The
Book Of Hell
01. The story begins
La luce del sole filtrava luminosa tra le imposte delle
finestre.
Era una bella giornata soleggiata, serena, una delle prime giornate di
primavera di quell'anno.
Bill sedeva comodo sul sofà, con in mano un libro dalla
copertina di cartone nero, abbastanza spesso, aperto su una delle
ultime pagine. Erano quasi quattro giorni che passava le sue giornate
così, leggendo con dedizione e quasi con
maniacalità quel
libro per lui così prezioso. L'aveva attirato subito, sin
dall'inizio, e, una volta iniziata la prima pagina, non aveva
più potuto far a meno di quella storia.
Gli occhi del ragazzo erano concentrati sulle parole nere, scritte sul
bianco del foglio.
Solo poche pagine...
poche pagine e saprò come va a finire. Voglio conoscere la
soluzione del mistero pensava, mentre teneva lo sguardo
incollato al libro, la fronte corrucciata per lo sforzo della
concentrazione.
Era arrivato ad un punto cruciale del racconto.
"Arrivò
alla porta. Era socchiusa, solo una scia luminosa illuminava il lugubre
e buio corridoio nero che stava attraversando. Camminava con estrema
lentezza, la paura gli aveva invaso tutto il corpo. Ogni osso, ogni
muscolo, ogni centimetro di pelle era invaso dai brividi. Il viso
sudato e sporco, il terrore di arrivare a quella porta e di aprirla
completamente. Da una parte, voleva aprirla; dall'altra, voleva
soltanto scappare. Ma non poteva farlo. Ormai il mostro gli aveva
già portato via tutto quello che aveva di più
caro al
mondo, non aveva niente da perdere. Se fosse riuscito nell'intento,
avrebbe ottenuto vendetta e sollievo; ma, se così non fosse
stato, avrebbe comunque raggiunto felice le persone che aveva perso.
Ecco, era arrivato alla
porta. Le
diede una leggera spinta. Strinse convulsamente la pistola che aveva in
mano, pronto ad affrontare il peggio. Dopo poco, una scena spaventosa
si aprì davanti ai suoi occhi. Cercò di non
tremare, ma
era praticamente impossibile, perché davanti a lui c'era la
cosa
più spaventosa che avesse mai visto."
«In piedi, bell'addormentato! È ora di darsi da
fare!».
Preso alla sprovvista da quell'urlo così potente, Bill fece
un
balzo di due metri, saltando via dal sofà e tirando in aria
il
libro che stava leggendo. Atterrò sul pavimento con il
fondoschiena, facendosi male ad un gomito.
«Che dolore!», urlò con voce sofferente
e con gli
occhi serrati, mentre si massaggiava il punto ammaccato e dolorante.
A pochi passi di distanza da dove era caduto, qualcuno stava ridendo a
crepapelle. Bill aprì gli occhi e alzò la testa:
Tom, il
suo gemello, era crollato sul sofà e ci stava rotolando
sopra
con le lacrime agli occhi, tenendosi la pancia con le mani.
«Scemo! Mi hai fatto prendere un colpo!», lo
rimproverò arrabbiato Bill, rimettendosi in piedi e
raccogliendo
il libro che aveva lanciato via.
«È stato spassosissimo, avresti dovuto vedere che
salto!».
Tom continuava imperterrito a ridere, senza dar peso all'espressione
offesa del fratello. Soltanto dopo un minuto intero passato a ridere
riuscì finalmente a ricontrollarsi.
«Senti, scansafatiche, David vuole che tu venga in studio per
continuare a registrare le nuove canzoni. Dobbiamo metterci al lavoro,
manca poco tempo all'uscita prevista per il nuovo album. E per questo
motivo, mio caro, sei costretto ad abbandonare per un po' quel
libricino che ormai leggi senza sosta. Il lavoro chiama».
Detto questo, afferrò il fratello per un braccio e lo
trascinò fuori dalla stanza con malagrazia.
«Ma io devo finire di leggere!»,
protestò Bill, opponendo resistenza.
«La lettura può aspettare, l'album e i fan
no».
E così entrambi si avviarono verso lo studio di
registrazione.
Erano passate quasi due ore da quando avevano iniziato a registrare e
la sera era già arrivata da un pezzo.
L'album era quasi pronto. Bill cantava con la stessa
intensità
di sempre e Tom, Gustav e Georg lo accompagnavano con i loro strumenti,
mettendoci sempre più impegno ad ogni canzone che
registravano.
Ad un certo punto, il loro manager, David Jost, batté le
mani e
fece segno di chiudere tutto e di andare ognuno per conto proprio.
«Ragazzi, per oggi può bastare. Avete fatto un
gran bel
lavoro, complimenti».
«Grazie», risposero loro con un sorriso stanco.
Tutti quanti misero via i loro strumenti, si prepararono e, dopo aver
salutato tutto il loro staff, si diressero insieme verso l'uscita.
David, però, li raggiunse, trattenendoli ancora.
«Mi ero
dimenticato di dirvi che domani mattina dobbiamo andare a girare il
vostro nuovo video».
Gustav lo guardò curioso. «Beh, avresti potuto
avvertirci
un po' prima. Comunque, che tipo di video sarà?».
«Uno di quelli lugubri e inquietanti, un po' oscuri. Andremo
in
una casa abbandonata in campagna, credo. Sarà un'esperienza
totalmente nuova per voi, per questo penso che sia molto interessante
da provare», disse il manager con gli occhi che brillavano
per
l'emozione.
«A volte fai paura, David», scherzò Tom,
mentre
spingeva la porta per uscire. «Ci vediamo domattina, allora.
Buonanotte».
«Buonanotte. E riposatevi bene stanotte, perché
domani vi
voglio in forma», gli raccomandò David con voce
severa.
I ragazzi annuirono col capo e, finalmente, ognuno poté
ritirarsi nella propria stanza.
La mattina seguente, tutti quanti si riunirono in un punto preciso
dell'albergo, pronti per partire insieme verso la meta per girare il
video. Durante il tragitto in macchina, Bill tirò fuori dal
suo
grande borsone, da cui non si separava quasi mai, il libro nero che
doveva ancora finire di leggere. La sera prima si era sentito troppo
stanco per
poter leggere anche solo una pagina, quindi aveva pensato di portarselo
dietro per farlo nei momenti liberi.
«Ancora con quel libro? Ma non ti stanchi mai di
leggerlo?», gli chiese Tom, guardandolo scettico e annoiato.
Il fratello corrugò la fronte e gli fece la linguaccia.
«No, non mi stanco mai. E poi non l'ho ancora finito, per
ciò me lo porto dietro».
Gustav, che sedeva di fianco a Bill, gli si avvicinò un po'
di
più per osservare meglio il libro. «"The Book Of
Hell"...
È un horror? Di che cosa tratta?», chiese
incuriosito.
Bill gli sorrise, felice che almeno qualcuno si interessasse come lui
ai libri. «Parla di un gruppo di
amici che entra in una casa maledetta e da quel momento cominciano a
succedere un sacco di avvenimenti strani; molti di loro scompaiono,
alcuni muoiono, ma il protagonista rimane sempre intatto e cerca di
scoprire quale mistero si nasconde in quella casa».
«La solita storia della casa stregata, quindi»,
disse Georg, un tantino deluso dalla trama del libro.
«Può sembrare così, ma è
interessante vedere come si evolve la storia. Succedono cose pazzesche,
che ti tengono attaccato al libro e ti danno la sensazione di essere
dentro la storia. E poi c'è questo mistero da svelare che ti
prende ancora di più, ti fa proprio venir voglia di leggere
fino
alla fine per scoprire la soluzione. Io, purtroppo, non sono ancora
arrivato alla fine, non so ancora niente».
Bill parlava con un entusiasmo da far paura: quel libro lo aveva
letteralmente stregato in tutti i sensi.
Tom, seduto accanto a Georg, sbuffò annoiato.
«Sai, Bill,
non ti farebbe male leggere un bel porno, qualche volta».
«Tom!».
Dopo qualche minuto, arrivarono a destinazione. Scesero dalla macchina
e osservarono la scena che si stagliava davanti ai loro occhi: una casa
scura, una specie di catapecchia distrutta, in mezzo ad una desolazione
totale; l'erba intorno era poca e secca, il terreno molto fangoso. La
casa era molto grande, ma quasi completamente distrutta. Sembrava che
fosse stata bruciata da poco tempo.
«Ma chi ci abitava qui?», domandò Gustav
a David.
«Sembra che vent'anni fa ci abitasse uno scrittore di grande
fama
a quei tempi. Ci viveva con la moglie e le tre figlie. Era abbastanza
ricco, lui e la sua famiglia non se la passavano di certo
male,
ma, a quanto pare, qualcuno ce l'aveva con lui: una notte, qualcuno
è entrato in casa e ha ammazzato la moglie e le figlie. Lui
sembra che sia sopravvissuto, ma qualche tempo dopo si è
suicidato per il dolore della perdita».
«Come si è suicidato?».
«Rinchiudendosi in una stanza e dando fuoco alla casa. Questa
è la prima ipotesi, altri invece suppongono che fosse solo
impazzito e che, preso da un raptus improvviso, uccise tutta la sua
famiglia, bruciando poi la casa e suicidandosi».
Tom sbarrò gli occhi e inarcò un sopracciglio.
«Che storia carina», commentò sarcastico.
«E per quale motivo credevano che fosse pazzo?»,
domandò ancora Gustav.
«Per le sue storie, che erano troppo... strane. Solo un pazzo
poteva pensare di scrivere certe cose. Ho sentito dire che delle
persone, dopo aver letto i suoi libri, erano impazzite,
perché il
libro gli aveva rovinato la salute mentale. Erano libri che rovinavano
a
livello psichico la gente. Sembra anche che, poco prima di morire,
stesse lavorando ad un horror particolare e diverso dagli altri. Ma,
quando la casa è stata bruciata, nessuno ha più
trovato
niente. Però, a mio parere, queste sono tutte dicerie.
Comunque
sia, questa casa non è più stata abitata da
allora. Molti
dicono che sia infestata dagli spiriti della famiglia, ma sono sempre
le solite storie che la gente inventa per divertirsi a spaventare gli
altri. Sono sicuro che qui verrà fuori un bel video. Diamoci
da
fare», esclamò con entusiasmo il manager.
Bill, intanto, aveva incominciato a tremare. Aveva gli occhi spalancati
e il viso spaventato.
«Tutto bene?», gli domandò Tom,
avvicinandosi di poco.
Il fratello scosse la testa. «Io non ci entro lì
dentro», mormorò con voce roca.
Tom alzò gli occhi al cielo e lo afferrò per un
braccio,
cominciando a trascinarlo via. «Bill, tu leggi troppe storie
dell'orrore. Adesso vieni con noi e cominciamo a girare quel video.
Muoviti».
Bill non oppose resistenza e non replicò, ma, quando
arrivarono
sulla soglia della porta cigolante della casa, esitò un
istante,
prima di entrare. Lo staff e i suoi compagni erano già
entrati
dentro, mancava solo lui.
Il cielo in quel momento si stava facendo plumbeo, più
grigio e nuvoloso.
Strano, prima c'era il
sole pensò Bill.
Dopo poco, si decise a varcare la porta, ma, nello stesso momento in
cui mise il primo piede dentro, un fulmine squarciò il cielo
scuro. Forte, un rombo quasi assordante. Il cantante
sobbalzò,
spaventato a morte. Il libro che aveva dentro il borsone
saltò
improvvisamente fuori, cadendo sul pavimento, e si aprì
sulle
prime pagine. Il moro lo guardò perplesso, mentre si teneva
una
mano sul cuore e respirava affannosamente.
«Bill, ti decidi ad entrare?», lo chiamò
Tom a qualche metro di distanza da lui.
Bill entrò del tutto dentro la casa, raccolse il libro e lo
rimise dentro il borsone. Fece qualche passo in avanti, ma un rumore
improvviso lo fece sobbalzare di nuovo: la porta alle sue spalle si
chiuse improvvisamente, da sola, con una rapidità
impressionante.
«Ma che fai? Non c'è bisogno di sbattere
così la
porta», lo ammonì il fratello, che, stanco di
aspettare,
lo aveva raggiunto.
Bill aveva il volto pallido e i muscoli tesi in una maniera assurda.
«Tom, io non... non l'ho neanche toccata», disse al
fratello con voce tremante e balbettando.
Tom sembrava non notare la paura del gemello, così fece
spallucce e lo spinse verso lo staff, che nel frattempo si era
già spostato in un'altra stanza della casa.
«Sarà
stato il vento. A quanto pare, sembra che stia arrivando un bel
temporale. Ma adesso andiamo, abbiamo già perso abbastanza
tempo».
E così dicendo, si avviarono insieme verso il resto del
gruppo.
L'interno della casa era spaventoso e alquanto lugubre. Sembrava che
fosse già notte lì dentro. Era pieno di topi e
ragnatele
in ogni angolo, puzzava di bruciato ed era inquietante. Molto
inquietante.
Bill, mentre si guardava attorno e continuava a camminare sul pavimento
di legno scricchiolante, si avvicinò ancor più al
fratello e gli strinse un braccio per farsi almeno un po' di coraggio. Questa sarà senza
ombra di dubbio una delle giornate più lunghe e brutte della
mia vita.
La casa era
immensa, c'era davvero il rischio di perdersi
lì
dentro. Rampe di scale ovunque, porte cigolanti per almeno una
quarantina di stanze. Sarebbe potuta sembrare una reggia degna di un
re, se solo non fosse stata così lugubre e buia. Nel
silenzio si
riusciva a sentire lo squittio dei topi che correvano veloci sul
pavimento di legno marcio, che ad ogni singolo passo scricchiolava
sotto ai piedi. Bisognava essere sempre pronti a schivare le ragnatele
che pendevano dal soffitto e che legavano ogni mobile andato in pezzi.
La pioggia, i tuoni e i lampi fuori rendevano la casa ancora
più
inquietante.
Bill e Tom, rimasti indietro, ci misero un
po' prima di ritrovare il resto dello staff. Bill continuava a tremare,
spaventato non solo dalla tempesta che impazzava fuori dalla
catapecchia, ma anche da tutto quello che lo circondava. Il libro nero
che teneva nel suo borsone sembrava tremare con lui, ma non di paura.
Tom, a differenza del gemello, sembrava tranquillo e del tutto
disinteressato da quella casa. Il suo unico scopo era quello di finire
di girare il prima possibile il nuovo video musicale e tornare in
albergo.
«Tom... il libro si muove», sussurrò
piano Bill,
avvicinandosi all'orecchio del fratello, mentre continuavano a
seguire gli altri compagni.
Tom inarcò un sopracciglio e
girò la testa verso Bill, guardandolo storto.
«Davvero. Sento
che qualcosa sta tremando dentro il borsone», insistette
ancora il
ragazzo moro.
Aveva gli occhi sbarrati, era estremamente pallido in
volto e faticava a muoversi da quanto era pietrificato dalla paura.
Tom
si lasciò scappare una risatina divertita.
«Secondo me,
qualcuno
ti sta chiamando al cellulare, che tu hai messo silenzioso. Ecco
cosa trema».
Bill, offeso dalla battuta del fratello,
aprì la cerniera del borsone e tirò fuori il
libro,
mostrandolo a Tom. Ma non c'era nulla di strano. Era sempre il solito
libro dalla copertina nera, perfettamente immobile e senza alcuna
traccia di anomalie.
Tom ricominciò a ridere. «Oh
sì, guarda come trema! Tienilo ben stretto, altrimenti fra
un
po' mette insieme le gambe e comincia a correre per la
casa!»,
continuava
a ridere il gemello.
Bill non diede retta a quelle parole,
piuttosto si fermò a guardare incerto il libro che teneva
fra le mani. Eppure mi
era sembrato
che...
«Ragazzi, dobbiamo iniziare le riprese,
altrimenti si farà troppo tardi!».
La voce di David si fece
sentire
improvvisamente dall'interno di una stanza molto ampia, poco distante
dai due gemelli.
«Arriviamo subito», gli rispose pronto Tom,
accelerando il passo.
Prima, però, si voltò verso Bill, il
quale teneva
ancora il libro in mano.
«Senti, forse la casa
potrà
spaventarti, ma una cosa è certa: i fantasmi, i mostri e
tutte
quelle altre sciocchezze non esistono. E, soprattutto, un libro non
comincia a tremare da solo in una borsa. È un oggetto
inanimato
e del tutto privo di qualsiasi particolare spaventoso.
Perciò
adesso non continuare con queste stupidaggini e metti via quel
coso».
Detto questo, si avviò dentro la stanza da cui
David li
aveva
chiamati.
Bill diede ascolto alle parole del fratello e rimise a posto
il libro, cercando di darsi un contegno. Ha ragione lui. Quelle cose
non esistono ed io mi sto comportando da vero sciocco.
Prendendo un
bel respiro profondo, entrò a sua volta dentro la
stanza,
cercando di
togliersi dalla testa tutto quello che poteva essere stupido e
insensato.
Le riprese del nuovo video andarono avanti per circa due ore. Bill
sembrava aver riacquisito almeno un po' di coraggio e continuava ad
eseguire con estrema precisione tutto ciò che gli veniva
chiesto
dal regista e dagli altri quattro uomini che lo accompagnavano. Tom,
Gustav e Georg si impegnavano al massimo per cercare di dar
vita ad un video perfetto ed emozionante, che si addicesse alla loro
nuova canzone. In poco tempo erano già riusciti a fare
più della metà del lavoro.
Ad un certo punto,
però, il regista fece segno al resto del gruppo di
interrompere
tutto e di fare un momento di pausa, prima di continuare.
«Fermiamoci un
momento. Fino ad ora abbiamo fatto tutti un buon lavoro,
possiamo anche rilassarci un pochino».
E così
dicendo, si
alzò dalla sedia su cui era seduto e si
stiracchiò la
schiena. «Qualcuno di voi saprebbe dirmi dov'è
possibile
trovare
il bagno in questo labirinto?», chiese l'uomo, rivolgendosi
ai
suoi
aiutanti.
David si fece avanti e indicò con un dito il
soffitto. «Prima ho dato un'occhiata ad una piantina della
casa e mi
sembra che il
bagno si trovi al secondo piano, proprio sopra di noi».
«Quanti
piani ci sono?», gli domandò Georg, riponendo il
proprio
basso su
una sedia lì accanto.
Il manager ci pensò su un
attimo. «Tre.
Questa casa da fuori può sembrare piccola, ma dentro
è
immensa».
Il regista annuì col capo, poi si diresse verso
la
porta della stanza. «Vado un secondo di sopra, allora.
Quando torno,
riprendiamo da dove abbiamo lasciato».
Il resto del gruppo lo
osservò uscire dalla stanza, poi ognuno si mise a fare le
proprie cose.
Tom si avvicinò a Bill e posò a
terra la sua chitarra. «Allora ti è passata la
paura?», gli
domandò poi, sedendosi su una sedia accanto a lui.
Il
gemello sospirò e gli sorrise. «Sì, mi
è passata. Grazie a te».
Tom gli mise una mano sulla
spalla. «Io sono meglio di uno psicologo, fratellino. Posso
capire la
faccenda di rimanere un po' inquietati dalla casa, ma arrivare persino
a pensare che un libro si muova, è una cosa da
manicomio»,
disse Tom, ridendo e dando delle piccole pacche comprensive sulla
schiena del gemello.
Bill fece una faccia offesa e sbuffò
infastidito.
In quel momento arrivò vicino a loro anche
Gustav. «Sono un po' stanco. Girare questo video richiede
più energia del previsto».
«Puoi dirlo forte»,
esclamò Georg, unendosi a loro.
Gustav si sedette sul
pavimento, osservando curioso il borsone di Bill: in un punto spuntava
uno spigolo del libro nero. «Bill, posso vedere un attimo il
tuo libro?
Sarei curioso di leggerlo anch'io».
Il ragazzo moro annuì
col capo e tirò fuori il romanzo, poi lo porse gentilmente
all'amico. Gustav se lo rigirò per un po' fra le mani, poi
si decise ad aprirlo. In quel preciso momento si sentì un
forte rumore al piano di sopra. Prima un tonfo sordo, poi qualcosa che
rotolava e che si avvicinava sempre di più. Infine il
silenzio e lo sgomento di tutti i presenti.
«Cos'è stato?»,
chiese Bill, respirando affannosamente, a causa dello spavento per quel
rumore improvviso.
David aspettò qualche secondo in
silenzio, poi con la fronte corrucciata e l'espressione confusa si
avviò verso la porta della stanza. Era ancora aperta. Si
fermò sulla soglia e si guardò attorno.
«Signor
Bürk? Va tutto bene?», chiese, rivolgendosi al loro
regista,
che si trovava ancora al piano di sopra.
Nessuna risposta.
«Signor
Bürk?», chiamò ancora una volta il
manager.
Ma anche
questa volta non ci fu risposta.
David fece segno ai quattro uomini che
li accompagnavano e che facevano da aiuto-regista di avvicinarsi.
«Forse è meglio andare di sopra. Potrebbe essere
scivolato», suggerì
loro.
I
quattro si avviarono di sopra, salendo le scale e scomparendo dalla
vista di David. Il manager si voltò verso Bill, Tom, Gustav
e Georg: tutti e quattro lo stavano fissando preoccupati. Bill, in
particolare, tremava un po'.
«Signor Jost, non riusciamo a trovarlo»,
urlò qualcuno di sopra.
David corrugò la fronte
confuso. «Avete guardato in bagno?».
«Ci siamo dentro, ma qui non
c'è nessuno».
Bill dalla sua postazione sbiancò
nuovamente in volto. «Che gli è
successo?»,
cominciò a farfugliare spaventato.
«Bill, non ricominciare.
Il Signor Bürk sarà di sopra, ma in un'altra stanza
diversa dal bagno. Controllate meglio!».
Tom urlò
le ultime
due parole, rivolgendosi ai quattro uomini al piano di sopra.
Passò qualche secondo di silenzio, poi qualcuno scese le
scale. Era uno dei quattro uomini, un ragazzo con la testa rasata e
piuttosto giovane.
«Stiamo guardando in tutte le stanze di
sopra, ma
non lo abbiamo ancora trovato».
La sua voce era preoccupata.
David
rivolse un'occhiata ai quattro ragazzi della band, ancora intenti a
guardarlo perplessi. «Vado a cercarlo anch'io. Voi restate
qui ad
aspettarci».
Detto questo, si allontanò insieme al
giovane
ragazzo.
Bill guardò pensieroso il libro nero che Gustav
teneva ancora fra le mani: era chiuso. «Gustav, dammi un
attimo il
libro», disse, allungandosi verso l'amico per prendere il
romanzo.
«Ma
ti sembra questo il momento giusto per leggere?», gli chiese
Tom,
guardando il fratello scettico.
«Non devo leggere, voglio solo vedere
una cosa».
Bill tenne per qualche secondo il libro chiuso fra le mani,
poi lo aprì. Improvvisamente la porta della stanza
sbatté violentemente, chiudendosi e lasciandoli chiusi
dentro da soli. Ma quello non fu il solo rumore che
arrivò alle loro orecchie. Tante altre porte sbatterono
insieme, serrandosi tutte quante nello stesso momento. Fuori il cielo
si oscurò ancor più, i lampi e i tuoni
cominciarono a rimbombare sempre più forte. La luce
all'interno della stanza si spense e li lasciò al buio.
Bill
lanciò un urlo spaventato, lasciando cadere per terra il
libro e abbracciando con foga Tom, il quale lo strinse forte. Non
poteva nascondere di essere terrorizzato anche lui da quello
che
era appena successo. Gustav e Georg si avvicinarono ai due amici,
cercando di stare il più vicini possibile.
«Che sta
succedendo?», domandò Georg con voce tremante.
«Guardate il libro!»,
urlò improvvisamente Gustav, indicando il romanzo sul
pavimento.
La poca luce proveniente dalla finestra lo illuminava. Il
libro nero era aperto e le pagine si muovevano velocemente, cambiando
sempre numero e parole. Tremava, faceva un rumore strano. Se ci fosse
stato il vento a muoverlo, sarebbe stato normale, ma in quel momento il
vento non c'era affatto. Improvvisamente, il romanzo si
bloccò su una pagina.
Bill si staccò dal fratello
e si avvicinò lentamente all'oggetto improvvisamente
animato. Il ragazzo tremava per la paura.
«È il primo
capitolo»,
disse ansimante, faticando a far uscire dalla propria bocca
quelle parole.
Allungò una mano e sfiorò con
cautela la pagina ruvida. Non accadde nulla e
poté così prendere in mano il libro.
Provò a
sfogliarlo, a cambiare pagina, ma quelle erano diventate come cemento.
Un blocco unico, come se il libro non
volesse mostrare il resto della storia, fermandosi solo sulla prima
pagina del racconto.
«Che cosa sta succedendo?», chiese piano Gustav,
sussurrando.
"Le porte sbatterono
violentemente, provocando un rumore forte, quasi insopportabile. La
tempesta impazzò, come se un ciclone volesse divorare
chiunque osasse uscire da quella casa. Urla, grida, rumori strani
giunsero alle loro orecchie, pietrificando le loro figure sul posto,
trasformandoli in statue di pietra. I brividi percorrevano la schiena
di ognuno di loro, li invadevano da capo a piedi.
Una cosa era
certa: la casa era viva, li voleva tenere prigionieri lì
dentro, almeno fino a quando il mistero non fosse stato svelato."
Questo diceva la
prima pagina.
Bill la lesse ad alta voce e
improvvisamente si rese conto della situazione in cui si trovavano. Non è possibile
pensò, sbiancando in volto e diventando di pietra.
«È
tutto come nella storia», sussurrò piano,
incapace di muovere un singolo muscolo.
Guardava il libro
ancora aperto fra le mani, come se fosse la cosa più brutta
del mondo, come un mostro.
«Che vuol
dire che è tutto come
nella storia?», chiese Tom, agitato e alterato da
tutto
quello
che stava succedendo.
Bill aveva gli occhi
spenti e pieni di terrore. Alzò lo sguardo sul
fratello e i due amici e parlò piano e lentamente.
«Che la
storia ha preso vita e
noi... ci siamo dentro».
Tutto
è scritto qui, fra le mie mani. È tutto uguale.
«Siamo
chiusi dentro».
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