Ryan e Eric
Con tutta la forza
Avrei dovuto andarci io
in quel camper e il chiodo nell'occhio avrei dovuto prendermelo io.
Invece non ci sono andato, sarebbe dovuto essere il mio compito ma
ero in ritardo, come spesso mi capita, ultimamente. E lui, Ryan non
me lo perdona mai, mai. Lui, sempre così preciso, sempre
pronto a fare il
perfetto poliziotto senza macchia e senza paura, non riesce a capire
che a volte può capitare di avere dei problemi tanto seri da
non
sapere da quale parte girarsi, da non riuscire a dormire la notte.
Vorrei vedere lui e tutti quelli come lui, cosa farebbero al mio
posto....
Così finiamo sempre
per litigare, come é successo oggi, prima che lui si recasse
sul
luogo dell'indagine per poi non tornare piú.
Quando ho ricevuto la
sua chiamata, lì per lì, mi é quasi
venuto un accidente... sono
accorso come una furia in suo soccorso e l'ho trovato, mio Dio, l'ho
trovato steso a terra in un lago di sangue e conficcato nell'occhio,
in un modo quasi grottesco, c'era quel maledetto chiodo. Lui, Ryan,
era cosciente ma gravemente sotto choc; doveva sentire molto male.
Si è aggrappato al mio braccio con le ultime forze rimaste,
cercando un minimo conforto in quella difficile situazione e io ho
contraccambiato la stretta per fargli capire che non era solo, che
c'ero io a prendermi cura di lui.
L'ho aiutato ad
alzarsi, anzi, praticamente l'ho sollevato io e l'ho portato
praticamente di peso verso la mia Hummer (autovettura
della scientifica di Miami nda)
adagiandolo piano sul sedile
del passeggero. Gli ho fissato la cintura di sicurezza cercando di
fare attenzione a non toccare la parte ferita. Il dolore doveva
essere quasi insopportabile perché lui ha cominciato a
gridare
forte.
Ho telefonato
immediatamente in ospedale e mi sono raccomandato affinché
si
tenessero pronti perché stavo per arrivare con un agente
gravemente
ferito.
Ho cercato di correre
più che potevo mangiando letteralmente la strada, Ryan
doveva
soffrire terribilmente a giudicare dalle sue grida.
Dio, quelle grida! Mi
trapanavano l'orecchio, era un vero tormento sentirle, un tormento
e un sollievo al tempo stesso, perché finché
gridava allora voleva
dire che era ancora cosciente .
"Stai con me"
continuavo a dirgli, "stai con me" e poi cercavo di
tranquillizzarlo, gli dicevo che eravamo quasi arrivati in ospedale
e che lì si sarebbero presi cura di lui.
Ma una volta arrivati
in ospedale lo hanno portato al pronto soccorso e non mi hanno
permesso di rimanergli accanto. Avrei voluto con tutto il cuore
rimanere per confortarlo, per non farlo sentire solo in questo
momento.... e poi volevo sapere subito quanto era grave, avrebbe
potuto perdere l'occhio, avrebbe potuto avere danni al cervello. E
sarebbe stata anche colpa mia... lui era andato da solo
perché io
ero in ritardo al lavoro. In quei terribili momenti giurai a me
stesso che se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai
perdonato.
Fortunatamente era
arrivata Alex ed è entrata lei nell'ambulatorio, lei
è un medico e
l'hanno lasciata passare; almeno non è rimasto solo.... mi
era
sembrato così spaventato oltre che sofferente.
È arrivato Horatio e
mi ha fatto la predica; ho ascoltato tutto ben sapendo di
meritarmelo. Non avrei mai dovuto lasciare che i miei problemi
personali interferissero con il mio lavoro, soprattutto quando
c'è
in gioco la vita di altri colleghi. Mi domando se al posto di Ryan ci
fosse stato Tim; come mi sarei comportato. Lo avrei lasciato solo ?
Me ne sarei fregato allo stesso modo? Forse no, forse avrei cercato
di fare tutto il possibile per non lasciarlo solo in pericolo.
Mentre sono immerso nei
miei pensieri la porta dall'ambulatorio si apre e esce Ryan. Ha
l'occhio sfasciato, pesto e orrendamente gonfio, tanto che non riesce
a tenerlo aperto.... Mi fa impressione vederlo, tanto più se
penso
che in quello stato avrebbe dovuto esserci il mio di occhio.
Mi avvicino a lui che
mi sembra piuttosto intimidito della mia presenza o forse non vuole
farsi vedere in questo stato. Ha l'aspetto stanco, provato, mi dice
che ha l'intenzione di prendere un taxi per andare a casa.
E no, che
non lo lascio solo, non adesso che sta male a causa mia. Mi offro di
accompagnarlo a casa, gli dico che sono di strada ma, chiaramente sto
mentendo. Penso che anche lui lo abbia capito ma accetta il mio
passaggio, così come accetta la battuta spiritosa e la pacca
sulla
spalla che gli dò ben volentieri e sollevato dal fatto che
lui non
mi dimostri alcuna ostilità.
Guido in silenzio fino
a casa sua, una volta arrivati lui mi chiede se voglio salire. Non ho
niente da fare, così accetto.
La sua casa è
assolutamente in ordine e immacolata, non sembra nemmeno abitata,
sembra piuttosto un'esposizione di un negozio di arredamento. Ryan si
accomoda in un angolo del divano mentre io mi siedo dall'altra parte.
Mi guarda a lungo, e quello sguardo strano, asimmetrico mi fa una
certa impressione ma non posso distogliere il mio.
A un certo punto mi
dice "Mi dispiace"
Sono realmente basito
"di che cosa ti dispiace?" gli chiedo ,
"Del tuo amico, mi
dispiace che sia morto. Ne ho preso il posto, non so se degnamente o
indegnamente, ma so benissimo che eri molto legato a lui e che stai
soffrendo molto la sua mancanza. Io non sono lui, sono me stesso,
cerco di fare il mio meglio sul lavoro e non pretendo certo di
sostituirlo nei vostri cuori, ma vorrei essere accettato, non chiedo
di più."
Poi tace,
all'improvviso il suo viso si trasforma, dapprima in una semplice
smorfia di dolore, poi si raggrinzisce come se il dolore che sta
provando stesse aumentando in modo esponenziale. Infine esplode in un
grido quasi inumano mentre si porta la testa fra le mani.
"Ryan, Ryan che ti
succede?" gli chiedo preoccupato.
"La testa! ... sento un gran
male alla testa....aiutami, Eric, aiutami...non ce la faccio
più!"
Mi avvicino a lui, con
una mano gli circondo le spalle, per confortarlo. Lui appoggia il capo
sulla mia spalla e continua a gemere dal dolore, alternando
gemiti a urli, quando il male che sente diventa quasi insopportabile.
"Ryan,
ti riporto in
ospedale, stai soffrendo troppo."
Lui
annuisce ma non ha
nemmeno la forza di parlare .
E poi
è un attimo,
sempre senza parlare volge la testa indietro, lo sguardo si fa vacuo
e perde i sensi mentre un rivolo di bava gli scende dalla bocca.
Non c'è un attimo da
perdere e non posso farcela da solo: decido di chiamare il 911 e
chiamo anche Alex e Horatio.
Ha lo sguardo
serio,
Alex, mentre esce dalla sala visite, io e Horatio siamo in attesa
nel corridoio, lei ha lo sguardo serio e gli occhi arrossati dal pianto.
"Horatio"
si
rivolge al capo "sai dove rintracciare i genitori di Ryan?"
"No, non al
momento, ma penso proprio che abbia lasciato un recapito in centrale"
risponde lui pensieroso, poi, guardandola direttamente in viso,
"E' così grave?"
Mi sento
gelare il
sangue nelle vene mentre ascolto la risposta:
"Horatio, Eric......quello che devo dirvi non
è piacevole. Ryan ha
una forma di meningite fulminante. Probabilmente un batterio
contenuto nel chiodo è penetrato nel cervello e si
è propagato."
"È in
pericolo di
vita?", chiedo, abbastanza stupidamente,
"È
molto grave" è
la risposta "i soccorsi sono stati immediati e si spera che sia stato
preso in tempo, ma non lo possiamo dire ora. Dobbiamo aspettare
vedere come si evolve nelle prossime ore. Sì, è
in pericolo di vita"
"Posso vederlo?"
chiedo "cioè, volevo dire ....... quando possiamo
vederlo?"
Sono un
po' imbarazzato e mi sembra strana questa
mia voglia di vederlo...quasi come se fossimo veramente amici,
eppure non siamo mai andati veramente d'accordo.
"Sì,
lo potete
vedere, anche ora, se volete; ma uno alla volta."
"Vai tu,
ragazzo"
mi dice Horatio "io vedo di rintracciare la sua famiglia."
Entro nella
stanzetta e
lui è lì, gli occhi ancora chiusi, il viso
arrossato dalla febbre
alta, fa fatica a respirare, ha una mascherina per
l'ossigeno, intorno a lui tutta una serie di macchine che controllano
il suo organismo e, attaccata al braccio, la cannula della flebo. Mi
sembra incredibilmente piccolo e fragile, in quel momento,
incredibilmente diverso dal ragazzo forte, ambizioso e un po'
strafottente che ho imparato a conoscere in questo anno in cui abbiamo
lavorato assieme.
Lo guardo bene,
mi fa
molto dispiacere vederlo ridotto così e il pensiero che
possa non
farcela mi sembra quasi insopportabile.
"Tranquillo,
Ryan,
tranquillo, gli dico, andrà tutto bene, resto qui con te
fino a che non ti svegli....vedrai andrà tutto bene";
Mi sembra che queste mie
parole gli facciano piacere, anche se non mi sente e non so proprio
se sto cercando di tranquillizzare lui o piuttosto me stesso.
Mi domando come
reagirei se dovesse morire e mi rendo conto che non è
possibile che
io perda un altro collega, un altro amico....non così
presto, non ce
la farei. Mi rendo conto che soffrirei per Ryan, allo stesso modo in
cui ho sofferto per Tim, nonostante tutto e mi sembra strano.
Anzi,
no....non proprio
allo stesso modo; perché io quello che sto provando per Ryan
non
l'ho mai provato per nessun altro.
"Non morire,
Wolfe, non ti provare nemmeno a morirmi davanti agli occhi. Tieni
duro. Cerca di lottare, fallo per me. Fallo per noi"
Per
noi? Ma cosa mi
succede? No,non può essere. Di sicuro sono stanco, stanco e
preoccupato; perché non sarà mai, non
può essere al mondo che io,
Eric Delko mi possa essere innamorato di un altro uomo.
Eppure ho una strana sensazione.....
"Non te ne andare, Ryan, non so se ce la farei a ritornare al
lavoro senza di te.....anzi non so proprio se riuscirò a
vivere,
senza di te"
Le parole mi sono uscite fuori quasi automaticamente. Quello
che
comportano mi fa paura, ma non sono riuscito ad evitare di
pronunciarle; mi sono proprio uscite dal cuore.....credo che lui abbia
sentito perché mi è sembrato che abbia quasi
sorriso e
cercato di aprire gli occhi....ma forse è stata solo la mia
immaginazione.
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Sono passate parecchie ore e ancora non si è visto nessuno;
so
che i suoi genitori abitano parecchio lontano da Miami e immagino che
siano in viaggio. Sono stanco ma non mi muovo da qui nemmeno se
cercano di spostarmi con un transpallet. Non lo lascio solo: gliel'ho
promesso.
Lo sento gemere, mi
avvicino, è ancora incosciente; gli sfioro la fronte, scotta
ancora.
Prendo la sua mano e me la porto alle labbra.....poi la lascio andare,
spaventato. Ma mi sorprendo a
fantasticare di me e di lui insieme, e la
cosa non mi fa più così tanta paura.
Starò qui con lui fino a che non si
sveglia, perché si
sveglierà ne sono sicuro, e poi anche dopo fino a quando non
starà meglio e dopo ancora ....finché
avrò vita.
Da oggi
in poi vivrò
per lui, non mi importa quello che la gente può pensare, non
me ne
frega niente. Se mi vuole sarò suo, suo per
l'eternità.
Suo per sempre con tutta la forza del mio amore.
Questa volta ho voluto
provare qualcosa di diverso e ho scritto una storia "slash"....non me
ne vogliano le mie affezionate lettrici di storie
"het"......è solo un'esperimento e un modo di rispondere ad
una sfida che mi è stata lanciata tempo fa.
Spero che, nonostante sia molto diversa da quello che ho scritto
finora, vi piaccia ugualmente.
Al momento non credo che scriverò altre storie slash,
però non si sa mai.....who knows...praltro mi sono divertita
come una matta a fare pronunciare ad Eric le stesse parole che ha usato
quando era ferita e incosciente Calleigh.....solo che le ha usate per
Ryan ahah
Ah, perdonate eventuali "stranezze" nell'impaginazione.....ho usato due
programmi diversi per scriverla e temo di non essere riuscita a mettere
a posto tutti gli interlinea
Beh aspetto recensioni ....
A presto
Love
Jessie
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