Fair-weather
friend: un amico che si presenta o si comporta da tale solamente
quando le cose vanno bene, in circostanze piacevoli.
“Che cos'è
successo?”
La domanda di Rin
sorprende Nitori, che alza lo sguardo dai compiti sui quali era
concentrato e si volta verso il compagno di stanza.
Il nuotatore è
seduto sul letto, le cuffie sul petto e il lettore mp3 disperso tra
le lenzuola. Quando il compagno di stanza gli ha lanciato l'ultima
occhiata furtiva prima dell'esercizio otto, stava ancora ascoltando
la musica, intento a fissare la rete del letto superiore.
Non capisce la sua
domanda e picchietta nervosamente sul quaderno con la penna.
Da quando sembra
essersi riappacificato coni suoi vecchi compagni, Rin è più
rilassato. È evidente nel modo in cui cerca di parlargli senza
far roteare gli occhi e sopportando i suoi complimenti continui. È
evidente nel modo in cui Nitori riesce a svelare nuove piccole
sfaccettature della sua personalità.
Anche se lo chiama
per nome solo in occasioni davvero speciali, quando è felice,
riesce ad apprezzare questo cambiamento abbastanza da non curarsene.
D'altronde, il loro
rapporto si è sempre basato sui piccoli gesti, sull'andarsi
incontro... non che ci sia nulla oltre l'amicizia!
Nitori lo fissa
senza capire che cosa intenda con quella domanda improvvisa. Potrebbe
dirgli che, quella mattina, si è bruciato con il tè e
scrive un po' a fatica, se si riferisce a questo. Si guarda la ciocca
sul dito, allungando la mano verso di lui per mostrargliela.
“Questo?
Stamattina. A colazione.” riesce a dire, arrossendo un poco
perché non immaginava potesse notare questi piccoli dettagli
insignificanti.
Rin scuote la testa,
posando le cuffie di lato e mettendosi meglio a sedere.
“Non sto
parlando di questo.” ribatte.
Nitori si sorprende
di come riesca ad alzarsi rapidamente, andandogli in contro quasi con
violenza. Alza le braccia di riflesso, per proteggersi, serrando gli
occhi.
“Questo. Hai
paura di me?” chiede l'altro, facendogli aprire gli occhi e
scuotere la testa rapidamente. Non potrebbe avere paura di lui.
Sì, è
successo che abbia reagito male, che abbia urlato contro di lui di
tacere e, in tutta sincerità, il giorno del torneo ha pensato
che l'avrebbe lanciato da qualche parte.
Ma Rin è
violento solo a parole e Nitori lo sa. Sono i sentimenti repressi, i
rimpianti e la tristezza a renderlo così, ma mai si sognerebbe
di colpirlo.
“Rin-senpai,
non mi fai paura.” risponde, abbassando le braccia ed
osservandolo mentre si siede nuovamente sul letto, le mani sulle
ginocchia.
“Che cos'è,
allora?”
“Non voglio
parlarne.”
La risposta è
così veloce da stupire anche il ragazzo, che prende a fissarsi
le mani con interesse. Corruccia le sopracciglia, scuotendo la testa
per rinforzare quell'affermazione e l'altro sbuffa, ma non cede.
Non vuole pensarci.
Tanto meno rendersi ridicolo di fronte al proprio senpai.
Non quando
finalmente l'ha riconosciuto come proprio eguale, non dopo la fatica
che ha fatto per stargli vicino.
“Nitori.”
Solleva la testa,
incontrando gli occhi rossi di Rin ed arrossendo malgrado la tempesta
che ribolle nel suo petto. Ha uno sguardo particolare, attento e
forse un po' ferito.
Starà
sicuramente pensando che gli ha detto molto di sé e questo non
è il modo per ricambiare. Starà mettendo in dubbio la
loro amicizia?
Scuote di nuovo la
testa, stringendo i pugni sulle ginocchia e facendo un enorme sforzo
nel voltarsi e lasciare Rin senza una risposta. Riesce in qualche
modo a riprendere la penna e riprendere a scrivere, prima di tirare
una riga per lo spavento causato da una mano sulla spalla.
“Rin. Per
favore, smettila.” lo prega, la voce ferma nonostante
l'evidente timore che ne traspare, tanto da far sobbalzare l'altro,
che -da quello che sente- torna a sedersi sul letto.
Per due giorni
interi, Nitori crede di cavarsela.
Rin non fa accenno
all'argomento e lui non può che esserne felice, continuando la
propria vita tra compiti, allenamenti ed un'uscita casuale al conbini
per il mensile strappo alla dieta rigida che il Capitano impone loro.
È al ritorno,
però, nel momento in cui meno se lo aspetta, che una voce lo
distoglie dalla contemplazione del profilo del suo senpai.
“Nitori!”
La sua espressione
si ghiaccia in un sorriso spaventato, mentre si volta nella speranza
di aver sentito male. Rin smette di parlare di squali australiani che
si sono adattati all'acqua dolce e lo lascia vulnerabile all'attacco
di quella persona.
Non vuole ricordarsi
il suo nome e, quando glielo ripete, annuisce debolmente,
nascondendolo di nuovo in una piega della memoria. Arretra di un
passo quando gli da' una pacca sulla spalla e cerca di non guardare
troppo il suo volto, ma non serve a niente.
“Wah, come sei
cresciuto! Cosa vi danno da mangiare alla Samezuka?” chiede,
ridendo, quell'ex compagno di classe che vorrebbe aver rimosso
completamente dalla propria esistenza.
Nitori è
terrorizzato e non risponde, aprendo appena la bocca. Istintivamente
vorrebbe chiedere aiuto, mentre una parte di lui che pensava sopita
lo informa che nessuno verrà in suo soccorso.
Quella persona sa
che scuola sta frequentando. Cerca di aggrapparsi al pensiero
rassicurante che abbia riconosciuto la divisa. Cerca di pensare a che
scusa usare per scappare il più velocemente possibile.
“Comunque è
un sacco di tempo che non ci vediamo! Che ricordi, le medie, eh? Io
vado al liceo F., è un po' lontano, ma hanno una buona squadra
di baseball!” esclama, come se niente fosse. “Tu nuoti
ancora?”
Come può fare
finta di niente? Come può tornare nella sua vita quando tutto
va' bene, quando sembrava essersi dimenticato?
Ha una buona vita,
adesso, Aiichirou. Nonostante la fatica degli allenamenti e la scuola
impegnativa, sta bene. Non c'è nessuno a tenergli la testa
sotto l'acqua o a spingerlo nei corridoi o a provare la nuova mazza
da baseball sul suo stomaco.
Quelle cose erano
lontane, prima di quell'incontro.
“Sì.”
riesce finalmente a rispondere, sentendosi un blocco di ghiaccio. Il
sole è tramontato ed è convinto di tremare per questo.
“Nuoto ancora.”
Nonostante il suo
impegno nel farlo smettere, nuota ancora. Perché è
quello che lo fa sentire bene, quello che gli piace, quello che lo
avvicina alla persona che ha a lungo idealizzato, prima di scontrarsi
con una realtà molto diversa.
Ma non importa,
perché Rin è ancora il suo modello.
E, all'occasione, è
quello che lo salva ancor prima di aprire bocca. Lo riporta al
presente, prima di sbuffare appena e lamentarsi senza parole.
“Ai, ho fame.”
conclude, dopo un lungo biascicare.
Ai. Sorride appena,
sentendo la tensione scivolare via.
“Scusami,
dobbiamo andare!” riesce ad esclamare, prima di mettersi a
correre verso il dormitorio. Non smette di correre finché il
cancello non lo separa dalla strada, dal mondo e da quella persona,
finché Rin non lo guarda con un misto di incomprensione e
stizza che, ancora una volta, lo riportano a cosa è
importante.
L'ha di nuovo
chiamato per nome.
Il maggiore non fa
domande, almeno finché non chiudono la porta della stanza
dietro di loro e lo guarda posare il sacchetto prima di cercare di
salire sul letto. Trema, nonostante tutto, perché la paura sta
svanendo piano piano, lasciandolo stremato.
“Aiichirou!”
sbotta Rin, prendendolo per i fianchi ed obbligandolo ad affrontarlo.
Nitori volta lo
sguardo, una sottile rabbia che cerca di farsi largo nella
disperazione di quel momento.
“Parlami!”
aggiunge il maggiore, scuotendolo appena.
“Non è
come se mi avessi spiegato tutto della tua vita, Rin!” grida,
colpendo la scala.
Rin lo guarda,
aggrottando le sopracciglia e lui si aspetta che prenda la giacca e
se ne vada per sbollire la stizza, come sempre. Invece non si muove e
la vista gli si appanna.
Gli è grato
per questo. È spaventato, furioso, ma è grato a Rin
perché non se ne va' e non lo lascia solo. Al contrario, lo
vede avvicinarsi attraverso il velo di lacrime ed allarga le braccia
in modo comico per farsi stringere.
Rin ha addosso un
profumo di colonia appena percepibile ed è caldo e silenzioso,
quando lo abbraccia. Non sa se essere felice o sentirsi in colpa nei
confronti del Nitori che soffre, da qualche parte nella sua testa.
Si sente patetico,
ma ha bisogno di quella stretta, ha bisogno di sentirsi apprezzato,
di sapere che, al diavolo i sentimenti d'amore che prova palesemente
per il suo senpai, almeno gli è amico.
Singhiozza,
aggrappandosi alla sua felpa, nella schiena, vergognandosi per il
modo in cui si abbandona a lui, le gambe che cedono mentre lo posa
sul letto ma non lo lascia.
“Mi dispiace.”
riesce a dire, sfregando il viso contro la sua maglietta. È un
disastro di lacrime, ma Rin sembra non badarvi.
“Sta zitto.”
mormora, una carezza sulla nuca che contraddice il suo tono, mentre
lo sente ondeggiare e singhiozza ancora più forte, perché
il senpai lo sta cullando, cercando di calmarlo.
Si vergogna così
tanto, eppure non cerca di allontanarsi, di fare finta di niente.
I suoi genitori
sanno di quello che ha passato alle medie. Gli hanno parlato di avere
coraggio, di reagire, nonostante fosse una sola persona contro un
muro di silenzio.
Gli insegnanti hanno
parlato di fasi della crescita, alcuni sono arrivati a confessare di
aver passato lo stesso, ma essere persone migliori.
Nitori non ha idea
di come si possa diventare migliori, a forza di colpi e quaderni che
scompaiono.
È la prima
volta che può approfittare dell'abbraccio di qualcuno, anche
se chi lo sta stringendo ancora non sa nulla. Non vuole rivivere quel
lungo anno, non vuole spiegarsi. Vuole soltanto continuare a stare
bene così.
Ci vuole almeno
mezz'ora prima che riesca a calmare i singhiozzi, altri dieci minuti
prima che si decida ad allontanarsi, notando subito la macchia scura
sul davanti della maglietta di Rin ed arrossendo.
“Mi dispiace.”
ripete, abbassando lo sguardo.
“Vuoi
smetterla di pensare alla mia maglietta?” borbotta il maggiore,
sfiorando con un dito il cerotto sotto il quale la pelle bruciata si
sta rigenerando.
Quando l'ha visto la
prima volta, l'ha reputato infantile. Ma non ha mancato di notare il
sorriso appena accennato che fa sempre quando ci sono degli squali di
mezzo.
Rin apre la bocca di
nuovo, ma Aiichirou lo precede.
Gli racconta ogni
cosa. Com'è iniziata per caso solo perché era più
debole degli altri, com'è peggiorata quando quelli che
potevano ancora considerarsi scherzi sono diventati colpi, com'è
finita dentro una piscina, poi in un letto di ospedale.
Scoppia a piangere
ancora, quando diventa tutto troppo da ricordare, ma Rin gli stringe
la mano e il minore si sente in dovere di continuare, fino alla fine.
Non si sente meglio,
dopo. Forse andrà meglio dopo qualche giorno, forse mai. Ma il
senpai gli stringe la mano e non lo guarda con disprezzo, è
già un inizio.
“Volevo essere
forte e divertirmi davvero con il nuoto. Volevo... Volevo essere come
te.” confessa, scuotendo la testa. “Ma non posso esserlo
e...”
“Ed è
meglio così.” lo interrompe per la prima volta Rin,
sbuffando. “Non sono un granché come modello, Nitori, tu
sei molto più forte di me. Dopo... Dopo questo. Ho negato
tutta la mia tristezza dietro il mio orgoglio, tu sei andato avanti.
Non che voglia ammetterlo davvero. E tu non dovrai riferirlo.”
borbotta ancora, perdendosi in uno sguardo laterale tipico di quando
si imbarazza per qualcosa.
Nitori sorride. Le
guance gli tirano per le lacrime che si sono asciugate lì, ma
qualcuno di importante sa e non lo sta umiliando ulteriormente.
“Dannazione,
ho voglia di spaccargli la faccia.” aggiunge, sorprendendolo
davvero.
Scuote la testa,
allungando una mano per prendere la sua maglietta nel pugno ed
attirare la sua attenzione.
“Mi dispiace
averti spaventato.”
Il minore sorride
ancora, esitando un momento prima di tirarlo contro di sé un
altra volta.
Non c'è
ragione per farlo, ma vorrebbe essere egoista e godersi un abbraccio
diverso. Finisce per aggrapparsi disperatamente alla sua schiena,
sfregando la guancia sul suo petto e sospirando.
“Mi hai
ascoltato. Mi hai detto delle belle cose. Rin...” mormora,
tremendamente rosso in volto, ma ben intenzionato a starsene lì
ancora un po'.
Riesce a tirarlo nel
letto, rannicchiandosi su di lui e chiudendo gli occhi, per finire di
calmarsi anche se ha il cuore che batte all'impazzata.
“N-non farti
strane idee, sei il mio kohai, è mio dovere proteggerti!”
sbotta Rin e Nitori non ci crede neppure un momento.
“È
passato.” riesce a rispondergli, un dito che si avventura sotto
al suo mento con meraviglia. Vale la pena stare male in questo modo,
se il premio è questo?
Scuote la testa, il
sorriso meno evidente mentre si mette a sedere.
“Grazie.”
Si sente tirare per
il braccio e scompare di nuovo nella sua maglietta, stupito.
“Stai qui.”
mormora Rin, bloccandolo con le braccia.
E Nitori resta,
chiudendo gli occhi con un sospiro.
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