Non
una semplice rosa
-Merlino!-esclamò
la voce
imperiosa del re.
Attese
qualche istante,
picchiettando impaziente le dita sul massiccio tavolo di legno.
-Merlino!-
ripeté nuovamente Artù.
Questa volta si poteva percepire una nota aspra nella sua voce.
Ancora
nessuna risposta.
-Merlino!-ringhiò
il re
furibondo. Il terzo richiamo era sempre il peggiore, quello che il
giovane
servo più temeva di sentire.
Artù
si alzò di scatto,
facendo scorrere rumorosamente le gambe della sedia sul pavimento
ligneo. Aprì
la porta dei suoi alloggi e diresse i suoi passi affrettati verso il
laboratorio di Gaius, dove alloggiava Merlino.
Giunto
a destinazione bussò
alla porta e, senza attendere risposta, spalancò l'uscio.
Nonostante
l'ora tarda Gaius
era al suo tavolo da lavoro, intento a miscelare gli ingredienti dei
suoi
medicamenti.
-Perdonate
l'intrusione, Gaius-
proferì il re.
-Non
vi preoccupate, Sire. Per
cosa posso esservi utile?- chiese il vecchio medico con il suo usuale
tono
pacato.
-Sto
cerando Merlino. Sapete
dove posso trovarlo?-
Gaius
appoggiò la boccetta che
teneva in mano e inclinando leggermente il volto proferì:
-Credo sia andato
alla taverna!-
-Di
nuovo alla taverna? Domani
mi sente quel piccolo farabutto!- esclamò irato, chiudendosi
la porta alle
spalle, mentre tornava sui suoi passi.
Gaius
scrollò le spalle ed
emise un lungo sospiro di sconforto, mentre i suoi occhi tornavano ad
interessarsi del suo lavoro. Poco tempo prima, rientrando da una visita
dell'ultimo minuto ad una partoriente, aveva trovato una pergamena ad
attenderlo sul tavolo, il margine inferiore della pagina schiacciato
dal peso
di uno spesso tomo sulle erbe medicali. Sopra di essa la grafia di
Merlino
recitava: "Ho una questione urgente da sbrigare. Domani mattina
sarò di
nuovo pronto ad assolvere le mie mansioni, tuttavia per stasera
necessito che
tu mi copra con Artù. Grazie, Merlino."
Gaius
sapeva bene che quando
c'erano in gioco questioni urgenti, doveva lasciare campo libero al
giovane
mago: si fidava ciecamente di lui.
Continuò
perciò a lavorare tra
erbe, misture e calderoni, finché si ritrovò a
consultare il grosso libro
poggiato sul tavolo. Fece per rimetterlo a posto quando notò
con stupore che il
messaggio del suo apprendista conteneva un post-scriptum, rimasto
celato alla
sua vista a causa della presenza dell'ingombrante tomo.
Il
medico lo lesse ed imprecò
tra sé e sé: Merlino si sarebbe molto arrabbiato.
"Gaius,
dimenticavo di
dirti...cerca di trovare una scusa migliore della taverna da propinare
ad Artù!"
*
Alcune ore più tardi *
Era
notte inoltrata quando
Merlino ritornò furtivamente a palazzo, dirigendosi verso la
sua stanza. Era
stanco, dopo l'impegnativa giornata al servizio di Artù e
dopo quella lunga
chiacchierata notturna con il vecchio drago. Le ultime vicende lo
avevano oltremodo
confuso: non riusciva più a comprendere dove terminasse il
destino di Artù e
dove iniziasse il suo, indissolubilmente intricati come le fronde di un
rampicante, come la vegetazione della Foresta Impenetrabile. Per
diversi
momenti gli era sembrato che l'obiettivo della sua missione non fosse
più
evidente come un tempo. Quel lungo discorso con il suo alato
consigliere gli
aveva permesso di capire in parte cosa si celava dietro quel nuovo
arcano
disegno, mettendo così a tacere il suo animo roso dal dubbio.
Il
giovane servo si sdraiò nel
suo giaciglio e la coltre di sonno non tardò ad avvolgerlo.
Fu
svegliato diverso tempo
dopo: era quasi sicuro che fosse troppo presto per iniziare le sue
mansioni,
poiché, attraverso gli occhi socchiusi ed appannati del
dormiveglia, poteva
percepire che il sole non era ancora sorto del tutto.
Una
voce insistente chiamava
il suo nome, imperiosa, tuttavia non era che una nenia fastidiosa nella
testa
addormentata del mago.
-Ancora
cinque minuti...-
mugolò Merlino, rigirandosi sotto le coperte.
-Ancora
cinque minuti?- tuonò
una voce rabbiosa e una mano prepotente lo strattonò,
arpionandosi alla sua
camicia e sollevando il suo esile busto in posizione eretta.
Il
servitore aprì gli occhi,
feriti dalle prime luci del giorno ed osservò il suo
malvagio persecutore,
incontrando i suoi occhi azzurri e gelidi.
-S-s-sire!-
balbettò confuso. Perché
siete qui?-
-Silenzio!
Sono io che faccio
le domande!-
Merlino
deglutì a vuoto. Cosa
diamine voleva da lui quella zucca vuota?
-Dove
sei stato ieri sera?-
chiese Artù con voce tagliente.
-A
recuperare delle erbe per
Gaius- mentì spudorato il mago.
-In
piena notte?- chiese
scettico il re.
-Ecco...vedete...sono
erbe
speciali, che devono essere colte al chiaro di luna...-
Artù
strinse ancor più ferocemente
la camicia del suo servitore: -Davvero strano, Merlino. Dato che Gaius
mi ha
detto che eri andato alla taverna- sibilò il re, avvicinando
il suo volto a
pochi centimetri dal suo. Merlino si ritrovò a pensare che
ormai l’età doveva
giocare qualche strano scherzo al suo tutore, tuttavia non
riuscì a non osservare
deliziato quelle labbra carnose che distavano così poco: se
si fosse sporto
appena, le avrebbe potute incontrare con le sue. Dischiuse appena la
bocca, in
un gesto prettamente provocatorio.
Artù
se ne avvide e
prontamente mollò la presa sul mago in malo modo,
lasciandolo ricadere
all'indietro. -Non mentirmi...-disse senza avere la forza di sostenere
il suo
sguardo.
-Non
era mia intenzione...-
rispose Merlino amareggiato.
-Allora
sei stato davvero alla
taverna?- disse l'altro, tornando a volgere uno sguardo irato verso il
moro.
-E
anche se fosse?- chiese
sprezzante delle ire del suo padrone.
-Non
mi fa piacere che tu ci
vada da solo. Potrebbe accaderti qualcosa.-
-Oh,
Sire. Da quando vi preoccupate
per me?- chiese ironico. -E poi sapete che so badare a me stesso.-
Il
re annuì, sebbene
contrariato. Un conto era ammettere la propria preoccupazione, un conto
era
palesare la propria gelosia e Merlino era certamente abbastanza furbo
da
potersene avvedere. Rimase in silenzio, osservando con astio l'altro.
Il
giovane mago sorrise
appena, incurvando con grazia le sue labbra rosse all'insù:
-Non sono stato
alla taverna, Artù- ammise candidamente. -E neppure a
svolgere mansioni per
Gaius.-
-
Allora dove sei stato?-
-Per
ora non posso dirvelo, ma
vi prometto che ve lo farò sapere quando sarà il
momento adatto.-
Era
rischioso rivolgersi così
al proprio re, ma Merlino sapeva di avere un grosso vantaggio.
-Uff...sei
il solito
misterioso...-sbuffò Artù, comunque rassicurato
dalle parole del servo.
-Tuttavia
non posso lasciare
impunite le tue menzogne, Merlino- disse il biondo re, con tono quasi
divertito. -Oggi faremo qualcosa di divertente: potremmo andare a
caccia...-
suggerì, sapendo quanto il suo servitore odiasse quella
pratica.
Merlino
mugolò il suo
disappunto.
-Oppure
potrei allenarmi con
la nuova mazza che mi è stata appena regalata...il tuo aiuto
sarebbe
prezioso...- disse con tono maligno.
Il
mago ripensò brevemente
alle dimensioni della mazza, il cui apice irto di punte non era molto
più
piccolo del suo cranio: - Se posso permettermi, Vostra Altezza, la
spada si
addice di più al vostro portamento...- azzardò.
-Oppure
potrei osservarti
mentre lustri la mia collezione di armature.- disse beffardo.
-Altrimenti
potrei
rispolverare la vecchia gogna...è da un po' che non ti ci
mando, no?- concluse
infine, soddisfatto delle sue cattiverie.
-Immagino
che dovremo andare a
caccia...- sospirò Merlino, scegliendo il minore dei mali.
-Penso
proprio di sì... dovrai
riconoscere la mia magnanimità: quale altro re permetterebbe
di scegliere la
propria punizione?-
Il
servo assentì sconsolato: -Sì,
Sire.-
-Molto
bene! Partiremo prima
possibile, non appena avrai disposto ogni cosa per la partenza!-
Detto
questo il re volse le
spalle alla stanza e ne uscì sogghignando soddisfatto.
*Insulso
caprone! Stupido
asino reale! Ecco che cosa era il suo amato re. Accidenti a lui!*
pensò il
servitore, mentre si accingeva a preparare armi, provviste per il
pranzo e due
cavalli.
Non
passò molto tempo, che i
due erano pronti per la giornata di caccia: alcuni cavalieri erano
presenti,
pronti a seguire il loro re ovunque andasse.
-Sire,
dove vi recate?- chiese
Sir Leon.
-A
caccia.- rispose pronto.
-Necessitate
di essere
accompagnato da qualcuno di noi?- chiese premuroso il suo cavaliere.
-No,
grazie, Sir Leon.
Preferisco andare da solo. Ci penserà Merlino a portare
tutto l'occorrente e ad
accompagnarmi.-
-Come
Sua Altezza desidera.-
terminò il cavaliere con un lieve inchino, prima di
congedarsi.
Fu
allora che Artù balzò in
sella, immediatamente imitato dal suo fedele servitore.
Spronarono
i cavalli e si
diressero fuori dalla cittadella, attraversando i sobborghi cittadini
per poi
uscire da Camelot, dirigendosi verso la foresta.
Rimasero
a lungo in silenzio,
finché gli alberi e la quiete non li avvolsero del tutto.
-Volete
davvero andare a
caccia?- chiese Merlino.
-Certo
che sì!-
-Pensavo
voleste passare un
po' di tempo con me e che fosse solo una scusa.- disse il mago con
sguardo
malizioso.
-Non
mi sono dimenticato delle
tue menzogne.- rispose il re con tono grave.
-Vi
dirò la verità prima di
quanto possiate immaginare.- ammise Merlino.
-Mi
rincresce che tu debba
ancora mentirmi...lo hai fatto per troppo tempo e voglio che non accada
mai
più...- la sua voce aveva una nota triste.
-Non
ve lo posso dire....perché
è una sorpresa!- concesse infine il moro.
Artù
si voltò stupito,
osservando le iridi color mare del suo fidato Merlino.
-Staremo
a vedere!- disse in
tono di sfida. -Ora vediamo di cacciare qualcosa!-
Iniziarono
così a seguire le
impronte di un giovane cervo.
-Riesci
a vederlo Merlino?-
-Chi?-
-Il
cervo, idiota!-
-No...sarà
almeno a mezzo
miglio di distanza...mi stupirebbe se i miei occhi avessero tale
capacità!-
-Allora
sei veramente uno
stupido!-
-Non
capisco cosa intendiate,
Sire!-
-Ti
ho chiesto se lo vedi...ma
non con i tuoi occhi, razza di emerito mago da strapazzo!-
-Non
userò la magia per
permettervi di praticare un'attività stolta come la caccia.
La mia magia è al
servizio del bene e della vita.- disse il servo con un tono che non
ammetteva
repliche.
-E
se ti obbligassi?-
-Lo
sapete che non potete. E
poi che gusto ci sarebbe a cacciare in questo modo? Certo che posso
vedere il
cervo! Posso fin sentire il battito del suo cuore spaventato! Potrei
farlo
morire in questo istante, se solo lo desiderassi. E a voi non
resterebbe che
raccogliere la carcassa, ma immagino che vi toglierei tutto il
divertimento.-
Artù
rimase, in silenzio per
diversi istanti, riflettendo sulle parole di Merlino e sulla
precarietà di
quelle fragili vite.
-A
volte sei quasi saggio,
Merlino.-
-Vi
ringrazio, Sire.-
-Ah...e
smettila di darmi del
voi! Chi vuoi che ci senta quaggiù? Mi infastidisce!-
ribatté Artù con tono
seccato.
-Immagino
sia la forza
dell'abitudine.- disse il giovane servo, mentre si avventurava al
seguito del
suo padrone.
Quando
ebbero fame, si
fermarono ad una radura verdeggiante sulle sponde di un laghetto, dove
Merlino
iniziò a predisporre ogni cosa per il pranzo.
Il
re aveva già catturato due
conigli e un fagiano: del cervo si erano perse le tracce ed
Artù dubitava
ancora segretamente che fosse opera di Merlino.
Si
sedettero su una morbida
coperta di tessuto rosso, sulla quale erano predisposti pane, vino,
formaggio,
arrosto e numerosi frutti.
Pranzare
con il re era certo
un privilegio che non sarebbe mai toccato ad un servo, ma Merlino non
era certo
un servitore come tutti gli altri e condivideva con il suo re questioni
ben più
intime di un semplice pasto. Servì da bere ad entrambi ed
attese che Artù
iniziasse a pranzare per primo, come era buona consuetudine.
Il
re osservò per qualche
istante il fondo della coppa di vino, perdendosi nelle nere
oscurità di quel
liquido.
-Qualcosa
ti turba, Artù?-
-Forse
dovrei cercarmi un
altro servitore.-
-Perché?
Mi sono forse
comportato male?-
-No,
Merlino. Perché sei
sprecato in questa mansione. Dovresti essere al mio fianco come
consigliere e
non a lustrarmi le scarpe e prepararmi il pranzo.-
-Ma
io sono già il tuo
consigliere...E poi dubito che tollereresti qualcun altro per le tue
stanze.
Sei così spocchioso con la servitù! Fidati, un
ragazzo nuovo non reggerebbe due
giorni!-
-Mi
stai insultando
apertamente?-
-No...ti
dico la verità!-
-Forse
hai ragione, ma ancora
non riesco a capire cosa ti spinge a farlo. Potresti conquistare il
mondo e
invece...sei qui...-
-È
il mio destino, null'altro.
E io lo accetto. Così come il vostro destino è
quello di essere un grande re.-
-Sei
la persona più saggia e
leale che conosca, Merlino.-
-Grazie,
Artù.-
-E
dato che ne sai così tanto,
credi che il nostro destino sia anche di amarci, a dispetto delle
usanze e
delle leggi?- domandò Artù senza tanti peli sulla
lingua.
Merlino
sembrò riflettere per
un lungo istante: -Questa domanda mi ha a lungo insinuato il dubbio nel
cuore.
Non sapevo se il nostro amore fosse destinato o fosse casuale o se
invece
esulasse dal nostro percorso. Tuttavia ieri notte ho finalmente messo a
tacere
quel terribile peso.-
-Davvero?-
chiese il re
curioso.
Il
mago annuì: -Ho capito che
l'amore va al di là del nostro destino e per questo non lo
influenzerà. In
sostanza, siamo liberi di amare come e chi preferiamo.-
Gli
occhi di Artù si
ingrandirono per lo stupore e per la lieta notizia e non tardarono ad
incontrare quelli del compagno. Sorridevano entrambi.
Il
re allungò una mano,
andando a stringere con affetto quella esile del mago. Merlino
intrecciò le sue
dita con quelle dell'amato, mentre portava l'altra mano dietro la
schiena.
Le
sue labbra si dischiusero
appena per mormorare parole incomprensibili al re, mentre le sue iridi
marine
si colorarono d'oro, sotto lo sguardo interrogativo di Artù.
Non temeva la
magia di Merlino, ma era semplicemente curioso.
Fu
allora che il giovane servo
portò la mano nascosta davanti agli occhi del suo re:
stringeva una
meravigliosa rosa rossa, dischiusa e rigogliosa, ancora luccicante di
rugiada,
come appena colta.
Artù
spalancò gli occhi
basito:- Nessuno mi ha mai regalato una rosa!-
-Questa
non è una rosa
qualunque...finché ti amerò e finché
non esalerò l'ultimo respiro questa rosa
non appassirà mai. Custodiscila con cura.-
Artù
la prese dalle sue mani,
con dita quasi tremanti, osservandola ammirato e beandosi del suo
delicato
profumo. Non sapeva cosa dire, non sapeva neppure cosa pensare, se non
che,
chinandosi ad annusarla e socchiudendo gli occhi, non riusciva a
pensare ad
altro che al suo amato Merlino.
Posò
delicatamente la rosa al
suo fianco, per poi stringere teneramente il corpo magro del mago,
attirandolo
sopra di sé. Si sdraiò del tutto, mentre le sue
labbra si congiungevano con
quelle del compagno. Le cercava senza sosta, desideroso solamente di
incontrarle ancora e ancora, speranzoso che il suo amante conoscesse un
incantesimo che potesse fermare il tempo per sempre. Perché
non era capace di
dirgli tutto quello che provava? Perché non riusciva ad
esprimere quel fiume in
piena che erano i suoi sentimenti? Per Merlino era così
facile parlarne, tanto
che spesso lo spiazzava, lasciandolo incapace di proferire parola. Si
sentiva
terribilmente animalesco in quei momenti, abile solamente a parlare coi
gesti e
con il corpo. Lo stringeva convulsamente, mordendo le sue labbra con
foga e
premendo il suo corpo muscoloso contro quello mingherlino del servo.
Sentiva
l'eccitazione crescere spudorata dentro di lui, quel desiderio di
possesso e
brama carnale che gli fondeva le cervella.
-Vedo
che hai apprezzato il
mio regalo!- disse Merlino con tono malizioso, con la mano che scendeva
a
toccare la sua intimità.
-Non
sono così eccitato...-
sminuì Artù, pur rendendosi conto solo in quel
momento di quanto la sua virile
eccitazione premesse contro la stoffa dei pantaloni.
-Allora
immagino che tu abbia
messo un sasso nella tasca dei pantaloni, perché quello che
sto toccando è duro
come una pietra...- soffiò il mago con la voce arrochita dal
piacere.
Artù
cercò di parlare, ma la
lingua impastata e il sangue che affluiva al basso ventre non rendevano
le cose
più semplici. -Volevo dirti qualcosa di più
bello, anziché mostrarti la mia
erezione!- proferì il re con una certa fatica.
-Non
c'è niente di più
bello...- disse Merlino estasiato.
-Non
dire sciocchezze, proprio
tu che sei un romantico del cavolo!-
-Mi
accontento delle
espressioni del tuo corpo Artù. Se dovessi attendere le tue
parole, farei in
tempo a morire! Non devi preoccuparti...- disse carezzandolo
teneramente
-comprendo perfettamente che il tuo pene non è in grado di
mentirmi...-
concluse con una risatina maliziosa.
Artù,
allora, non poté più
sottostare alle provocazioni del suo servitore e iniziò a
spogliarlo
voracemente, liberandolo di quei maledetti abiti, per poter finalmente
godere
della vista di quel corpo che tanto lo faceva eccitare. In un battito
di ciglia
anche i vestiti di Artù erano spariti, non si sa se a causa
della magia o a
causa della passionalità dei due amanti. Non ci fu spazio
per nient'altro se
non per la loro unione, per le loro grida di piacere e per i loro
ansiti
proibiti, racchiusi e celati ad occhi indiscreti dalla foresta.
Solo
quando ebbero concluso,
Artù poté dedicare qualche attimo ai suoi
pensieri: osservare il suo amato dopo
aver fatto l'amore era quasi più bello dell’atto
stesso e vedere la felicità e
l’appagamento nei suoi occhi era qualcosa di insuperabile.
Ancora
accaldati si osservarono
soddisfatti, mentre giacevano nudi e supini, ancora caldi di sudore e
sperma.
Tra le foglie filtravano fini raggi di luce che creavano giochi di luce
sui
loro corpi distesi.
-Sei
pronto per l'ultima
sorpresa della giornata?- chiese Merlino, ancora ansante.
-Hai
ancora sorprese in serbo
per me?-
-Ti
avevo detto che avresti
scoperto molto presto cosa ho fatto ieri sera...Rivestiamoci e te lo
mostrerò...-proferì il mago con un sorriso.
Mentre
si rivestivano, Artù
non sapeva cosa aspettarsi e si torturava la mente in cerca di una
risposta.
-Siediti
e attendi, amico
mio!- esclamò entusiasta il giovane servo.
Poi
inaspettatamente iniziò a
pronunciare una lunga serie di parole incomprensibili, ad alta voce,
quasi
urlando, cosa che impensierì un poco il re.
Sembrò
non accadere nulla per diversi
istanti, finché il cielo non fu oscurato dalla possente
figura di un drago.
Artù sollevò gli occhi, paralizzato dallo stupore
e dal timore che quella
creatura incuteva.
Deglutì
a vuoto ed osservò
Merlino: era quello il segreto che non aveva voluto rivelargli?
Un
drago era un essere
estremamente pericoloso: si alzò d'impeto e
sguainò Excalibur.
Il
drago planò quasi con
grazia all'interno della radura, nonostante la sua mole imponente. Si
posizionò
di fronte ad Artù e parlò con la solita voce
profonda, che vibrò fin nel petto
del Pendragon.
-Riponi
la spada, giovane re.
Finalmente ci incontriamo come amici.-
-Io
non sono mai stato amico
dei draghi.- disse Artù, senza obbedire al comando.
-Artù,
se fossi in te darei
retta a Kilgharrah...- disse Merlino sorridendo alla scena, ben sapendo
che il
suo stolto compagno non poteva arrecare alcun danno al drago.
-Kilga,
che? E così questa
lucertola ha anche un nome?- chiese il re.
-Fidati
di me, Artù. E del
Signore dei Draghi, tuo amico...- proferì il Grande Drago.
-Signore
dei Draghi?- domandò
ancor più stupito, puntando la lama verso Merlino.
-C'è qualcos'altro che mi nascondi
ancora, maledetto stregone?-
La
reazione di Artù gli fece
tornare alla memoria la volta in cui gli aveva rivelato di essere un
mago,
alcuni mesi dopo essere diventati amanti. Aveva dovuto incantare un
sasso e
lanciarglielo sul capo, per evitare che quella testa di fagiolo lo
infilzasse
con la spada. Per fortuna che, una volta rinvenuto, il suo re si era
dimostrato
un po’ più collaborativo e Merlino aveva trovato
le parole adatte a placare il
suo animo collerico.
Cercò
nuovamente di placarlo,
come allora: -Nient'altro, Artù. E cerca di stare calmo.
Purtroppo non sono più
molti i draghi di cui poter essere Signore...Kilgharrah è
l'unico mio alleato.
E vorrei che vi incontraste in questo luogo come amici.-
-Il
mago ha ragione. Sono
giunto in amicizia. Riponete la spada.-
-Ma
Camelot è stata vostra
nemica per lungo tempo.-
-No,
non Camelot. Vostro padre
Uther. Ma ora il re siete voi ed a voi vanno i miei servigi. Il mago
farà da
tramite per noi. Io stesso ho forgiato nel mio fuoco quella lama che
ora mi
puntate contro. Mettete da parte l'odio, come io ho dimenticato le
sofferenze
della mia prigionia.-
Le
parole del drago apparvero
sagge ed oneste agli occhi di Artù e non vi era ragione per
proseguire
cocciutamente con le sue intenzioni. Il giovane re era molto
orgoglioso, ma non
era certo uno stupido e capiva perfettamente che quell'alleanza andava
solo a
suo vantaggio. Con uno stregone potente come Merlino e un drago di tal
possanza,
nessuno avrebbe mai più potuto sfidare Camelot senza
perdere. E poi se Merlino
si fidava del drago, voleva dire che poteva fidarsene anche lui.
Sostenne
lo sguardo intenso
del drago, mentre riponeva Excalibur nel fodero.
-Molto
bene, giovane Pendragon.
Oggi abbiamo sancito la nostra eterna alleanza.-
Il
drago abbassò leggermente
il capo, in segno di rispetto, seguito da Artù, che si
portò la destra al cuore
ed si piegò in un mezzo inchino col busto.
Merlino
li osservò
compiaciuto. -Grande Drago, devo chiederti ancora un favore.-
proferì a voce
alta, avvicinandosi all'enorme creatura. Gli fece cenno di abbassare la
testa
al suo livello, per poi sussurrargli alcune parole a bassa voce, in
modo che Artù
non sentisse.
-Non
posso fare quello che mi
chiedi.- disse il drago risentito.
-Come
no? Ci contavo, amico
mio!-
-Assolutamente
no! Non se ne
parla!-
-Se
non vuoi farlo dovrò
obbligarti...sono o non sono il Signore dei Draghi? Dovrai ascoltarmi
anche
contro la tua volontà.-
-Si
può sapere cosa combinate
voi due?- chiese Artù, stizzito per essere stato escluso dal
discorso.
-Lo
scoprirai presto. Vieni
qui!- disse Merlino.
Il
re si avvicinò riluttante
accanto al drago.
-Sali!-
esclamò il mago,
indicando il collo abbassato della bestia.
-Cosa?
Non se ne parla!-
-Avete
per caso paura?- lo stuzzicò
Merlino, salendo per primo a cavalcioni ed allungandogli una mano per
aiutarlo
a salire.
Punto
sul vivo, Artù accettò
di stringere la mano del servitore e salì sul collo del
drago, mettendosi
davanti a Merlino. -Certo che no!- esclamò, un attimo prima
di sbiancare come
un cencio, quando il drago si librò in volo.
-Ahahhahah!
Tutto bene, Artù?-
esclamò il mago ridendo e allargando le braccia per godersi
l'aria che gli
sferzava addosso.
Il
re si stringeva
convulsamente alle spesse scaglie del drago, tuttavia non poteva negare
che da
lassù la visuale fosse bellissima e che volare fosse una
sensazione
meravigliosa.
Non
appena il drago raggiunse
la quota si rilassò un pochino.
-Guardate
la meraviglia del
vostro reame!- disse il drago con la sua voce possente.
Artù
non poté fare a meno di
spaziare con lo sguardo in ogni direzione, beandosi di quella visione.
-Sono
contento che tu stia apprezzando
questo viaggio!- disse Merlino, abbracciando da dietro il torace
possente del re,
cingendolo con le mani, e poggiando il suo capo sulla schiena
dell'amato.
Artù,
come sempre povero di
parole, non poté far altro che stringere con affetto la mano
del suo servo,
avvicinando la testa alla sua.
Se
Merlino avesse potuto udire
le parole del suo animo sarebbero state:-Grazie, Merlino, per
sorprendermi ogni
giorno. Non potrei amarti più di quanto già non
faccia.-
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