Give me love like never before

di angelstodje
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Aprii gli occhi di scatto al suono della sveglia.
Un misto di paura ed angoscia iniziò subito ad invadere il mio stomaco, ma cercai di convincermi di avere solo fame. Un altro giorno era appena iniziato, un altro giorno di paure, di vergogne, di insulti. 
Odiavo la mia vita, odiavo il mio corpo, la disarmonia dei miei lineamenti e le curve inesistenti che mi facevano somigliare ad uno scheletro. Odiavo il mio modo di camminare, odiavo la mia voce e il mio carattere. Non c’era nulla in me che riuscissi a farmi piacere.
Sara, sedici anni, non ancora emotivamente pronta per affrontare un altro interminabile giorno di scuola.
Mi alzai dal letto ed andai in cucina sedendomi pigramente su di una sedia prendendo una fetta di pane ed un bicchiere di succo.
«Questo basta ed avanza come colazione» dissi a me stessa disgustata dal mio corpo.
Mi lavai velocemente, mi vestii e mi recai al piccolo liceo classico a cui mi ero iscritta qualche anno prima.
Camminavo velocemente tra stradoni e vicoletti ancora immersi nell’oscurità con lo zaino di colore viola su una spalla. Arrivai in tempo per l’ultima campanella e sentii i cancelli chiudersi alle mie spalle, corsi in classe e mi sedetti al mio posto abbassando lo sguardo per le occhiatacce dei miei compagni e del professore di matematica. Le due ore di lezione passarono in fretta ed al suono della campanella si presentò in classe un uomo che non avevo mai visto.

«Buongiorno a tutti» disse attraversando l’aula lentamente fino ad arrivare alla lavagna.

Era alto, ciocche di capelli neri gli ricadevano sulla fronte e sulle tempie, i suoi occhi verdi iniziarono ad osservare uno ad uno gli alunni presenti finché non si posarono su di me. Deglutii a fatica ed iniziai a torturarmi un lembo della lunga maglia bianca che avevo quel giorno.
«Sono il vostro nuovo insegnante di italiano.» Occhiatine e bisbiglii generali invasero l’aula per qualche istante. 

La sua voce calda e profonda mi carezzò le orecchie e fui scossa da un lieve brivido appena la sentii. Notai che il suo sguardo era ancora fermo sulla mia figura, i suoi occhi continuavano a fissarmi attirando la mia curiosità. Scostai una ciocca di capelli castani dal mio viso mentre i miei occhi nocciola cercavano l’ombra di un sentimento nei suoi. Sembrava che di colpo non fosse più in grado di provare emozioni: né un sorriso, né un lampo di curiosità nei suoi occhi, pareva finto, fatto di plastica. Ma quella sua particolarità mi attraeva in un modo sovrumano; mi sentivo protetta, al sicuro, solo dopo una semplice occhiata da parte di uno sconosciuto.
«Tu, ultimo banco, vieni qui alla lavagna» disse indicando un punto infondo all’aula. Impiegai alcuni secondi per capire che parlava con me e mi alzai imbarazzata.
Arrivai alla lavagna cercando di apparire calma ma le mie guance mi tradirono dopo poco.


SPAZIO AUTRICE

'Sera, questa è la prima fan-fiction (storia a capitoli, o come la si voglia chiamare) che scrivo. So che è abbastanza breve, ma vi assicuro che i capitoli successivi saranno un po' più "corposi".

Vi auguro una buona lettura e vi saluto.

Al prossimo capitolo c:




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