Un caijun a Venezia
Dedicato
alla Ve’:
finalmente
potrai mandarmi
una
mail piena di critiche feroci.
Auguri!
Era una notte buia e tempestosa
e, come succedeva ormai da un po’ di tempo, mi ritrovai ad
entrare nel Bar Sephir a Madripoor, pronto alla ormai
“solita” riunione con gli allegri giocatori di
poker. Ancor oggi non capisco perché mi invitassero,
conoscendomi non mi sarei invitato a giocare a rubamazzo, ma avevano
insistito e bere da solo non mi è mai piaciuto, non che non
mi fosse mai successo.
Entrai e feci un cenno
a Sephir, seduta come al solito sul suo sgabello, alzò quel
tanto che bastava la testa per far pensare che fosse un
saluto sincero e con la sua vocina mi disse:
-I tuoi amici sono di
là nella solita saletta. Lo dico anche a te: cercate di non
distruggere niente, almeno per oggi.
Con il mio
sorriso più accondiscende le risposi: -Bien sure, ma chere.-,
baciamano di rito e mi infilai nel piccolo corridoio buio.
Dopo i primi cinque
metri cominciai a sentire odore di sigaro e burbon di scarsissima
qualità (non ho mai capito come mai uno in giro da
così tanto tempo avere gusti così scadenti) e un
vociare sempre meno sommesso.
Feci un sospiro ed
aprii la porta. Fu in quel momento che pensai ma chi diavolo me
l’ha fatto fare? Logan, Peter e Kurt si girarono
all’istante con lo sguardo impaurito di chi sapeva di averne
appena combinata una. Quando si resero conto che non ero la
proprietaria del locale fecero un sospiro di sollievo.
-Tovarich…
-Meun Freud…
-Cocco…
mi dissero
simultaneamente, espirando tutto il fiato che avevano trattenuto fino a
quel momento. Logan aveva gli artigli della mano sinistra in bella
mostra, Peter era nella sua forma metallica e Kurt tra loro cercava di
tenerli a distanza.
-Che fine hai fatto?
-Dove sei stato?
-Non ti hanno ancora
ucciso?
Che tre persone tanto
diverse avessero piacere di ritrovarsi e che avessero, non sapendolo,
poteri telepatici tali da dire la medesima cosa nello stesso istante,
mi stupiva sempre e, credetemi, di cose strane ne avevo viste
parecchie.
-È un
piacere sapere che vi sono mancato e che le cose procedono come al
solito. Per caso, Peter, stai ancora accusando Logan di guardarti le
carte? E tu Logan stai ancora chiedendo perché il buon Dio
tanto caro a Kurt non ti abbia donato uno spray smacchiatore per le
gocce di sangue? E tu, mio calmo e riflessivo Kurt, tu stai ancora
facendo notare a Peter che potrai anche avere la pelliccia, ma stare di
fianco a del metallo rende comunque più fredda la stanza?
La loro risposta? Si
risedettero con un tono vagamente piccato e con il viso come quello dei
bambini quando vengono sgridati per essere stati scoperti con le dita
dentro al vasetto di marmellata.
-Allora vuoi giocare o
fare la maestrina? In entrambi i casi chiudi la porta.»
sbottò il canadese.
La mia sedia era
lì di fronte a Kurt, dietro di essa c’era la
ghiacciaia dove, ne ero certo, erano posizionate non meno di otto Bucanier, una
bottiglia di Nesson
Caraffe ed un singolo bicchiere. Nonostante tutto sembrava
che fossi mancato a tutti e tre.
Mi sedetti e mi versai
quello che sarebbe stato solo il primo dei bicchieri di quella serata.
-Allora?- mi
chiese in tono brusco il mio vicino sulla sinistra.
-Che vuoi sapere?-
chiesi.
-Ti abbiamo fatto delle
domande e tu non ci hai ancora risposto- continuò.
-Oh quelle? Non erano
domande disinteressate atte a salutarmi?- Grugnì. - Sono
solo andato a fare un viaggetto in Italia, per la precisione a Venezia.
Dissi velocemente,
sperando che le domande terminassero ma, ahimé, a tavola
c’erano Logan, Kurt e Peter, ovvero la summa di una
famiglia invadente: Logan, il babbo burbero che deve sempre proteggere
i figli; Kurt, la mamma premurosa a cui non piace che i propri figli si
mettano nei pasticci più del dovuto e Peter, il fratellino
minore che, nonostante tutto, rimane il piccolo bambino cresciuto in
una comune in Russia, sempre curioso di cose nuove. Non me la sarei
cavata con così poco quindi continuai:
-Sapete quanto sia
innamorato dell’Italia: c’è sempre
qualcosa che non hai visto e di cui non sei a conoscenza fino a che non
ti perdi, ti volti e te la ritrovi davanti. A quel punto quella visione
è il tuo nuovo posto preferito. Mi hanno sempre parlato di
come Venezia fosse la perfetta espressione di questo e volevo andare a
rubare qualche nuovo ricordo…
-TI SEI RIMESSO NEI
GUAI CON I FURTI?- tuonò Logan alzandosi in piedi e
sbattendo i pugni sul tavolo.
-Mais non mon cher,
aspetta e fammi finire. Sapete come Venezia sia una città di
per sé unica, costruita sulle acque da un popolo orgoglioso
e tenace, con l’aspirazione di essere la città
più importante del mondo. Insieme a tutto questo
è anche una delle città più belle e
romantiche del mondo, come ho scoperto una volta stato lì.
Comunque, arrivai dopo un viaggio un po’ tribolato alle porte
della città e già con il primo sguardo me ne sono
innamorato: palazzi distanti non più di tre metri
l’uno dall’altro, intervallati da alberi maestosi e
stretti canali che l’attraversano come se fossero vene
(ammetto di aver capito perché si dice che le strade di una
città sono le sue arterie solo dopo aver visto quello
spettacolo), persone che corrono a destra e a manca e altre che urlano
a squarciagola cose incomprensibili.
Mi diressi verso un
chiosco per prendere una guida del posto e, dopo aver notato la
curiosità del venditore, mi incamminai verso piazza San
Marco e durante il tragitto incontrai gente cordialissima che mi
salutava con: -Ara che
oci strani che'l ga sto qua. Arrivato alla piazza, decisi
di fermarmi in un bar per prendere un espresso e vidi che molti mi
fissavano, altri si avvicinavano con uno sguardo strano. A questo punto
capii che mi ero esposto troppo e che qualche nostro antagonista mi
aveva localizzato. Per evitare che ci fossero vittime innocenti corsi
verso il vicolo più vicino. Avendo paura di mettere in
pericolo le persone non controllate telepaticamente lì
intorno, ammetto di non aver prestato troppa attenzione se urtavo
qualcuno o se pestavo piedi. Considerate che in quel posto trovano
accettabile bloccare i vicoli per parlare, quindi alle volte sono
dovuto ricorrere anche ad acrobazie per passare oltre. Nonostante tutto
sentivo persone dietro di me che urlavano frasi tipo: -Ma ti gà e
moròidi in testa?- oppure: -Date cò un legno!
- che mi facevano capire di essere inseguito ormai da vicino.
Arrivai in
un punto dove una specie di battello stava caricando delle persone ed
era lì lì per partire. Usando le mie
capacità tattiche, capii che l’unico modo per
poter avere una visione generale della minaccia che mi era alle costole
sarebbe stata quella di riuscire a salire su QUEL battello e poter
preparare la prossima mossa. Mentre mi avvicinavo alla banchina il
battello si era allontanato ormai di qualche metro e decisi di saltare
facendo leva con il mio bastone e, ça
va sans dire, ce la feci. Atterrai in un punto abbastanza
sgombro e fortunatamente non urtai nessuno ma tutti si girarono a
guardarmi. A bordo era presente un rappresentante della polizia
marittima, una ragazza con i capelli mori e la carnagione olivastra, a
cui mi rivolsi immediatamente per spiegare il pericolo che avevo forse
portato a bordo. La ragazza, che aveva già capito la
situazione, mi rispose, con tono fermo, ma cordiale: -Big-lietto prego.
A quel punto capii che
stava cercando disperatamente di calmare gli animi facendomi passare
come un normale passeggero in ritardo così le diedi la Carta
Identificativa dei Vendicatori nascosta dentro una banconota da dieci
Euro. Lei osservò accuratamente l’ID Card e dopo
aver fatto un controllo remoto con un computer portatile mi rese la
stessa con qualche spicciolo di resto, il tutto accompagnato con uno
sguardo che non dimenticherò mai e la frase: -Polacco next one is Lido to
morti cani.
Compresi che in quel
posto chiamato “Lido” avrei potuto trovare aiuto e
avrei dovuto chiedere di un tal To Morticani per riceverlo quindi
aspettai a prua dove potevo avere uno sguardo d’insieme del
posto e delle persone a bordo. Arrivati vicino al punto del mio sbarco
vidi l’ufficiale che si prodigava per legare
l’imbarcazione al molo e mi trattenni a stento
dall’aiutarla: una ragazza come quella non avrebbe
sicuramente accettato il mio aiuto, anzi, sono pronto a giurare che lo
facesse per mettersi in mostra. Quando ci fermammo notai che tutti
erano in fila per scendere, quindi aspettai che tutti fossero sbarcati
e mi avvicinai all’ufficiale e, già lo sapete,
decisi di ringraziarla per quanto aveva fatto con un bacio, solo che,
probabilmente per pudore e per senso del dovere lo rifiutò
sussurrandomi queste bellissime parole all’orecchio: -Va remengo ti e tò
sènare.
Capii che non ero
ancora in salvo, quindi cercando di dare il meno nell’occhio
possibile scesi e a terra cominciai a chiedere in giro indicazioni: -To Morticani? -To Morticani? -To
Morticani?
Alcuni mi guardavano
spaesati altri mi rispondevano con: -Bàsime i
durèi- o -Quea
sfondrada de to mare-, facendo ampi gesti con le braccia.
Stavo per rassegnarmi quando finalmente vidi avvicinarsi a me due
poliziotti a cui andai incontro e che mi scortarono presso il
commissariato. Da lì mi misi finalmente in contatto con il
Professor X, che mandò il Blackbird guidato da Tempesta a
riprendermi, destinazione scuola. Dopo essermi confrontato con Jean e
Slim capii di essere stato in grande pericolo perché
probabilmente l’Uomo Porpora o Mastermind avevano preso
possesso delle menti delle persone in piazza San Marco e che solo la
prontezza di riflessi di quel gentile agente della polizia marittima
italiana mi aveva salvato.
Mentre
finivo il racconto, notai come Logan fosse paonazzo dalla rabbia, Kurt
si battesse ripetutamente i pugni sulla testa, probabilmente
accusandosi per non essere stato presente nel momento del mio bisogno,
e la faccia di Peter lasciasse penzolare la mandibola verso il basso
per l’incredulità.
Eh già,
questa volta non avrei pagato io il conto. Questo mese il buon vecchio
Remy era stato quello alle prese con il pericolo maggiore.
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