* Una piovosa
giornata
d’aprile… *
Una cosina che mi
è uscita di getto mentre prendevo il treno dopo due ore di
lezione totalmente inutili, giusto l’altro giorno…
Il titolo è preso pari pari dalla situazione metereologica
attuale.
AU: nel senso che
è ambientata nel nostro mondo.
Forse un poco
OC…?
Rating medio…
niente di eccessivamente spinto.
Dedicata a
SteelRose Alchemist (che condivide i miei stessi trip mentali sui
generi
musicali dei nostri eroi… ) e ad Adrienne (siccome
è l’ennesima creazione nata grazie a Trenitalia
– e non per dire che ciò sia un bene
– mi sei venuta in mente )
N.B.: se qualcuno
- per caso - si sta chiedendo che fine ha fatto la
mia FanFiction su Shura, non temete, verrà aggiornata a
breve...
Un piovosa giornata d’aprile….
Gli spessi anfibi di Kurogane calpestarono incuranti e bellicosi
l’enorme pozzanghera che gli si parava davanti sul
marciapiede.
Sentì arrivare un’automobile a tutta
velocità – automobile le cui gomme avrebbero
presto intercettato una sorta di laghetto che si era creato nei pressi
di uno scolatoio intasato. All’occhiata assassina che gli
riservarono gli occhi scarlatti del giovane vestito di nero, il
conducente rischiò seriamente di andare fuori strada.
Ma schivò la pozzanghera.
Kurogane era di pessimo umore, e la pioggia c’entrava solo
fino ad un certo punto. Imprecò, armeggiando con
l’Ipod. Quando l’aveva acceso, le auricolari gli
avevano sparato gli acuti di Mika diritti fino al centro del cervello.
Ovviamente, era stato quell'idiota a metterci mano, e lo aveva fatto
apposta.
Ma a mali estremi, estremi rimedi – ormai aveva fatto
l’abitudine ai quei simpatici scherzetti. Si frugò
in tasca, e dopo un attimo ne estrasse il suo vecchio lettore Mp3.
Quello era integro, la memoria piena di puro e sacro dio Metallo.
Gongolò segretamente, mentre si infilava le auricolari nelle
orecchie.
Fece ancora qualche passo, prima di fermarsi definitivamente e
realizzare che cosa stava ascoltando. “…and my
heaaart will gooo ooooon aaaand oooooooooooon…”
La tentazione di tornare indietro, prendere Fay, incatenarlo al divano,
legargli le cuffie in testa e sparargli a tutto volume
l’intera discografia dei Metallica nelle orecchie –
compreso St.Anger che
non piaceva nemmeno a lui – fu forte. Molto
forte.
Ma una delle cose che detestava di più era arrivare in
ritardo all’allenamento in palestra.
E comunque, avrebbe sempre potuto farlo più tardi.
Nell’ordine, la seconda cosa che detestava era arrivare in
palestra senza prima essersi caricato con le sue canzoni preferite.
Erano tre giorni che pioveva ininterrottamente. Bell’aprile
del cavolo… lui che aveva sperato che arrivasse il caldo per
poter andare a fare un po’ di sport all’aperto.
Nonostante il maltempo, però, il verde andava ricoprendo i
giardinetti e gli alberi, e i fiori sbocciavano nelle aiuole, i colori
resi più intensi dall’acqua e dall’aria
ripulita dalla pioggia.
A grandi passi, tutto imbacuccato nella sua giacca nera, il cappuccio
tirato fin sopra gli occhi e il borsone della palestra che gli sbatteva
sella schiena, girò l’angolo di una stradina.
Tra i cassonetti delle immondizie addossati al muro di una casa,
qualcosa attirò la sua attenzione. Una scatola di cartone in
un angolo, sopra la quale era stato poggiato alla bell’e
meglio un altro foglio di cartone a mo’ di riparo per la
pioggia.
Qualcosa di scuro sembrava muoversi lì dentro...
Il giovane si avvicinò e diede un’occhiata
all’interno. Tre micini, due tigrati ed uno nero, sollevarono
tre paia di occhioni dorati a guardarlo, imploranti. Kurogane li
fissò per un po’, ma poi proseguì per
la sua strada. Fatto qualche passo, tuttavia, si voltò
indietro: un ragazza in un impermeabile giallo si era chinata
sulla scatola, e aveva preso in braccio uno dei cuccioli.
“…tsk.” fece mentalmente il giovane, e
raggiunse a passi decisi l’entrata della palestra.
>>>
<<<
Quando ne uscì, a sera inoltrata, la pioggia si era
intensificata, e con il buio era arrivata anche un po’ di
nebbia. Si alzò il bavero della giacca e si gettò
la borsa di traverso sulla spalla.
Ripercorse la stradina con andatura spedita, ma non poté
fare a meno di fermarsi a guardare la scatola di cartone vicino al
cassonetto dell’immondizia.
Era rovesciata; il cartone ormai scuro, impregnato d'acqua - e vuota.
Kurogane si strinse nelle spalle, e svoltò
l’angolo. Il marciapiede era vuoto, a quell’ora e
con quel tempaccio, ma in compenso la strada era trafficatissima (del
resto, nessuno aveva voglia di uscire a piedi con tutta
quell’acqua, ma non c’erano problemi a prendere
l’auto).
Improvvisamente, diversi metri avanti a lui, Kurogane vide un esserino
scuro zampettare in mezzo al marciapiede e fermarsi
sull’orlo. Era piccolino e gracile, il pelo appiccicato al
corpo dalla pioggia; voltò la testa verso di lui, e i suoi
occhi brillarono per un attimo riflettendo i fari di una macchina.
L’auto gli passò a pochi centimetri di distanza e
lo innaffiò completamente di acqua e fanghiglia.
L’esserino arretrò con un salto e si
scrollò tutto, dopodiché tornò sul
limite del marciapiede.
La mente di Kurotan registrò nello stesso istante la vista
del micio che allungava una zampina per scendere, e il rombo
dell’ennesima auto che stava per arrivare. Corse e si
chinò al volo afferrando l’animaletto per la
collottola. L’automobile arrivò e, come la
precedente, centrò la pozzanghera. Kurogane sentì
l’acqua gelida colargli nei pantaloni e negli anfibi, e
maledisse gli automobilisti.
Fece per alzarsi, ma il gattino, complice il pelo bagnato,
svicolò dalla sua presa e cercò di darsi alla
fuga.
“Ma dove vai, cretino!” esclamò Kurogane
stizzito, e lo riacchiappò. Il micio cominciò a
divincolarsi, ma, vista l’inutilità
dell’impresa, decise di piantare i denti nel dito indice di
Kurogane, tanto a fondo quanto glielo permettevano i suoi canini appena
spuntati.
Il giovane osservò scettico l’esserino che stava
tentando di divorargli la mano, poi tornò indietro,
sistemò la scatola di cartone e ce lo rimise dentro. Il
gattino gli lanciò un’occhiata piena
d’astio, prontamente ricambiata da Kurogane.
“Adesso tu stai fermo lì finché
qualcuno non ti raccoglie, chiaro?” minacciò,
dopodiché attraversò la stradina e
poggiò la schiena al muro della casa al di là, e
rimase ad osservare.
Non passò nessuno, e la pioggia non accennò a
diminuire.
Kurogane cominciò a convincersi che la situazione era
abbastanza assurda.
Il gattino nero sporse il muso al di sopra del bordo dello scatolone,
ma lo vide dall’altra parte della strada e tornò
subito a nascondersi.
Ovviamente, i due cuccioli tigrati erano stati raccolti subito. Ma
quello piccolo e nero no. Come si poteva credere che un gatto nero
portasse sfortuna?! Come poteva portare sfortuna un esserino con pochi
mesi di vita, appena conscio del mondo attorno a lui, la cui unica
colpa era quella di essere nato con il pelo scuro?
Assurdità… ma quel cucciolo sarebbe finito
investito, se lui non l’avesse afferrato un attimo prima che
scendesse dal marciapiede.
Il tempo passava. Quell’altro scemo si sarebbe preoccupato,
non vedendolo tornare.
Kurogane sospirò profondamente e si incamminò,
svoltando l’angolo. Pochi istanti dopo, eccolo tornare sui
suoi passi. Guardò lo scatolone.
Il micio era sempre lì, e lo osservava scontroso, tutto
rannicchiato in un angolo della scatola.
Ecco, quegli occhi feriti (come se lui non gli avesse fatto del bene, a
salvarlo dall’auto) gli ricordavano un po’ troppo
quelli di un altro ingrato. Qualcuno che gli aveva dato decisamente del
filo da torcere, prima che lui riuscisse a prenderlo per la collottola,
e che non aveva esitato a graffiarlo, prima di farsi prendere in
braccio ed accarezzare.
…e poi, a Fay sarebbe piaciuto un gatto.
Poggiò per terra la borsa, la aprì e
tirò fuori la felpa della tuta. Prese il micio –
che aveva tentato senza successo di svicolare – e ce lo
avvolse dentro, dopodiché, si avviò verso casa.
>>>
<<<
Kurogane spalancò la porta d’ingresso. Fay era
seduto sul divano, dandogli le spalle, ma fece un salto quando lo
sentì entrare, e le sue mani si mossero alla disperata
ricerca del telecomando.
La TV si spense con un “puff”, ma Kurogane aveva
fatto in tempo a riconoscere gli attori sullo schermo.
“Kurosamaaaaaa!!! Ma bentornato!!!!” fece Fay tutto
festoso, e paonazzo in faccia. La vergogna di essere stato colto sul
fatto mentre guardava un film proibito gli aveva fatto dimenticare che
Kurorin era rientrato in ritardo.
“…stavi guardando ancora Il dottor Zhivago
(*)… e TI STAVI COMMUOVENDO.”
Il biondo con un gesto fulmineo si asciugò le lacrimucce che
gli erano spuntate, ed assunse un tono lamentoso “Ma
Kurowanko, tu non puoi capire… a te piacciono Rambo e Terminator…
a volte mi sembra che proveniamo da mondi diversi. Voglio dire,
l’ultimo film che sei andato a vedere al cinema era Beowulf, che
è la tamarrata più… OH!!!”
finalmente, gli occhi celesti del ragazzo avevano notato che lo strano
fagotto di vestiti che Kurogane teneva in mano si stava muovendo.
“E questo?” chiese curioso avvicinandosi
all’altro e prendendo in mano quella cosa… curiosa.
Kurogane si chinò a togliersi gli anfibi
“L’avevano abbandonato e nessuno lo prendeva su,
quindi…”
“Oddio, ma è un A-MM-OOO-R-EEEEE!!!! –
squittì Fay mentre osservava il cucciolo con occhi adoranti
– Povero cosino infreddolito… ma come si
può abbandonare una creaturina così piccina e
batuffolosa?!?! – improvvisamente, lo sguardo di Fay si fece
severo e si fissò su Kurogane - E tu, Kurobaubau, non
azzardarti a spaventare il micino, eh! Non preoccuparti,
piccolo… il cagnone nero abbaia tanto ma non morde!
… lo vuoi un po’ di latte, eh? Vieni che andiamo a
prendere un piattino ino ino…”
cinguettò, e, saltellando per la stanza, sparì in
cucina.
Kurogane si chiese se forse il gatto non avrebbe preferito rimanere
sotto la pioggia.
Poco dopo, Fay raggiunse Kurogane in camera da letto. L’uomo
era già a letto, intento a leggere la sua rivista manga
preferita. Il viso era immerso tra le pagine, ma Fay si concesse
qualche istante per apprezzare il modo in cui la canottiera nera ed
aderente si modellava sui suoi addominali perfetti.
Il biondino accese lo stereo che tenevano sulla cassettiera e
inserì un disco. Le note dei contrabbassi e dei violoncelli
presero a rincorrersi in una melodia misteriosa, mentre Fay si infilava
in fretta in pigiama (in ogni caso, non contava di tenerlo addosso
ancora per molto).
“…che cos’è?” si
udì la voce di Kurogane provenire da qualche meandro del
fumetto.
“La seconda sinfonia di Rachmaninoff. – rispose
l’altro gettandosi a peso morto sul letto - … non
ti piace?”
“…sembrava la colonna sonora del Signore degli
Anelli…”
“Come sei prosaico, Kurohobbit!!!”
sbuffò Fay, avvicinandosi a lui.
Ma l’altro tornò a sprofondare nelle pagine della
rivista.
Fay fece l’aria offesa, ma in ogni caso Kurogane non lo stava
guardando. “Si è addormentato in cucina, sai? -
esordì sfiorandogli la spalla nuda. - Gli ho messo una
cestina con un cuscino. Dobbiamo trovargli un nome!”
continuò cominciando a fargli il solletico
all’interno del gomito, al che l’altro rispose con
un grugnito.
“Che ne dici di Kerochan, come l’animaletto di
Sakura?”
“…?”
“Ma dai, quella delle carte!”
“...quella dello strip pocker…? AH!!! -
improvvisamente, mise giù il giornale di scatto
- Ecco, mi sono ricordato dove l’avevo
già visto!”
“Chi?”
“Oh, un tipo nuovo della palestra… un truzzetto
che viene a fare kick-boxing… mi ha attaccato un bottone che
non finiva più…” rispose mettendo
finalmente via il giornale e voltandosi verso Fay. Questo
lasciò che Kurogane gli passasse un braccio attorno alle
spalle, poi, con una mano lo trasse a sé, mentre con
l’altra cominciò a frugare sotto le coperte.
“Allora, posso chiamarlo Kerochan, Kuropiiiiii? E’
anche un nome che si intona al tuo! Se si possiedono vari animali
domestici, è bene chiamarli con nomi coerenti tra
loro!” sentenziò Fay. La sua mano doveva aver
trovato quello che cercava, perché tutto quello che rispose
Kurogane fu un mugolio in cui si potevano più o meno
distinguere le parole “fa’ come ti pare”.
Dopodiché, lo stereo esaurì il primo tempo della
Sinfonia di Rachamaninoff, e attaccò allegramente il
secondo, accompagnato da un sottofondo di fruscii di lenzuola ed
occasionali mugolii.
“Naaaaaahhh!!! Il succhiotto sul collo noooooooo, Kurottolo,
che domani devo lavorare….”
Il clarinetto cominciò indisturbato il malinconico e
romantico tema del terzo tempo, finché… POFF!
Due teste spettinate emersero sorprese da sotto le coperte, a osservare
il nuovo arrivato che era saltato sul letto.
Il gattino zampettò fino al centro del letto. I due si
tirarono su e Fay cominciò in tutta fretta ad allacciarsi i
bottoni della camicia del pigiama (non chiedendosi come mai lo stesse
facendo davanti ad un gatto).
“Non riesci a dormire, piccino?” chiese, tutto
preoccupato.
Il micio si acciambellò esattamente in mezzo ai due,
appallottolandosi beato nel calore delle coperte.
“Ah, Kuronino, Kerochan non vuole dormire da solo..
avrà paura del buio…” Fay gli
accarezzò teneramente il pelo morbidissimo.
Kurogane allungò una mano e solleticò il gatto
dietro le orecchie, e Kerochan cominciò a fare sommessamente
le fusa.
“Whaaa… è tenerissimo! – fece
Fay sottovoce – … e tu gli piaci tanto,
Kurotan!”
“Mah… a vedere come ha cercato di scapparmi via
quando volevo prenderlo in braccio, non si direbbe proprio.”
Continuò ad accarezzarlo finché il cucciolo non
si addormentò.
“Beh, a vederti, non si direbbe che tu sia il tipo di persona
che va in giro a salvare animaletti orfani ed abbandonati per
strada… avrà preso paura!” disse Fay
dopo un po’ ammiccando verso il giovane.
“…mpf.”
Fay appoggiò la testa nel caldo incavo del suo collo
“Però non è la prima volta che ti
capita, eh?”
“Di salvare animali recalcitranti? No, in effetti
no…” rispose Kurogane quasi parlando a se stesso,
e passando un braccio attorno alle spalle del compagno. Con un dito,
gli fece il solletico sotto il mento e Fay si produsse in una superba
imitazione delle fusa di Kerochan.
Lo stereo esaurì anche il terzo tempo della sinfonia, e la
luce nella stanza si spense, mentre la pioggia continuava a battere
contro i vetri della finestra. Sotto l’acqua, nelle aiuole
che costeggiavano la strada, le foglioline ed i germogli continuavano a
crescere e sbocciare, pronti per essere accolti dal sole della mattina.
* nota: a scelta, può andare bene anche "Via col vento". Ho
messo "Il dottor Zhivago" perchè a me sembra davvero una
storia senza speranza... nonchè un mattone allucinante...
P.S.: adesso che sto per pubblicare, è tornato il sereno!
Evviva!
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