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Eccomi
di nuovo con una one shot dedicata al mio attore preferito! Come al solito, non
conoscendo personalmente Viggo (come al solito...purtroppo!) il suo personaggio
è del tutto inventato, tanto che avrebbe potuto essere un'originale, come
fanfic. Ma dato che l'ho scritta immaginandomi ogni scena con il nostro amato
Viggo come protagonista, ho preferito ugualmente postarla in questa sezione.
Gli altri personaggi, ovvero Andrea e la
sua famiglia, sono puramente inventati (ricordo che in Francia Andrea è un nome
da donna! :P).
Questa
one-shot è stata scritta ispirandomi all'omonima canzone di Francesco de
Gregori, "Rimmel" appunto (vi consiglio di ascoltarla...è davvero
bellissima! ^__^). Spero che riuscirete a cogliere la profondità dei sentimenti
dei personaggi, che è la cosa che ho trovato più difficile da rendere in
questa one shot! Ringrazio il mio beta, Tom, e auguro a tutti buona lettura!! (
e se potete...lasciatemi scritto cosa ne pensate! ^__-)
P.S.
Per chi ha letto l'altra mia one shot,
"Sketches of a love", sappiate che le due trame non c'entrano
assolutamente niente l'una con l'altra!
"Rimmel"
by Alpherats
Viggo si svegliò all’alba, come sempre, ma capì subito
che quella volta c’era qualcosa di diverso. Abbassò lo sguardo. Abbracciata a
lui, ancora profondamente addormentata, Andrea sorrideva, immersa in chissà
quale dolce sogno. Allora si era sbagliato, era proprio perfetto, come tutte le
mattine, da ormai un po’ di giorni. Tra pochissimo si sarebbe svegliata anche
lei, si sarebbero dati il buon giorno con un lungo bacio sonnolento, poi ancora
abbracciati avrebbero fatto colazione a letto, e lei gli avrebbe raccontato i
sogni che aveva fatto quella notte…tutto perfetto, come sempre. Ma allora
perché aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di diverso, che non doveva
esserci?
Pigramente guardò fuori dalla finestrella della sua
cabina, scostando dolcemente la tendina turchese.
Il mare, calmissimo, scintillava tranquillo e maestoso
sotto il sole nascente, che tingeva il cielo di arancione e rosa. Anzi, proprio
in quel momento la grande stella aveva appena finito di uscire completamente dal
mare, pronta per il suo viaggio quotidiano sul mondo.
Come ad un segnale convenuto, una nuvola bianca di gabbiani
si sollevò in alto, stridendo forte, e si aggiunsero allo spettacolo
dell’alba sul mare stagliandosi netti contro il sole.
Viggo si affrettò a prendere la macchina fotografica e a
scattare qualche foto, gongolando. Ecco fatto, dopo quelle chicche nessuno
avrebbe più potuto dire che come fotografo faceva schifo…
Soddisfatto, ritirò la tendina e si accoccolò dolcemente
tra le coperte, attento a non muoversi troppo per non svegliare Andrea…doveva
essere veramente stanca per non svegliarsi neanche con tutto il rumore che
facevano quei piccioni…piccioni…Ecco da cosa era stato svegliato quella
mattina: dal verso dei gabbiani che volavano intorno alla nave.
Che strano però; i giorni scorsi non aveva mai visto i
gabbiani sull’oceano…perché oggi sì?
Forse perché i gabbiani non volano sull’oceano, dove non
ci sono posti su cui posarsi, néi sono
posti su cui posarsi, ne cibo da mangiare in pace. I gabbiani hanno
bisogno della terra ferma per vivere, per costruire i loro nidi, e poter covare
le loro uova.
Viggo socchiuse gli occhi, e quando li riaprì il suo
sguardo era sofferente, e vi si leggeva un dolore nuovo e profondo. Chinò la
testa verso la ragazza che stava ancora dormendo, la baciò su una tempia e
rimase immobile ad osservare il suo volto, fermo e tranquillo nella pace del
sonno.
Una lacrima ad un tratto scese dai suoi occhi grigi,
raggiunse la punta del naso e cadde tra i capelli di Andrea. Viggo si affrettò
ad asciugare la lacrima con la manica della maglietta che indossava, e dopo di
che si arrischiò a guardare nuovamente dall’oblò della loro cabina. Ora il
sole stava diventando più luminoso e caldo, e si riversava sul mare, che
brillava in modo quasi accecante. Ma i gabbiani non se n’erano andati.
Stridendo, volavano sull’acqua poco profonda, tuffandosi a tratti per pescare
qualche pesce, e intanto si rincorrevano giocosi, velocissime macchie bianche
sullo sfondo luminoso.
- Viggo…-
L’attore si girò di scatto, al suono di quella voce
impastata dal sonno. Andrea, probabilmente a causa del sole, si era finalmente
svegliata, e ora con gli occhi chiusi per la troppa luce, cercava l’uomo con
cui aveva appena passato la notte. I capelli scuri le ricadevano disordinati ai
lati del viso, la frangia spettinata era in una posizione innaturale, due segni
scuri sotto gli occhi testimoniavano l’ora tarda in cui, spossata ma felice
per la notte di amore, si era addormentata tra le braccia di lui. Ma l’uomo la
guardò con uno sguardo innamorato, si piegò leggermente in avanti e le
impresse un lungo bacio sulle labbra.
-Buongiorno...!Dormito bene? - La sua voce era allegra e
dolce come al solito, ma se Andrea avesse visto i suoi occhi, avrebbe capito la
tristezza che lo riempiva.
- Mmm…dormito poco! Ma sono sicura che sarà un bel
giorno! Come può non esserlo? Vero amore? -
Viggo non rispose. Non poteva. Aveva visto i
gabbiani…come avrebbe potuto essere un bel giorno, quello? Era il giorno che
temeva da tempo, e se Andrea avesse aperto gli occhi e guardato il mare, se ne
sarebbe resa conto anche lei.
- Ehi…ci sei? Chiudi un attimo le tendine che non vedo
nulla, per favore! – La voce della ragazza lo raggiunse, calda e serena, e lui
fu lieto di obbedire alla richiesta. Perché avrebbe dovuto metterla subito di
fronte alla realtà, quando era ancora così felice? Poteva farlo più tardi.
Chiuse le tendine, e quando vide Andrea iniziare ad aprire incerta l’occhio
destro, improvvisò sul suo volto il sorriso tranquillo di chi non ha un solo
problema al mondo.
- Finalmente! Era ora che ti svegliassi! Ma lo sai che sono
quasi le sette? Che cosa hai fatto ieri sera, eh, per essere così stanca? –
ridendo, iniziò a baciarle il collo, e nello stesso tempo si stese su di lei,
facendole il solletico. La ragazza si mise a ridere, contorcendosi, e in breve
caddero tutti e due a terra, ridendo e rotolandosi insieme sul pavimento della
cabina.
-Viggoooo! Ok…ok…mi arrendo! Ma ti pare il modo di
trattare una signora? Piuttosto…a che ora arriva la nostra colazione? – Lui
si fermò ansimando, si alzò in piedi e in due passi raggiunse il telefono sul
comodino, alzò la cornetta e premette il tasto bianco. – Mmm…cabina 27.
Vorremmo la colazione…la solita per favore. Grazie. –
Poi si volse verso la ragazza, ancora semisdraiata per
terra – Ecco fatto!- disse.
- Allora…dov’eravamo rimasti? – Si accucciò per
terra e gattoni raggiunse la sua ragazza, cercando di baciarla sulla bocca.
Ma Andrea, evitando il bacio, saltò in piedi, mentre negli
occhi le brillava una luce maliziosa.
- Lo sai? Sei stato abituato troppo bene! “Vorrei la
colazione! Adesso!”. Si vede che sei cresciuto a Hollywood…da me ognuno si
arrangia, altro che “portatemi la colazione!” -.
- Mmm…beh, voi vi arrangerete anche, ma avete la puzza
sotto il naso! E la Tour Eiffel, e il Louvre, e Versailles…voi siete la crème
de la crème, vero? -.
Sorridendo si alzò da terra e andò a sedersi sul letto.
Era rilassante quella discussione. La facevano ormai tutte le mattine da due
settimane, e aveva un qualcosa di familiare, ormai. Una di quelle piccole cose
che si fanno per abitudine, ma che all’interno della coppia ha un suo dolce e
importante significato, come una sorta di rito propiziatorio. Quanto gli
sarebbero mancate quelle discussioni inutili, adesso che…
- Amore…ma mi stai ascoltando? Tutto bene? -
L’uomo si ridestò dai suoi pensieri, con un aria
vagamente allarmata. In meno di due secondi ripescò il suo sorriso migliore e
strizzò l’occhio ad Andrea:
- Tutto bene! Sono solo un po’ stanco, sai…anch’io
ieri sera ho fatto le ore piccole!! -
Ecco fatto. Non per niente era un attore di fama mondiale!
- No, non va tutto bene. Che hai, Viggo? E’ successo
qualcosa? – Lo sguardo della ragazza si era fatto preoccupato e il sorriso era
sparito dal suo volto.
Attore di fama mondiale sì, ma quella ragazza riusciva a
intuire ogni suo stato d’animo…beh, era anche per questo che l’amava così
tanto.
- Ehm, no, amore…è per una…cosa, una sciocchezza. Ma,
beh, non ti preoccupare. -
Accidenti. Doveva dirglielo, ma come? Come avrebbe potuto
di sua spontanea volontà far soffrire quegli occhi meravigliosi che lo stavano
guardando come se volessero impadronirsi di ogni sua singola cellula? Come
avrebbe potuto dire ad Andrea che quel giorno era arrivato?
Lei aggrottò un sopracciglio: - Avanti, sputa il rospo! -
- Tesoro. Stamattina…appena svegliato. Ho guardato fuori
dall’oblò e…-
-…eh? Cos’ hai visto?-
Sospirò. – Ho visto i gabbiani che volavano. - Ecco.
L’aveva detto. Ora tutto era finito.
-Davvero? E allora? Non ti sarai mica depresso perché hai
visto i gabbiani volare! No, non me la racconti giusta. A te i gabbiani
piacciono! E lo sai che sono i miei animali preferiti…quindi piacciono anche a
me! Eh già, ora li sento anch’io! Che rumore che fanno, non me n’ero
accorta! – Andrea si voltò per scostare le tendine, e la luce del sole si
riversò nella cabina, illuminandola di una luce dorata che a Viggo non era mai
sembrata così triste. Andrea continuò:
- Guarda che belli! Ora che ci penso, non li vedevamo da
quando siamo partiti, vero? Viggo…-
Lui annuì, evitando di guardarla. – Hai ragione. Non li
abbiamo mai visti dopo la partenza. -
- Ma non ho ancora capito perché sei triste. Va bene, non
li abbiamo visti fino ad oggi…e con ciò? Sai, i gabbiani non volano in mare
troppo aperto perché…oh… -.
Ci era arrivata. Viggo si voltò rapidamente verso di lei,
guardando con dolore la sua mascella contrarsi, il suo pugno che iniziava a
stringere spasmodicamente la tendina azzurra, il suo sguardo vuoto che si
perdeva all’orizzonte. Non sapeva cosa fare per rassicurarla. Cosa avrebbe
potuto dirle? Che tutto si sarebbe sistemato, sarebbe finito bene? Niente di più
falso. Così non disse niente. Fu lei a rompere il silenzio, con un filo di voce
che non aveva più niente di gioioso.
- Siamo arrivati - Non era una domanda, e Viggo non
aggiunse altro, nemmeno quando lei si alzò e senza guardarlo raggiunse il
bagno, chiudendocisi dentro.
Dopo un tempo indefinito, che per l’uomo avrebbero potuto
essere minuti, ore o giorni, qualcuno bussò alla porta. –Signor Mortensen…la
sua colazione. -
Viggo si guardò attorno perplesso, prima di andare ad
aprire. La colazione? E perché? Chi l’avrebbe mangiata? Accolse al cameriere
a monosillabi e rientrò nella cabina, reggendo il vassoio con la brocca del
latte, il caffè, le brioches, lo strudel per lui e una fetta di torta paradiso
per lei. Si risedette esattamente nello stesso punto di prima, appoggiò il
vassoio sul letto e lo guardò con aria schifata. La colazione…e chi ci
pensava più a mangiare? Che significato avevano quel giorno le due brioches
vuote, il suo caffè nero e il caffelatte di Andrea?
Poi, colto da una rabbia profonda, prese la sua fetta di
strudel e la divorò in due morsi, spargendone briciole ovunque.
Questo è per il mio maledetto agente che ha deciso di
spedirmi a Francoforte per non so quale importantissima manifestazione.
Poi strappò in due la brioche e ingoiò anche quella,
nonostante il groppo alla gola che non voleva andarsene.
Questa è per i genitori di Andrea, che hanno
acconsentito a spedire la figlia in America per una vacanza facendola tornare in
nave.
Infine afferrò la tazza con il caffè e la bevve in un
sorso, benché lui odiasse il caffè senza zucchero, e con quel sapore salato,
per le lacrime che avevano attraversato le guance e raggiunto la bocca.
E questo è per noi due, che siamo stati tanto stupidi
da innamorarci.
Quando ebbe finito di tossire per il caffè che gli era
andato di traverso, si sentì un idiota totale. Nessuno avrebbe potuto far
tornare indietro il tempo, nessuno avrebbe potuto riportarlo alla felicità
perfetta che aveva vissuto quelle due settimane, e nemmeno alla vita monotona e
senza emozioni che stava passando prima di incontrare lei. Quella sceneggiata
era perfettamente inutile.
Sospirò, si alzò dal letto, prese i primi jeans che vide
sul bracciolo di una sedia e li infilò, si ravvivò i capelli con una mano,
raccolse una felpa bordeaux da terra e s’infilò anche quella. Poi radunò in
un mucchio tutti gli altri vestiti che erano in giro, compresi quelli nei
cassetti e nell’armadio e li sbatté con rabbia nella valigia, uno a uno, con
tutta la forza che aveva in corpo.
Ogni persona ha un modo diverso di sfogare la propria
tristezza, ma Viggo non riusciva proprio a sopportare quello di Andrea. Così
quando sentì, dal muro che divideva la stanza con il bagno, la ragazza
singhiozzare e tossire, nel pianto disperato che la stava scuotendo, lui chiuse
la valigia ormai piena e uscì dalla sua cabina.
"Santa voglia di vivere,
O dolce Venere di Rimmel.
Come quando fuori pioveva
E tu mi domandavi
Se per caso avevo ancora quella foto,
In cui tu sorridevi e non guardavi."
Andrea barcollò ansimante su per la scaletta che collegava
il ponte principale alle cabine di seconda classe, sistemandosi a tracolla una
borsa più grande di lei, contenente tutto il necessario per sopravvivere senza
la sua valigia, che sarebbe stata scaricata dalla nave per mano degli appositi
addetti.
Stava quasi per arrivare in ritardo allo sbarco, ma almeno
ci sarebbe arrivata con gli occhi asciutti e senza lacrime, sepolte sotto
centimetri di correttore che aveva accuratamente steso davanti allo specchio
della sua cabina, che stava ammirando per la prima volta dall'inizio della
traversata.
Al porto ad aspettarla ci sarebbe stata sua madre,
sicuramente, con suo padre e forse sua sorella maggiore Jacqueline, impegni
permettendo.
E Andrea non aveva scelta: doveva recitare la parte della
figlia felice e grata ai genitori della splendida vacanza, mentre il suo cuore
stava vivendo una tempesta che non aveva niente a che fare con la vacanza in
America, e tutto con una certa persona che in quei giorni sull'oceano aveva
occupato i suoi pensieri e il suo cuore, e che suo malgrado l'aveva trasformata.
Ma già a priori sapeva quale sarebbe stata la reazione dei
suoi genitori se avessero conosciuto il vero pensiero della loro
"bambina". Non avrebbero mai accettato il suo amore, lo avrebbero
considerato solo un'inutile infatuazione temporanea per qualcuno di troppo più
grande di lei, che l'avrebbe solo fatta soffrire.
Ci aveva pensato a lungo, aveva scavato a fondo di se
stessa, si era messa a nudo per capire quale fossero i reali sentimenti che
tutte le sere conducevano i suoi passi verso la cabina numero 27. Il folle amore
dei 18 anni, che fa vedere tutto rosa, ed è come un'effimera fiamma che arde
per un po' e poi si spegne per sempre?
Il puro desiderio fisico per un uomo famoso, che tante
persone ammirano e segretamente bramano?
No, per quanto cercasse di valutare tutti i punti di vista,
non poteva dire una cosa del genere. I suoi sentimenti la spaventavano da quanto
erano profondi, e due settimane su quella nave e in sua compagnia l' avevano
resa quasi irriconoscibile, perfino ai suoi stessi occhi.
Ma non aveva alcun futuro quella storia. La sua vita
correva su Rue Legendre, nel quartiere di Montmartre, a Parigi, e lei non aveva
la forza o il coraggio di andare contro tutti, di stravolgere la sua vita e
distruggere il suo piccolo mondo sicuro composto dalla sua famiglia, dai suoi
amici, dalla scuola...
Sì, non poteva farci niente. Il giorno dopo sarebbe
arrivata a casa, e avrebbe ricominciato la sua solita vita. Avrebbe mostrato le
foto del campus, dei canyon visitati, della statua della Libertà. E tutto ciò
che riguardava Viggo sarebbe stato cancellato. Via i biglietti della nave, via
le foto dei porti e dell'oceano, via i fiori secchi che lui le nascondeva nei
libri. Non sarebbe stato poi così difficile. E forse il tempo avrebbe
cancellato tutto.
Con questi pensieri, questo stato d'animo, Andrea raggiunse
finalmente il ponte principale della nave, riuscendo perfino a sorridere
respirando a pieni polmoni l'aria marina che si respirava.
Si guardò in giro, finché distinse tra la folla sulla
banchina le teste ricciolute di sua madre e di sua sorella. Allora iniziò a
sventolare furiosamente la mano, e in risposta due mani sventolarono anch'esse,
mentre le loro proprietarie iniziarono a farsi strada nella calca.
Recuperata la valigia, si mise anche lei a spingere per
raggiungere la sua famiglia. Solo un pensiero la sfiorò, un pensiero che
arrivava dal cuore e la trafisse all'improvviso: il pensiero che quello era
l'ultimo momento per scegliere,
l'ultimo momento in cui Viggo avrebbe potuto portarla via, trascinarla via con
lui, finalmente felici...
- Andrea! Andrea! La mia americanina, vieni qua! - Sua
madre le piombò addosso, e la strinse in uno stritolante abbraccio.
- Mamma! Jackie! Ahia, piano...Jackie, ma da quando hai i
capelli neri? -
- Ti piacciono almeno a te, vero? Brava, la mamma non li
sopporta! Uh, guarda che ti schiacciano la valigia! -
- Sì, attenta Andrea! E tu Jackie non traviare tua
sorella...quei capelli sono terribili! -
- Beh, dai non sono male... -
- Brava sorella! Visto, mami? Ecco, sorellina, ti meriti
che ti porti io la valigia fino alla macchina! -
- Sono osceni invece! Vabbè...andiamo che tuo padre ha
parcheggiato in seconda fila...hai fatto tantissime foto vero? -
Andrea annuì, mettendo a tacere quella voce dentro di lei,
e lasciandosi trascinare dall'entusiasta accoglienza di sua madre e di
Jacqueline.
Ridendo con loro, stretta a braccetto dalla madre, riuscì
ad allontanarsi dal punto di massimo affollamento, e finalmente presero una
stradina un po' stretta ma tranquilla per uscire dal porto.
- Ecco qua. Papà è proprio in fondo a questa viuzza,
svoltato l'angolo! -
L'ultimo ostacolo da superare era un gruppo di gente con
telecamere e macchine fotografiche, che si muovevano qua e là, a cui però
Andrea non aveva fatto caso, finché uno di questi non le venne addosso,
facendola cadere a terra. Andrea urlò, più che altro per la sorpresa, ma si
rialzò quasi subito.
- Ehi, tu! Guarda dove metti i piedi! - Gridò sua madre in
inglese all'indirizzo del fotografo distratto.
- Lascia stare, mamma, sto bene. Andiamo via. - Andrea tentò
di calmare sua madre, che già stava diventando rossa per l'indignazione.
Anche Andrea assunse un colore rosso scuro, soprattutto in
zona guance, ma il motivo era decisamente diverso: la sua mente in quel momento
corse lontana anni luce dal fotografo, dai graffi sui gomiti dov'era caduta,
dalle urla della madre. L'obiettivo dei fotografi, in quell’uscita un po'
fuori mano, era un attore di 47 anni, che era sbarcato in Europa per
un'importante manifestazione, e che dovevano assolutamente riuscire a
intervistare.
Viggo avanzava tra i fotografi, scortato da due uomini che
gli facevano spazio.
Al contrario di Andrea, non aveva tentato di nascondere gli
occhi rossi, e il suo viso assomigliava decisamente a una persona che aveva
appena subito un lutto, o, ufficialmente, a un attore che soffre
irrimediabilmente il mal di mare.
Avanzava lentamente, anche lui verso la fine del vicolo, ma
il suo sguardo era fisso negli occhi di quella ragazza, e la sua bocca un po'
aperta, mormorava il suo nome.
Andrea scosse la testa. I suoi ferrei propositi
vacillavano, la sua costruita allegria di fronte all'arrivo della sua famiglia
cedeva il posto a un disperato desiderio di correre fra le braccia di
quell’uomo, di seppellire la sua testa fra le spalle di lui, di aspirarne il
suo profumo, di lasciarsi trasportare via, chiudere con il mondo, dedicarsi per
sempre all'amore per lui.
La ragione ormai si stava sottomettendo al cuore, che
batteva a 1000, mentre nella testa di Andrea si accavallavano le possibili
parole da dire a sua madre, come ultimo addio.
Sua sorella la prese per una spalla, facendola sobbalzare:
- Senti, aiutami a convincere la mamma a lasciar perdere. Io ho già la valigia,
prendila per un braccio e andiamo, se no a casa ci arriviamo l'anno prossimo! -
Andrea si voltò un po' confusa: - Ehm, io... -
Ma sua sorella non notò il suo turbamento. Sbuffò, mollò
un manico della valigia nella mano destra della sorella, con l'altra prese il
braccio della madre e se le tirò dietro tutte fino alla macchina. Andrea rischiò
di cadere di nuovo, tentando di tenere il passo spedito di Jacqueline, mentre
con gli occhi non perdeva di vista Viggo, che riuscendo a lasciarsi indietro un
po' di paparazzi, stava camminando nella stessa direzione della ragazza.
Arrivati alla macchina, suo padre scese, la saluto con
affetto e prese la valigia per metterla in macchina. Andrea voleva scoppiare a
piangere. I suoi le volevano così bene! Non sarebbe mai riuscita a dar loro un
dolore così grande. Si voltò un’altra volta verso Viggo, che oramai era
vicinissimo, e lo guardò con uno sguardo disperato, in cui cercò di metter
dentro tutti i sentimenti contrastanti che la scuotevano, e tutto l'amore che
provava per lui.
Lo sguardo dell'uomo divenne tristissimo; forse aveva
capito tutto.
La ragazza si voltò poi verso la sua famiglia: sua madre
si era finalmente calmata e ora raccontava l'accaduto a suo padre, mentre la
sorella chiudeva il bagagliaio.
- Avanti, in macchina! Ne parliamo per strada! -
Andrea ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di
scenderle dagli occhi. Avrebbe dovuto abituarsi, negli anni avvenire, a
mascherare i suoi sentimenti. Poi salì in macchina, chiuse la portiera, e si
impose di non pensare più. A niente, perchè ogni cosa si collegava a lui.
Quando tutti furono saliti, finalmente la macchina si mise
in moto, e dopo qualche minuto Andrea si arrischiò a riaprire gli occhi. Il
porto ormai era alle loro spalle. Sparito il mare, la nave, la folla. La ragazza
sospirò.
- Ehi, tesoro...grandi sospiri! Già nostalgia
dell'America? -
Il padre le strizzò l'occhio dallo specchietto.
- Noo, ma va! Nostalgia di casa! - sorrise Andrea.
Poi intravide un Vanity Fair sbucare da sotto il sedile, lo
raccolse e sprofondò la testa fra le pagine. Ecco fatto: in quel modo avrebbe
evitato di conversare per un po' con la sua famiglia, e poi non si sa
mai...magari avrebbe trovato qualche trafiletto su di lui, per torturarsi un
po'.
- Andrea! Da quando leggi questa roba mondana? Non ti è
mai piaciuta! Sei cambiata, ehehe!! -
Lei sorrise. - Chi? Io? Cambiata? Ma vààà! -
Ma di due cose era certa Andrea: la prima era che non
sarebbe mai più tornata quella di una volta.
La seconda che non avrebbe mai più rivisto quell'uomo, che
avrebbe amato per sempre.
E così fu.
"Ed il vento passava
Sul tuo collo di pelliccia e sulla tua persona.
E quando io senza capire ho detto: sì.
Hai detto: è tutto quel che hai di me.
E' tutto quel che ho di te."
FINE
Se vi è
piaciuta...o non vi è piaciuta...lasciatemi un commentino per favore! Grazie a
tutti! Baci! Alphie
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