sempre a lei, e a quel ragazzo
Ci sono momenti, come questo, in cui divento improvvisamente emotiva, e
scoppio a piangere.
Odio queste
situazioni, piangere mi fa sentire vulnerabile, fragile, indifesa.
Ed è
proprio in questi momenti che ho bisogno di sfogarmi, di scrivere, di
parlare con qualcuno che mi giudichi senza pregiudizi.
E poi,
inesorabilmente, la mia mente vola a tutto ciò che non va
nella mia vita, nel mio paese, nel mondo, scorrendo velocemente
immagini di ogni tipo, come fossero diapositive su un rullino.
E, con Faber nelle
orecchie, penso.
Penso alla mia
nostalgia per epoche che non ho mai vissuto, per rivoluzioni a cui non
ho mai partecipato, per i concerti a cui non sono mai andata.
Penso a Sid e Nancy,
al loro amore malato, a Kurt Cobain e Courtney Love, a John Lennon e
Yoko Ono, a quanto vorrei un amore così intenso come il
loro, ma come il pensiero fisso di quel
ragazzo
mi impedisca di riuscire a guardare oltre, di oltrepassare questa
barriera che mi sono creata da sola.
Penso, con la matita
che scola sulle guance, alle chitarre spezzate, al vero rock, al metal,
al punk, all'anarchia, che riuscivano ad unire la gente, a quella merda
che adesso chiamano musica, più commerciale dei libri di
Moccia, a quanto faccia schifo la mia vita, la gente che mi circonda,
alla mia voglia di scomparire da questo mondo infame e alla mia paura
che mi impedisce di farlo davvero.
Penso ai miei amati
anfibi, che ormai stanno diventando una moda del cazzo, di cui nessuno
conosce le origini e la storia...a questo fottuto conformismo che ogni
giorno mi fa incazzare con il mondo, alle persone tutte uguali che mi
scorrono accanto, come
automi o peggio bene di consumo, come dicono i 99 posse.
Alla scuola che
invece di insegnarci a ragionare, ad usare la nostra testa, ci plagia,
tutti uguali, il cui compito è diventato sfornare impiegati
in giacca e cravatta.
Nel malaugurato caso
in cui qualcuno esca diverso, un difetto di fabbrica, il problema non
si pone: fuori dal cerchio ed eliminato dalla società.
Penso alla mia
schifosa capacità di ricollegare ogni canzone a quel
ragazzo,
alla consapevolezza che lui probabilmente nemmeno ci pensa, di
sfuggita, leggendo il mio nome su un libro.
Perchè io
lo faccio, io lo penso, se leggo il suo nome. Sottolineo quella frase
più e più volte, quasi a voler far scomparire
quella parola, ma puntualmente mi fermo al limite, quando ancora le
lettere sono distinguibili.
Penso alla mia
ossessione di guardare il collo e le clavicole alla gente, quando la
vedo per la prima volta, e al mio rifiuto di dormire con qualcuno, di
dividere il letto con un'altra persona.
A quanto la mia mente
sia contorta, a quanto possa spaventare ed allontanare le persone, a
lei, l'unica che riesce a capirmi più degli altri.
Ai miei genitori che
non riescono ad aprire la mente, che vivono con i paraocchi, che
cercano di sembrare persone evolute, ma che alla fine ragionano peggio
di un cristiano bigotto.
Penso a quanto la
musica abbia perso il suo valore, alle versioni di greco e latino che
probabilmente non mi serviranno a un cazzo nella vita.
Alla mia voglia
improvvisa di buttarmi dalla finestra che mi fa visita ogni sera prima
di andare a dormire, alle frasi delle canzoni, quelle belle, quelle che
non dimenticherai mai.
A quegli stupidi Talk
Show che sostituiscono i vecchi garage, in cui i ragazzi rincorrevano
un sogno, fumando canne e bevendo alcolici sottomarca perchè
non avevano soldi per comprarsi qualcosa di decente.
Alla voglia di uscire
dal cerchio che ci hanno disegnato intorno.
"Essere
un musicista è la cosa più bella che ci possa
essere, niente è più gratificante che suonare e
lasciarti ascoltare. ...ma essere un bassista non ti paga le bollette."
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