Dentro la musica
Prima c’è il violino. Ci sono l’archetto, le corde, il legno della
cassa armonica. Ci sono le sue dita, la contrazione dei muscoli. Ci sono il
tremito delle sue palpebre chiuse e quel modo in cui si piega appena mentre
muove il braccio.
John è fatto di questo, adesso. E’ iniziato quando ha aperto gli occhi
dentro la musica, attorcigliato nelle note e nelle lenzuola. Sherlock lo ha
creato a ogni gradino che ha sceso. Sherlock non ha mai fatto altro che
crearlo. Sta solo riprendendo da dove ha interrotto.
Prima c’è il violino, poi c’è tutto il resto. Il fatto che siano le
quattro del mattino. Il fatto che siano passati tre anni. Il fatto che tra poco
Sherlock smetterà di suonare, e arriverà tutta la rabbia di tutto questo tempo,
tutta insieme. Arriveranno le spiegazioni. Non saranno mai abbastanza. Arriverà
il momento di perdonare, e quello di rendersi conto di non poter perdonare davvero.
Ricominceranno dai dettagli. Leggeranno lo stesso libro, seduti sul
letto di John - è tornato ad essere solo “il letto di John”. Sherlock
rispetterà la cosa, ma ogni tanto fingerà di essersi addormentato a metà
capitolo per poter restare.
Manterranno una distanza di cui prima non avevano bisogno. Avranno un
nuovo frigo: uno per il cibo, l’altro per gli esperimenti. Sarà il modo in cui
Sherlock cercherà di dire “Posso aspettare”, però si chiederà quando potrà
riaverlo indietro del tutto. Consapevolezza: non potrà mai riaverlo indietro
del tutto.
Ci saranno altre persone. Non nel modo in cui ci sono sempre state
altre persone. Ci saranno altre persone che ogni tanto verranno al primo posto.
Non sempre. Ogni tanto. Sarà comunque troppo.
John si terrà pronto a perderlo all’improvviso. Scenderà in cucina,
qualche mattina, e non trovandolo penserà: “E’ successo.”. Poi Sherlock
varcherà la porta sporco del sangue di una spia russa o qualcosa del genere, e
lui potrà tornare a respirare ancora per qualche giorno.
Sono cose che succederanno. John le sente ferme sulla soglia, pronte a
scattare come il meccanismo di un orologio. Prima, però, c’è il violino.
Proprio qui. Proprio adesso. Solo loro due, dopo tre anni. Prima di tutto
quello che verrà dopo. Dentro la musica.
Note
Non scrivo da qualcosa
come dieci mesi, non ci vuole così tanto nemmeno per fare un figlio, il più
delle volte. Devo chiaramente riprenderci la mano, ma è qualcosa. Il titolo è
lo stesso dell’ultima parte del mio libro preferito ever,
Carne e Sangue, quindi grazie, Cunningham. E grazie a chiunque lascerà un
commento, obviously <3