Signora Memoria

di Cleo
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Signora Memoria
 
Puoi correre, lamentarti, gridare, chiedere aiuto: io ti afferrerò, mio caro, perché non esiste droga o medicina che possa aiutarti a sfuggire a me, Signora Memoria, colei che non ha pietà.
 
Conosci già Sorella Morte e mio figlio, Dolore, non è vero? Mi hanno detto di averti fatto visita una notte d’estate, mentre Amore era distratto a contare le sue frecce. Mi hanno detto che hai perso il cuore, e che Nonna Apatia ti fa da compagna nei tuoi lunghi giorni solitari.
Non soffri, non ricordi, Fame implora per essere ascoltata, Sonno domina la tua mente. È giunto il tempo per me di intervenire.
 
Ho capito subito che non saresti stato un caso facile da trattare, ma io sono un’esperta e contavo sulla mia lunga, millenaria esperienza. Ho scatenato contro di te Vista, Olfatto ed Udito: ho fatto riemergere, come per magia, foto ingiallite e logorate dal tempo; ho fatto rivivere vecchi carillon, suonanti melodie lontane e nostalgiche; ho spinto il vento a diffondere l’odore di lavanda nell’aria, ma è stato tutto inutile, non hai ceduto. Apatia si era affezionata un po’ troppo a te, secondo il mio parere, e non ti voleva lasciar andare. La mia cara amica Tristezza si è offerta di aiutarmi e già iniziava ad insinuarsi nelle pieghe della tua anima spenta, quando mi sono resa conto che non era con giochi sleali che avrei vinto la tua mente. Ho scrutato più a fondo ed ho subito notato che Forza, quell’odiosa e spregevole megera, non albergava in te; così, ho chiamato Perseveranza, che è stata più che lieta di aiutarmi nel mio arduo lavoro. Insieme, abbiamo lavorato sul tuo caso con ardore instancabile e dopo i primi mesi abbiamo potuto osservare i frutti del nostro duro lavoro: Apatia era sempre più stanca e debole, Fame era ritornata più prepotente che mai e Tristezza, a volte, ti prendeva con violenza.
Sonno mi implorava di lasciarlo rincuorarti, ma sapevo che se ti avessi concesso una tregua, il mio lavoro sarebbe risultato inutile. Con Perseveranza, ho continuato a svolgere con ligio dovere il mio compito che, con il passare dei giorni, si stava rivelando sempre più monotono e ripetitivo. Noia mi sedeva accanto, predicando lunghi monologhi interminabili.
Finalmente, dopo tanto lavoro, ho visto un urlo squarciarti il petto, richiamando prepotentemente il mio adorato figliolo, Dolore; ti ho osservato tutta la notte contorcerti e gridare pietà, sfinito dalle torture del mio bambino.
E ho riso con gusto, soddisfatta.
Chiunque tu sia, mio caro, io ti afferrerò, perché sono Signora Memoria, colei che non ha pietà.







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