Wantz dormire con
un’espressione così angelica in volto.
La
seconda volta ci mise un po’ a ricordare cos’era successo e dove si trovava. Poi
sentì la civetta che, da quando lui aveva memoria, veniva tutte le notti a
posarsi su nocciolo vicino al magazzino, una vera habitué di quella zona
insomma, e decretò che doveva essere ormai sera inoltrata.
Schiuse
gli occhi, il minimo sufficiente a fargli vedere se c’era qualcuno nella stanza:
Jillian sedeva alla sua scrivania, ed era intenta in quella che sembrava una
complicata operazione di rattoppo della manica di una maglia, alla fioca luce di
due candele.
Che
modo stupido di rovinarsi la vista.
Lui
almeno se la rovinava leggendo libri.
Mentre
scivolava di nuovo nel regno di Morfeo, si sentì molto stupido: la vicinanza con
quella piaga lo stava avvelenando, non c’erano dubbi.
Quando
ebbe messo l’ultima toppa (la quarta) su una maglia di Iwen, stupita che un
ragazzino potesse essere così distruttivo nei confronti dei propri vestiti,
dette un’ultima occhiata a Wantz e, ormai certa che il suo riposo era tranquillo
e non tempestato di incubi (come aveva notato succedergli quando era
particolarmente stanco o stressato), prese ago, filo ed i vestiti rammendati e
uscì dalla stanza del ragazzo per andare a dormire. Nelle due ore precedenti,
Wantz si era rigirato nel sonno, il che significava che aveva finito di curare
le lesioni riportate nello scontro e che ora stava semplicemente dormendo. La
cosa sollevò Jillian dall’irrazionale timore che il mago non riuscisse a termine
il processo di guarigione, non potendo quindi uscire da quella specie di coma,
imprigionato in uno stato tra il sonno e la morte.
Aprì
gli occhi, infine completamente lucido. Fuori dalla finestra (una delle poche ad
avere il vetro) il cielo andava schiarendosi: tenendo conto della stagione,
dovevano essere circa le sette. Rimase sdraiato, godendosi il tepore delle
coperte e la piacevole sensazione che si provava a giacere su un letto, in netto
contrasto con le dormite inquiete all’addiaccio seduto contro alberi, o al
massimo sdraiato per terra, e quindi ugualmente scomodo.
Nonostante
tutto quello che era successo il giorno prima, aveva la testa sgombra da
qualsiasi tipo di pensiero, cosa assai insolita per lui. Purtroppo non durò a
lungo: ricordatosi perché era nel suo letto, nella sua camera, gli venne di
conseguenza in mente perché si trovava lì.
Come
anche l’anno precedente, il maestro non si era fatto vivo in quei giorni. Anche
se, ad essere precisi, l’espressione “fatto vivo” era inappropriata. Del resto
non c’era da stupirsi: Wantz riteneva che, al suo posto, anche lui avrebbe
evitato volentieri di vedere la propria tomba. Ed era sicuro che, se pure fosse
stato lui a cercarlo, andando a scavare nella sua testa alla ricerca di quella
specie di limbo bianco, non sarebbe riuscito a trovarlo.
Rifletté
ancora una volta su quanto fosse inverosimile quella faccenda.
Quando
Jillian lo aveva raggiunto alla quercia, era rimasto zitto perché non sapeva
come comportarsi con lei. Di certo la ragazza credeva che fosse contrito nel
ricordo del suo defunto maestro.
Come?
Come avrebbe potuto dirle che non era così? Che era anzi molto
peggio?
Interruppe
bruscamente la sua riflessione sentendo che qualcuno aveva aperto la
porta.
Marhalt
entrò con passo felpato nella stanza, pensando che il ragazzo dormisse ancora.
Quando incrociò il suo sguardo, sorrise.
<<
Buon giorno. Dormito bene? >>, lo salutò.
<<
Dormito troppo, vorrai dire >>, corresse prontamente Wantz, drizzandosi a
sedere.
<<
Tranquillo, ce la siamo cavata egregiamente anche senza di te.
>>
Il
mago sbadigliò, mugolando un dubbioso “Sarà...”
Marhalt
sedette sulla sedia accanto al letto e proseguì. << Avresti dovuto vedere
Jillian che aiutava Iwen con le traduzioni di latino: non ho mai visto quella
peste così concentrata. >>
<<
Dubito che succederà ancora, quindi spero che ti sia impresso ben bene la scena
nella memoria. >>
<<
Puoi scommetterci >>, assicurò lo spilungone. << Cercala, ne vale la
pena. >>
Wantz
si concentrò sui pensieri dell’amico: questi ripensò intensamente al momento che
interessava loro e lo focalizzò meglio che poté. Wantz acchiappò facilmente il
ricordo e dopo un breve esame ridacchiò sardonico.
<<
Iwen, chino sul foglio, che preferisce dedicarsi alla questione dell’immortalità
dell’anima piuttosto che guardare in faccia Jillian e arrossire come un
peperone, con annesso balbettio di frasi sconnesse? >>, esclamò divertito
il mago. << Questo gli varrà una presa in giro a vita.
>>
Marhalt
rise, sollevato di vedere che si era completamente ripreso, anche dal punto di
vista emotivo; sembrava non esserci più alcuna traccia in lui dell’inquietudine
in cui era caduto a causa delle parole di Caradoc e Urien. Si maledisse, conscio
che la sua prossima domanda avrebbe guastato il buon umore del ragazzo, ma
doveva approfittare del fatto che erano soli.
<<
Wantz, devo chiederti una cosa >>, esordì cauto, fissando con gravità il
mago attraverso l’occhio socchiuso.
<<
Dimmi. >>
<<
Dopo averti portato in camera, ho mandato Iwen e Jillian a prendere dell’acqua
per ripulirti il sangue dalla faccia e disinfettare alla meglio il labbro che
Urien ti aveva spaccato. Mentre loro erano di sotto, ti ho tolto la maglia
sporca di sangue e terra e te ne ho messa una pulita. >>
Marhalt
si era interrotto, e del resto non c’era motivo che proseguisse: Wantz sapeva
perfettamente dove voleva andare a parare, lo aveva capito
subito.
<<
Che cos’è quella roba che hai sul torace? >> Il mago taceva, lo sguardo
rivolto alla finestra, apparentemente intento nella contemplazione della
paesaggio. << Sembra... Sembra il risultato di una maledizione.
>>
Il
ragazzo inclinò la testa di lato, in atteggiamento riflessivo. << Sì e no.
>>
<<
In che senso “sì e no”? >>, chiese, alzando perplesso un
sopracciglio.
<<
Beh, una maledizione generalmente è lanciata a qualcun altro, non a se stessi:
in questo caso è improprio chiamarla così perché me la sono procurata da solo,
anche se devo ammettere che, visti i disagi e le scocciature che crea, potrebbe
concorrere ad armi pari con la miglior maledizione >>, spiegò Wantz.
<< Diciamo che è il risultato di un mio ennesimo pasticcio.
>>
<<
Centra con quello che diceva ieri Caradoc? >>
<<
Sì e no >>, ripeté, frustrato di non potergli dire la verità. <<
Anche, ma non solo. Non posso ancora parlartene. Non prima di aver risolto
questa grana. >>
Marhalt
sorrise. << Non importa. Ricordati solo che se hai bisogno di aiuto, io ci
sono. >>
<<
Mi dispiace, Marhalt, davvero >>, disse il mago con tono accorato.
<< Ti giuro che vorrei raccontarti tutto. >>
<<
Non ti preoccupare. Ho fiducia in te, lo sai. Solo... >> Guardò negli
occhi il suo avventato e testardo amico. << Cerca di non esagerare,
d’accordo? >>
Wantz
annuì, il sorriso scanzonato sulle labbra. << Vedrò cosa possa fare.
>>
<<
E soprattutto, cerca di evitare di correre rischi inutili, adesso che...
>>
<<
... adesso che non sono più solo, giusto? >>, terminò lui.
Lo
spilungone annuì. << Perdonami se sono noioso, ma conosciamo le tue
tendenze autodistruttive. Uh, a proposito! >>, esclamò, alzandosi.
<< Devo andare a preparare la colazione. >>
Wantz
strabuzzò gli occhi. << A proposito di che? Che centra la colazione con le
tendenze autodistruttive? >>
<<
Centra eccome: hai presente cos’è successo l’ultima volta che Iwen ha provato a
cucinare? >>
Wantz
ebbe la fugace visione di una poltiglia informe, di un color muffa molto poco
allettante, che aveva un odore atroce di pece e cavoli. Ricordava chiaramente
che quella roba aveva “accidentalmente” fatto venire la dissenteria al Gufo,
scelto da Wantz come cavia inconsapevole per quella sbobba
immonda.
<<
Perché non chiedi allo “spirito femminile” di dargli lezioni culinarie?
>>, suggerì, non senza una punta di sarcasmo.
Marhalt
ignorò la sua proposta con una risata e uscì dalla camera, chiudendosi la porta
dietro.
Ho
fiducia in te , gli aveva detto. E Wantz lo sapeva. Oh, lo sapeva fin troppo
bene. Era anche per questo che si sentiva ancora più un mostro.
“Che
cosa diresti?”, pensò. “Che cosa diresti, Marhalt, se te lo
dicessi?”
Non
sapeva che cosa avrebbe detto precisamente, ma sapeva quale sarebbe stata la sua
reazione. Non si sarebbe arrabbiato. Non gli avrebbe dato dell’idiota. Sarebbe
stato deluso di lui.
Il
che era dannatamente peggio.
“Se sei arrivato a leggere fino a questo punto, molto
probabilmente avrai già trovato gran parte della Profezia. Vuoi ancora chiamarla
così?
Non stupirti di questo brusco cambio di registro. Non sono uno
dei Tre Savi.
Ci sono molte cose da dire ancora. Potresti anche dimenticarti
di quanto letto fin ora. Potrei anche dirti che tutto quanto fatto finora è
stato inutile. Che tanto finirà per forza così. Non c'è Profezia che possa
cambiare le cose.
Finirà tutto con la morte.”
Marhalt
posò la patata perfettamente sbucciata insieme alle sue compari. Appoggiò il
coltello sul tavolo e si pulì le mani nello straccio che si era legato in vita.
Seduto davanti a lui, Iwen sbocconcellava distrattamente un tozzo di pane secco,
lavorandoselo con lentezza e precisione, lo sguardo vacuo, perso nei suoi
pensieri. Vederlo così concentrato era sempre un piacere.
<<
Cosa stai elucubrando? >>, gli chiese, sbirciandolo benevolo attraverso
una fessura dell'occhio.
Il
ragazzino non rispose subito. Prese tempo, ammorbidendo un pezzo di crosta con
la saliva. << A ieri >>, rispose, dopo aver
deglutito.
<<
In effetti c'è materiale per giornate intere di lambiccamenti >>, ammise
lo spilungone.
Iwen
si rigirò il pezzo di pane tra le dita, contrito. << Una cosa in
particolare mi preoccupa. >>
Marhalt
aspettò che continuasse. << Sarebbe? >>, lo incoraggiò, dato che
l'altro non accennava a voler proseguire.
Il
ragazzino chiuse il pugno e lo riaprì, trovando la mollica intatta nonostante la
pressione esercitata. << Forse sbaglio, ma... Ho l'impressione che quelli
fossero venuti per Jillian. >>
<<
Forse. Non possiamo escludere nulla, dal momento che anche lei fa parte della
profezia. >>
<<
Sì però... >> Iwen alzò lo sguardo, dirigendolo alla finestra: la quercia
si riusciva a scorgere nonostante la lontananza, imponente, minacciosa, ma allo
stesso tempo familiare e rassicurante. << Mi chiedo quale ruolo le sia
toccato. >>
“Il punto è... Sarà la tua... o la sua?”
Era
da un po' che indugiava davanti alla porta. Un paio di minuti, non di più. Stava
ripensando alle brevi parole che aveva scambiato con Marhalt la sera prima,
quando lo spilungone l'aveva obbligata a cenare.
<<
L'episodio di ieri mi ha fatto capire una cosa.
>>
<<
Sarebbe? >>
<<
Che Wantz non è invincibile. Per questo, che gli piaccia o no, io lo aiuterò.
>>
Quando
la porta si spalancò all'improvviso sobbalzò, ritrovandosi di fronte il volto
imbronciato che ormai le stava diventando insolitamente
familiare.
<<
Entri o hai bisogno di un permesso ufficiale? >>
Jillian
sogghignò, mentre nella sua mente galleggiava la voce pacata di Marhalt che la
metteva in guardia con un sospiro rassegnato.
<<
D' accordo, ma spero che tu ti renda conto di quello che ti aspetta. Wantz non è
una persona facile. >>
Lucan
gettò malamente da parte il volume, non potendo nascondere a se stesso la
delusione per quell'ennesimo buco nell'acqua. Ovviamente non poteva definire
quelle ricerche una perdita di tempo, ma il fatto che i risultati fossero
pressoché inesistenti ogni tanto lo portava a chiedersi se ne valesse davvero la
pena. Nella miserevole condizione in cui si trovavano, nessuno aveva risposte
certe. Nessuno. Era impossibile stabilire che cosa fosse utile e cosa no. Il
piano più accorto poteva rivelarsi non solo fallimentare, ma addirittura
controproducente, mentre un gesto casuale o istintivo poteva fare la differenza.
Nessuna guida da seguire, nessun obbiettivo, anche transitorio, da raggiungere.
Solo la certezza di ciò che si vuole evitare. Ripensò con un sorriso a colui che
aveva definito questo loro macabro destino “una presa per i fondelli bella e
buona”. A pensarci bene, forse aveva proprio ragione lui: era inutile affannarsi
inutilmente, visto che tanto le loro azioni erano già state pianificate un
secolo prima e che tutto, alla fine, sarebbe andato come doveva andare, perché
era tutto già stato scritto.
Una
figura mi materializzò dall'altra parte del tavolo, piegata in due per l'affanno
e col fiatone.
<<
Che diavolo ci fai qui, Agravaine? >>, sbottò Lucan, accalorato, ma
riconquistando immediatamente il contegno che il suo ruolo imponeva. << Mi
sembrava di averti detto di non farti vedere se non a operazione conclusa.
>>
<<
Oh, per quel che vale >>, borbottò il rosso con una smorfia, cercando di
riprendere un ritmo del respiro regolare, riempiendosi i polmoni dell'aria
stantia e umidiccia della baita. << Una buona percentuale di tutto quello
che facciamo non serve a niente. >>
<<
Sminuire il nostro operato non servirà a renderci più utili >>, sentenziò
il vecchio, parlando anche e soprattutto a se stesso.
Il
ragazzo si terse il sudore dalla fronte. << Finiscila di borbottare.
'Stavolta ho qualcosa di interessante. >>
Lucan
si passò stancamente una mano sugli occhi, stropicciandosi la pelle rugosa e
segnata dagli anni. << Lo spero proprio, altrimenti ti assegno agli
approvvigionamenti. >>
Agravaine
sbatté la mano sul tavolo, fissando l'anziano compagno con un misto di sfida e
di orgoglio. Un pezzo di pergamena ingiallito faceva capolino attraverso le sue
dita.
<<
Ho un pezzo della profezia >>, annunciò.
<<
Da quant' è che sei sveglio? >>, chiese Jillian, dando le spalle al
ragazzo per permettergli di cambiarsi.
Wantz
si infilò la maglia, calandosela addosso senza la minima grazia e spettinandosi
irrimediabilmente. << Non da molto. Giusto il tempo di sentire mamma
Marhalt che ha spedito il giovanotto di casa al mercato. >>
La
ragazza sentì il mago buttarsi sul letto e si voltò, ormai sicura che avesse
finito di vestirsi. Lo raggiunse e si sedette sul bordo del letto. <<
Come... ti senti? >>, domandò, esitante.
<<
Benone >>, rispose lui, guardando fuori dalla finestra. << Ho fatto
una dormita... >>
<<
Trentasei ore filate >>, puntualizzò lei. << Insomma, eri distrutto.
Dovresti avere un po' più cura di te. >>
Il
mago si finse offeso. << E' questo di modo di parlare a chi ha
valorosamente affrontato i cattivi? >>
<<
Dico sul serio, Wantz >>, insistette la ladruncola. << Non strafare.
Ti sei appena svegliato e invece di andare a mangiare hai rimesso a posto
l'albero che quel pazzo aveva fatto a pezzi. >>
Il
ragazzo fece un sorrisetto canzonatorio, osservando un corvo appollaiato su un
nocciolo spiccare il volo. << Non ti sfugge niente, eh? >> Tacque un
attimo, seguendo con lo sguardo l'uccello nero come la notte finché non divenne
un puntino indistinto. << Ti rigiro il consiglio, comunque. Preoccuparsi
per gli altri è lodevole, ma bisognerebbe prima pensare a se stessi.
>>
Jillian
inclinò il capo e abbozzò un sorriso. << Stai per lanciarti in una
spiegazione? Allora aspetta che mi metta comoda, voglio godermela appieno.
>>
Wantz
sospirò. << Poi sono io quello poco serio? >>
<<
Scusa, scusa. E' solo che ti sono tornati sulla fronte quei solchi, quelli che
sono notoriamente tracciati dal demone della preoccupazione e di cui tu sei
sempre ricco. >>
Il
ragazzo piegò le labbra in un sorriso triste, altra cosa che Jillian non
apprezzò. << Non so come scusarmi. Purtroppo sembra che abbiamo qualche
problema. >>
<<
Vuoi dire piuttosto... Che io ho un problema? >>, chiese in un
sussurro.
Il
mago non capì se il cambiamento di tono della ragazza era dovuto a paura o
apprensione, ma decise prudentemente di presentarla diversamente. <<
Abbiamo tutti dei problemi. Il genere umano è già abbastanza incasinato di suo,
ma bisogna ammettere che noi brilliamo per sfortuna. >>
Si
girò verso di lei, senza scorgere nulla sul suo volto che facesse capire cosa
stesse pensando: lo fissava, in attesa. Wantz si appoggiò alla testiera del
letto, volgendo ora lo sguardo al soffitto della stanza.
<<
Immagino che ormai anche tu te ne sia accorta. Ho sbagliato a non parlartene
prima io stesso: era già da un pezzo che avevo sospetti a riguardo.
>>
<<
Ma riguardo cosa, esattamente? >>, lo interruppe lei. << Voglio
dire, è evidente che l'Oscuro nutre un interesse nei miei confronti, ma non
capisco di che natura. >>
<<
Detto così sembra che voglia chiedere la tu mano, e ho motivi abbastanza validi
da poter asserire che è
improbabile. >>
Jillian
roteò gli occhi, inveendo mentalmente contro la stupidità maschile. << Va
bene, Wantz: non ho paura, d'accordo? Ti sembro agitata? Voglio solo che tu mi
dica che cosa ne pensi. >>
No,
non sembrava spaventata per niente. Era come se, semplicemente, avesse accetto
la cosa come una naturale conseguenza del fatto che lei faceva parte della
Profezia. Wantz non sapeva se ritenerla molto coraggiosa o molto
stupida.
<<
In verità non so nulla di certo. Posso solo fare delle ipotesi >>,
disse
<<
Ebbene, sentiamo >>, lo invitò lei con un gesto della
braccio.
Wantz
prima inarcò le sopracciglia con fare evidentemente rassegnato, poi si raddrizzò
e si schiarì la voce, fingendo si darsi un contegno. << Mia cara, ho
ragione di pensare che i suoi desideri più segreti , cui credevate di aver già
dato realizzazione adeguata, potrebbero ricevere un trattamento migliore.
>>
La
ragazza sbatté le palpebre. << Che stai blaterando?
>>
<<
Oh, insomma >>, sbuffò lui. << Sto diventando infantile come te.
Guarda cosa mi sono ridotto a fare solo per non darti una soddisfazione.
>>
Lei
rimase un attimo interdetta, poi ebbe una folgorazione. << Ah! Ora ho
capito. Stai finalmente ufficializzando il fatto che faccio davvero parte della
Profezia, e anzi con un ruolo maggiore di quello che sospettavi. E non potevi
dirlo chiaramente? >>
Il mago si fece serio, anche se la sua
espressione tradiva un certo dispetto. << Vorrei che prendessi la cosa più
seriamente. Hai idea di cosa questo significhi? >>
<<
Come puoi dubitarne? >>, chiese lei, costringendolo col trasporto nella
sua voce a guardarla negli occhi. << Dopo averne passate così tante in
così poco tempo con te, dopo aver visto che metti tutto te stesso in quello che
fai e i rischi che corri, dopo aver visto che hai rinunciato a ciò cui tieni di
più per portare avanti un compito così gravoso, credi ancora che il mio sia
semplicemente il capriccio di una ragazzina che vuole entrare nelle leggende e
nei racconti dei bradi? Credi sul serio che io possa essere così infantile anche
dopo aver avuto due membri della Triade davanti, uno dei quali ha sostato a meno
di venti centimetri da me e ha pure cercato di accarezzarmi? >> L'ultima
frase fu accompagnata da una smorfia disgustata.
Il
ragazzo la fissò con gli occhi a mezz'asta, il volto rilassato nella sua tipica
aria inespressiva che adottava ogni volta che non voleva lasciar trapelare ciò
che pensava. << In verità, non so davvero cosa pensare. Spiegamelo tu.
Perché lo fai? >>
Jillian
non poté fare a meno di cogliere l'occasione per prenderlo un po' in giro.
<< Se ti dicessi... Perché voglio aiutarti? >>
<<
Mi verrebbe da risponderti che sei molto sciocca, ma mi spiacerebbe dovere la
mia gratitudine ad una stupida. >>
Jillian
sorrise di quel complicato giro di parole, ma apprezzò lo sforzo del ragazzo.
<< E la sciocca risponderebbe che è onorata di poterti offrire i suoi
servigi, per quanto miseri essi siano. >>
Wantz
so lasciò andare ad un profondo sospiro. << Comunque, credo che dovremo
darci da fare e scoprire che cosa vuole da te l'Oscuro. Attualmente, l'unica
cosa abbastanza sensata a cui sono arrivato riguarda il modo in cui hai trovato
il tuo primo frammento. >>
<<
In che senso? >>
<<
Solitamente i vari pezzi della Profezia vengo trovati per puro caso, oppure si
rubano a chi li ha trovati prima di noi. Nel tuo caso, però, da come me l'hai
raccontata, sembrava quasi che il frammento si fosse materializzato in quel
preciso istante apposta per essere trovato da te. >>
<<
Ad essere sincera non credo sia andata così >>, obbiettò Jillian. <<
Il frammento era all'interno di un libro: vero è che non possiamo sapere come
avesse fatto a finire lì, ma credo che si trovasse dentro quel volume già da
prima. >>
<<
E come spieghi il fatto che nessuno lo abbia mai trovato prima di te?
>>
La
ragazza inarcò un sopracciglio. << Era un testo arabo, Wantz. Nemmeno Lady
Margareth conosce quella lingua. Dubito fortemente che venisse consultato di
frequente. >>
Wantz
sfoderò un sorrisetto malizioso e supponente. << E chi ti dice che lei
sapesse di averlo? >>
<<
Oh, insomma, è assurdo >>, esclamò la ladruncola. << E, sentiamo,
chi lo avrebbe messo lì apposta per me? >>
<<
Perché ti sembra così assurdo. Stiamo parlando della celebratissima Profezia dei
Tre Savi, no? >>
Jillian
meditò su quanto il ragazzo stava sostenendo. << Quindi secondo te l'ho
trovato perché qualcuno ha voluto che io lo trovassi? >>
Il
mago ammiccò. << Sei una “prescelta”, no? >>
<<
Mi arrendo. Del resto, non ho la pretesa di capire i meccanismi di un disegno
secolare della portata di una profezia come questa. >> Esitò un attimo,
prima di proseguire. << Tu quando sei venuto a sapere di farne parte?
>>
Wantz
scosse la testa, chiudendo gli occhi. << Oggi si parla di te, non di me.
>>
<<
Va bene >>, acconsentì lei. << Allora, pensi che l'Oscuro mi voglia
per la mia presunta capacità di attirare i frammenti? >>
<<
L'idea era quella. Ad ogni modo, non è che il tuo sia un effetto “calamita”,
quello vale solo per le seccature >>, precisò, continuando a parlare per
non darle la possibilità di ribattere. << E' chiaro che ci sono altri che
possiedono dei frammenti: uno di questi, anche se non capisco perché, vuole
cederti i suoi. >>
<<
Mi domandò anche io perché >>, rifletté Jillian. << Se è riuscito ad
introdursi nel castello di Lady Margareth senza venire scoperto, molto
probabilmente si tratta di un mago, o comunque non di un individuo qualunque.
Quindi, se lui è dotato di capacità notevolmente maggiori delle mie, perché
vuole che sia io a tenere i frammenti? >>
<<
Questa è una bella domanda >>, concordò Wantz. << Non regge neanche
l'ipotesi che voglia darteli perché viaggi con me, dato che allora non ci
conoscevamo ancora. >>
Jillian
lo guardò storto. << Deluso di non essere sempre tu il personaggio
principale? >>
<<
A parte che non è il ruolo che mi compete >>, replicò lui con un ghigno.
<< Non esiterei un solo istante a fare cambio. >>
La
ragazza decise di sorvolare. << Eppure, a ben pensarci... E se lui, o lei,
non mi sento di escludere a priori l'ipotesi che sia una donna... >> Wantz
evitò di esprimere ad alta voce il suo pensiero riguardo quella possibilità.
<< Forse era già a conoscenza del fatto che io e te eravamo destinati ad
intraprendere insieme questa ricerca. >>
Wantz
si portò una mano al mento. << Sì, non è da escludersi.
>>
<<
Voi maghi potete vedere il futuro? >>
<<
Dipende molto dalle capacità dei singoli >>, spiegò il ragazzo. <<
Non sono in molti a riuscirci, ed i risultati sono spesso incerti e non
completamente attendibili, soprattutto se richiedono un'interpretazione. Però
può essere successo anche il contrario. >>
La
ragazza non capì a cosa si riferisse. << Cioè? >>
<<
Forse qualcuno ha visto il passato. >>
<<
Perdonami, ma non capisco. Come può aver visto nel passato il nostro incontro,
se non era ancora avvenuto? >>
Il
ragazzo scosse il capo. << Non mi riferivo a quello. Chi ci assicura che è
impossibile che qualcuno abbia assistito alla stesura della profezia?
>>
<<
Parli di una visione? Di un sogno ambientato nel passato o qualcosa del genere?
>>
<<
Precisamente >>, confermò lui, volgendo lo sguardo alla finestra. <<
Avere contatti con il passato spesso è più facile di quanto si possa immaginare.
>>
Jillian
parve sorpresa da quella affermazione. << Davvero? >>
Wantz
li lasciò sfuggire una risata. << Non ti sei mai chiesta dove tengo tutti
i frammenti che ho trovato? >>
<<
Nella sacca delle meraviglie, no? >>
Il
ragazzo la fissò con tanto d'occhi. << La cosa? >>
Jillian
si diede una pacca sulla fronte, rammaricandosi per quell'uscita facilmente
evitabile. << Ehm, ecco... E' così che chiamo tra me e me la tua tracolla
>>, spiegò. << Ti ho visto cavarne fuori di tutto e di più,
quindi... >>
Wantz
sghignazzò. << Controlla di persona, allora >>, la invitò, indicando
un la mano la suddetta sacca, appesa allo schienale della sedia dello scrittoio
sbilenco addossato alla parete di destra.
La
ragazza si alzò, la prese e tornò di fianco al ragazzo. Una volta apertala, al
suo interno trovò solo una quantità notevole di sacchette contenenti erbe
medicinali.
<<
Questa poi... >>, bisbigliò, stupita. << Sono sicura di averti visto
tirare fuori di qui carta ed inchiostro, pagnotte e anche della frutta.
>>
<<
Il semplice fatto che tu non li veda non significa che non ci siano >>,
asserì lui, criptico.
Jillian
lo fulminò con lo sguardo. << Mi stai dando della ritardata?
>>
Wantz
le prese di mano la borsa e iniziò a cercare qualcosa. Alla fine della breve
ricerca, ne estrasse un pezzo di pergamena. Glielo porse, e lei ci rimase di
sasso. Era il frammento in cui venivano citati “il mago e la
ladra”.
<<
D'accordo, stupiscimi >>, disse, non appena si riprese dalla sorpresa.
<< Che cos'è che mi sfugge? >>
<<
Questa sacca è direttamente collegata con la se stessa del passato.
>>
<<
Oddio >>, biascicò Jillian, passandosi una mano tra i capelli. << Mi
stai dicendo che puoi decidere se lasciare che cose in questa borsa o in quella
di chissà quanti anni prima? >>
Wantz
ghignò. << Qualcosa del genere, sì. Tutti i miei frammenti in questo
momento si trovano esattamente cinquant'anni prima di noi.
>>
Jillian
si prese un po' di tempo per assimilare quanto appena appreso. << E'
assurdo... Quindi in questo momento ci sono due copie degli stessi frammenti nel
passato e nessuna qui. >>
<<
Un ottimo modo per non farsi derubare, non trovi? >>, la
punzecchiò.
<<
Ma non potrebbero essere trovati da qualcuno... lì dove sono adesso?
>>
Il
mago richiese la borsa e la buttò al fondo del letto. << Questo è escluso.
Faccio le cose per bene, io. >>
<<
E insieme ai frammenti hai anche delle scorte di cibo? >>
<<
Per ogni necessitò, non si sa mai >>, confermò lui.
Jillian
si sentiva la testa pesante. << Ma, riportandoli qui, non dovrebbero
essersi... seccati, o marciti? Lo sbalzo temporale non incide...
>>
<<
Ferma, basta >>, la interruppe lui. << Non è di questo che volevo
parlare. Era solo per farti capire che i collegamenti con estensioni diverse del
tempo sono perfettamente possibili. >>
La
ragazza posò le mani sul lenzuolo, lisciandolo distrattamente. << Sì,
meglio che lasci perdere. Temo che questo genere di cose mi sia precluso.
>>
<<
Che cosa deduciamo da quanto appena detto? >>
Lei
non ci pensò nemmeno un attimo. << Che la ladra è una povera ignorante e
il mago si diverte a tormentarla? >>
<<
Anche >>, ridacchiò lui.
<<
Aspetta, c'è una cosa che non capisco >>, disse Jillian. << Va bene
questi contatti “indiretti” con il passato, ma... E' possibile viaggiare nel
tempo? Se sì, si spiegherebbe... >>
Il
ragazzo non la lasciò neppure finire. << Per quanto ne so, è una pratica
talmente rischiosa che è stata proibita. Solo pochi stregoni sovversivi
ardiscono di violare le regole in merito. >>
Jillian
annuì. << Capisco. In effetti avrei dovuto immaginare che non è concesso:
comporterebbe la possibilità di modificare tranquillamente il corso degli
eventi. >>
<<
Non solo. E' proprio complicato come pratica magica. Il rischio di restare
intrappolati in un'altra epoca è altissimo. Inoltre... >>, proseguì con
gravità << Ci sono validi motivi di supporre che esista anche il rischio
di finire in mondi paralleli. >>
La
ladruncola strabuzzò gli occhi. << Cosa? >>
Wantz
scosse il capo, sventolando una mano davanti al volto. << Lasciamo
perdere, non è cosa che ci riguardi. Piuttosto, c'è ancora un elemento
fondamentale di cui dobbiamo tener conto. >>
<<
Sarebbe? >>, chiese lei, lanciando un'occhiata dubbiosa al
mago.
<<
La presenza che l'Oscuro ti aveva ficcato in testa. >>
Jillian
ci pensò su prima di rispondere. << Tenendo conto del fatto che quella
“cosa” ha tentato in tutti i modi di guadagnarsi la mia fiducia, penso che forse
la questione non comporta solo la mia presenza fisica: se anche fosse riuscito a
rapirmi, dubito che il misterioso donatore di frammenti me ne avrebbe fatti
avere altri, perché sarebbero di conseguenza finiti nelle mani dell'Oscuro.
>>
<<
Non fa una piega >>, concesse Wantz. << Ma tu dai per scontato che
Lui sappia tutto. E se invece non sapesse che pesci pigliare, esattamente come
noi? >>
<<
Quindi non escludi neppure la possibilità che il dispensatore di frammenti stia
dalla sua parte? >>
Il
ragazzo sospirò. << Mica ho detto per niente che posso fare solo ipotesi.
>>
<<
La prossima volta che quei due della Triade si fanno vivi dobbiamo strappare
loro qualche informazione >>, esclamò con insolito vigore.
Wantz
la guardò storto. << Innanzitutto spero di non avere a che fare con loro
per mooooolto tempo >>, disse, suscitando una risatina nella ragazza.
<< E in secondo luogo, forse non ci hai fatto caso, ma Caradoc stesso ha
detto di non sapere nulla a riguardo. >>
Jillian
fece un cenno di diniego. << Sei tu che ricordi male. Il biondo, come hai
detto che si chiama... Caradoc... Ha detto di non sapere perché l'Oscuro ti
permette di vivere nonostante tu sia evidentemente di intralcio ai suoi scopi.
Per quanto riguarda me... Siete stati abbastanza sibillini tutti e due.
>>
Il
ragazzo si grattò il mento. << In verità ho mantenuto un atteggiamento
ambiguo proprio nel tentativo di non far capir loro che brancoliamo nel buio.
>>
<<
Con risultati discutibili >>, lo canzonò Jillian.
Lui
ignorò diplomaticamente quella provocazione. << Comunque sia, credo che
neppure loro due siano al corrente di tutto quello che passa per la testa del
loro signore. >>
<<
Ciò significa che neppure torturandoli otterremmo qualcosa.
>>
<<
Se non una discreta soddisfazione personale >>, precisò
Wantz.
<<
Per il resto dobbiamo arrangiarci da soli. >>
<<
Come abbiamo sempre fatto, no? Direi che le nostre vicissitudini personali ci
hanno reso abbastanza indipendenti. >>
La
ladra annuì. << Anche se questo a volte porta parecchie seccature, non ti
pare? >>
<<
E ti chi è la colpa, secondo te? >>, soffiò lui, seccato.
Lei
si lasciò andare ad una risata, cui il mago oppose un fiero cipiglio
indispettito. Restarono in silenzio per alcuni minuti, entrambi intenti a
riflettere su quanto detto nel corso della conversazione.
<<
Wantz? >>
<<
Sì? >>
Jillian
si voltò per guardarlo in faccia, incontrando il suo sguardo: lo fissò negli
occhi come se volesse trovarvi la risposta alla domanda che non osava porre, ma
ottenne soltanto un sorrisetto che la incoraggiava a parlare. Tuttavia, non
riusciva a chiedergli spiegazioni sullo scambio di battute che aveva avuto con l'altro generale
dell'esercito dell'Oscuro, Urien. Soprattutto, non osava esporgli le sue
perplessità riguardo al fenomeno “occhi rossi”, e tanto meno chiedergli se, come
sospettava, anche lui...
<<
Ascolta >>, disse a sorpresa il ragazzo, vedendo che lei non si decideva a
parlare. << Non sono abituato ad interferire nelle vite degli altri, forse
per il fatto che sono sempre troppo orgoglioso per chiedere aiuto e per la mia
tendenza a sbrigarmela da solo, ma... >> Si interruppe, il viso un po'
arrossato, cercando le parole giuste per proseguire. << I tuoi problemi,
se lo vuoi, sono anche problemi miei. >>
Jillian
si sporse verso di lui e gli passò una mano tra i capelli. Il ragazzo trasalì,
un po' perché preso alla sprovvista e un po' per il fatto che non era abituato
al contatto fisico con gli altri senza che questo prevedesse una dose variabile
di dolore. Lei continuò a sistemargli i capelli, cercando di ridare a quella
matassa informe un aspetto presentabile.
<<
Fai tanto il duro, ma sei un bambino che non si sa neanche pettinare >>,
rise.
Wantz
fece una smorfia, scostandole la mano. << Allora, visto che ti trovi così
a tuo agio nelle vesti di balia, che ne diresti di andare ad aiutare Marhalt a
preparare pranzo? >>
Jillian
si esibì in una perfetta imitazione del ghigno beffardo del mago. << E'
una domanda? O una sfida? >>
<<
Una supplica >>, rispose. << Sono pur sempre trentasei ore che non
mangio. >>
<<
D'accordo >>, acconsentì lei, alzandosi. << Andiamo a sollecitare
Marhalt. >>
<<
Faccio il letto e ti raggiungo >>
Jillian
si avviò verso la porta. Aveva già schiuso l'uscio, quando si voltò di nuovo
verso il ragazzo.
<<
Mi dispiace >>, disse, sentendo che non c'era bisogno che specificasse a
cosa si stesse riferendo.
<<
No >>, ribatté lui massaggiandosi le tempie. Sentiva che stava per
venirgli uno dei suoi soliti mal di testa. Certe volte incombevano su di lui
come un minaccioso bastione di nubi temporalesche in un afoso pomeriggio estivo
e poi se ne andava... per andare a scagliare fulmini e saette da qualche altra
parte. << Sono io a
dispiacermi. Sono stati giorni difficili. >>
La
ragazza soffermò il suo sguardo sull'espressione sofferente del mago. <<
Sicuro che vada tutto bene? >>
Wantz
sospirò affranto. << Ti ho già detto di sì. Ho solo un po' di mal di testa
post incantesimi; è abbastanza normale, soprattutto dopo un lungo processo di
guarigione. Non stare sempre in apprensione: sicuramente ci succederanno tanti
di quei guai nel corso della nostra missione che se ti fai tanti problemi anche
per cose da poco finirai col danneggiarti da sola. E' solo uno spreco inutile di
tempo e di energie. >>
Jillian
evitò di fargli notare che cose che per lui erano “da poco” per lei non lo erano
affatto. << Hai ragione >> annuì semplicemente. << Piangere un
malanno passato e finito, è il primo passo per tirarsene addosso uno nuovo.
>>
Il
ragazzo accennò un sorrisetto. << Non posso che concordare.
>>
Lucan
non riusciva a staccare gli occhi dal frammento, quasi sperasse che con la sola
volontà sarebbe riuscito a far apparire il seguito, o a capirci
qualcosa.
<<
Che... Che significa? >>, mormorò, senza neppure tentare di nascondere il
suo sconcerto.
<<
Non lo so, ma una cosa è certa. >>
Il
rosso si era pentito di aver mostrato tanto entusiasmo nonostante si fosse rese
conto anche lui dell'entità di ciò che era scritto sul frammento. Tuttavia, era
anche vero che c'era un aspetto positivo: l'Oscuro non sarebbe mai entrato in
possesso di quella parte fondamentale della verità. Sarebbe morto, avrebbe anche
venduto l'anima al diavolo in persona, pur di non permetterlo. Il cambiamento
tanto atteso; una possibilità. Qualcosa, finalmente. Ma non se la sentiva
di chiamarla speranza, perché quella che il capo dell'Alleanza fissava con
evidente orrore era chiaramente una condanna, anche se loro non potevano sapere
per chi.
Trasse
un profondo respiro, fissando risoluto il compagno negli occhi.
<<
Wantz deve averlo il prima possibile. >>
“E' assurdo, non ti pare? Tutto questo tempo sprecato, tutte
quelle vite spezzate, tutto l'impegno profuso... La frustrazione dovuta al
sapere che il tuo destino è già segnato e che ti piaccia o no non puoi fare
nulla per cambiarlo... Dover seguire le direttive di tre vetusti santoni che
hanno la pretesa di sapere ogni cosa...
Dimenticati tutto.
Se vuoi evitare che succeda, ora devi agire
diversamente.
E se ti stai chiedendo se puoi fidarti di me oppure no... Beh,
credo che tu non abbia molta scelta.
I Tre Savi non esistono.
E la profezia è solo una presa per i
fondelli.”
Rimasto
solo, Wantz lesse per l’ennesima volta quel frammento della profezia, così
piccolo ma latore di informazioni così importanti... Lo strinse nel pungo,
frenando a stento l’impulso di stracciarlo. Serrandolo così forse da ficcarsi le
unghie nella carne fino a farla sanguinare, si portò le mani tra i capelli, in
un moto di disperazione.
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