11 ottobre 2013
se tu avessi avuto un bel nome
lo avrei dato ai miei figli
Io il tuo numero ancora non lo cancello.
Ci sei ancora da
qualche parte. Forse ai
margini di conversazioni mai avvenute, accanto ai mobili di una stanza
ormai
spoglia, tra gli incastri di una relazione che non esiste.
E quindi mi
piacerebbe ancora sorriderti
e scriverti e pensare a te dicendo “dopo”
perché di tempo tanto ce n’è.
È che
mi piacerebbe ricevere di nuovo le
catene che mandavi sempre e che puntualmente leggevo solo
perché erano le tue. Oppure
sapere che t’interessa sapere ancora come sto? E dove sto? E
quando ci vediamo
che ti manco?
Mi piacerebbe
dirti che ho trovato il
sorriso dopo il buio e che ogni tanto vedo ancora nero, che sto bene e
sono qui
e ci vediamo presto giuro che mi manchi anche tu!
Mi
piacerebbe pensare che non mi piacerebbe per niente perché
la condizione del “se
tu ci fossi” io proprio non riesco a mandarla giù.
E quindi alla
fine mi piace pensare e ti voglio vedere e voglio
ricevere i tuoi messaggi. E dirti che ho
preso un nuovo vestito, ho schiarito i capelli, sto bene? Ti piaccio?
Grazie,
arrossisco, non è vero, mi dai un bacio, adesso ci credo.
Però
è tutto una condizionale, mi
piacerebbe davvero
ricevere
ancora
qualcosa di tuo, quindi non ti posso cancellare. Ti tengo
lì.
E pensa che poi
mi dispiacerebbe
chiederti chi sei come se non ti conoscessi perché ho tolto
il tuo numero dalla
rubrica.
Ed io penso che
un tuo messaggio lungo mi
piacerebbe ancora riceverlo, e non è vero che sono tutti
bravi a parole, sai? Ripetiamo
i concetti come faccio io, giriamo attorno alla soluzione, balbettiamo,
sbagliamo i verbi e la condizione. E siamo tutti bravi e ripetiamo i
concetti e
siamo tutti bravi tutti bravi tutti bravi a riempire i vuoti e riempire
i vuoti
e quindi riempire me.
Se poi tu mi
scrivi io cosa ti rispondo? Ti
giuro che mi manchi anche tu.
Ma poi che senso
ha se io ti cancello?
(se tanto poi resti)
|
|