Breack
You break my heart
Canzone da
ascolatare: Heart -
Alone
<<
Forbes, tocca a te, alza il culo e vai sul palco ! Subito !
>>
<<
Arrivo ... >> ultimo tocco di cipria e piccola spruzzata
di profumo, per non finirlo troppo presto, e poi veloce sui tacchi
quindici dei miei stivali in vernice nera che arrivavano fino
al
ginocchio.
Stavo per
salire su quel dannato palco.
Guardai al
volo l' orologio appeso alla parete: le 3:00.
Iniziava ora
il mio lavoro.
Spogliarellista
...
Mia madre era
morta, mio padre pure...
Non avevo
finito il college e non avevo una relazione stabile da molto, troppo
tempo ...
Avevo una
bella bambina di due anni.
Avevo lasciato
il mio fidanzato storico, Tyler, per qualcuno che non mi meritava,
purtroppo me ne ero accora troppo tardi.
Tyler me lo
aveva detto: mi sarei solo resa ridicola.
Mi aveva dato
della puttana...
Ed in fondo
era proprio quello che ero.
Ero stata con
il suo datore di lavoro, il capo della compagnia per cui lavorava
Tyler e pensavo di aver trovato il mio principe azzurro.
La
più grande cazzata di tutta la mia stupida vita.
Mi aveva fatto
una corte spietata a cui, dopo vari no, gli diedi il beneficio del
dubbio e cedetti.
La nostra
relazione pian piano mutò diventando sempre più
stabile.
Mi veniva a
prendere all' uscita del fast food dove lavoravo in limousine e
cenavamo da lui con ostriche, caviale ed aragoste.
Mi trattava
con gentilezza e mi faceva sentire una regina.
Mi comprava
tutto quello che desideravo, ma...
Non era quello
che mi piaceva di lui : era il suo essere incostante, possessivo,
passionale e istintivo.
Non sapevo mai
cosa stava pensando e questo mi piaceva da pazzi.
Amavo il modo
che aveva di guardarmi, le sue espressioni, il modo in cui mi sorrideva
e rideva, la sua postura e il suo caratteraccio, insomma, lui.
Emanava
attrazione e rispetto, mi affascinava come una falena è
attratta dal fuoco.
Era sempre un
passo avanti a tutti e non c'era modo di fargli cambiare
un'idea, una volta presa: lui non scendeva mai a compromessi.
Io lo amavo,
quindi lasciai Tyler e divenimmo una coppia a tutti gli effetti,
pensavo.
Speravo di
essere almeno un poco speciale per lui anche se non mi aveva mai detto
apertamente di amarmi ...
Credevo che
anche lui provasse un sentimento profondo per me: non ero
particolarmente intelligente, ne bella o sensibile, ero solo una donna
che desiderava ardentemente essere amata.
Che stupida
ingenua.
Mi aveva
spezzato il cuore.
Mi aveva
promesso il mondo, mi aveva detto che mi avrebbe portato via
da quella vita, mi avrebbe fatto vedere il mondo e trattata
come meritavo, ed invece dopo avermi
scopata un'ultima volta con champagne e fragole nella sua lussuosa
suite d' hotel, era andato ad una riunione di lavoro e poi era
sparito.
Ricordavo
ancora il suo numero a memoria.
Piansi come
una disperata attaccata al telefono per giorni per poter sapere almeno
il perchè.
Se mi avesse
detto "Io non ti amo o ho trovato di meglio", lo avrei accettato, ma
così ...
Sperai ci
fosse un motivo, lo sperai con tutto il cuore, ma non era
così ...
All' hotel
nessuno si faceva vedere...
Nessuno
rispondeva al telefono, ai messaggi di facebook, alle email, nessuno ...
Mi aveva
scaricata.
Cosa avevo
fatto di sbagliato ?
Sapevo di non
essere il massimo, ma speravo che almeno con una
chiamata, un messaggio si facesse vivo e mi dicesse "ti lascio", no
nemmeno quello.
Io, Caroline
Forbes, non valevo nemmeno un minuto del suo fottutissimo prezioso
tempo.
Trattata
peggio di una zoccola.
Io lo amavo
con tutta me stessa e lui si era come volatilizzato.
Andai in
depressione e mi sentii molto, ma molto male, fino a quando Elena e
Bonnie non mi aiutarono ad uscirne.
Anche l'
inaspettato arrivo di mia figlia mi rafforzò.
Quando nacque
trovai la forza di chiamare, nuovamente, suo padre ma il numero
risultava inesistente.
Quella fu
proprio l'ultima volta che mi abbassai a quel livello.
Fu lei, Liz,
la mia bambina a darmi la forza per mettere da parte le lacrime e
rimboccarmi le maniche.
Sentivo il
freddo invadermi le ossa mentre salivo quelle scale che mi conducevano
al mio palo da lap dance.
C'erano altre
mie colleghe che avevano le mie stesse problematiche,
mentre c'erano delle altre che si divertivano davvero molto a fare
quello che facevano, per loro era un gioco.
Io avevo solo
bisogno di soldi e quella era la maniera più veloce e
redditizia.
Il giorno
lavoravo ancora al fast food e la sera quello.
Le luci si
erano abbassate e la puzza di fumo, alcool e sudore mi asfissiava.
Era quello che
mi meritavo per aver mandato a rotoli la mia vita e aver lasciato la
sicurezza che mi dava Tyler.
Non lo dovevo
fare: non dovevo sognare la favola, ma era stato inevitabile, io ero
troppo romantica...
L'unica cosa
che volevo era solo che mia figlia non pagasse per gli errori della
madre.
La mia piccola
ed innocente Liz.
L'avevo
lasciata dalla zia Elena.
La mia amica
non condivideva le mie scelte ma oramai non mi ostacolava
più molto: dovevamo pagare l'affitto e non lo potevo sempre
lasciar pagare a lei.
Una gonna
striminzita sopra il tanga, calze a rete e reggiseno aderente di pelle,
un
boa di piume, trucco pesante e capelli ricci biondi raccolti.
Ero "vestita"
tutta di nero.
In mano un
frustino e una stupida mascherina sugli occhi, in testa una coroncina.
Mai avrei
immaginato che sarei arrivata a calcare quei tipi di palchi,
da ragazzina mi sarebbe piaciuto cantare, mi sarebbe piaciuto diventare
una
cantante.
Sciocca idea
di una stupida romantica: con quello non ci potevo sfamare
o vestire mia figlia, o pagare le bollette o la benzina della macchina.
E' brutto
quando senti di aver trovato tutto e poi ti viene tolto da un momento
all'altro.
Ti senti persa
e sola, anche se non è così.
Qualche volta,
quando mi mettevo a letto e vedevo la mia piccola di
fianco a me, ancora piangevo stando attenta per non svegliare la
piccola ...
<<
Signori, ecco a voi La Lady Nera ! >>
Schioccai il
frustino a terra e mi avvicinai al palo con movenze
seducenti e con tutti gli occhi puntati addosso, mentre facevo il mio
volgare spettacolo. Uomini vecchi e grassi che mi incitavano e giovani
ragazzi che non sapevano come comportarsi, non mi importava.
Non mi
vergognavo: mi serviva e io non facevo nulla di male.
I dollari
volavano e il buttafuori sotto il palco non riusciva a tenere fermi i
miei clienti, per una rissa, quando ...
Un pugno non
lo stese a terra e mi vidi arrivare ad un palmo dal naso un uomo.
Mi prese la
mano e mi portò a forza dietro le quinte.
Avevo paura,
non sapevo cosa fare, cosa voleva farmi e ,soprattutto, il pensiero
andò a mia figlia ...
Mi sentii
strappare la mascherina e io mi protessi il viso con i pugni chiusi.
<<
Caroline, sono io, - la luce si fece più intensa - non mi
riconosci ? >>
<<
Klaus ? >> aggrottai la fronte e mi sentii salire la
pressione per la collera.
<<
Già, sono... >>
Con tutta la
forza che riuscii a trovare nel mio corpo lo colpii
più forte che potei con una sberla sulla sua guancia,
dicendogli tutto quello che mi ero tenuta dentro per ben 3 anni.
<<
Maledetto bastardo, figlio di puttana e uomo senza palle che non sei
altro ! >>
Mi spostai da
lui e incrociai le braccia al petto, per continuare:
<<
Si può sapere cosa cazzo vuoi ancora da me ? Eh ? Una
sveltina ? Puoi scordatelo ! Fuori di qui ! - ancora più
forte chiamai il proprietario - Carlos ? >>
Lui
cercò di arrivare ad accarezzarmi i capelli e gli diedi un
colpo di frustino alla gamba.
Sobbalzò
imprecando e io ne fui soddisfatta.
Sorrise,
ghignando e poi disse:
<<
Vedo che non hai perso il tocco, love. >>
<<
Non mi chiamare così - ero rossa dall'ira - o ti arriva un
calcio dove non batte il sole. Vattene, verme putrido ! >>
Ero incazzata,
ma avevo un lavoro da svolgere o mi avrebbero licenziata, quindi gli
voltai le spalle e ...
<<
Ti chiedo perdono Caroline >>
Il ticchettio
dei mie tacchi si fermò, così come quello dei
battiti del mio cuore.
Io non potevo
provare niente per quell'uomo eppure ...
Rimasi di
spalle:
<<
E' troppo tardi, vattene via. >> ripresi a camminare a
testa alta, mentre mi pizzicavano gli occhi.
"Bastardo"
pensavo con tantissima insistenza da farmi male, intanto che mi
strofinavo la guancia per il rimmel colato ...
<<
Solo da poco ho ricordato la mia vita degli ultimi cinque
anni, con pochi particolari a dire il vero, ma forse quelli essenziali,
sì. Caroline ascoltami ...>>
Non riuscivo a
mettere insieme i pezzi perciò mi bloccai, voltandomi:
<<
Che significa ? >> ero stanca.
Lui
alzò le spalle nel suo cappotto griffato in total black
:
<<
Sono stato investito e - strinse i denti facendo una smorfia triste -
ho, disgraziatamente, perso la memoria. >>
Iniziai e
tremare e non resistetti a non piangere.
Mi sentivo
svenire quando sentii le sue braccia a sorregermi.
<<
Stai dicendo sul serio ? >>
<<
Te lo giuro. >>
<<
Come ? Quando ? >> mi staccai da lui.
<< Ero
per strada, avevo appena terminato una riunione di lavoro,
stavo aspettando la mia macchina, quando sentii vibrare il telefono e
poi mi sono svegliato in ospedale, non so quanto dopo. >>
Rimasi senza
fiato.
<<
Non riconoscevo neppure i miei fratelli. Nessuno sapeva di te e
così nessuno ti ha potuto avvertire, purtroppo.
>> guardò in basso, gesticolando.
<<
Il tuo telefono ? >> non so perchè ancora non
mi veniva di buttargli le braccia al collo.
<<
E' finito sotto le ruote di una Geep, mentre i miei fogli sono volati
per tutta New York. >> mi fece una smorfia.
<<
In hotel non mi hanno detto niente... >>
<<
C' era la riservatezza, mi dispiace. E poi i miei fratelli mi hanno
portato a New Orleans, loro e i dottori mi hanno
aiutato a ricordare.>>
Mi sentii,
involontariamente, preoccupata, inutile e anche ingiusta, ma anche
sollevata, in un contorto modo.
Mi avvicinai e
gli sfiorai la guancia che prima gli avevo schiaffeggiato:
<<
Ora stai bene ? >>
Lui mi sorrise
dolcemente << Sì. >>
<<
Come ti sei ricordato di me ? >>
<<
Come avrei potuto non ricordarmi di te ? >> mi sorrise.
Gli allacciai
le braccia al collo e dopo averlo guardato molto attentamente,
spostando la testa da una parte all'altra...
Gli presi il
colletto della giacca e mi ci aggrappai, per poi baciarlo con vera e
propria passione, mentre le sue mani mi accarezzavano la schiena.
Le sue dita
sul mio corpo nudo, il suo profumo intenso e il suo sapore che non
assaporavo da una vita intera, mi stavano risvegliando dal torpore.
In quel
momento si aprì il cappotto che indossava e, ancora
accostata al suo torace, me lo avvolse sulla schiena, mentre io
abbracciavo la sua vita.
<<
Caroline ? Il numero ! Se non ti muovi, ti licenzio ! >>
sentii dietro le mie spalle e chiusi gli occhi per il nervoso.
Carlos rompeva
per il numero ...
Non mi
importava ...
Klaus mi
chiese << Posso ? >> io annuii senza sapere
cosa volesse fare, orami ...
Mi prese il
boa, la coroncina dalla testa e glieli lanciò:
<<
Fattelo da solo ! >>
Risi come una
scolaretta, mentre mi prese il frustino:
<<
Questo non ti servirà più. >> mi
baciò la guancia e lo buttò a terra.
Si tolse il
cappotto e me lo pose sulle spalle.
<<
Vieni. >> continuò.
<<
Caroline, se te ne vai, ti licenzio ! >>
Klaus si
fermò, tornò sui suoi passi e ad un passo
dall'uomo e gli sibilò qualcosa che non capii, ma vidi
Carlos divenire bianco come un cencio per poi sparire, scusandosi con
me.
Senza darmi
spiegazioni, mi prese per mano e uscimmo da quel locale, arrivando al
caldo nella sua confortevole macchina, mentre si sentivano i tuoni
imperversale nel cielo.
Poco dopo
iniziò un temporale in piena regola, ma io stavo
così bene in quella macchina che non mi interessava del
resto del mondo.
<<
Chi ti ha detto dove mi avresti trovata ? >> dicevo ormai
accoccolata sul suo petto.
<<
Elena... Eh, a proposito: colpisce bene anche lei. >>
Risi e lui si
sentì in dovere di spiegare: << Appena mi ha
visto mi ha dato uno schiaffo. Solo dopo averle raccontato tutto mi ha
detto dove lavoravi. >>
Abbassò
il divisore e parlò con il conducente <<
Possiamo andare. >> richiuse il finestrino oscurato.
Mi prese la
mano e << Oh, ci devi mettere un po' di ghiaccio su
quella mano. >>
Aveva una mano
bordeaux e solo ora me ne accorgevo.
<<
Non fa niente. >> mi incantava con quel suo sguardo
famelico.
Non sapevo
perchè ma non riuscivo ancora a collegare tutti i pezzi
<<
Perchè sei venuto a cercarmi ? >>
<<
Non è ovvio ? >>
Sì,
però ... volevo sapere qualcosa di più preciso.
<<
Ti voglio, Caroline. >>
Non attesi
altro e gli baciai le labbra, stratta nel suo abbraccio....
Quello era un
sogno.
<<
Sai ? Voglio che tu venga a vivere con me, signorina Forbes.
>> mi disse slegandomi i capelli raccolti e pettinandoli.
Questo mi
riportò alla realtà: mi si formò un
nodo in gola e il cuore iniziò a galoppare.
Rimirai la mia
immagine riflessa nello specchio del finestrino di fianco a lui e
sospirando pensai che dovevo dirgli una cosa....
<<
Klaus... >> non mi voltai ancora indossando il suo
profumato cappotto firmato.
Sentii il suo
sguardo farsi penetrante e lo immaginai mentre corrugava la fronte.
<<
Io ho una figlia. >>
Lui
sembrò ghiacciarsi e mi sentii lo stomaco sotto sopra.
<<
Stai con qualcuno ? >>
Feci no con la
testa << Sono solo una madre single che deve proteggere
la sua bambina. >>
"Anche a costo
di proteggerla da suo padre" pensai.
Non che lui le
potesse fare del male, sia mai, Klaus aveva parecchi difetti, ma il
fare del male ai bambini, quello no.
La mia paura
era solo una: che lui non la volesse.
Nel nostro
rapporto di tre anni fa, i bambini non erano contemplati.
<<
Quindi non vuoi venire a vivere con me ? >> si sentiva
ferito.
<<
No, non è questo è ... Sì, forse
perchè è troppo presto e dovremmo
rallentare ...>> lo guardai e abbassai lo
sguardo.
<<
Troppo presto ? Rallentare ? Sono passati tre anni, mi sembra
fin troppo
tempo perso, penso che ti ho fatta soffrire abbastanza, tu non credi ?
E' ovvio che l' invito sarebbe valido anche a tua
figlia. - mi fissò e quel tua mi fece male - Non ho
intenzione di rinunciare a te, Caroline.>>
Mi sorrise con
il suo fare accattivante e io mi sentii di nuovo una regina.
Pensavo fosse
presto per farglielo sapere ma non gli volevo nascondere sua
figlia.
Avevo iniziato
a tremare dall'ansia e perciò raccolsi le forze, deglutii un
paio di volte e poi :
<<
Lei ha due anni e si chiama Liz, Elisabeth, come mia madre.
>> lo osservai attentamente.
Sperai che i
miei occhi parlassero per me.
Si
spostò con fare deciso e si voltò completamente
verso il mio viso:
<<
Di chi è figlia ? Di Tyler ? >> sentivo odio
trapelare dalle sue parole.
Non riuscivo a
parlare perciò lo guardai senza dire nulla e facendo no con
il capo.
<<
E'... mia figlia... >> era diventato nervoso e si stava
sfregando la corta barba chiara con una mano.
<<
Dove sta ? >> sembrava arrabbiato con me.
<<
Da Elena, noi viviamo con lei >> dissi con un fil di voce.
Lui
sembrò irritato.
Il lupo perde
il pelo ma non il vizio.
Abbassò
il separatore: << Dalla signorina Gilbert, subito.
>>
<<
Klaus, sono le 4:00, Elena starà dormendo e anche ...
>>
<<
Non mi importa. >>
Rimase chiuso
nei suoi pensieri, mentre scalpitava dalla voglia di fare qualcosa che
non capivo, mi sentii morire.
Non sapevo
cos' altro dire, se non ...
<<
Klaus prima di trasferirmi da te, vo ... >>
<<
Ne parliamo dopo. >>
Si era
rimangiato il suo invito ? No, forse no.
Quando dal
finestrino bagnato di piaggia della limousine, dalla mia parte, iniziai
a vedere il quatiere fatiscente dove vivevamo, mi vergognai.
Non mi ero mai
vergognata di niente e di nessuno, ora ...
Appena
arrivati davanti casa nostra, scese dalla macchina in fretta: era
furioso e poi con violenza mi aprì lo sportello e
mi intimò.
<<
Scendi ! >>
L'acqua
scendeva e l' ira aumentava in proporzione al senso di inadeguatezza.
Sentii il
freddo fin dentro le ossa e mi venne da piangere.
Scesi dalla
macchina e urlai con tutto il fiato che avevo in gola:
<<
Non ti permetto di trattarmi così !
>>
Continuai in
tono normale, mentre l'acqua ci bagnava: <<
Cos'è ti da fastidio dove viviamo ? - indicai il palazzo
delle case popolari - Questo mi sono potuta permettere, okey ? Non ti
piace che lasci nostra figlia - perchè sì,
è anche figlia tua - con la mia migliore amica per andare a
lavorare ? Non mi diverte quello che ho fatto, ma l' ho fatto per far
avere una vita dignitosa alla mia bambina e non sarai certo tu a farmi
vergognare della mia vita. Faccio due lavori al giorno, dormo quattro
ore a notte, non ho una vita sociale e non ho un uomo da 3 anni, per
occuparmi di mia figlia e per paura di soffrire ancora e tu osi venite
qui e farmi sentire inadeguata, ancora ... Sai che c'è ? Vai
al diavolo Klaus ! >>
Sentii
sbattere lo sportello e urlare come un ossesso sotto l'acqua
scrosciante:
<<
Pensi che io sia arrabbiato con te ? >>
Le sue labbra
erano corrucciate e gli occhi infuocati, mentre gesticolava sotto la
pioggia.
Mi ammutolii e
lo ascoltai: sotto la pioggia fitta che cadeva:
<<
Non è stata una mia decisione, ma mi sento ugualmente
responsabile per come vi ho fatto vivere in questi 3 anni. Mi dispiace
che tu ti sia sentita abbandonata, che abbia dovuto affrontare la
gravidanza da sola e senza nessuno a cui urlare contro; sono
dispiaciuto per essermi perso la nascita di Liz - l'aveva
chiamata per nome - e i suoi primi passi, come la sua prima parola che
sarà stata mamma.
Io non ce l'
ho con te, Caroline, ce l' ho con me stesso e per quello che mi
è capitato. Lo vuoi capire o no che io ti amo ?
>>
Lo osservai e
il mio cuore si sciolse e mi venne da piangere per la grande
felicità che provavo.
Chiusi gli
occhi e espirai via tutte le paure..
Lui era l'uomo
di cui ero innamorata.
Mi sorrise e
mi baciò sotto il temporale che imperversava per tutta New
York.
<<
Anche io Niklaus. >>
<<
Mi piace quando tu mi chiami Niklaus.>>
Mi precipitai
al portone e tra un bacio e l'alto lo aprii: dovevo far conoscere le
due persone più importanti della mia vita e iniziare a
vivere davvero.
Spazio
personale:
Che dire ? Mi
è venuta così XD
Spero che sia
stata di vostro gradimento =)
Un grazie a
Vittoria, Elisa, Delena e Vanessa per avermi fatto venire in mente
questa piccola pazzia
Per la "Lady
Nera" il contributo va a Elyforgotten =)
Grazie a tutte
=*
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