CAPITOLO 19
Il
futuro è un libro ancora da scrivere, di che cosa parli e per quante pagine a
nessuno è dato saperlo, però vorrei che questo foglio bianco raccontasse di noi.
(Max
Pezzali – Il presente)
Due settimane dopo…
Il
sole stava tramontando sul quartiere di Shinjuku. Lavoratori, studenti e
casalinghe si affrettavano a tornare a casa, mentre baristi, cameriere e
intrattenitrici si dirigevano verso i numerosi locali del quartiere a luci
rosse. La calda luce dorata del sole stava per essere sostituita dai bagliori
delle insegne al neon.
Dentro un taxi, una donna osservava tutto questo con nostalgia. Quando
passarono davanti alla stazione, sentì una stretta al cuore. L’auto si fermò di
fronte ad un palazzo bianco di sei piani lungo la Shinjuku-dori, la via
principale del quartiere. La donna ne scese, pagò il tassista e poi rimase
qualche istante ad osservare l’edificio. Prendendo un respiro profondo, estrasse
il mazzo di chiavi che non usava da due anni e aprì il portone. Salì i gradini
fino al sesto piano con il cuore in gola. Tuttavia, sapeva che lui non era in
casa. Aveva chiesto a Miki e Umibozu di invitarlo al locale con una scusa e a
Mick di avvisarla quando lui sarebbe uscito di casa.
Quando arrivò davanti alla porta dell’appartamento esitò per un istante,
poi aprì la porta. Una calda sensazione la investì quando fece un passo
all’interno. Finalmente a casa…Fece il giro di tutte le stanze,
trovandole un po’ più disordinate di come le ricordava, ma la cosa non la stupì.
Fu sommersa dai ricordi di attimi e sensazioni vissute in quel luogo. Per ultima
lasciò quella che un tempo era la sua camera da letto. Aprì la porta e si sentì
riportata indietro di due anni. Nulla era cambiato in quella stanza, nemmeno un
oggetto era stato spostato e, al contrario del resto della casa, era pulita e
perfettamente in ordine. Sentì le lacrime pungerle gli occhi a quella vista.
Tornata in soggiorno, lasciò un pacchetto sul tavolino, in bella vista,
poi uscì e salì le scale che portavano al tetto del palazzo…
Ryo
guidava per le strade di Shinjuku diretto verso casa con i nervi a fior di
pelle. Miki e Umibozu lo avevano chiamato alle sei di sera dicendo di andare da
loro per una questione urgente. Preoccupato, aveva caricato la sua Python ed era
corso al Cat’s Eye…Per scoprire che la così detta “questione urgente” era che
Umi aveva bisogno d’aiuto per sistemare l’armeria! Per lo meno di era sbrigato
in poco più di un’ora, ma c’era qualcosa che gli puzzava in tutta quella storia.
Miki aveva continuato a lanciargli strane occhiate e ancora più strani sorrisi
dal primo momento in cui aveva varcato la soglia del locale e quando lei si
comportava in quel modo c’era da avere paura. Probabilmente ne stava pensando
un’altra delle sue per farlo distrarre.
Ma
lui non voleva essere distratto, maledizione! Voleva rintanarsi nel suo guscio e
mandare al diavolo il mondo intero! Quel mondo che da due settimane a quella
parte gli sembrava vuoto e inutile…Niente aveva senso senza di lei. Lo sapeva
che non poteva fare nulla, che doveva solo aspettare e sperare…Ma erano già due
settimane che aspettava, sperava e soffriva. Due settimane che non usciva di
casa, che passava le sue giornate a letto, ricordando ogni istante con lei, o al
poligono, a sfogare la sua insofferenza.
Stare
senza di lei lo lacerava e ogni secondo della sua giornata sperava di veder
aprirsi la porta dell’appartamento, di vederla entrare, sorridente e bellissima,
di sentire di nuovo il suo profumo aleggiare nell’aria…Di sentire ancora le
labbra di lei sulle sue, il suo corpo sotto il suo.
E
c’erano momenti in cui lo sconforto lo sopraffaceva, che si chiedeva se le sue
non fossero solo illusioni, se lei non sarebbe mai tornata…Ma poi il suo cuore
gli diceva di continuare a sperare. Sperare in loro, nel loro amore. E allora
affrontava un nuovo giorno, aspettando.
Parcheggiò la Mini in garage e salì le scale con lentezza. Arrivato
davanti alla porta del suo appartamento si fermò. C’era qualcosa di strano,
qualcuno era stato lì mentre lui non c’era, eppure non sentiva alcuna sensazione
di pericolo…Aprì comunque la porta con cautela e fu allora che lo sentì. Il
profumo di Kaori. Aleggiava nell’aria carico di ricordi, dolce e
indimenticabile. Ma dov’era lei? Non sentiva la sua presenza in casa…Poi vide il
pacchetto sopra al tavolino. Lo prese e lo scartò. Dentro c’era un libro. Si intitolava “Still you, always you”. Il
cuore gli sobbalzò nel petto. Sulla copertina erano raffigurati un uomo e una
donna che si baciavano con passione…E somigliavano molto a loro. Aprì il libro e
vide che nella prima pagina c’era scritto qualcosa. Era la calligrafia di Kaori.
Ho concluso questo libro per dimostrarti che, con esso, ho messo la
parola fine anche alle mie paure. Vorrei che leggessi l’ultimo capitolo e mi
dicessi se sei d’accordo con la fine che ho
scelto…
Ryo
scorse le pagine fino ad arrivare all’ultimo capitolo. Lo lesse velocemente,
mentre davanti ai suoi occhi riviveva di nuovo quello che era successo a New
York prima che lui se ne andasse. E poi lesse come Kaori aveva continuato e
concluso la storia della loro vita, mentre il cuore gli pompava velocemente nel
petto.
Quando ebbe finito, ripose il libro e uscì dall’appartamento, salendo le
scale che portavano al tetto quasi di corsa, là dove il libro diceva che
l’avrebbe trovata.
Aprì
la porta e varcò la soglia, per poi fermarsi. La sera era ormai scesa e Kaori,
illuminata fiocamente dalle luci provenienti dalla strada, era appoggiata alla
ringhiera e gli dava le spalle. La dettagliò, ammirando le sue lunghe gambe
fasciate nei jeans stretti, l’attillato maglioncino verde chiaro che le
sottolineava la vita e infine i capelli…Corti come erano stati prima di
andarsene.
Kaori
si voltò lentamente, fino ad incontrare il suo sguardo bruciante, e sentì il
cuore accelerare dalla luce che vi brillava.
-Mi
mancava la vista che si gode da quassù- disse, poi, dopo una piccola pausa,
chiese:-Hai letto le ultime pagine del libro?-
Lui
annuì, senza dire una parola.
-Quella è l’unica copia in cui ci sono i nostri nomi veri, per le altre
useranno degli pseudonimi, così non capiranno che sei tu, ma quella è una copia
un po’ speciale. È la nostra vita così com’è stata e così come l’ho descritta,
ci tenevo che ce l’avessi…-
Lui
annuì di nuovo. Kaori alzò gli occhi al cielo. Non le stava rendendo le cose
facili…
-Ho
pensato molto a quello che mi hai detto, Ryo. E avevi ragione. Nel più profondo
del mio cuore avevo ancora paura…Paura che tornati qui tu ti saresti tirato
indietro un’altra volta…Che i momenti meravigliosi che abbiamo vissuto a New
York sarebbero svaniti nel nulla…È stupido, lo so…So che tu non mi lasceresti. E
so che mi ami come io amo te. Ed è per questo che sono qui. Perché qui è la mia
casa, perché tu sei la mia casa- fece un passo esitante verso di lui,
senza mai lasciare i suoi occhi –Mi dispiace per quello che è successo, sono
stata un’egoista…Dopo quello che tu hai fatto per me…per noi…Io ti ho lasciato
andare alla prima difficoltà…Ti chiedo perdono. Tuttavia…Se ancora tu lo vuoi,
io sono pronta ad andare avanti…con te-
Kaori
si fermò e attese la reazione di lui. Ryo camminò verso di lei, lentamente…Così
lentamente che a Kaori parvero kilometri quelli che li dividevano. Arrivato di
fronte a lei, si fermò, piantando lo sguardo nel suo.
-Bentornata, mio piccolo Sugar Boy- le disse con dolcezza prima di
prenderle il viso tra le mani e baciarla con dolcezza
Kaori
si aggrappò a lui, approfondendo il bacio. Non si staccarono finché entrambi non
rimasero senza fiato.
-Ti
amo, Ryo- gli sussurrò lei
-Anch’io ti amo, Kaori-
Detto
questo, la prese in braccio e la portò di sotto, in camera da letto. Varcata la
soglia, chiuse la porta con un calcio. E da quella porta non uscirono fino al
pomeriggio del giorno dopo…
THE
END
Un
grazie per i loro commenti a: Gre_leddy, Gloria85, Annina-chan, Francy,
Dragon88, Nayma85, Hatori e Sara_Delfina!
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