De sideribus (Riveder le stelle)
Desmond
uscì all'aria aperta, fuori dal Santuario, e lì
una brezza ancora settembrina lo accolse. Quello che chiamavano il Bel
Paese, il Paese del Sole, riservava notti fredde che lui proprio non
s'aspettava.
Decise di salire sul
tetto di una casa vicina alla Villa, sulla sinistra rispetto ai piedi
della scalinata. Con dei salti rapidi e precisi - Ezio aveva eseguito
il suo inconsapevole lavoro con Desmond portando ad ottimi risultati -,
raggiunse una posizione adatta a guardare il cielo.
Benché il
tetto su cui si era seduto fosse distante da fonti di inquinamento
luminoso, il cielo rimaneva una massa scura, così lontano
che un dito non bastava per toccarlo e farlo un po' suo, un po' come
quando, attraverso Ezio, aveva guardato in alto e aveva visto le
stelle, bianche, belle, e per ognuna di quelle che poteva vedere
espresse un desiderio e rivide un ricordo.
Niente stelle, in quel
cielo pulito di cinquecento anni dopo; forse, pensò Desmond,
forse avrebbe soltanto dovuto aspettare e lasciare che gli occhi si
abituassero a quel buio affaticato.
Chissà se
le stelle che Desmond vide dopo cinque minuti immerso nel buio erano
ancora quelle che Ezio contemplava, cinque secoli prima. La Bellezza e
la Paura accompagnavano allora la Notte, e intorpidivano i sensi, e
Bellezza e Paura sono ancora le compagne del Buio, le sue ancelle, le
sue sorelle.
Desmond
calò il cappuccio della felpa fin sulla fronte. Quel gesto
lo faceva sempre sentire un po' più libero, eppure le stelle
non splendevano nei suoi occhi come splendevano in quelli di Ezio, e
forse non era da imputare solo ai lampioni e alle luci al neon.
Shaun aveva parlato
della Divina Commedia e del fatto che le stelle erano le ultime parole
di ogni parte del poema. Sempre Shaun, con quell'aria a metà
tra l'irritato e il lusingato, aveva spiegato che probabilmente Dante
pensava che il fine dell'uomo fosse quello di tornare alle stelle. A
Dio.
Desmond si
sdraiò sul tetto, a pancia in su, e guardò verso
la sfera celeste, cercando un punto di riferimento, una stella polare,
qualcosa. Pensò all'uomo che desidera le stelle, alla
nostalgia che si prova quando la Notte stende sul mondo il proprio
tappeto nero cucito nelle stelle.
Pensò anche
che lui non avrebbe mai potuto aspirare a tornare a Dio; ma a tornare
un'aquila, a volare nel cielo, quello sì, avrebbe ancora
potuto desiderarlo.
Note Autrice:
Ho preso la brutta abitudine di infestare nuovi fandom e di rimanerci
per un po', dunque sono tornata qui. xD
Stavolta con qualcosa su Des, perché chissà
quanti al suo posto avrebbero avuto una crisi pazzesca ancora prima
degli eventi di AC2. Insomma, io l'avrei avuta, perlomeno. D:
Che poi, le prime tre lettere di "De sideribus" sono le prime tre del
nome Desmond, e chi mi conosce sa che a volte la mia testa funziona per
associazione di suoni: ecco come m'è venuta in mente questa
piccola shot. Dante e la sua Divina
Commedia han fatto il resto.
Se notate incongruenze, o vi viene in mente qualcosa, non esitate a chiedere! C:
Vi ringrazio per aver letto. O per aver premuto la freccina della
tastiera per leggere delle note che non hanno senso (?). O in qualsiasi
altro modo siate arrivati fin qui. C:
Alla prossima!
claws_Jo
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