“Una volta
ero un oceano,
ti dico.
Devo solo aver
pianto troppo,
perché di
me non è rimasto quasi nulla.”
Ballavamo e volteggiavamo
sorridendoci a vicenda, non
sarebbe dovuto essere lì, non sarebbe dovuto essere
lì con me ed in quel
momento, soprattutto, ma giravamo e girava anche la mia testa, la sua
mano era
sul mio fianco ed i suoi occhi nei miei.
«Cosa accadrà
poi?» domandai con un filo di voce trattenendo
a stento le lacrime, strinsi i miei occhi fino a chiuderli quasi del
tutto.
«Non devi preoccuparti di
questo Chelsea, non ti lascerei
sola e comunque non ti potrei dimenticare» mi venne di colpo
da urlargli in
faccia che fosse un ipocrita e che mi avesse rovinato la vita,
però la sua mano
toccava la mia ed il suo profumo era fortissimo.
«Lo hai già
fatto. Lasciarmi sola, intendo» sibilai aprendo
gli occhi di colpo e fissandolo in modo severo, il suo sguardo era
colpevole e
consapevole.
«Non è stata
colpa mia, è successo tutto così in
fretta» la
sua voce tremò così tanto che ebbi paura che si
spezzasse, che si spezzassero
sia sui che la sua voce.
«Io lo sapevo che sarebbe
successo, te l’avevo detto»
replicai fermandomi all’improvviso e dirigendomi verso
l’uscita; sembravo una
bellissima bambola di porcellana in un vestito celeste a sirena che
sottolineava
la mia vita stretta, una bambolina bionda ossigenata ed angelica con le
sigarette nascoste in una tasca interna del vestito personalizzato ed i
soldi
per una bevuta anti-depressione a portata di mano.
«Cosa sapevi eh? Che i
Bring avrebbero sfondato? Lo dici
quasi come se ti dispiacesse, cazzo!» imprecò
inseguendomi fuori dall’edificio
scolastico, lo fissai con gli occhi gonfi di lacrime, esasperata al
massimo.
Restai zitta.
Avrei voluto gridargli in faccia che
lo amavo, che avrei
rinunciato a tutto per lui e forse sarebbe stato giusto dire
“Portami via,
cazzo, se mi porti via con te lascio tutto, te lo giuro, dimmi una sola
parola
e mando a puttane tutta la mia vita per te, i miei progetti, la mia
famiglia, i
miei amici”, ma stetti zitta ed immobile come una statua.
«Dimmi che il tuo non
è egoismo, non lo potrei sopportare»
aggiunse con un filo di voce, mentre in modo nervoso avvicinavo le
labbra al
filtro della sigaretta ed aspiravo.
«Egoismo?»
domandai stupita ed adirata «Parli a me di
egoismo? Ti ho sempre messo prima di tutto e tu mi hai sempre messa
dopo tutti
i tuoi impegni…» aspettò che
proseguissi.
«Dopo le prove, dopo gli
amici e persino dopo quella ragazza
stupida con cui fai sesso in quella cazzo di macchina con cui mi hai
portato al
ballo di fine anno. E non avrei…non saresti dovuto venire.
Andavi a trovare
Lucy, la sbattevi sul letto e la facevi gridare, domani mattina te ne
andavi
via, anche per sempre, lei buttava fuori due lacrime e se ne tornava
dal
quarterback » spensi la sigaretta sul marciapiedi e ne accesi
un’altra.
«Tu eri più
importante» sussurrò avvicinandosi a me,
asciugai le lacrime tinte di trucco nero dai miei zigomi e dissentii
scuotendo
la testa.
«Dovevo rassicurarti,
capisci? Dirti tipo “non me ne sto
andando, ti chiamerò sempre, ti penserò
sempre…”» e io singhiozzai ancora di
più a quel punto, indignata, le prese in giro facevano
sempre male, soprattutto
dagli amici più cari.
«No, no, no, che cazzo, tu
dici un mare di cazzate, e non so
come faccia tu a starci a galla» scossi la testa di nuovo, e
appoggiai la
fronte al suo petto artigliandomi al suo maglione largo e morbido.
«Non ti
dimenticherò» alzò il mio viso per
guardarmi negli
occhi e si avvicinò.
«Se mi baci ora, sappi che
ti odierò tutta la vita. Fino
alla morte, perciò non baciarmi» dissi in lacrime,
senza convincere nemmeno me
stessa. Di sicuro senza convincere lui, perché il suo viso
si avvicinò ancora
di più al mio e mi dovetti ancorare alle sue spalle per non
cadere, le mie
gambe erano improvvisamente molli ed instabili.
«Perché?»
domandò curioso, senza voler davvero conoscere una
risposta.
Non poteva baciarmi, non glielo avrei
mai perdonato. In quel
modo mi stava letteralmente dicendo addio, me lo stava scavando con le
unghie
su tutto il corpo per lasciare cicatrici indelebili. Lo sapeva,
comunque, che
non l’avrei dimenticato.
«Perché mi stai
dicendo addio e io non voglio che tu te ne
vada» conclusi in un bisbiglio, ma lui mi baciò.
Era così bello sentire le
sue labbra sulle mie, così nuovo e
così diverso. Diverso da tutti i ragazzi che con frenesia
spingevano la lingua
contro i miei denti e che percorrevano il mio corpo con le loro mani.
In quel
momento non c’erano lingua, bocche, labbra e denti; eravamo
io e lui, solamente
noi ed un addio che sapeva di menzogne e di un amore di quelli che il
solo
pensarci è sbagliato.
Innamorata di uno sbaglio. Ma ero al
college, sarebbe tutto
passato in fretta, avevo tutta la vita per realizzare e demolire sogni.
Comunque il giorno seguente se ne
andò, lasciando solo una
busta profumata di vaniglia imbucata a mano nella mia cassetta delle
lettere ad
un’ora imprecisa della notte.
Nella busta un ciondolo a forma di
spada argentata ed un
minuscolo biglietto blu con poche parole scritte in bianco, con una
calligrafia
poco leggibile:
Combatti sempre.
Oliver.
E sulla spada argentata
c’era una lacrima, poi due, poi
avevo bagnato tutta la busta e poi ero rientrata in casa: aveva
iniziato a
piovere.
*-*-*-*
Ciao a tutti bei bimbi tenerelli :D
(Oddio, sembro una sclerata mentale
<3 <3)
No, non sono pazza! *Mette il
mantello e vola fingendo di
essere Superman*
E comunque, visto che siete stati
stellinosissimi e bravi
con me ho deciso di iniziare un’altra long YEEEE :D
No, mi porterà via un
sacco di tempo da FISICA u.ù Che
peccato, direi <3
Tra l’altro, una piccola
precisazione: ci saranno tanti
flashback riguardanti scene prima di questa *indica con il ditino le
righe
scritte sopra* e sempre questa sarà solo un piccolo prologo
per spiegare in
breve ciò che accadde prima.
Eh, no,
non posso partire così a muzzo.
Allora vi saluto e gradirei (*---*)
tante recensioni e
consigli sulla trama, perché la mia mente è attualmente confusa.
Arrivederci!
Judy <3 <3 <3
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